Consiglio di Stato, Sez. V, 30 giugno 2022, n. 5447

Consiglio di Stato, Sez. V, 30 giugno 2022, n. 5447

Pubblicato il 30/06/2022
N. 05447/2022REG.PROV.COLL.
N. 07600/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7600 del 2021, proposto da
Socrem, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ornella Cutajar, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Firenze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Debora Pacini e Antonella Pisapia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Lepore in Roma, via Polibio, 15;
nei confronti
Crematorio di Firenze S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Leonardo Limberti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
G.S.C. Gestione Servizi Cimiteriali S.r.l., Silve S.p.a., Vezzani S.p.a., Città Metropolitana di Firenze, Regione Toscana, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. 1111 del 2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Firenze e di Crematorio di Firenze S.p.a.;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 giugno 2022 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Cutajar, Cilliutii, in delega dell’Avv. Pacini, e Limberti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Socrem ha impugnato il provvedimento del Comune di Firenze, Direzione Patrimonio Immobiliare, prot. n. 0143646 del 9 giugno 2020, avente ad oggetto “Sentenza del Consiglio di Stato n. 7836/2019 del 14.11.2019. Ingiunzione della cessazione di attività crematoria e acquisizione accessiva al patrimonio comunale del Tempio Crematorio”, che ha ingiunto all’appellante di “cessare ogni e qualsiasi attività di cremazione nei confronti di propri soci come di chiunque”, nonché “di rendere libero da persone e/o cose l’immobile destinato a Tempio Crematorio all’interno del Cimitero di Trespiano, in vista della cessazione del diritto di superficie che interessa tale immobile e della conseguente acquisizione al patrimonio comunale del Tempio Crematorio sopra descritto”, riservandosi “l’adozione di tutti gli atti che saranno ritenuti necessari al fine di realizzare l’acquisizione al patrimonio comunale del Tempio Crematorio sopra descritto”; la nota prot. 47423 del 13 febbraio 2020, l’ordinanza sindacale n. 546 del 2010, la delibera C.C. n. 7 del 2011 e la delibera C.C. n. 33 del 2012.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha respinto il ricorso con la sentenza n. 1111 del 27 luglio 2021, appellata da Socrem per i seguenti motivi di gravame:
I) erroneità della sentenza per carenza e intrinseca illogicità della motivazione meramente apparente – violazione di legge: articoli 1, 3, 21-quinquies della l. 7 agosto 1990, n. 241 – difetto e contraddittorietà della motivazione – violazione dell’articolo 97 della Costituzione e del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione – violazione della concessione perpetua del 1884 – violazione di legge: l. 20 marzo 2001, n. 130 – violazione dei principi di non discriminazione, del legittimo affidamento, di proporzionalità e del principio di ragionevolezza – illegittimità derivata dall’abrogazione del quadro normativo presupposto delle delibere n. 7 del 2011 e n. 33 del 2012 – eccesso di potere per ingiustizia manifesta;
II) erroneità della sentenza per carenza e intrinseca illogicità della motivazione meramente apparente – violazione di legge: articoli 1, 3, 21-quinquies della l. 7 agosto 1990, n. 241 – difetto e contraddittorietà della motivazione – violazione dell’articolo 97 della Costituzione e del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione – violazione della concessione perpetua del 1884 – violazione di legge: l. 20 marzo 2001, n. 130 – articoli 21 e 22 della l. 287 del 1990 – violazione dei principi di non discriminazione, del legittimo affidamento, di proporzionalità e del principio di ragionevolezza – illegittimità derivata dall’abrogazione del quadro normativo presupposto delle delibere n. 7 del 2011 e n. 33 del 2012;
