TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 8 novembre 2006, n. 5197

Norme correlate:
Decreto Legislativo n. 267/2000
Art 113 Decreto Legislativo n. 267/2000
Art 23 Legge n. 62/2005

Massima:
Non sussistono le condizioni per l’affidamento “in house” nel caso in cui lo statuto preveda l’apertura del pacchetto azionario a soci privati.
La partecipazione, ancorché minoritaria, di un’impresa privata nel capitale di una società alla quale partecipa pure l’autorità pubblica concedente esclude in ogni caso che la detta autorità pubblica possa esercitare su una tale società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (v., in tal senso, sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, punto 49). Quindi, se la società concessionaria è una società aperta, anche solo in parte, al capitale privato, tale circostanza impedisce di considerarla una struttura di gestione “interna” di un servizio pubblico nell’ambito dell’ente pubblico che la detiene (v., in tal senso, sentenza Coname, cit., punto 26)…”. Pertanto, non sussistono le condizioni per l’affidamento “in house” del servizio per la gestione dei servizi cimiteriali, visto che il comune non esercita sulla società controinteressata un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e tenuto conto del fatto che esercita la propria attività anche extra moenia, poiché,nel caso di specie, lo statuto della società prevede attualmente l’apertura, sia pure facoltativa, del pacchetto azionario a soci privati, per cui si deve inferire che il comune non esercita sulla società controinteressata un controllo “analogo”.

Testo completo:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA LECCE – SECONDA SEZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Seconda Sezione di Lecce, nelle persone dei signori Magistrati:
ANTONIO CAVALLARI – Presidente
TOMMASO CAPITANIO – Referendario, relatore
PATRIZIA MORO – Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1356/2006, proposto da AXA S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. GIUSEPPE RIZZO e domiciliata presso lo studio del medesimo, in LECCE, PIAZZA MAZZINI, 7,
contro
COMUNE di LECCE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Maria Luisa De Salvo ed Elisabetta Ciulla, con domicilio eletto presso la Casa Comunale – Settore Avvocatura,
e nei confronti di
LUPIAE SERVIZI S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Anna Gentile, con domicilio eletto presso lo studio della stessa, in Lecce, Via di Pettorano, 11,
per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione,
della deliberazione della Giunta Comunale n. 450 del 28.6.2006, avente ad oggetto l’affidamento alla Società Lupiae Servizi S.p.A. della gestione dei servizi cimiteriali nella necropoli del Comune di Lecce; nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista la domanda cautelare proposta unitamente al ricorso;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Lecce e della controinteressata Lupiae Servizi S.p.A.;
Vista l’ordinanza istruttoria 2.10.2006, n. 1024;
Uditi nella camera di consiglio del 19 ottobre 2006 il relatore, Ref. Tommaso Capitanio, e, per le parti, gli avv. Rizzo, Ciulla e Gentile.
Considerato che nel ricorso sono dedotti i seguenti motivi:
1. Violazione e falsa applicazione della L. n. 448/2001, del D.Lgs. n. 468/1997, del D.Lgs. n. 267/2000 e del D.Lgs. n. 157/1995. Violazione e falsa applicazione delle norme regolanti l’affidamento dei servizi. Violazione e falsa applicazione dei principi comunitari in materia di concorrenza e di libertà di stabilimento. Violazione e falsa applicazione della L. n. 287/1990. Difetto assoluto di motivazione. Eccesso di potere. Incompetenza assoluta.
2. Violazione e falsa applicazione della L. n. 488/1999, della L. n. 724/1994 e della L. n. 537/1993. Violazione dei principi e delle norme regolanti il giusto procedimento amministrativo.
Considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.
La società ricorrente, in forza di convenzione stipulata a suo tempo con il Comune di Lecce, aveva gestito i servizi cimiteriali nella necropoli cittadina fino al 30 giugno 2006, ossia fino alla data di naturale scadenza del contratto stipulato fra le parti. Qualche giorno prima della predetta scadenza, il Comune di Lecce, con la deliberazione di Giunta Comunale oggetto di gravame, ha stabilito di affidare i servizi in argomento alla Lupiae Servizi S.p.A., senza indire alcuna procedura di gara.
La società ricorrente, negli stessi giorni ha comunicato all’Amministrazione la propria disponibilità a proseguire nella gestione dei servizi de quibus, offrendo altresì un ribasso rispetto ai canoni contrattuali a suo tempo pattuiti (nota del 29 giugno 2006 – allegato n. 3 al ricorso). Tale offerta, però, non è stata neanche presa in considerazione dal Comune.
