Corte di Cassazione, Sez. V Civ., 6 ottobre 2022, n. 29127

Corte di Cassazione, Sez. V Civ., 6 ottobre 2022, n. 29127

Corte di Cassazione
Civile Sent. Sez. 5 Num. 29127 Anno 2022
Presidente: DE MASI ORONZO
Relatore: RUSSO RITA
Data pubblicazione: 06/10/2022

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15702/2015 R.G. proposto da:
ARCICONFRATERNITA SS ROSARIO, in persona del legale rappresentante, domiciliata ex lege in ROMA, Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte Di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato FIORDORO ANTONIO -ricorrente-
Contro
EQUITALIA SUD SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato domiciliata ex lege in ROMA, Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione in presso lo studio dell’avvocato PIANTANIDA SILVIO che la rappresenta e difende -controricorrente-
nonchè contro
COMUNE TORRE ANNUNZIATA, in persona del Sindaco pro tempore -intimato-
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA n. 10173/2014 depositata il 20/11/2014; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/07/2022 dal Consigliere RITA RUSSO;
udito il Procuratore generale che conclude per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La ricorrente ha opposto la cartella di pagamento (O712012010 698151000) relativa alla Tarsu degli anni 2003, 2004 e 2005, pretesa dal comune di Torre Annunziata, notificata da Equitalia Sud s.p.a., di cui ha contestato la legittimità della notifica, posto che avrebbe ricevuto solo un avviso di avvenuta notifica a persona
diversa dal destinatario, risalendo poi alla cartella tramite un estratto di ruolo; oppone altresì la prescrizione della pretesa, nonché, nel merito, la sussistenza dei presupposti della pretesa impositiva, poiché l’Arciconfraternita è un ente ecclesiastico che fa parte della costituzione gerarchica della Chiesa, ai sensi dell’art 2 comma 1 della legge 222/1985 e i luoghi di culto non sono previsti dalla vigente normativa quali luoghi assoggettabili alla Tarsu.
Il ricorso è stato rigettato in primo grado ed altresì è stato rigettato l’appello proposto dalla Arciconfraternita, rilevando che i difetti di notifica dedotti sono in ogni caso sanati per raggiungimento dello scopo, dal momento che la parte ha proposto il ricorso; nel merito, la Commissione tributaria regionale evidenzia che la cartella è stata emessa a seguito di sentenza n. 621 del 2009 della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che decidendo nel merito aveva rigettato il ricorso dell’Arciconfraternita avverso gli avvisi di accertamento degli anni 2003- 2005.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’arciconfraternita affidandosi a sei motivi. Si è costituita resistendo Equitalia; il Comune non si è costituito. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso. La ricorrente ha depositato memoria e note di trattazione scritta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c., nonché degli artt. 112 e 324 c.p.c., avendo il giudice d’appello omesso di rilevare il giudicato esterno, formatosi in
relazione ad annualità diverse da quelle per cui è causa. Deduce che nella fattispecie in esame il giudicato si è formato sulla sentenza n. 322/200 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli avente ad oggetto la Tarsu per l’anno 2006 nonché sulla sentenza n. 617/2012 sempre della Commissione tributaria provinciale di Napoli, relativa alla Tarsu per l’anno 2007 ove il giudice di merito ha accolto il motivo di ricorso relativo alla carenza di legittimazione passiva ritenendo “valido e condivisibile quanto sostenuto dalla parte ricorrente”; ancora rileva che il giudicato si è formato altresì sulla sentenza 7177 del 2014 del 20 marzo 2014 (nella nota di deposito indicata come sentenza n. 717). Deduce inoltre che, di contro, non si è formato giudicato sulla sentenza 621/41/09 citata dal giudice d’appello e che pende innanzi alla Corte di Cassazione il procedimento n.6731 del 2013 assegnato alla sezione tributaria, che riguarda – come si illustra anche nel quarto motivo (pag. 43)- la legittimità dell’avviso di accertamento per gli anni 2003/2005.
Con la memoria depositata ex art 378 c.p.c. deduce che nelle more tra la proposizione del ricorso e la fissazione dell’udienza sono state pubblicate sulla stessa questione altre sentenze (oltre quelle già citate nel ricorso e prodotte con lo stesso) pure passate in giudicato, nei confronti delle stesse parti, in relazione ad altre annualità della medesima imposta e in particolare richiama: la sentenza n. 631/2012, della Commissione tributaria provinciale di Napoli, anno d’imposta 2008; la sentenza n. 5598/2015, della Commissione tributaria regionale della Campania, anno d’imposta 2010; la sentenza n. 10294/2018, della Commissione tributaria provinciale di Napoli, per l’annualità d’imposta 2013; la sentenza n. 19255/2015, della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che ha annullato gli atti impositivi per l’annualità 2011; la sentenza n. 7586/2015, della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che ha annullato gli atti impositivi per l’anno 2012.
Il motivo è infondato.