III) erroneità della sentenza per carenza e intrinseca illogicità della motivazione meramente apparente – violazione di legge: articoli 1, 3, 21-quinquies della l. 7 agosto 1990, n. 241 – difetto e contraddittorietà della motivazione – violazione dell’articolo 97 della Costituzione e del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione – violazione della concessione perpetua del 1884 – violazione di legge: l. 20 marzo 2001, n. 130 – articolo 3 d.P.R. n. 59 del 2013 – d.P.R. n. 285 del 1990 – violazione dell’articolo 32 della Costituzione – atto dirigenziale provincia di Firenze n. 3460 del 17 settembre 2014, provvedimento del comune di Firenze prot. 286546 del 21 novembre 2014 -violazione dei principi di non discriminazione, del legittimo affidamento, di proporzionalità e del principio di ragionevolezza – illegittimità derivata dall’abrogazione del quadro normativo presupposto delle delibere n. 7 del 2011 e n. 33 del 2012 – ingiustizia manifesta – eccesso di potere;
IV) erroneità della sentenza per carenza e intrinseca illogicità della motivazione meramente apparente – violazione di legge – violazione dei principi europei e costituzionali di non discriminazione, di proporzionalità, del legittimo affidamento – violazione di legge: articoli 842, 953 e 954 c.c.—violazione della concessione perpetua del 1884 – violazione articoli 3, 97 della Costituzione – violazione art. 49 TFUE.
Socrem ha proposto, inoltre, istanza di rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità dell’articolo 6, comma 2, della legge n. 130 del 2001, nella parte in cui non contiene alcuna disposizione sulle concessioni perpetue preesistenti della fine del 1800 per violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, atteso che tali concessioni verrebbero private della tutela garantita dalla l. n. 241 del 1990 nell’ipotesi di revoca.
Si sono costituiti per resistere all’appello il Comune di Firenze e Crematorio di Firenze S.p.a.
Successivamente le parti hanno depositato memorie a conferma delle rispettive conclusioni.
All’udienza pubblica del 23 giugno 2022 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Giunge in decisione l’appello proposto da Socrem contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana n. 1111 del 27 luglio 2021 che ha respinto il suo ricorso per l’annullamento del provvedimento del comune di Firenze del 9 giugno 2020 che ha ingiunto all’appellante di “cessare ogni e qualsiasi attività di cremazione nei confronti di propri soci come di chiunque”, nonché “di rendere libero da persone e/o cose l’immobile destinato a Tempio Crematorio all’interno del Cimitero di Trespiano, in vista della cessazione del diritto di superficie che interessa tale immobile e della conseguente acquisizione al patrimonio comunale del Tempio Crematorio sopra descritto”, riservandosi “l’adozione di tutti gli atti che saranno ritenuti necessari al fine di realizzare l’acquisizione al patrimonio comunale del Tempio Crematorio sopra descritto”; della nota prot. 47423 del 13 febbraio 2020 con cui il Comune di Firenze comunicava a Socrem, in attuazione delle deliberazioni C.C. n.7/2011 e n.33/2012, l’avvio del procedimento; dell’ordinanza sindacale n. 546 del 2010 – con la quale veniva ordinato a Socrem “… di assicurare la continuità e la regolarità del servizio pubblico di cremazione di defunti con le modalità già in essere, nelle more della definizione del project financing e/o dell’individuazione del nuovo soggetto gestore e, comunque, non oltre il 30/06/2012 o il diverso termine che verrà deciso dal Consiglio comunale”; della delibera C.C. n. 7 del 2011 con cui veniva disposto “ … 2. di dare atto che il regime di gestione del servizio pubblico di cremazione in essere nel Comune di Firenze rientra nella casistica di cui all’art. 23- bis, comma 8, lett. e) e, conseguentemente, la suddetta gestione da parte della So.Crem. è cessata ope legis al 31/12/2010; 3. di dare atto che, per le ragioni riportate nella parte narrativa, il suddetto servizio è intrinsecamente incompatibile con una pluralità di gestori e ne è indispensabile, invece, una gestione in esclusiva accentrata in un unico soggetto, cui