Avverso l’operato del civico ente AXA ha quindi deciso di insorgere in sede giurisdizionale, affermando che i provvedimenti indicati in epigrafe sono illegittimi, in quanto:
– sono stati violati i principi e le norme che disciplinano l’affidamento degli appalti di servizi da parte degli enti locali. In particolare, non sussistevano le condizioni per l’affidamento “in house” del servizio di che trattasi, visto che il Comune di Lecce non esercita sulla società controinteressata un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e tenuto conto del fatto che Lupiae Servizi esercita la propria attività anche extra moenia;
– in ogni caso, ai sensi dell’art. 42 del T.U.E.L., la decisione di affidare il servizio alla controinteressata era di competenza del Consiglio Comunale e non della Giunta;
– infine, l’Amministrazione ha anche violato le norme in materia di rinnovo dei contratti pubblici, non avendo proceduto ad una valutazione, nell’interesse pubblico, della convenienza del ribasso tariffario offerto da AXA con la citata nota del 29 giugno 2006.
Si sono costituite le controparti intimate, eccependo preliminarmente la tardività del deposito del ricorso (trovando applicazione nel caso di specie l’art. 23-bis della L. n. 1034/1971) ed evidenziando nel merito la sussistenza di tutti i presupposti per l’in house providing e l’inesistenza di qualsiasi obbligo in capo al Comune di prendere in considerazione l’istanza di rinnovo del contratto presentata dalla ricorrente.
Ciò premesso, il Collegio ritiene che il ricorso sia da accogliere nel merito, il che impone di esaminare prioritariamente l’eccezione preliminare formulata dalle controparti intimate.
L’eccezione è peraltro infondata, visto che nel caso di specie durante il periodo di tempo che è trascorso fra la notifica e il deposito del ricorso operava la sospensione feriale dei termini, per cui il termine per il deposito stesso non è decorso dall’11 agosto al 30 agosto 2006.
Non rileva la disposizione di cui all’art. 5 della L. 7.10.1969, n. 742 – il quale come è noto prevede che “In materia amministrativa, l’articolo 1 non si applica nel procedimento per la sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato”.
A prescindere dal fatto che il citato art. 5 persegue lo scopo di evitare ritardi nella adozione dei provvedimenti cautelari, non è possibile scindere la questione di ammissibilità del ricorso relativa al rispetto dei termini per il deposito in due profili, l’uno attinente alla definizione del grado di giudizio, l’altro attinente alla sola tutela cautelare (come afferma la difesa del Comune).
Se il ricorso è ammissibile (e questo nella specie è indubbio quanto al rispetto dei termini per il deposito attesa l’operatività della sospensione nel periodo delle ferie giudiziarie), non si pone una autonoma questione relativa al rispetto dei termini per il deposito quanto alla istanza cautelare; questa è una vicenda incidentale, che subisce le conseguenze della ammissibilità o inammissibilità del ricorso, correlate nella specie al rispetto dei termini per il deposito.
Nella specie, peraltro, si è fatta applicazione della disciplina introdotta dagli artt. 3 e 9 della L. n. 205/2000 – cioè della possibilità che è concessa al giudice amministrativo di definire il giudizio anche in sede cautelare con la cd. sentenza breve e immediata, sicchè viene ad essere adottata una sentenza in relazione ad un ricorso depositato nel termine legislativamente previsto.
Passando quindi all’esame dei motivi di ricorso, si ritiene di dover esaminare innanzitutto il terzo, relativo alla mancata valutazione della proposta di rinnovo del precedente contratto, formulata da AXA in data 29.6.2006.
A tal proposito, si deve sottolineare che:
– la proposta è stata formulata dopo che la G.C. di Lecce aveva già adottato la deliberazione impugnata;
– in generale, gli enti locali hanno la possibilità di scegliere attraverso quale forma giuridica erogare i servizi pubblici di propria competenza, e ciò in base alle disposizioni contenute attualmente nell’art. 113, comma 5, del T.U.E.L.;
– pertanto, non esiste alcun obbligo per un’Amministrazione locale di rinnovare, alla scadenza naturale, un contratto con l’appaltatore uscente, laddove abbia deciso di affidare il servizio di che trattasi secondo il meccanismo dell’in house providing o, comunque, previo espletamento di una nuova gara (peraltro, la più recente normativa in materia di appalti pubblici – art. 23 della L. n. 62/2005 e art. 57, ultimo comma, del D.Lgs. n. 163/2006 – inibisce o comunque riduce di molto la facoltà di proroga e/o rinnovo dei contratti, per cui la pretesa di AXA non era a “soddisfazione garantita”).
Pertanto, la doglianza de qua è infondata, anche se ciò non priva la ricorrente dell’interesse ad agire, visto che l’accoglimento del ricorso consente ad AXA di tutelare l’interesse strumentale all’indizione di una gara ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio de quo.
Ugualmente infondata è la censura di incompetenza che affliggerebbe l’atto gravato, per essere stato quest’ultimo adottato dalla Giunta anziché dal Consiglio Comunale.
La doglianza sarebbe fondata se non fosse che la deliberazione impugnata costituisce mero atto esecutivo rispetto alla deliberazione del Consiglio n. 157 del 22.11.1999, con la quale l’organo consiliare, approvando la costituzione della società e il relativo Statuto, aveva stabilito di affidare a Lupiae Servizi qualsiasi servizio pubblico locale e/o di pubblica utilità non riservato per legge al Comune e la cui gestione possa concorrere al perseguimento dello scopo sociale.
