TAR Veneto, Sez. II, 7 novembre 2012, n. 1352

Massima:
TAR Veneto, Sez. II, 7 novembre 2012, n. 1352
L’art. 338 del r.d. 1265/1934 (t.u. delle leggi sanitarie) prevede il divieto di costruire intorno ai cimiteri edifici entro il raggio di 200 mt., disponendo che il contravventore debba demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti d’ufficio in caso di inadempienza. Si tratta, infatti, di divieto assoluto, come più volte ha avuto modo di affermare la giurisprudenza amministrativa che ha evidenziato come il vincolo di inedificabilità in questione abbia finalità non solo urbanistico edilizie, ma anche di tutela dell’igiene e della sicurezza pubblica.
Il vincolo in questione non consente l’allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all’inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Anche la giurisprudenza della Cassazione si è espressa in termini analoghi a quelli sopra riferiti, ravvisando nel vincolo cimiteriale un caso tipico di inedificabilità legale, vale a dire inderogabile divieto di qualsivoglia interevento modificativo dello stato dei luoghi, fatta eccezione per l’esercizio dell’agricoltura e per l’eventuale ampliamento delle strutture cimiteriali preesistenti.

Testo completo:
TAR Veneto, Sez. II, 7 novembre 2012, n. 1352
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1527 del 1996, proposto da:
Milan Gianfranca, rappresentata e difesa dall avv. Roberta Ravagnan, domiciliata, ex art. 25 c.p.a., presso la segreteria del T.A.R.;
contro
Comune di Chioggia – (Ve), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Carmelo Papa, con domicilio presso l Avvocatura Civica del Comune di Venezia;
per l’annullamento del provvedimento del Sindaco di Chioggia di diniego di concessione edilizia in sanatoria in data 15 gennaio 1996;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Chioggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2012 il dott. Nicola Fenicia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Milan Gianfranca è usufruttuaria di una casa di civile abitazione sita in Comune di Chioggia abusivamente realizzata nel 1969.
Il 4 ottobre 1985 la ricorrente presentava domanda di condono ai sensi della legge n. 47/1985.
Con il provvedimento in epigrafe il Comune di Chioggia negava la concessione in sanatoria in quanto l opera ricadeva in zona di rispetto cimiteriale e dunque di inedificabilità assoluta.
La ricorrente deduce l illegittimità del provvedimento de quo:
1) per eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità e contraddittorietà della motivazione, non avendo il Comune tenuto conto dell epoca di ultimazione dell opera, anteriore all approvazione del vigente piano regolatore generale;
2) per l errata interpretazione dell art. 338 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, in quanto la fascia di rispetto cimiteriale riguarda l intero abitato e non la singola abitazione, pertanto il singolo sconfinamento non concretizza ex se la violazione della fascia di rispetto;
3) per violazione dell art. 33 della legge n. 47/1985, poiché, l entrata in vigore del P.R.G., impositivo del vincolo d inedificabilità della zona a rispetto del cimitero, era successiva all avvenuta edificazione;
4) per violazione dell art. 35 della legge n. 47/1985, poiché, decorso il termine di due anni dalla presentazione della domanda di condono, la stessa doveva ritenersi accolta ex lege;
Si è costituito in giudizio il Comune di Chioggia, in persona del Sindaco pro tempore, contestando in fatto e in diritto le deduzioni della ricorrente e chiedendo il rigetto del ricorso.
Con decreto n. 828 del 14 aprile 2011 veniva dichiarata la perenzione del ricorso.
Su istanza della ricorrente, con decreto n. 1662 del 4 luglio 2011, il Presidente ha provveduto a revocare il decreto di perenzione, disponendo la reiscrizione della causa sul ruolo di merito.