occorre affidare, pertanto, il servizio stesso; 4. di dare atto che il Comune di Firenze ha già individuato, conformemente alla vigente normativa di settore, la forma di gestione, a regime, del servizio pubblico di cremazione nell’ambito del territorio comunale, attraverso il ricorso alla procedura di project financing già espletata e regolata dal contratto di concessione stipulato in data 27.07.05; 5. di dare mandato alla Direzione Patrimonio di avviare le procedure per l’acquisizione per accessione al patrimonio comunale del “vecchio” tempio crematorio di Firenze di proprietà superficiaria di So.Crem.; 6. di dare mandato, inoltre, ai competenti uffici comunali di garantire, per le ragioni riportate nella parte narrativa e nelle more della realizzazione e avvio della gestione del nuovo Tempio crematorio di Firenze, la continuità e la regolarità del servizio per gli utenti, incaricando conseguentemente sin da ora l’attuale gestore (Società per la cremazione So.Crem.) di proseguire, con le modalità già in essere, la gestione del servizio stesso fino alla realizzazione del nuovo tempio crematorio e, comunque, non oltre il 30/6/2012”; della delibera C.C. n. 33 del 2012 con cui, preso atto che “… ai sensi dell’art. 6 della L. n. 130/2001: “La gestione dei crematori spetta ai comuni che la esercitano attraverso una delle forme previste dall’art. 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”; l’art. 113 del T.U.E.L. disciplina le modalità di gestione di servizi pubblici locali a rilevanza economica e che, pertanto, il servizio di cremazione rientra tra tali tipologie di servizi”; veniva stabilito “1) di ribadire …l’incompatibilità del servizio pubblico di cremazione con il regime della libera iniziativa economica privata e, conseguentemente, di confermare il mantenimento del regime di esclusiva del servizio, per le motivazioni di cui alla propria deliberazione n. 7/2011; 2) di garantire la continuità e la regolarità del servizio di cremazione, incaricando conseguentemente l’attuale gestore (…So.Crem. di Firenze) di proseguire la gestione, con le modalità già in essere, almeno fino al 31 Ottobre 2012 …”.
Le suddette ordinanza sindacale e delibere C.C. erano state oggetto di un precedente giudizio conclusosi con sentenza del Consiglio di Stato, V, 14 novembre 2019, n. 7836 con cui, in accoglimento dell’opposizione di terzo di Crematorio di Firenze S.p.a., venivano dichiarati inammissibili il ricorso ed i motivi aggiunti proposti da Socrem in primo grado ed annullata senza rinvio la sentenza appellata, che aveva dichiarato l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse nella parte in cui tali atti non erano più produttivi di effetti, in quanto adottati sul presupposto di una normativa poi venuta meno, e accolto, invece, il ricorso con riferimento alle sole delibere nella parte in cui affermavano il regime di esclusiva del servizio pubblico di cremazione, riconoscendone l’incompatibilità con la libera iniziativa economica privata.
Ai fini della decisione deve ricordarsi che Socrem è un ente morale senza scopo di lucro titolare, in virtù di delibera del Consiglio comunale di Firenze del 9 maggio 1884, di una concessione perpetua di un terreno ad uso gratuito ubicato nel cimitero comunale di Trespiano per la costruzione obbligatoria di un forno o ara crematoria e di un cinerario.
Successivamente alla concessione, il comune di Firenze, non disponendo di un proprio impianto per la cremazione dei defunti, stipulava una serie di convenzioni con Socrem per la gestione del servizio pubblico di cremazione presso il cimitero di Trespiano e la regolamentazione dei rispettivi rapporti economici, dando espressamente atto, nelle convenzioni stipulate negli anni più recenti, della necessità di assicurare la continuità del servizio di cremazione nelle more della definizione della procedura di project financing – cui partecipava la stessa Socrem in qualità di mandante dell’A.T.I. promotrice e poi aggiudicataria del project – per la costruzione e gestione del “nuovo tempio crematorio” di Firenze.