Pertanto, la Giunta non ha fatto altro che tradurre in pratica gli indirizzi strategici dettati dall’organo consiliare competente, dal che discende l’infondatezza della censura.
E’ necessario pertanto passare all’esame del punto centrale della controversia, ossia la verifica dell’esistenza dei presupposti di legge per l’affidamento senza gara del servizio in argomento alla Lupiae Servizi.
Prima di esaminare gli aspetti teorici del problema, è opportuno precisare che, dall’esame della documentazione depositata dalle parti (anche a seguito dell’ordinanza istruttoria n. 1024/2006), il Tribunale ha potuto acclarare che:
– la società controinteressata, costituita nel 1999 fra il Comune di Lecce e Italia Lavoro S.p.A., è attualmente posseduta al 97% dal Comune capoluogo del Salento (come da atto di cessione del 13.10.2004, depositato in giudizio dall’Amministrazione intimata l’11.10.2006) e per il restante 3% dal Comune di Novoli (anch’esso sito in provincia di Lecce);
– Lupiae Servizi svolge più del 90% della propria attività a favore del Comune di Lecce (come risulta dalla documentazione allegata alla memoria di costituzione della controinteressata);
– al Comune di Lecce spetta il potere di nominare tutti e tre i membri del Consiglio di Amministrazione e tutti i componenti del Collegio Sindacale;
– seppure non sia previsto espressamente e chiaramente negli atti costitutivi, al Consiglio Comunale di Lecce spetta il potere di approvare il piano d’impresa della società (vedasi art. 2 dell’Accordo del 1999, art. 14.2. dello Statuto, deliberazioni del C.C. salentino n. 178 del 28.12.1999 e n. 19 del 10.3.2006, depositate in giudizio il 20.9.2006 e l’11.10.2006 e recanti, rispettivamente, l’approvazione del primo piano d’impresa e di quello attualmente in essere).
Ciò detto in punto di fatto, occorre dare conto dei principi affermati in subiecta materia dalla Corte di Giustizia CE in alcune fondamentali e recenti pronunce relative proprio alla problematica dell’in house providing, al fine di verificare se, nel caso all’esame del TAR, esistevano le condizioni per l’affidamento del servizio in parola a Lupiae Servizi.
Come è noto, dopo che con la sentenza Teckal (18.11.1999, in causa C-107/98) aveva affermato in generale la compatibilità con il diritto comunitario degli affidamenti diretti nel caso in cui, nel contempo, l’ente locale eserciti sul soggetto di cui trattasi un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e questo soggetto realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti locali che lo controllano, negli ultimi due anni la Corte di Giustizia è tornata sull’argomento con una serie di sentenze che hanno rappresentato un vero e proprio sconvolgimento per l’universo dei servizi pubblici locali.
Nella sentenza 11 gennaio 2005, in causa C-26/03 (cd. Stadt Halle), il Giudice comunitario ha statuito che: “…la partecipazione, anche minoritaria, di un’impresa privata al capitale di una società alla quale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice in questione, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi.
50. Al riguardo, occorre anzitutto rilevare che il rapporto tra un’autorità pubblica, che sia un’amministrazione aggiudicatrice, ed i suoi servizi sottostà a considerazioni e ad esigenze proprie del perseguimento di obiettivi di interesse pubblico. Per contro, qualunque investimento di capitale privato in un’impresa obbedisce a considerazioni proprie degli interessi privati e persegue obiettivi di natura differente….
52. Pertanto, …nell’ipotesi in cui un’amministrazione aggiudicatrice intenda concludere un contratto a titolo oneroso relativo a servizi rientranti nell’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 92/50 con una società da essa giuridicamente distinta, nella quale la detta amministrazione detiene una partecipazione insieme con una o più imprese private, le procedure di affidamento degli appalti pubblici previste dalla citata direttiva debbono sempre essere applicate…”.
Nella successiva decisione 13 ottobre 2005, in causa C-458/03 (cd. Parking Brixen), la Corte è andata ancora oltre, e, dopo aver chiarito che i principi validi per gli appalti si applicano anche alle concessioni di servizi pubblici, ha affermato che “…nel settore degli appalti pubblici e delle concessioni di pubblici servizi, il principio di parità di trattamento e le sue specifiche manifestazioni del divieto di discriminazione fondato sulla nazionalità e degli artt. 43 CE e 49 CE trovano applicazione nel caso in cui un’autorità pubblica affidi la prestazione di attività economiche ad un terzo. Al contrario non occorre applicare le norme comunitarie in materia di appalti pubblici o di concessioni di pubblici servizi nel caso in cui un’autorità pubblica svolga i compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza far ricorso ad entità esterne (v., in questo senso, sentenza Stadt Halle et RPL Lochau, cit., punto 48).
