Corte di Cassazione, Sez. VI pen., 28 aprile 2021, n. 16181

Corte di Cassazione, Sez. VI pen., 28 aprile 2021, n. 16181

Corte di Cassazione
Penale Sent. Sez. 6 Num. 16181 Anno 2021
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI
Data Udienza: 11/02/2021

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
T. Gianni nato a Ferrara il 28/02/1970
I. Mario nato a Telese Terme il 27/O5/1968
avverso la sentenza del 14/11/2019 della Corte Appello di Bologna
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Pierluigi Di Stefano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Perla Lori che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso di T. e il rigetto del ricorso di I.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 14 novembre 2019, decidendo sugli appelli avverso due sentenze rese in giudizio abbreviato, confermava la condanna di Gianni T. e Mario I. per vari episodi di peculato salvo escludere per I. la responsabilità per l’episodio del 12 ottobre 2011di cui al capo A).
1.1. T. e I., dipendenti della AMSEFC, azienda esercenti servizi cimiteriali, quali componenti della squadra addetta ai servizi di esumazione ed estumulazione nelle aree cimiteriali della Provincia di Ferrara, dunque di incaricati di pubblico servizio, avendo, in ragione di tale attività la disponibilità dei beni e dei preziosi custoditi all’interno delle bare e dei loculi oggetto dei lavori- poiché rinvenuti nel corso delle attività di rimozione delle salme – se ne appropriavano, trattandosi di beni altrui in quanto destinati in restituzione agli eredi o, nell’ipotesi di mancata richiesta da parte di questi ultimi, alla Pubblica Amministrazione ai sensi dell`art. 74 Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Ferrara.
1.2. Gli elementi a carico erano rappresentati dagli accertamenti della loro condotta anomala di vendita di numerosi oggetti in oro, dalle videoriprese effettuate durante la loro attività lavorativa, da cui risultava il trattenimento di oggetti d’oro, dal riconoscimento effettuato da congiunti dei soggetti deceduti di alcuni degli oggetti venduti dai ricorrenti.
2. La Corte di appello, considerati gli specifici motivi di impugnazione, osservava:
– Non era deducibile l’inutilizzabilità delle dichiarazioni dei congiunti per essere gli atti compiuti dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari trattandosi di eccezione formulata dopo l’ammissione al giudizio abbreviato.
– I ricorrenti svolgevano attività di incaricati di pubblico servizio perché, indipendentemente dalla qualifica formale dell’ ente dal quale dipendevano, le attività inerenti i servizi cimiteriali rientrano tra quelle di pertinenza della Pubblica Amministrazione e sono regolate da norme di diritto pubblico. In particolare rientravano nel pubblico servizio i compiti del caposquadra o di soggetto da lui delegato di catalogazione degli oggetti rinvenuti nel corso delle operazioni.
I due imputati hanno presentato ricorso a mezzo dei rispettivi difensori.
3. Ricorso nell’interesse di Gianni T.
unico motivo: violazione di legge.
Il ricorrente non rivestiva il ruolo di incaricato di pubblico servizio poiché svolgeva un’attività meramente materiale tanto da essere necessaria per ogni sua attività la presenza del caposquadra o di un suo delegato.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, il necroforo deve essere qualificato come incaricato di pubblico servizio per lo svolgimento di attività nella fase di interramento e tumulazione dei cadaveri in quanto le stesse devono essere svolte senza ritardo per ragioni sanitarie. Si tratta, quindi, di compiti del tutto diversi da quelli gravanti sull’imputato, che consistevano nella raccolta di oggetti presumibilmente preziosi rinvenuti in prossimità delle bare al momento della riesumazione.
Inoltre, le sue mansioni non prevedevano alcuna attività di inventario degli oggetti e di redazione di una relazione al riguardo, essendo queste mansioni assegnata al solo caposquadra.
4. Ricorso nell’interesse di Mario I.
primo motivo: violazione di legge.
Ribadisce la eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai parenti/eredi dei defunti dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari.
Secondo motivo: violazione di legge per genericità ed indeterminatezza dei capi di imputazione. All’udienza del 25 gennaio 2017 aveva eccepito come non fosse dato comprendere il contributo causale apportato dal ricorrente ai reati.
Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al giudizio sulla responsabilità. In particolare, ritiene carente la risposta della Corte di Appello in ordine alla doglianza sul difetto della motivazione della sentenza di primo grado che faceva riferimento alla significatività di prove a carico di altri due coimputati e non del ricorrente.
Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione soggettiva. La stessa giurisprudenza citata dalla Corte di appello fa riferimento a figure professionali che non sono corrispondenti a quelle del mero operaio interratore. Ciò risulta anche dall’ esame testimoniale del responsabile della azienda di servizi cimiteriali che non ha indicato compiti rilevanti al fine di interesse quanto agli operai diversi dal caposquadra. E’ erroneo anche il riferimento fatto dalla Corte di appello al contratto collettivo di settore perchè il ricorrente non ha alcuna formazione specifica che consenta di inquadrarlo nei termini supposti.