Con atto notarile del 22 luglio 2013, rep. 292.729 veniva costituita la società di progetto, denominata “Società Crematorio di Firenze S.p.a.”, tra i soci S.I.L.V.E. S.p.a., G.C.S. S.r.l. e Socrem; con deliberazione G.C. n. 308 del 25 settembre 2013 veniva approvato il progetto definitivo del nuovo tempio crematorio di Firenze, nonché il relativo atto d’obbligo del concessionario ed il disciplinare tecnico di gestione dei servizi affidati.
Tanto premesso, deve osservarsi che la sentenza appellata ha respinto il ricorso di Socrem statuendo che dalle delibere C.C. n. 7 del 2011 e n. 33 del 2012 era chiaramente evincibile come il Comune di Firenze avesse ritenuto di affidare il servizio di cui si tratta in esclusiva alla stessa Amministrazione comunale ai sensi dell’art.6, comma 2, della legge n. 130 del 2001, previo svolgimento di una procedura ad evidenza pubblica di project financing. Detta disposizione normativa prevede, nella parte in cui disciplina la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che “la gestione dei crematori spetta ai comuni, che la esercitano attraverso una delle forme previste dall’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali …”. Ne consegue che, in base alla vigente normativa, sarebbe pacifica la natura del servizio di cremazione quale servizio pubblico locale di rilevanza economica, la cui gestione spetta ai comuni e in relazione al quale non sono applicabili i principi sovranazionali in tema di concorrenza e di libera iniziativa economica privata.
Con il primo motivo di gravame l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza, atteso che l’oggetto del contendere non sarebbe costituito dalle delibere n. 7 del 2011 e n. 33 del 2012, ma dal provvedimento del Comune di Firenze del 9 giugno 2020, privo di effetto legittimante, che ingiunge tout court la cessazione della concessione del 1884 in violazione della normativa cogente della legge 241 del 1990 e delle relative disposizioni imperative per la revoca di qualsiasi concessione (articolo 21-quinquies); l’oggetto del contendere non sarebbe, dunque, il servizio pubblico di cremazione, che, a decorrere dall’entrata in vigore della l. 130 del 2001, è pacificamente gestito dai Comuni, ma l’attuale vigenza di una concessione perpetua del 14 novembre 1884 mai revocata che, tra i diversi oggetti, include l’attività di cremazione, non costituente servizio pubblico, nei confronti dei propri soci.
Con la seconda censura l’appellante lamenta che la sentenza avrebbe omesso di interpretare, nell’ottica di una lettura costituzionalmente orientata, la disciplina di cui alla legge n. 130 del 2001 rispetto alla concessione in essere della Socrem Firenze, così come era stato indicato dall’ordinanza n. 347 del 29 gennaio 2021 del Consiglio di Stato di riforma dell’ordinanza cautelare. La l. 130 del 2001 non prevede, mancando sul punto un’esplicita norma transitoria, l’effetto estintivo automatico della concessione perpetua alla Socrem Firenze come di tutte le concessioni perpetue tutt’ora operanti e pienamente vigenti, che possono essere revocate solo ed esclusivamente con le garanzie poste dall’articolo 21-quinquies della l. 241 del 1990. L’attività svolta nel corso degli anni per il Comune è stata regolata da una convenzione proprio perché altrimenti l’attività verrebbe svolta nei confronti dei soli soci. Invero, l’attività sarebbe stata esercitata in un tempio crematorio di esclusiva proprietà e rivolta solo ai propri soci, i quali hanno contribuito con le proprie quote associative al buon funzionamento del tempio stesso; solo in un secondo momento, il Comune di Firenze, non avendo la disponibilità del tempio crematorio, avrebbe stipulato nel tempo una serie di convenzioni con la Socrem affinché eseguisse le cremazioni anche ai cittadini non soci della società, in vista della realizzazione del nuovo tempio crematorio attraverso un project financing.