62 Di conseguenza, nel settore delle concessioni di pubblici servizi, l’applicazione delle regole enunciate agli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE nonché dei principi generali di cui esse costituiscono la specifica espressione è esclusa se, allo stesso tempo, il controllo esercitato sull’ente concessionario dall’autorità pubblica concedente è analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e se il detto ente realizza la maggior parte della sua attività con l’autorità detentrice.
63 Trattandosi di un’eccezione alle regole generali del diritto comunitario, le due condizioni enunciate al punto precedente debbono formare oggetto di un’interpretazione restrittiva e l’onere di dimostrare l’effettiva sussistenza delle circostanze eccezionali che giustificano la deroga a quelle regole grava su colui che intenda avvalersene (v. sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 46).
64 Occorre esaminare, innanzitutto, se l’autorità pubblica concedente eserciti sull’ente concessionario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.
65 Tale valutazione deve tener conto di tutte le disposizioni normative e delle circostanze pertinenti. Da quest’esame deve risultare che l’ente concessionario in questione è soggetto ad un controllo che consente all’autorità pubblica concedente di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti.
66 Dalla decisione di rinvio si ricava che, in virtù dell’art. 1 dello statuto dell’azienda speciale Servizi Municipalizzati Bressanone, questa costituiva un ente del comune preposto specificamente all’esercizio unitario e integrato dei servizi pubblici locali. Il Consiglio comunale determinava gli indirizzi generali, conferiva il capitale di dotazione, provvedeva alla copertura di eventuali costi sociali, controllava i risultati della gestione ed esercitava la vigilanza strategica, assicurando all’azienda la necessaria autonomia imprenditoriale.
67 La ASM Bressanone Spa ha invece acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo del comune. In questo senso militano:
a) la trasformazione della Servizi Municipalizzati Bressanone -azienda speciale del comune di Bressanone – in una società per azioni (ASM Bressanone Spa) e la natura di questo tipo di società;
b) l’ampliamento dell’oggetto sociale, giacché la società ha cominciato ad operare in nuovi importanti settori, in particolare quelli del trasporto di persone e merci, dell’informatica e delle telecomunicazioni. Si deve rilevare che la società ha conservato la vasta gamma di attività precedentemente esercitate dall’azienda speciale, tra cui quella di adduzione dell’acqua e di depurazione delle acque reflue, di fornitura di calore ed energia, di smaltimento dei rifiuti e di costruzione di strade;
c) l’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali;
d) l’espansione territoriale delle attività della società a tutta l’Italia e all’estero;
e) i considerevoli poteri conferiti al Consiglio di amministrazione, senza che in pratica venga esercitato alcun controllo gestionale da parte del comune.
68 Concretamente, per quanto riguarda i poteri conferiti al detto Consiglio di amministrazione, dalla decisione di rinvio risulta che lo statuto della ASM Bressanone Spa, in particolare l’art. 18, affidano a tale organo ampi poteri di gestione della società, poiché dispone della facoltà di adottare tutti gli atti ritenuti necessari per il conseguimento dell’oggetto sociale. ….
69 La decisione di rinvio indica altresì che il comune di Bressanone ha la facoltà di designare la maggioranza dei membri del Consiglio di amministrazione della ASM Bressanone Spa. Tuttavia, il giudice del rinvio sottolinea che il controllo esercitato dal comune è in pratica limitato a quei provvedimenti consentiti ai sensi del diritto societario alla maggioranza dei soci, riducendo così sensibilmente il rapporto di dipendenza che esisteva tra il comune e l’azienda speciale Servizi Municipalizzati Bressanone, soprattutto alla luce degli ampi poteri di cui dispone il Consiglio di amministrazione della ASM Bressanone Spa.
70 Allorché un ente concessionario fruisce di un margine di autonomia caratterizzato da elementi come quelli messi in rilievo ai punti 67-69 della presente sentenza, è escluso che l’autorità pubblica concedente eserciti sull’ente concessionario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.
71 Pertanto, senza che sia necessario verificare se l’ente concessionario realizzi la parte essenziale della sua attività con l’autorità pubblica concedente, l’attribuzione di una concessione di pubblici servizi da parte di un’autorità pubblica a un simile ente non può essere considerata un’operazione interna a quell’autorità, a cui le norme comunitarie sono inapplicabili.
72 Ne consegue che la seconda questione proposta dev’essere risolta dichiarando quanto segue:
Gli artt. 43 CE e 49 CE nonché i principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano a che un’autorità pubblica attribuisca, senza svolgimento di pubblica gara, una concessione di pubblici servizi a una società per azioni nata dalla trasformazione di un’azienda speciale della detta autorità pubblica, società il cui oggetto sociale è stato esteso a nuovi importanti settori, il cui capitale dev’essere a breve termine obbligatoriamente aperto ad altri capitali, il cui ambito territoriale di attività è stato ampliato a tutto il paese e all’estero, e il cui Consiglio di amministrazione possiede amplissimi poteri di gestione che può esercitare autonomamente….”.
