Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2017, n. 4656

Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2017, n. 4656

MASSIMA
Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2017, n. 4656
In materia di area di rispetto cimiteriale, il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale e, in quanto d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti. Inoltre, la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, quinto comma, il quale non presidia interessi privati e non può legittimare interventi edilizi futuri su un’area indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura. Infine, il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al’art. 338, comma 7 (recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti); mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico – come valutato dal legislatore nell’elencazione, al comma 5, delle opere ammissibili ai fini della riduzione della fascia inedificabile.

NORME CORRELATE

Art. 338 RD 27 luglio 1934, n. 1265

Art. 57 dPR 10 settembre 1990, n. 285

SENTENZA

Pubblicato il 06/10/2017
N. 04656/2017REG.PROV.COLL.
N. 09073/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9073 del 2008, proposto dai signori Stefano T., Romano B, e Giovanna B,, rappresentati e difesi dall’avvocato Andrea Pettini, con domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Grez & associati s.r.l. in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
contro
Comune di Prato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Clarich ed Elena Bartalesi, con domicilio eletto presso lo studio del primo difensore in Roma, viale Liegi, 32;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Toscana, sezione III, 17 marzo 2008, n. 385, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Prato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 settembre 2017 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Uditi per le parti gli avvocati Pafundi, su delega dell’avvocato Pettini, e Clarich;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I signori Stefano T., Romano B, e Giovanna B, sono proprietari di un terreno nel Comune di Prato, sul quale insiste un impianto sportivo ricadente per intero in zona di rispetto cimiteriale per essere a una distanza inferiore di 200 metri dal cimitero di Grignano.
2. Entrata in vigore la legge 1° agosto 2002, n. 166 – che ha modificato l’art. 338 del regio decreto 24 luglio 1934, n. 1265, consentendo a determinate condizioni la riduzione della fascia di rispetto – la Parrocchia di San Pietro a Grignano, proprietaria dell’impianto sportivo, ha chiesto al Comune di poter realizzare nell’area alcuni locali a servizio dell’impianto in questione.
3. Con delibera n. 181 del 30 settembre 2004 il Consiglio comunale ha autorizzato la costruzione di servizi all’impianto sportivo, secondo la richiesta della Parrocchia, con conseguente riduzione della zona di rispetto ma “con esclusivo riferimento agli edifici da realizzare”.
4. Ritenendo leso il proprio interesse a ottenere una generale modifica del vincolo per poter realizzare in futuro altre più complesse opere di adeguamento strutturale, a loro dire necessarie per l’utilizzo degli impianti sportivi, senza dovere nuovamente avviare la procedura di rimozione del vincolo medesimo, i privati hanno impugnato la delibera comunale.
5. Con sentenza 17 marzo 2008, n. 385, il T.A.R. per la Toscana, sez. III, ha respinto il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio. Il Tribunale territoriale ha ritenuto che l’art. 338 citato attribuisca all’Amministrazione una facoltà discrezionale da esercitarsi caso per caso, che non può spingersi sino a emettere provvedimenti di valenza conformativa della vocazione edificatoria delle aree assumendo la funzione riservata invece agli strumenti urbanistici.
6. Gli originari ricorrenti hanno interposto appello avverso la sentenza n. 385/2008 riproponendo la censura di violazione ed erronea applicazione dell’art. 338 citato e di eccesso di potere sotto diversi profili. Con il reputare che la ricordata modifica normativa legittimasse non un assottigliamento della zona di rispetto, ma solo una deroga al vincolo cimiteriale, l’Amministrazione prima e il T.A.R. poi ne avrebbero erroneamente interpretato e illegittimamente ridotto la portata. Inoltre l’Autorità sanitaria avrebbe rilasciato parere favorevole alla riduzione del vincolo e parere favorevole sarebbe stato dato anche a un progetto alternativo che avrebbe previsto la realizzazione di opere a distanza persino inferiore dal confine del cimitero.
7. Il Comune di Prato si è costituito in giudizio per resistere all’appello e, nella successiva memoria depositata il 25 luglio 2017, ne ha sostenuto la parziale inammissibilità (con riguardo a una censura di difetto di motivazione circa la mancata riduzione generalizzata del vincolo, considerata nuova in questo grado) e comunque l’infondatezza nel merito.