Il regolamento che regola esumazione ed estumulazioni nel comune di Ferrara si limita ad imporre la presenza del caposquadra.
Inoltre, contesta la ricostruzione delle condotte fatta dalla sentenza.
Quinto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione per la erronea ricostruzione di prove ed indizi. Fa riferimento alla diversa decisione in fase di indagini sulla responsabilità di altri soggetti.
Sesto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione per l’entità della pena.
5. Il procuratore generale presso questa Corte con requisitoria scritta ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso di T. e il rigetto del ricorso di I.
Sono state depositate note della difesa per resistere alle conclusioni del procuratore generale nonché memoria e conclusioni della parte civile Ferrara tua S.r.l., già AMSEFC S.p.A., per contrastare gli argomenti dei ricorsi
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
1. Ricorso di T.
L’unico motivo, che riguarda esclusivamente la questione della sussistenza della qualità di incaricato di pubblico servizio, necessaria per poter confermare la qualificazione del reato quale peculato, può essere valutato unitamente all’analogo quarto motivo di I.
1.1 Al riguardo, valgono gli argomenti svolti dalla Corte di appello sia quanto alla individuazione delle concrete attività svolte dai due imputati che quanto alla relativa qualificazione giuridica.
Innanzitutto, non può che darsi continuità alla giurisprudenza di questa Corte, correttamente individuata dalla Corte di appello, che riconosce il ruolo di incaricati di pubblico servizio agli operatori cimiteriali addetti a quelle attività che non toccano soltanto la materiale escavazione dei resti mortali ma anche l’attività di collaborazione e completamento delle funzioni proprie delle autorità sanitarie, nonché le attività connesse al prelievo, ricognizione, custodia e catalogazione dei beni rinvenuti.
1.2. Nel caso di specie, poi, soprattutto queste ultime attività, nel cui ambito si collocano le indebite appropriazioni, valgono a qualificare i ricorrenti quali incaricati di pubblico servizio.
Tali attività erano effettivamente affidate al caposquadra ovvero al soggetto da lui delegato. I giudici di merito hanno dato atto di come sia stato accertato che i due ricorrenti svolgessero proprio il ruolo di delegati del caposquadra operando quindi in via autonoma nel prelievo degli oggetti e nello svolgimento delle attività proprie del caposquadra.
Quindi, la raccolta e l’inventario degli oggetti prelevati dalle tombe è già un compito che di per sé solo, appunto perché svolto per conto del caposquadra, consente di riconoscere il ruolo pubblicistico da cui consegue la qualifica necessaria perché i fatti di appropriazione siano qualificati come peculato.
2. Ricorso di I.
2.1. Il primo motivo ribadisce la eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal congiunti dei defunti dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari. Al riguardo, vale la risposta già data dalla Corte di appello sia quanto alla non necessità che il giudice per le indagini preliminari decidesse immediatamente sulla relativa eccezione che quanto alla non deducibilità in sede di giudizio abbreviato di tale inutilizzabilità, avendo il ricorrente, chiedendo il rito abbreviato, accettato il giudizio allo stato degli atti comprendenti anche le dichiarazioni tardive, non trattandosi di prova vietata dalla legge ex art. 191 cod. pen.
2.1. Anche il secondo motivo è infondato, essendo già stata data un’adeguata risposta da parte della Corte di appello. A parte l’argomento della cristallizzazione della imputazione a seguito della richiesta di giudizio abbreviato, lo stesso motivo non sembra discutere della possibilità per il ricorrente di comprendere quale fosse il contenuto della contestazione, dimostrata peraltro dal regolare svolgimento delle difese.
2.3. Il terzo motivo è infondato in quanto la Corte di appello ha dato adeguata risposta alla apparente carenza della motivazione del Tribunale che faceva riferimento alla significatività delle prove a carico solo dei due coimputatì: la Corte, difatti, con la sintesi sufficiente per la evidenza della insussistenza di tale carenza ha dato atto che < Il quinto motivo propone questioni inerenti al merito, invocando una diversa ricostruzione del materiale probatorio, che non sono deducibili in sede di legittimità.
Anche il sesto motivo è mirato, peraltro con argomentazioni alquanto generiche, ad una diversa valutazione di circostanze di fatto per una diversa decisione quanto al complessivo trattamento sanzionatorio.
3. Il solo I., nei cui confronti vi è costituzione di parte civile, va condannato al pagamento delle spese del grado in favore della parte civile costituita, nella misura liquidata in dispositivo.
PQM
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna inoltre I. Mario alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa della parte civile Ferrara Tua srl in questa fase, che si Iiquidano in euro 3.510 complessivi, oltre spese generali, nella misura del 15%, iva e cpa.
Roma, così deciso l’11 febbraio 2021

Written by:

Sereno Scolaro

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