I predetti principi sono stati ribaditi anche nella sentenza 10 novembre 2005, in causa C-29/04 (cd. Mödling o Commissione c/ Austria -paragrafo 34), in cui la Corte ha anche affrontato ex professo la questione della sussistenza del controllo analogo in presenza di clausole dell’atto costitutivo o dello Statuto in cui sia prevista la collocazione sul mercato di una parte del capitale sociale. Al riguardo, il Giudice comunitario ha ritenuto che “36 In primo luogo, tale governo [austriaco -NdR] afferma che la conclusione del contratto relativo allo smaltimento dei rifiuti con la società Abfall, che è stato concluso quando le quote di tale società erano ancora interamente detenute dalla città di Mödling, non ha avuto lo scopo di stabilire un rapporto tra persone giuridiche autonome, poiché tale ente locale poteva esercitare sulla società Abfall un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi. Di conseguenza, tale contratto non rientrerebbe nell’ambito di applicazione della direttiva 92/50 e alla città di Mödling non sarebbe imposto alcun obbligo di procedere ad una gara d’appello.
37 Tale argomento non può essere accolto.
38 Senza che appaia necessario decidere la questione se la detenzione, da parte del comune di Mödling, dell’intero capitale della società Abfall alla data dell’attribuzione dell’appalto pubblico di servizi fosse necessaria per stabilire che il detto ente locale esercitava sulla società Abfall un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi, occorre rilevare che la data rilevante nella fattispecie per valutare se le disposizioni della direttiva 92/50 dovrebbero essere applicate non è la data effettiva dell’aggiudicazione dell’appalto pubblico in questione. Anche se è vero che per ragioni di certezza del diritto occorre in generale esaminare l’eventuale obbligo per l’autorità aggiudicatrice di procedere ad una gara d’appalto alla luce delle condizioni esistenti alla data dell’aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui si tratta, le circostanze particolari della presente causa richiedono che siano presi in considerazione degli avvenimenti successivamente intervenuti.
39 Occorre ricordare che la cessione del 49% delle quote della società Abfall è intervenuta due settimane dopo che tale società è stata incaricata, in esclusiva e a tempo indeterminato, della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti della città di Mödling. Inoltre, la società Abfall è diventata operativa solo dopo che la società Saubermacher ha rilevato una parte delle sue quote.
40 Così, è pacifico che attraverso una costruzione artificiale comprendente più fasi distinte, e cioè la creazione della società Abfall, la conclusione con essa del contratto di smaltimento dei rifiuti e la cessione del 49% delle quote di tale società alla società Saubermacher, un appalto pubblico di servizi è stato attribuito ad un’impresa di economia mista in cui il 49% delle quote sono detenute da un’impresa privata.
41 Quindi l’aggiudicazione di tale appalto deve essere esaminata tenendo conto dell’insieme di tali fasi nonché il loro obiettivo e non in funzione dello svolgimento cronologico in senso stretto di esse, come propone il governo austriaco.
42 Esaminare, come propone il governo austriaco, l’aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui si tratta considerando esclusivamente la data in cui è avvenuta, senza tener conto degli effetti della cessione in termini molto brevi del 49% delle quote della società Abfall alla società Saubermacher, comprometterebbe l’effetto utile della direttiva 92/50. La realizzazione dell’obiettivo perseguito da quest’ultima, e cioè la libera circolazione dei servizi e l’apertura alla concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri, sarebbe compromessa se le autorità aggiudicatici potessero ricorrere a manovre dirette a celare l’aggiudicazione di appalti pubblici di servizi a società ad economia mista.
43 In secondo luogo, il governo austriaco sostiene che, anche dopo aver ceduto il 49% delle quote della società Abfall alla società Saubermacher, la città di Mödling aveva mantenuto un controllo identico a quello esercitato sui propri servizi. Tale circostanza, alla luce della citata sentenza Teckal, l’avrebbe dispensata dal procedere ad un appalto pubblico in quanto la conclusione del contratto relativo allo smaltimento dei rifiuti costituiva un’operazione interna.
44 A tale proposito, occorre ricordare che, nella fattispecie, il contratto in esame, che riguarda servizi rientranti nell’ambito di applicazione materiale della direttiva 92/50, è stato concluso a titolo oneroso tra un’autorità aggiudicatrice e una società di diritto privato giuridicamente distinta da essa, nel capitale della quale l’autorità aggiudicatrice detiene una partecipazione maggioritaria.
45 Nella citata sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, la Corte ha già esaminato la questione se, in tali circostanze, l’autorità aggiudicatrice è tenuta ad applicare le procedure di gara d’appalto previste dalla direttiva 92/50 a causa del solo fatto che un’impresa privata detiene una partecipazione, anche di minoranza, nel capitale della società controparte contrattuale.
