Corte di Cassazione, Sez. I Civ., 9 maggio 2022, n. 14575

Corte di Cassazione, Sez. I Civ., 9 maggio 2022, n. 14575

Civile Ord. Sez. 1 Num. 14575 Anno 2022
Presidente: SCOTTI UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE
Relatore: MAURA CAPRIOLI
Data PUbblicazione: 09/05/2022
Oggetto:
ESPROPRIAZIONE
Ud.29/04/2022
CC
Numero registro generale 22630/2017
Numero sezionale 1746/2022
Numero di raccolta generale 14575/2022
Data pubblicazione 09/05/2022

REPUBBLICA ITALIANA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
UMBERTO L.C.G. SCOTTI Presidente
MARCO MARULLI
ANDREA ZULIANI Consigliere CC
ROSARIO CAIAZZO
MAURA CAPRIOLI
Consigliere
Consigliere
Consigliere-Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22630/2017 R.G. proposto da:
C. ANTONIO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
BARNABA TORTOLINI 30, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO
PLACIDI, rappresentato e difeso dall’avvocato TOMMASO
MILLEFIORI
-ricorrente-
contro
COMUNE LECCE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FLAMINIA
56, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BALDASSARRE
(BLDFNC64P3OC377A) rappresentato e difeso dall’avvocato ANNA
DE GIORGI (DGRNNA68H68E506V)
-controricorrente-
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO LECCEUT n. 335/2017 depositata il 15/03/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2022 dal Consigliere MAURA CAPRIOLI.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Ritenuto che:
Con sentenza nr 335/2017 la Corte di appello di Lecce nell’ambito del procedimento di opposizione alla stima promosso dal Comune di Lecce, accertava l’indennità di esproprio spettante ad Antonio C. nell’importo di € 26.915,00, rigettando la domanda riconvenzionale di quest’ultimo.
Il giudice di merito riteneva sulla base delle risultanze peritali che il terreno, destinato a zona F33-parco attrezzato urbano, sicché era consentito il solo intervento pubblicistico per la realizzazione di un parco urbano, non fosse edificabile per due ordini di ragioni: la prima fondata nel fatto che l’area de qua era gravata da vincolo cimiteriale e la seconda basata sulla destinazione urbanistica.
La Corte di appello rilevava con riguardo alle osservazioni pervenute dal consulente di parte, secondo cui il terreno sarebbe edificatorio ma non edificabile, che per attribuire al terreno espropriato valore edificabile è necessario il suo inserimento nel P.R.G. nel comparto edificatorio, il che nella specie non era avvenuto; inoltre le norme tecniche di attuazione del P.R.G. non avevano assegnato al terreno alcun indice di fabbricabilità; infine precedente strumento urbanistico aveva previsto per l’area in questione la destinazione a zona E1 cioè ad aree destinate a culture agricole- verde agricolo produttivo.
Con riguardo poi alla prospettata omessa pronuncia da parte del c.t.u. sull’osservazione secondo cui la fascia di rispetto cimiteriale si arresta al di qua dell’area di proprietà di C., lasciando estranea alle proprie prescrizioni vincolistiche e alla conseguente
necessità di acquisire il certificato di destinazione urbanistica e la planimetria, il giudice di appello riteneva le argomentazioni infondate e comunque irrilevanti.
La Corte territoriale considerava che a norma dell’art 338 del R.D. 1265 del 1934 il vincolo cimiteriale comporta il divieto di costruire nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale entro il quale rientra il terreno del C. secondo quanto accertato dal c.t.u.
Inoltre osservava che l’inedificabilità del terreno risultava in modo non equivoco dal fatto che sia nel programma di fabbricazione del 1969 che nel PRG del 1990 risultava non edificabile.