Con la terza censura l’appellante lamenta che l’imponente investimento effettuato per il rinnovo degli impianti approvato nel 2014 dalla Provincia e dallo stesso Comune di Firenze non è stato effettuato perché gli stessi non erano più a norma, ma per poter garantire il servizio anche a vantaggio del Comune. Sarebbe bastato alla Socrem procedere al rinnovo di un solo forno crematorio, ampiamente sufficiente per il numero esiguo di cremazioni che effettua ogni anno per i propri soci e avrebbe comportato una spesa molto minore rispetto a quella che ha dovuto sopportare per essere disponibile nei confronti dell’Amministrazione Comunale. Sarebbe stata la stessa Provincia di Firenze ad aver pienamente riconosciuto la valenza della concessione tuttora vigente, adottando nel 2014 l’autorizzazione unica ambientale (AUA) rilasciata per una durata pari a 15 anni a decorrere dal rilascio del provvedimento finale, ma con la previsione espressa dell’ulteriore rinnovo alla scadenza, per un ammodernamento di notevole rilievo dell’impianto, resosi imprescindibile per poter continuare ad operare nel rispetto delle normative sulle emissioni in atmosfera, per la tutela della salute dei soci Socrem e dei cittadini del Comune di Firenze.
Invero, l’autorizzazione può essere rilasciata solo ad un soggetto legittimato e nell’ipotesi specifica ad un soggetto, la Socrem, che derivava la propria legittimazione da un rapporto concessorio in essere.
La continuazione dell’attività di cremazione da parte della Socrem per i soli soci, attività autorizzata dal Comune per altri 15 anni, prevista dalla convenzione dell’1 marzo 2018, non si pone in concorrenza con l’attività del nuovo Tempio, essendo rivolta a soggetti ben diversi. Né tale continuazione può in alcun modo avere ripercussioni sul piano finanziario di gestione del nuovo Tempio. Dunque, per Socrem esiste oggi un servizio pubblico di cremazione svolto in via esclusiva dal Crematorio di Firenze S.p.a., società cui è stato affidato a seguito di procedura di project financing nel 2005, ma potrebbe esistere anche un diverso servizio “privato” di cremazione, il quale, essendo rivolto solo ad una utenza esclusiva e limitata, quale quella dei soli soci Socrem, non può in alcun modo essere qualificata come servizio pubblico.
Con il quarto motivo Socrem lamenta che il Comune potrebbe revocare la concessione solo seguendo le prescrizioni normative che ne circoscrivono la competenza (articolo 21-quinquies della l. 241 del 1990, di natura cogente) e “soltanto per interesse pubblico”. In ogni caso, il titolo che regola il rapporto tra le parti (la concessione perpetua del 1884) escluderebbe che possa applicarsi l’accessione invocata dal Comune nell’ingiunzione del 9 giugno 2020. L’affermazione sul regime demaniale del suolo sarebbe priva di rilievo giuridico, tenuto conto che nel caso specifico ci sarebbe stato un uso pacifico per oltre 100 anni, risultando integrati da tempo gli estremi di una sdemanializzazione tacita.
Socrem propone, inoltre, istanza di rimessione della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 6, comma 2 della Legge 130 del 2001 alla Corte costituzionale, nella parte in cui non contiene alcuna disposizione sulle concessioni perpetue preesistenti della fine del 1800 per violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, atteso che tali concessioni verrebbero private della tutela della l. 241 del 1990 garantita nell’ipotesi di revoca.