Il Procuratore generale rileva che il ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale che ha definito l’impugnazione dell’avviso di accertamento (RG n. 6731/2013, cui fa riferimento la parte nel ricorso), è stato definito con sentenza di questa Corte del 31 maggio 2017, n. 13740, nella quale sono stati rigettati tutti i motivi proposti dalla contribuente. Il giudicato si è quindi formato, ma in direzione contraria a quanto affermato dalla odierna ricorrente, essendo stata accertata la legittimità dell’avviso di accertamento notificato alla Arciconfraternita.
In ogni caso deve osservarsi, che della molteplicità delle sentenze depositate dalla parte potrebbero venire in rilievo solo quelle in cui il giudicato si sia formato successivamente al giudizio di secondo grado, ovvero quelle per le quali è stata sollevata la relativa eccezione nel corso di esso, posto che qualora il giudicato esterno si sia formato nel corso del giudizio di secondo grado ela sua esistenza non sia stata eccepita nel corso dello stesso dalla parte interessata, la sentenza di appello che si sia pronunciata in difformità da tale giudicato è impugnabile con il ricorso per revocazione e non con quello per cassazione (v. Cass. sez. un. n. 21493 del 2010, Cass. n. 22506 del 2015; Cass. 12852/2021).
Ancora, in relazione alle sentenze menzionate dalla parte in ricorso e nella memoria ex art 378 c.p.c., deve osservarsi che è giurisprudenza costante di questa Corte l’affermazione che il giudicato in materia tributaria fa stato solo in relazione a quei fatti che, per legge, hanno efficacia tendenzialmente permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi d’imposta o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (Cass. civ.
sez. V, n. 32254/2018; Cass.n. 7417 del 15/03/2019; Cass. n. 25516 del 10/10/2019). Con la necessaria precisazione che il giudicato fa stato entro i limiti oggettivi dati dei suoi elementi costitutivi ovvero dalla causa petendi, intesa come titolo dell’azione proposta e del bene della vita che ne forma l’oggetto; solo entro tali limiti il giudicato copre il dedotto e il deducibile (Cass. 5925/2004; 15222 del 19/07/2005; n. 9043 del 20/04/2011) e soltanto l’accertamento su un punto di fatto o di diritto costituente la premessa necessaria della decisione divenuta definitiva, quando sia comune ad una causa introdotta posteriormente, preclude il riesame della questione (Cass. 9685/2003). Inoltre, quando la qualificazione giuridica dei fatti costituisce esclusivamente una premessa logica della decisione di merito e non una questione formante oggetto di una specifica ed autonoma controversia, l’oggetto della pronuncia del giudice è costituito esclusivamente dall’attribuzione del bene della vita conteso (Cass. 7620/2006). Di conseguenza, non sono vincolanti i provvedimenti -ancorché passati in giudicato- dai quali non è dato ricavare le ragioni della decisione ed i principi di diritto che ne costituiscono il fondamento(Cass. n. 12111/ 2020; Cass. n. 23918/2010; Cass. 12852/2021). Con la ulteriore precisazione, quanto ai limiti oggettivi dati dalla causa petendi, che in materia tributaria vi è una sensibile differenza tra l’atto che esprime la pretesa impositiva ed avverso il quale si possono muovere eccezioni dirette a contestarne la legittimità, e l’atto di riscossione meramente esecutivo, impugnabile per vizi propri o per far valere la estinzione della obbligazione.
Pertanto, ed in ogni caso, a nessuna delle sentenze invocate dalla parte, alle quali mancano i suddetti requisiti, può attribuirsi valore di accertamento né di statuizione idonei ad estendere i suoi effetti anche al caso in esame.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione dell’art. 145 c.p.c., avendo la Commissione regionale erroneamente affermato che i vizi della notifica della cartella impugnata restavano tutti sanati per effetto del raggiungimento dello scopo dell’atto. Deduce che, poiché non è stata eseguita la notifica presso la sede dell’Arciconfraternita ma in un luogo diverso, ed a mani di persona che non ha collegamenti con la Arciconfraternita, la notifica è inesistente, quantomeno nulla e quindi non suscettibile di essere sanata.
Il motivo è infondato.
La ricorrente, la quale peraltro ammette di avere ricevuto la comunicazione di avvenuta notifica a mani di persona diversa dal destinatario, deduce vizi che comportano la nullità della notificazione della cartella e non la sua inesistenza, e per i quali trova piena applicazione il principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, avendo la parte proposto ricorso avverso l’atto con diffusa contestazione delle ragioni della pretesa (Cass. n. 1156 del 17/01/2019; Cass. n. 11043 del 09/05/2018; Cass. 24/08/2018, n. 21071; Cass. 24/04/2015, n. 8374; Cass. 15/01/2014 n. 654). L’inesistenza della notificazione è infatti configurabile, come hanno precisato le sezioni unite di questa Corte, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità.
In particolare, il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia “ex tunc”, 0 per raggiungimento dello scopo, o in conseguenza della rinnovazione della notificazione(Cass. sez. un. n. 14916 del 20/07/2016).
3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c. la violazione dell’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c..
La ricorrente deduce la violazione del diritto alla partecipazione al procedimento della contribuente, in relazione agli avvisi di accertamento impugnati, non avendo ricevuto alcuna comunicazione dell’avvio del procedimento.