Alla pubblica udienza del 10 ottobre 2012 il Collegio ha trattenuto la causa per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Infatti, quanto ai motivi primo e terzo, si osserva che il Comune ha legittimamente negato la concessione in sanatoria, in primo luogo, in quanto la costruzione ricade in zona sottoposta a vincolo sanitario, per distanza dal cimitero, imposto con R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 all art. 338. Pertanto, il Comune, in ossequio al disposto dell art. 33 L. 47/1985, non poteva che negare la sanatoria dell opera, realizzata dopo l imposizione del vincolo cimiteriale del 1934. In aggiunta, il Comune ha poi richiamato le norme del P.R.G., introdotte successivamente alla realizzazione della costruzione, ma solo al fine di chiarire che quel vincolo d inedificabilità, imposto dalla legge del 1934, permane anche sulla base delle norme del P.R.G., anche se limitato nella sua estensione, andando così implicitamente ad affermare che l edificio ricade all interno della fascia di rispetto cimiteriale così come oggi vigente.
Pertanto, non vi è travisamento dei fatti, essendo incontestato che l edificio sia stato realizzato nel 1969, né vi è violazione dell art. 33 della legge 47/1985, posto che il divieto di edificare risale al 1934 e non è stato posto ex novo dal P.R.G. .
Ne consegue che l opera di cui trattasi era ed è, ex art. 33 della legge n. 47/1985, insuscettibile di condono edilizio, per contrasto, appunto, con un vincolo di inedificabilità assoluta.
2. Con il secondo motivo di ricorso si è dedotta l erronea interpretazione dell art. 338 del R.D. 1265/1934.
Come è noto l’art. 338 del r.d. 1265/34 (t.u. delle leggi sanitarie) prevede il divieto di costruire intorno ai cimiteri edifici entro il raggio di 200 mt., disponendo che il contravventore debba demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti d’ufficio in caso di inadempienza.
La difesa della ricorrente sostiene che tale divieto riguarderebbe solo l intero centro abitato e sarebbe derogabile per singole abitazioni.
Tale tesi appare destituita di fondamento, si tratta, infatti, di divieto assoluto, come più volte ha avuto modo di affermare la giurisprudenza amministrativa che ha evidenziato come il vincolo di inedificabilità in questione abbia finalità non solo urbanistico edilizie, ma anche di tutela dell’igiene e della sicurezza pubblica (CdS Sez. IV n.4259/07; n. 1185/07). In particolare, la giurisprudenza del C.d.S. è consolidata nell’affermare che il vincolo in questione non consenta l’allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all’inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale. Anche la giurisprudenza della Cassazione si è espressa in termini analoghi a quelli sopra riferiti, ravvisando nel vincolo cimiteriale un caso tipico di inedificabilità legale, vale a dire inderogabile divieto di qualsivoglia interevento modificativo dello stato dei luoghi, fatta eccezione per l’esercizio dell’agricoltura e per l’eventuale ampliamento delle strutture cimiteriali preesistenti (Cass. Civ. Sez. I 23.6.04 n. 11669).
Peraltro, la difesa dell amministrazione ha evidenziato, producendo anche una fotografia area della zona, come l edificio della ricorrente non sia l unico realizzato abusivamente vicino al cimitero di Sottomarina.
3. Infine, non può essere accolta l ultima censura basata sull intervenuta formazione del silenzio assenso.
In particolare la ricorrente deduce la violazione degli artt 31 e 35 della legge n. 47/1985 sostenendo che, ai sensi delle dette disposizioni, decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest ultima si intende accolta. Decorso tale termine si forma, dunque, il silenzio assenso. Tuttavia, secondo il costante orientamento della giurisprudenza la determinazione del silenzio assenso sul condono per decorso dei ventiquattro mesi dalla data dell istanza, non è sempre invocabile, bensì solo quando le opere risultino eseguite in aree non sottoposte ad alcun vincolo, sia di inedificabilità ex art. 33 della legge n. 47/1985, sia paesaggistico ambientale. Tanto premesso è allora infondata la predetta censura poiché l opera abusiva da sanare ricadeva, già all epoca della realizzazione, e ricade tuttora, in una zona sottoposta a vincolo d inedificabilità assoluta ex art. 338 R.D. 1265/34.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
4. Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta;
Condanna la ricorrente a rimborsare le spese di lite all amministrazione resistente, che si liquidano in complessivi ¬ 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre oneri accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Alessandra Farina, Consigliere
Nicola Fenicia, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 07/11/2012

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