Le parti resistenti ripropongono l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado assorbita dalla sentenza: il provvedimento del 9 giugno 2020 sarebbe meramente esecutivo delle delibere del 2011 e del 2012 che erano state annullate in primo grado ma che, in seguito al giudizio di appello, hanno ripreso a dispiegare i loro effetti, in maniera definitiva e inoppugnabile, per quanto concerne la porzione che non riguarda le norme abrogate. Dunque, dagli stessi provvedimenti deriverebbe la statuizione contenuta nel provvedimento del 9 giugno 2020 sulla necessità di una gestione in esclusiva del servizio in questione, con conseguente cessazione del servizio precedentemente svolto da Socrem e, nel contempo, l’incompatibilità del servizio pubblico di cremazione con il regime della libera iniziativa economica privata.
L’appello è infondato.
La perpetuità della concessione dell’area non ne esclude la revocabilità da parte dell’Ente concedente (se non addirittura l’automatica decadenza, meramente dichiarata dal Comune) quando viene meno il necessario nesso causale tra uso del suolo ed espletamento del servizio, atteso che, nell’ipotesi delineata, non sussiste più l’interesse pubblico che fonda l’istituto della concessione medesima: tale potere è stato esercitato dal Comune di Firenze con gli atti presupposti al provvedimento del 9 giugno 2020, dei quali lo stesso costituisce attuazione, e che, in quanto non ritualmente contestati, sono legittimi ed efficaci. Pertanto, dal momento in cui per legge il servizio di cremazione può essere solo un servizio pubblico gestito dai Comuni e non è ammissibile un concorrente servizio privato, Socrem non ha più titolo all’utilizzazione del terreno cimiteriale concessole al solo fine di espletare detto servizio.
Si ritengono, dunque, del tutto condivisibili le statuizioni contenute nella sentenza appellata, secondo cui dalle sopracitate delibere del consiglio comunale è chiaramente evincibile come il Comune di Firenze avesse ritenuto di affidare il servizio in questione in esclusiva alla stessa Amministrazione comunale ai sensi dell’art.6, comma 2, l.130/2001, previo svolgimento una procedura di evidenza pubblica di project financing.
Invero, ai sensi della succitata disposizione normativa, che si colloca nella parte concernente la disciplina della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica: “la gestione dei crematori spetta ai comuni, che la esercitano attraverso una delle forme previste dall’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali…”.
Ne consegue, in base alla vigente normativa, la pacifica natura del servizio di cremazione quale servizio pubblico locale di rilevanza economica, la cui gestione spetta ai comuni e in relazione al quale non sono applicabili i principi sovranazionali in tema di concorrenza e di libera iniziativa economica privata (cfr. Cons. Stato, V, 2 aprile 2019, n. 2175); ne consegue, altresì, l’incompatibilità della permanenza della concessione perpetua con la ratio normativa succitata.
L’effetto estintivo della concessione del 1884 discende, quindi, direttamente dal mutato regime giuridico della gestione dei crematori, la cui titolarità è attribuita alle Amministrazioni comunali, che li potranno gestire nelle forme contemplate per i servizi pubblici locali a rilevanza economica, tra cui l’affidamento in concessione a privati, laddove il concessionario deve essere individuato con procedure di evidenza pubblica.
Se si accedesse ad una differente interpretazione, che permettesse la gestione dell’attività di cremazione anche da parte dei privati, verrebbe vanificata la stessa ratio della disposizione contenuta nell’art. 6, comma 2, della legge n. 130/2001, nella parte in cui attribuisce esclusivamente ai Comuni la gestione dell’attività della cremazione e, ciò, mediante l’espressione di un potere discrezionale alle stesse Amministrazioni di individuare la forma di gestione più idonea, tra quelle previste nell’art. 113 del d.lgs. n. 267/2000.