46 Essa ha giudicato che la partecipazione, anche di minoranza, di un’impresa privata nel capitale di una società a cui partecipa anche l’autorità aggiudicatrice interessata esclude in ogni caso che tale autorità aggiudicatrice possa esercitare un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi (sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit. punto 49).
47 Il rapporto tra un’autorità pubblica, che è un’autorità aggiudicatrice, e i suoi propri servizi è disciplinato da considerazioni ed esigenze proprie al perseguimento di obiettivi di interesse pubblico. Al contrario, qualsiasi piazzamento di capitale privato in un’impresa obbedisce a considerazioni relative agli interessi privati e persegue obiettivi di natura diversa (sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 50).
48 L’aggiudicazione di un appalto pubblico ad un’impresa ad economia mista senza appello alla concorrenza comprometterebbe l’obiettivo di concorrenza libera e non falsata e il principio di parità di trattamento degli interessati previsto dalla direttiva 92/50, in quanto tale procedura offrirebbe ad un’impresa privata presente nel capitale di tale impresa un vantaggio rispetto ai suoi concorrenti (sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 51).
49 La Corte ha dichiarato che nel caso in cui un’autorità aggiudicatrice ha l’intenzione di concludere un contratto a titolo oneroso riguardante servizi che rientrano nell’ambito di applicazione materiale della direttiva 92/50 con una società giuridicamente distinta da essa, nel capitale della quale detiene una partecipazione con una o più imprese private, le procedure di appalto pubblico previste da tale direttiva devono in ogni caso essere applicate (sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 52)…”.
Nella sentenza 6 aprile 2006, in causa C-410/04 (cd. ANAV), la Corte è stata invece chiamata a giudicare proprio della compatibilità con il diritto comunitario dell’art. 113, comma 5, del T.U.E.L., ed ha concluso che “…15 Con la propria questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se il diritto comunitario, in particolare gli obblighi di trasparenza e di libera concorrenza di cui agli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE, osti a una disciplina nazionale, come quella oggetto della causa principale, che non pone alcun limite alla libertà, per un ente pubblico, di scegliere tra le diverse forme di affidamento di un servizio pubblico, in particolare tra l’affidamento mediante procedura di gara ad evidenza pubblica e l’affidamento diretto ad una società di cui tale ente detiene l’intero capitale….
24 Tuttavia, nel settore delle concessioni di servizi pubblici, l’applicazione delle regole enunciate agli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE, nonché dei principi generali di cui esse costituiscono la specifica espressione, è esclusa se, allo stesso tempo, il controllo esercitato sul concessionario dall’autorità pubblica concedente è analogo a quello che essa esercita sui propri servizi, e se il detto concessionario realizza la parte più importante della propria attività con l’autorità che lo detiene (sentenza Parking Brixen, cit., punto 62).
25 Una normativa nazionale che riprenda testualmente il contenuto delle condizioni indicate al punto precedente, come fa l’art. 113, quinto comma, del D.Lgs. n. 267/2000, come modificato dall’art. 14 del D.L. n. 269/2003, è in linea di principio conforme al diritto comunitario, fermo restando che l’interpretazione di tale disciplina deve a sua volta essere conforme alle esigenze del diritto comunitario.
26 Va precisato che, trattandosi di un’eccezione alle regole generali del diritto comunitario, le due condizioni enunciate al punto 24 della presente sentenza devono essere interpretate restrittivamente, e l’onere di dimostrare l’effettiva sussistenza delle circostanze eccezionali che giustificano la deroga a quelle regole grava su colui che intenda avvalersene (v. sentenze 11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle e RPL Lochau, Racc. pag. I-1, punto 46, e Parking Brixen, cit., punto 63).
30 Qualora, durante la vigenza del contratto di cui alla causa principale, il capitale dell’AMTAB Servizio [società mista locale costituita dal Comune di Bari – NdR] fosse aperto ad azionisti privati, la conseguenza di ciò sarebbe l’affidamento di una concessione di servizi pubblici ad una società mista senza procedura concorrenziale, il che contrasterebbe con gli obiettivi perseguiti dal diritto comunitario (v., in tal senso, sentenza 10 novembre 2005, causa C-29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I-9705, punto 48).
31 Infatti, la partecipazione, ancorché minoritaria, di un’impresa privata nel capitale di una società alla quale partecipa pure l’autorità pubblica concedente esclude in ogni caso che la detta autorità pubblica possa esercitare su una tale società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (v., in tal senso, sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 49).
32 Quindi, se la società concessionaria è una società aperta, anche solo in parte, al capitale privato, tale circostanza impedisce di considerarla una struttura di gestione “interna” di un servizio pubblico nell’ambito dell’ente pubblico che la detiene (v., in tal senso, sentenza Coname, cit., punto 26).
33 Alla luce delle considerazioni svolte, la questione pregiudiziale va risolta dichiarando che gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE, nonché i principi di parità di trattamento, di non discriminazione sulla base della nazionalità e di trasparenza non ostano ad una disciplina nazionale che consente ad un ente pubblico di affidare un servizio pubblico direttamente ad una società della quale esso detiene l’intero capitale, a condizione che l’ente pubblico eserciti su tale società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente che la detiene…”.