4. Con il quarto motivo si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.
la violazione dell’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. La ricorrente deduce che la legittimità dell’avviso di accertamento prodromico non è ancora definitiva e certa poiché è ancora pendente il giudizio presso la Corte di Cassazione e comunque i motivi di invalidità dedotti con i ricorsi di primo e secondo grado attengono anche alla cartella di pagamento e non solo agli atti prodromici; deduce altresì che la cartella risente di un difetto di motivazione.
I motivi sono infondati.
Premesso quanto sopra si è esposto in ordine alla definizione del giudizio iscritto al ruolo generale di questa Corte con il n.6731/2013, in termini negativi perla contribuente, e rilevato che in questa sede possono opporsi solo vizi attinenti alla cartella e non all’atto impositivo, si osserva che non si evince dagli atti che la questione relativa al vizio di motivazione sia stato dedotto, ed esattamente in che termini, in appello.
Quanto ai rilievi ex art. 360 n. 5 c.p.c. si deve osservare che la decisione di merito è negativa sia in primo che in secondo grado. Si tratta quindi di una ipotesi di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’art. 348 ter c.p.c.. e il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 10897/2018 Cass. n.26774/2016; Cass. n. 5528/2014). Nella fattispecie il giudice di secondo grado ha richiamato le motivazioni del giudice di appello. 5. Con il quinto motivo del ricorso si denuncia la violazione degli artt. 112, 189, 277 e 359 c.p.c., nonché vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., avendo il giudice d’appello omesso di pronunciare sull’eccezione di carenza di legittimazione passiva della contribuente.
6. Con il sesto motivo del ricorso si lamenta la violazione degli artt.
112, 189, 277 e 359 c.p.c., nonché il vizio di motivazione ex art.
360, comma primo, n. 5), c.p.c., avendo il giudice d’appello omesso
di pronunciare sull’eccezione concernente altro profilo di carenza di
legittimazione passiva della contribuente.
La ricorrente, in questi motivi, deduce di essere un ente ecclesiastico, appartenetene alla gerarchia della Chiesa cattolica, avente scopi di culto in quanto tra i suoi compiti vi è quello di officiare i riti funebri dei confrati nei loculi a loro assegnati. Deduce che i loculi sono in concessione ai confrati e non nella disponibilità della Confraternita; in ogni caso essi in quanto luoghi di culto sono esenti da imposizione.
I motivi sono infondati.
Si tratta di questioni di merito, che non possono essere fatte valere in sede di opposizione alla cartella esattoriale.
In ogni caso, la giurisprudenza di questa Corte sul punto, formatosi anche in controversie tra le stesse parti, è in senso contrario alla tesi della ricorrente. Si è infatti affermato che in materia di tassa sui rifiuti solidi urbani, non è esentato dall’imposizione l’immobile costituito da un’area cimiteriale in concessione gestita da un ente ecclesiastico, atteso il conferimento dei rifiuti che lo stesso produce (cd. rifiuti cimiteriali), classificati tra quelli urbani o ad essi assimilati, nemmeno potendosi sostenere l’equiparazione di un siffatto cespite con gli edifici di culto (v. Cass. 11679/2019; Cass. n. 13740/2017; Cass. n. 3711/2005).
In tal senso, peraltro, anche il codice di diritto canonico distingue il cimitero cattolico dai luoghi di culto, poiché esso è definito luogo sacro, ma non luogo di culto. Il canone 1205 prevede infatti che “Sono luoghi sacri quelli che vengono destinati al culto divino o alla sepoltura dei fedeli mediante la dedicazione 0 la benedizione, a ciò prescritte dai libri liturgici“.
Inoltre, non può neppure dirsi corretta l’affermazione che gli edifici destinati al culto (cattolico o acattolico) sono sottratti, per regola generale ed in quanto tali, alla imposizione in materia di tassa sullo smaltimento dei rifiuti.
L’esenzione, in tali casi, non è correlata alla sacralità del culto, ma alla circostanza, in armonia con il principio comunitario “chi inquina paga” e con gli artt. 62 e 70 del d.lgs. n. 507 del 1993, che il Comune riconosca, anche con apposita previsione nel Regolamento, che si tratta di aree non idonee alla produzione dei rifiuti per il particolare uso cui sono destinate; occorre, però che gli edifici in questione siano effettivamente destinati al culto e ciò costituisce un accertamento che si deve compiere in concreto, poiché nel nostro ordinamento non esiste una specifica definizione normativa della nozione di culto; ed inoltre è necessario che essi siano indicati come tali nella denuncia o nella successiva variazione, non essendo sufficiente la mera classificazione catastale, né, se il contribuente non assolve all’onere di preventiva informazione tramite denuncia, la circostanza della destinazione a culto può essere fatta valere nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo (in arg. v. Cass. n. 16645 del 23/05/2022).
Ne consegue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, euro 200,00 per spese non documentabili oltre alle spese forfetarie, ed agli accessori di legge Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma, camera di consiglio del 05/07/2022.

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Sereno Scolaro

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