La sezione ha già chiarito in precedenti pronunce come l’attività di cremazione delle salme sia “… qualificabile come servizio pubblico. Con essa si soddisfano infatti esigenze fondamentali della collettività … oltre che di disciplina igienico-sanitaria e di regolazione urbanistica e programmazione dell’offerta dei relativi impianti. Nel senso che si tratta di un’attività qualificabile come servizio pubblico depongono le disposizioni della legge 30 marzo 2001, n.130, che assoggettano la stessa:
– ad un sistema di tariffe amministrate (art. 5, comma 2);
– al potere di programmazione regionale dei nuovi insediamenti (art. 6, comma 1);
– alla gestione ai comuni «attraverso una delle forme previste dall’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267» (art. 6, comma 2);
– alla normativa tecnica nazionale di matrice ministeriale per quanto riguarda i limiti di emissione, degli impianti e per i materiali per la costruzione delle bare per la cremazione (art. 8).
Per effetto delle citate disposizioni di legge l’offerta di impianti di cremazione è pertanto soggetta ad un potere conformativo dell’amministrazione…
” (Cons. Stato, V, 2 aprile 2019, n. 2175).
Dalla succitata pronuncia si ricava, dunque, l’infondatezza anche della questione di costituzionalità sollevata dall’appellante, atteso che il servizio di cremazione è riservato alla gestione pubblica, e allo stesso non sono applicabili i principi costituzionali e sovranazionali in tema di concorrenza e di libera iniziativa economica privata. Invero “non risponde a coerenza l’assunto che l’attività di cremazione delle salme si sostanzi nell’esercizio di un’impresa liberamente esercitabile da chiunque e soggetta alle dinamiche del mercato, dato che si tratta invece di un servizio pubblico, amministrativamente regolato sulla base delle disposizioni della legge n. 130 del 2001, in funzione del perseguimento degli interessi di carattere generale connaturati ad un’attività orientata a bisogni essenziali della persona; da questo inquadramento giuridico si trae un primo corollario, in base al quale le norme costituzionali e sovranazionali relative alle libertà economiche non sono immediatamente applicabili, nella misura in cui le stesse presuppongono un mercato formatosi per effetto dello spontaneo agire delle forze in esso presenti e sono quindi preordinate ad impedire assetti anticoncorrenziali dello stesso (la c.d. concorrenza nel mercato), laddove rispetto ad attività qualificabili come servizi pubblici – come si desume anche dall’art. 106, comma 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – la regolazione amministrativa ad essi relativa deve invece limitarsi ad assicurare che l’affidamento degli stessi ad operatori economici avvenga in condizioni di trasparenza, imparzialità, parità di trattamento e non discriminazione (la c.d. concorrenza per il mercato, che si attua principalmente attraverso il rispetto dei modelli di evidenza pubblica allorché per la gestione dei servizi pubblici l’amministrazione titolare ricorra ad affidamento a privati: si rinvia al riguardo alla sentenza della Corte costituzionale del 23 novembre 2007, n. 401). Nel settore dei servizi pubblici l’offerta per la relativa gestione ed il mercato che da essa si sviluppa è dunque esogena rispetto alle ordinarie dinamiche economiche, in quanto proveniente da una scelta discrezionale dei pubblici poteri di carattere organizzatorio, orientata ad interessi di carattere generale …” (Cons. Stato, V, 2 aprile 2019, n. 2175).
Del resto, la natura necessariamente pubblica del servizio di cremazione, così come l’incompatibilità della gestione diretta del servizio da parte di soggetti privati e la legittimità della cessazione automatica degli affidamenti diretti è stata confermata anche dall’AGCM nel parere AS1140-affidamento del servizio di cremazione del 21 luglio 2014, pubblicato sul bollettino n. 30 del 28 luglio 2014.
Riguardo all’assunta volontà del Comune di Firenze di confermare alla Socrem il servizio di cremazione conseguente alle autorizzazioni ambientali rilasciate nel 2014 dalla Provincia e dal Comune di Firenze, dagli atti è emerso, invece, che la necessità di adeguare gli impianti del vecchio crematorio derivava dal fatto che detti impianti non erano più a norma per quanto attiene alle emissioni inquinanti, come indicato nella relazione Arpat richiamata nell’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata nel 2014 dalla Provincia di Firenze, versata in atti.