8. Gli appellanti hanno replicato con memoria depositata il 3 agosto scorso, con cui hanno contestato l’affermata discrepanza fra il contenuto del ricorso di primo e quello di secondo grado, e hanno rinnovato le proprie argomentazioni.
9. All’udienza pubblica del 28 settembre 2017, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
10. In via preliminare, il Collegio:
a) osserva che la ricostruzione in fatto, sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite ed è comunque acclarata dalla documentazione versata in atti. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono darsi per assodati i fatti oggetto di giudizio;
b) ritiene di poter prescindere dall’esame dell’eccezione di parziale inammissibilità del ricorso formulata dal Comune intimato perché l’appello è manifestamente infondato nel merito.
12. Il primo comma dell’art. 338 del regio decreto n. 1265/1934 dispone che:
I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Aggiunge il quinto comma, nel testo da ultimo sostituito dall’art. 28, co. 1, lett. b), della legge n. 166/2002:
Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
12.1. A tale proposito, la consolidata giurisprudenza è nel senso che:
a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici (da ultimo Cass. civ., sez. I, 20 dicembre 2016, n. 26326);
b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2016, n. 949);
c) il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti (Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2013, n. 5544; Cass. civ., sez. I, 17 ottobre 2011, n. 2011; Id., sez. I, n. 26326 del 2016, cit.);
d) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, quinto comma;
e) l’art. 338, quinto comma, non presidia interessi privati e non può legittimare interventi edilizi futuri su un’area indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura;
f) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell’art. 338, settimo comma (recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti); mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico – come valutato dal legislatore nell’elencazione, al quinto comma, delle opere ammissibili ai fini della riduzione – la procedura di riduzione della fascia inedificabile (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 4 luglio 2014, n. 3410; sez. VI, 27 luglio 2015, n. 3667; ivi riferimenti ulteriori).
12.2. In definitiva, l’art. 338, quinto comma, norma eccezionale e di stretta interpretazione, consente di costruire in zona di rispetto cimiteriale unicamente con riguardo a specifiche domande edificatorie e non può essere base legale di un’autorizzazione a costruire de futuro.
13. La delibera comunale impugnata era dunque del tutto legittima nella parte in cui ha ridotto la zona di rispetto cimiteriale con solo riguardo alle opere da realizzare secondo il progetto presentato dalla Parrocchia di San Pietro a Grignano, restando del tutto irrilevanti i pareri espressi dall’Azienda U.S.L., che attengono evidentemente a profili del tutto diversi.
14. Dalle considerazioni che precedono discende che, come detto, l’appello è manifestamente infondato e va perciò respinto, con conferma della sentenza impugnata.
15. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.
16. Il Collegio rileva, inoltre, che la pronuncia di reiezione dell’appello si basa, come sopra illustrato, su ragioni manifeste che integrano i presupposti applicativi dell’art. 26, co. 1, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio, sostanzialmente recepita, sul punto in esame, dalla novella recata dal decreto-legge n. 90 del 2014 all’art. 26 c.p.a. [cfr. sez. V, 21 novembre 2014, n. 5757; sez. V, 11 giugno 2013, n. 3210; sez. V, 31 maggio 2011, n. 3252; sez. V, 26 marzo 2012, n. 1733, sez. V, 9 luglio 2015, n. 3462, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della misura indennitaria conformemente, per altro, ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. da ultimo sez. VI, n. 11939 del 2017 e n. 22150 del 2016)].
17. La condanna degli appellanti ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2 quinquies, lett. a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna gli appellanti soccombenti, in solido, al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida nell’importo di euro 8.000,00 (ottomila/00), comprensivo della misura indennitaria prevista dall’art. 26, co. 1, c.p.a., oltre agli accessori di legge (15% a titolo di rimborso delle spese generali, I.V.A. e C.P.A.).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere
Nicola D’Angelo, Consigliere
Giuseppa Carluccio, Consigliere
L’ESTENSORE (Giuseppe Castiglia)
IL PRESIDENTE (Vito Poli)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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