Avverso tale sentenza Antonio C. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrato da memoria, cui resiste con controricorso il Comune di Lecce.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli art 18,19, secondo comma, e dell’art. 20, primo comma, della L.R. Puglia n.3 del 2005 per avere la Corte di appello, nel negare la qualificazione del terreno espropriato come “legalmente edificabile” ed assistito anche dal requisito della “edificabilità di fatto”, ignorato il disposto normativo della legge regionale applicabile alla fattispecie ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, commi uno e tre, del T.U. 2001 nr 327.
Sostiene infatti che la Corte di appello, da un lato, avrebbe violato l’art. 19, comma secondo, della L.R. predetta, in forza del quale sono da considerarsi sempre legalmente edificabili tutte le aree ricadenti nel perimetro continuo delle zone omogenee di tipo A,B,C e D, secondo le definizioni di cui al decreto interministeriale 2.4.1968 nr 1444, comprese le aree a standard ad esse riferite, il
che avrebbe consentito di qualificare legalmente edificabile il terreno in questione stante l’accertata qualificazione come area standard per il quartiere Rudiae.
Rileva poi che il giudice di merito avrebbe negato all’area in oggetto, circondata da tessuto urbano, il requisito dell’edificabilità di fatto in aperta violazione dell’art 20, comma 1, della L.R.
Va esaminato con priorità il secondo motivo di ricorso con il quale si contesta una delle due rationes decidendi, posta a fondamento del mancato riconoscimento dell’edificabilità del terreno a causa dell’accertata esistenza al momento dell’esproprio del vincolo cimiteriale.
Il ricorrente sostiene che la Corte di appello non avrebbe correttamente valutato la documentazione prodotta ed in particolare lo stralcio del PRG versato in atti, affermando che il terreno in questione ricadrebbe al di fuori della fascia di rispetto dell’impianto cimiteriale quale risultante dallo strumento urbanistico vigente del comune.
Il ricorrente aggiunge in particolare che la nuova norma (come modificata nel 2002) attribuirebbe rilievo alle risultanze degli strumenti urbanistici e consentirebbe limitate deroghe per usi intermedi.
Il motivo è in parte inammissibile, laddove critica la valutazione espressa dalla Corte sulla base della documentazione prodotta in merito alla zona in cui rientra l’area in questione, ed in parte
infondato relativamente alla questione di diritto che veicola attraverso la censura (secondo cui sarebbe necessario per l’operatività dei vincoli cimiteriali il loro recepimento negli strumenti urbanistici).
Sotto quest’ultimo profilo giova muovere dal dato di riferimento normativo: l’art 338 RD 1265/1934 prevede testualmente “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici, vigenti nel comune o in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.
Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento dell ‘ultima salma.
Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a lire 200.000 e deve ino/tre, a sue spese, demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.
Il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri 0 l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti; b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
Per dare esecuzione ad un opera pubblica o aIl’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire , previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della sona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre.
Al fine de//’acquisizione del parere della competente azienda sanitaria locale, previsto dal presente articolo, decorsi inutilmente due mesi dalla richiesta, il parere si ritiene espresso favorevolmente
All’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articoIo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457