Con riferimento, invece, all’assunta sdemanializzazione tacita del suolo, deve ribadirsi che con la concessione del 1884 il Comune ha concesso a Socrem, a titolo gratuito ed a tempo indeterminato, l’uso di mq 200 di terreno nel cimitero comunale di Trespiano, individuando espressamente, quale “oggetto esclusivo” di detta concessione “… quello di usarne per la erezione dell’Ara a Forno crematorio ed annessi …”, prevedendo che la realizzazione di tali manufatti e di un cinerario avvenissero a spese del concessionario, senza oneri per l’Amministrazione.
Inoltre, la concessione prevedeva che in caso di cessazione “… il terreno concesso in uso dovrà ritornare nella piena e libera disponibilità del municipio concedente, a vantaggio del quale dovranno altresì andare le costruzioni, gli apparecchi e tutto quanto si troverà sul terreno, e la società concessionaria non potrà vantare alcun titolo o diritto ad indennità o compenso qualsiasi per le spese da lei fatte sia di impianto sia di costruzione di ornamento od altro”.
E’, dunque, evidente che oggetto della concessione è costituito dalla sola attività di cremazione, al cui fine Socrem doveva realizzare sull’area un forno crematorio e un cinerario per la conservazione delle ceneri. Il tempio è stato realizzato da Socrem in diritto di superficie, su terreno demaniale concessole in uso dal Comune: quindi, la stessa era titolare di un diritto superficie insistente su suolo cimiteriale appartenente al demanio comunale e, come tale, inalienabile.
Ne consegue che, dal momento in cui l’attività di cremazione per il cui svolgimento il terreno demaniale era stato concesso in uso diviene ex lege, ai sensi dell’art.6, comma 2, della legge n. 130 del 2001, un servizio pubblico di cui è titolare il solo Comune, la concessione stessa perde la sua causa e viene meno, e le opere che accedono al terreno realizzate in regime di diritto di superficie vengono acquisite per accessione dal Comune proprietario del suolo.
Invero, come affermato dalla costante giurisprudenza amministrativa, la concessione da parte del Comune di aree o porzioni di un cimitero pubblico è soggetta al regime demaniale dei beni, indipendentemente dalla eventuale perpetuità del diritto al sepolcro.
In conclusione, “sin dal provvedimento impugnato con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, costituito dall’ordinanza sindacale n. 546/2010, adottata quando la gara di cui sopra era stata aggiudicata e il relativo contratto era stato stipulato, il Comune ha regolato il rapporto con Socrem in via meramente temporanea, nel presupposto che tale rapporto fosse destinato a durare solo sino alla definizione del project financing ovvero, comunque, sino all’individuazione del “nuovo soggetto gestore ” del servizio; con le deliberazioni comunali, gravate con motivi aggiunti, n. 7/2011 e n. 33/2012, ha ribadito tale temporaneità, facendo espresso riferimento, rispettivamente, al “già individuato” gestore unico del servizio pubblico e al contratto di concessione e al “regime di esclusiva” che il Comune intendeva imprimere al servizio pubblico aggiudicato.
In altre parole sin dal primo atto gravato era chiara la volontà dell’Amministrazione, poi puntualizzata dai due atti successivi, di assorbire il servizio già svolto da Socrem in quello aggiudicato all’ATI, tant’è che, coerentemente, il contratto di concessione stipulato con quest’ultima il 27 luglio 2005 ha previsto la cessazione delle cremazioni nel preesistente tempio crematorio in concomitanza con l’avvio di operatività del nuovo
” (cfr. Cons. Stato, V, 14 novembre 2019, n. 7836).
Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza appellata.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2022 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino, Presidente
Valerio Perotti, Consigliere
Giovanni Grasso, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere
Elena Quadri, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Elena Quadri)
IL PRESIDENTE (Diego Sabatino)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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