Altro spunto interessante ai fini del presente giudizio è rinvenibile anche nella recente decisione 11 maggio 2006, in causa C-340/04 (cd. Carbotermo), in cui la Corte ha statuito che “…36 Per valutare se l’amministrazione aggiudicatrice eserciti un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi è necessario tener conto di tutte le disposizioni normative e delle circostanze pertinenti. Da quest’esame deve risultare che la società aggiudicataria è soggetta a un controllo che consente all’amministrazione aggiudicatrice di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta società (v. sentenza 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I-8585, punto 65).
37 Il fatto che l’amministrazione aggiudicatrice detenga, da sola o insieme ad altri enti pubblici, l’intero capitale di una società aggiudicataria potrebbe indicare, pur non essendo decisivo, che l’amministrazione aggiudicatrice in questione esercita su detta società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, ai sensi del punto 50 della menzionata sentenza Teckal.
38 Degli atti di causa risulta che gli statuti della AGESP Holding e della AGESP attribuiscono al consiglio di amministrazione di ciascuna delle società i più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società. Gli statuti di cui trattasi non riservano al comune di Busto Arsizio nessun potere di controllo o diritto di voto particolare per limitare la libertà d’azione riconosciuta a detti consigli di amministrazione. Il controllo esercitato dal comune di Busto Arsizio su queste due società si risolve sostanzialmente nei poteri che il diritto societario riconosce alla maggioranza dei soci, la qual cosa limita considerevolmente il suo potere di influire sulle decisioni delle società di cui trattasi.
39 Inoltre, l’eventuale influenza del comune di Busto Arsizio sulle decisioni della AGESP viene esercitata mediante una società holding. L’intervento di un siffatto tramite può, a seconda delle circostanze del caso specifico, indebolire il controllo eventualmente esercitato dall’amministrazione aggiudicatrice su una società per azioni in forza della mera partecipazione al suo capitale.
40 Ne consegue che, in tali circostanze, previa verifica di queste ultime da parte del giudice di merito di cui alla causa principale, l’amministrazione aggiudicatrice non esercita sulla società aggiudicataria dell’appalto pubblico in questione un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi…”.
Ora, raccogliendo le fila del discorso, si può sintetizzare il pensiero della Corte di Giustizia nel senso che, ai fini dell’ammissibilità dell’in house providing, occorre che:
a) la società affidataria del servizio sia a totale partecipazione pubblica;
b) essa realizzi la maggior parte della propria attività con l’ente o con gli enti proprietari (e al riguardo possono aversi problemi nel caso in cui l’ente locale detenga una quota azionaria minima, come nella vicenda di cui alla decisione della Corte di Giustizia 21.7.2005, in causa C-231/03, CONAME);
c) l’organo gestionale (consiglio di Amministrazione o amministratore unico) non disponga di poteri tali per cui gli enti proprietari del pacchetto azionario non sono in grado di effettuare un controllo incisivo ed ulteriore rispetto ai poteri di cui dispone, ai sensi del diritto civile e commerciale, l’azionista di maggioranza di una qualsiasi società di capitali;
d) gli atti costitutivi e/lo Statuto non prevedano l’apertura parziale del pacchetto azionario a soci privati, sia pure individuati con procedure di evidenza pubblica.
Ora, nel caso di specie non ci sono problemi per quanto concerne i requisiti sub a) e b), visto che Lupiae Servizi è al 100% di proprietà pubblica e realizza la maggior parte del proprio fatturato con il Comune di Lecce (il quale detiene il 97% delle azioni).
Discorso in parte diverso deve essere fatto invece a proposito del requisito sub c), e ciò in quanto, tenendo a mente le considerazioni espresse dalla Corte di Giustizia nei paragrafi 65-68 della sentenza Parking Brixen (in cui il Giudice comunitario ha messo a confronto il tipo di controllo che un Comune esercita normalmente su un’azienda municipalizzata e quello che invece esercita su una società mista), i meccanismi di controllo in esame non possono essere identici, se non altro perché la società mista è un soggetto formalmente distinto dall’ente proprietario ed è organizzata secondo le regole del diritto civile e commerciale.
Per cui, considerato che la Corte di Giustizia ritiene che le società miste (e quindi l’affidamento in house) possono avere cittadinanza nell’ordinamento comunitario sia pure in presenza di certe condizioni e che l’art. 113, comma 5, del T.U.E.L. è stato ritenuto anch’esso compatibile con i principi dell’ordinamento sovranazionale (dal che discende l’inutilità di investire nuovamente la Corte di Giustizia della questione con rinvio pregiudiziale), ne consegue che il giudice di merito (a cui spetta il compito di accertare l’esistenza dei presupposti per l’in house providing) deve dare massima rilevanza alla situazione di fatto, più che agli aspetti formali.