In merito alla portata applicativa del testo su riprodotto questa Corte (Cass 13923/2012; 9631/2010; 25364/2006; 11669/2004) e la Corte Costituzionale (sent. n. 133/1971; n. 79/1971; n. 63/1970), da decenni sono fermissime nel ritenere che l’art. 338 del r.d. 1265 del 1934 non consente di considerare edificabile un suolo rientrante nella zona di rispetto cimiteriale ed assoggettato al relativo vincolo, giacché lo stesso integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto neppure da parte dello strumento urbanistico: perciò configurando in materia obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici.
E’ stata al riguardo esclusa l’edificabilità del terreno rientrante nella fascia di rispetto cimiteriale di duecento metri ed assoggettato al relativo vincolo ai sensi dell’art. 338 del r.d. n. 1265 del 1934, integrante una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, in ragione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare (che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione ed alla sepoltura e nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale), sicché il vincolo s’impone “ex se”, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, idonei ad incidere sull’esistenza o sui limiti dello stesso; ed è, altresì, costituzionalmente legittimo, sotto il profilo soggettivo, in ragione del suo carattere generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di determinati beni che si trovino in una determinata situazione, nonché, sotto il profilo oggettivo, per il fatto di gravare su immobili individuati “a priori”.
Ne consegue che, in sede di determinazione dell’indennità d’espropriazione, tale vincolo non arreca alcun deprezzamento del quale debba tenersi conto in sede di determinazione del valore dell’immobile, facendo difetto il nesso di causalità diretto sia con l’ablazione, sia con l’esercizio del pubblico servizio cui l’opera è destinata. (Sez. 1, Sentenza n. 26326 del 20/12/2O16, Rv. 942762-01)
Ed ancora nello stesso senso è stato affermato che non può considerarsi edificabile un suolo rientrante nella zona di rispetto cimiteriale, ed assoggettato al relativo vincolo, trattandosi di limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, siccome riconducibile a previsione generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata situazione, e perciò individuabili “a priori”, sicché in sede di determinazione dell’indennità di esproprio il vincolo incide sul valore del bene, facendo difetto il nesso di causalità diretto sia con l’ablazione che con l’esercizio del pubblico servizio cui l’opera è destinata. (Sez. 1, Sentenza n. 25364 del 29/11/2006, Rv. 593283 – O1).
Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, un suolo rientrante nella zona di rispetto cimiteriale ed assoggettato al relativo vincolo, ai sensi dell’art. 338 R.D. n. 1265 del 1934, è da qualificare non edificabile ai sensi dell’art. 5 bis D.L. n. 333 del 1992 (conv., con modif. nella legge n. 359 del 1992), giacché il vincolo cimiteriale determina una tipica situazione di inedificabilità “legale”, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali, senza che, del resto, proprio in virtù della rigida dicotomia tra suoli edificabili e non edificabili introdotta dalla norma citata, sia più sostenibile la rilevanza, agli effetti indennitari, di utilizzazioni economiche del terreno non coincidenti con lo sfruttamento agricolo (realizzazione di chioschi, infrastrutture per campeggio e turismo, parcheggi e così via). (Sez. 1, Sentenza n. 11669 del 23/06/2004, Rv. 573857 – 01).
In questo quadro non è condivisibile la tesi secondo cui la legge richiederebbe che il vincolo sia recepito nello strumento urbanistico, non rinvenendosi nel testo normativo alcun appiglio nel senso prospettato dal ricorrente.
Il primo comma attribuisce rilievo all’esistenza del cimitero, riconosciuta nello strumento urbanistico o comunque esistente di fatto, e non richiede che il vincolo sia recepito nello strumento urbanistico.
Quanto alla possibilità di deroga prevista dal 5° comma, non risulta che detta deroga sia stata disposta.
Con riguardo poi alla pretesa esistenza di edificazioni, che peraltro non sono state provate, la questione non assume alcun rilievo essendo in tali zone vietate le nuove edificazioni.
L’indagine tecnica, fatta propria dal giudice di merito, ha accertato che l’area di proprietà del ricorrente rientra “all’interno della fascia di mt 200 dal perimetro cimiteriale” considerando il predetto perimetro con riferimento al muro di cinta del cimitero.
Il profilo di censura fatto valere con il secondo motivo non consente di scardinare la seconda ratio decidendi su cui si è fondata la pronuncia impugnata, rendendo superfluo l’esame della prima censura che resta assorbita e con essa la questione di legittimità costituzionale sollevata da questa Corte con ordinanza nr 9829 del 2021, con riguardo al sospettato contrasto della disposizione della legge regionale con l’art. 3 comma I e l’art 117, secondo comma, lett. l) e m). della Cost.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri normativi vigenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna Antonio C. al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessive € 5.000,00 oltre 200,00 per esborsi, accessori di legge ed al 15% per spese generali; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte il 29.4.2022
Il Presidente
(dott. Umberto Luigi Cesare Giuseppe Scotti)

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Sereno Scolaro

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