Ad esempio, per quanto concerne i poteri del Consiglio di Amministrazione, è abbastanza frequente trovare negli Statuti delle società miste formule del tipo di quella utilizzata nell’art. 14 dello Statuto di Lupiae Servizi (e cioè che “…All’Amministratore Unico o al Consiglio di Amministrazione spettano i più ampi poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, ad eccezione di quelli che sono riservati all’Assemblea per previsione di legge o di Statuto…”), le quali, unitamente ad altri indizi, sono state ritenute dalla Corte di Giustizia sintomo dell’inesistenza del controllo analogo (vedasi paragrafo 68 della sentenza Parking Brixen).
In alcuni casi, però, tali formule sono meramente di stile e tralatizie, non esprimendo esse la reale situazione in cui agisce l’organo gestionale.
Per cui, nel caso della Lupiae Servizi, tenendo conto del fatto che lo Statuto è ancora quello originario del 1999 (e non tiene quindi conto dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale) e che il Comune di Lecce dispone del potere di nominare tutti i membri del C.d’A., si potrebbe anche ritenere che sussista il requisito sub c).
Quello che invece sicuramente difetta è il requisito sub d), ossia il fatto che non sia prevista l’apertura del pacchetto azionario di Lupiae Servizi a soci privati.
Tale possibilità è invece prevista sia dall’art. 6 dell’originario Accordo del 1999 fra Italia Lavoro e Comune di Lecce, sia dall’art. 5 dello Statuto, i quali prevedono un diritto di prelazione in favore dei soci in caso di cessione di quote azionarie da parte di altri soci (e di tale diritto il Comune di Lecce si è avvalso nel 2004, nel momento in cui Italia Lavoro ha ceduto la propria quota) e l’obbligo di individuare i nuovi partners attraverso procedure ad evidenza pubblica.
Come si è visto in precedenza, la Corte di Giustizia ritiene che la possibilità di apertura a privati del capitale sociale di un soggetto affidatario in house di servizi pubblici locali dà luogo ad una violazione delle direttive in materia di appalti pubblici (vedasi al riguardo i paragrafi 67 della sentenza Parking Brixen, 38 e seguenti della sentenza Mödling e 32 della sentenza ANAV).
Ciò è tanto vero che, in quest’ultima decisione, è stata proprio la circostanza che il Comune di Bari avesse deciso di rivedere la propria precedente decisione di aprire l’azionariato della società mista AMTAB a soci privati a far concludere il Giudice comunitario che “…Spetta al detto giudice [di rinvio – NdR], e non alla Corte, chiarire se il Comune di Bari intenda aprire il capitale dell’AMTAB Servizio ad azionisti privati. Tuttavia, allo scopo di fornire a tale giudice elementi utili per risolvere la controversia sottopostagli, va precisato quanto segue.
30 Qualora, durante la vigenza del contratto di cui alla causa principale, il capitale dell’AMTAB Servizio fosse aperto ad azionisti privati, la conseguenza di ciò sarebbe l’affidamento di una concessione di servizi pubblici ad una società mista senza procedura concorrenziale, il che contrasterebbe con gli obiettivi perseguiti dal diritto comunitario (v., in tal senso, sentenza 10 novembre 2005, causa C-29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I-9705, punto 48).
31 Infatti, la partecipazione, ancorché minoritaria, di un’impresa privata nel capitale di una società alla quale partecipa pure l’autorità pubblica concedente esclude in ogni caso che la detta autorità pubblica possa esercitare su una tale società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (v., in tal senso, sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 49).
32 Quindi, se la società concessionaria è una società aperta, anche solo in parte, al capitale privato, tale circostanza impedisce di considerarla una struttura di gestione “interna” di un servizio pubblico nell’ambito dell’ente pubblico che la detiene (v., in tal senso, sentenza Coname, cit., punto 26)…”.
Nel caso di specie, il Tribunale non può che prendere atto della circostanza che lo Statuto di Lupiae Servizi prevede attualmente l’apertura – sia pure facoltativa – del pacchetto azionario a soci privati, per cui si deve inferire che il Comune di Lecce non esercita sulla società controinteressata un controllo “analogo” nel senso desumibile dalle sentenze della Corte di Giustizia richiamate supra, dal che discende la fondatezza del ricorso (per un precedente analogo, cfr. la recentissima decisione della Sez. V del Consiglio di Stato 13 luglio 2006, n. 4440).
In ragione di quanto precede, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio fra le parti.
Sentiti i difensori delle parti costituite in ordine alla possibilità di definire nel merito il presente giudizio con sentenza in forma semplificata, ai sensi degli artt. 3 e 9 della L. 21.7.2000, n. 205.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Seconda Sezione di Lecce – accoglie il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Lecce, in Camera di Consiglio, il 19 ottobre 2006 e il 27 ottobre 2006.
Dott. Antonio Cavallari – Presidente
Dott. Tommaso Capitanio – Estensore
Pubblicata l’8 novembre 2006

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