Consiglio di Stato, Sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5364

Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5364
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1024 del 2014, proposto dal signor Vincenzo Margherita, rappresentato e difeso dall’avvocato Carmen Spadea, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
contro
il Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio Maria Ferrari, Anna Pulcini e Bruno Crimaldi, con domicilio eletto presso lo studio soc. Grez ed Associati, in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania – Napoli, Sezione VII, n. 3846/2013, resa tra le parti, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento della disposizione dirigenziale n. 24/2012 avente ad oggetto la revoca della concessione di suolo cimiteriale di cui alla delibera della G.M. n. 47 dell’8 aprile 1980 e l’acquisizione del manufatto funebre ivi realizzato.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Vista la memoria prodotta dalla parte resistente a sostegno delle proprie difese;
Vista la propria ordinanza 11 marzo 2014 n. 1034;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 luglio 2014 il Cons. Antonio Amicuzzi e udito per la parte resistente l’avvocato Crimaldi;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- Con deliberazione di G.M. n. 47 dell’8 aprile 1980 è stata concessa alla signora Carmela Albano l’area di estensione di mq. 2, 64 di suolo e di mq. 2,46 di gaveta sita nel Cimitero di Napoli, Poggioreale, zona Ampliamento Isola 15, dove successivamente è stato realizzato un monumento funerario.
Con atto per notaio Improta rep. n. 91157 del 20 giugno 2008 è stato stipulato un atto di compravendita di detto manufatto tra la signora Maria Troise, cui era pervenuto medio tempore, ed il signor Vincenzo Margherita.
Con disposizione dirigenziale n. 24 del 2012 il Comune di Napoli ha disposto la “revoca decadenziale” della concessione di suolo cimiteriale di cui a detta delibera della G.M. n. 47 del 1980 e l’acquisizione del manufatto funebre ivi realizzato.
2.- Il suddetto signor Vincenzo Margherita ha chiesto l’annullamento di detto provvedimento al T.A.R. Campania, Napoli, che ha respinto il ricorso con la sentenza in epigrafe indicata.
3.- Con il ricorso in appello in esame il suddetto signor Margherita ha chiesto l’annullamento di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:
a) Erronea valutazione del giudice in relazione alla dedotta violazione dei diritti soggettivi perfetti di natura reale.
La concessione di natura traslativa crea in capo al privato concessionario un diritto soggettivo perfetto, che degrada ad interesse legittimo solo nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero impongono o consigliano all’Amministrazione competente di esercitare il potere di revoca della concessione.
b) Eccesso di potere, disparità di trattamento, irragionevolezza manifesta, violazione del principio di certezza giuridica e del principio di affidamento. Violazione del divieto di retroattività degli atti amministrativi.
L’art. 53 del Regolamento di Polizia Mortuaria, che, come interpretato dal Comune di Napoli, ha modificato gli elementi costitutivi delle concessioni cimiteriali in senso deteriore, è stato illegittimamente applicato retroattivamente.
c) Applicazione della normativa regolamentare sopravvenuta ai rapporti concessori del diritto di sepoltura.
Non è stato motivato su pubblico interesse nonostante l’atto impugnato andasse ad incidere su diritti personalissimi.
d) Violazione del principio della certezza giuridica e del legittimo affidamento.
Il contratto di compravendita non era nullo ed inoltre il Regolamento di Polizia Mortuaria non è stato comunicato ai concessionari, non essendo sufficiente la sua pubblicazione sull’Albo Pretorio.
e) Nullità ed annullabilità del provvedimento per erronea interpretazione dell’art. 53 del Regolamento, nonché per violazione di legge e del principio di tipicità.
Non erano invocabili dal Comune le previsioni di revoca di cui all’art. 48 del Regolamento.
f) Indeterminatezza ed indefinibilità del provvedimento di revoca, distinzione revoca – decadenza, inesistenza della “revoca decadenziale”.
Il Comune ha emesso il provvedimento impugnato adottando il termine “revoca decadenziale” sconosciuto all’ordinamento.
Il Comune ha attribuito efficacia retroattiva all’art. 53 del Regolamento approvato il 21 febbraio 2006 in violazione del principio di irretroattività e dell’art. 21 quinquies della l. n. 241 del 1990, dei principi che tutelano l’affidamento in buona fede (artt. 1375 e 1366 del cc.), del principio che i diritti sono limitabili solo per legge e non per regolamento, dell’art. 42, comma 3, della Costituzione.
Quanto alla procura speciale conferita dal venditore al compratore, essa era consentita dai Regolamenti in materia.
Incondivisibile è la tesi del TAR che per effettuare una compravendita di manufatti funebri bisogna prima acquisire l’assenso del Comune.
4.- Con atto depositato il 12 febbraio 2014 si è costituito in giudizio il Comune di Napoli.
5.- Con ordinanza 11 marzo 2014 n. 1034 la Sezione ha respinto l’istanza di sospensione della sentenza impugnata, attesa l’evidente violazione del Regolamento comunale, così come dedotto dal Comune, ed atteso il venir meno del carattere necessariamente personale del rapporto concessorio in contestazione.
6.- Con memoria depositata il 22 maggio 2014 il costituito Comune ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per non avere la appellante alcun rapporto di concessione in essere con il Comune, a tanto non potendo valere l’atto di compravendita rep. n. 91157 del 20 giugno 2008, stipulato tra la signora Maria Troise ed il signor Vincenzo Margherita; nel merito ha dedotto l’infondatezza del gravame.
7.- Alla pubblica udienza dell’8 luglio 2014 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza dell’avvocato della parte resistente, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
8.- L’appello è infondato, potendo pertanto prescindersi dall’esame dell’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa dell’appellata amministrazione comunale.
9.- Occorre premettere che nella materia de qua questa Sezione (8 marzo 2010, n. 1330) ha avuto modo di rilevare che “…in coerenza con gli indirizzi consolidati del giudice ordinario…lo “ius sepulchri”, ossia il diritto, spettante al titolare di concessione cimiteriale, ad essere tumulato nel sepolcro, garantisce al concessionario ampi poteri di godimento del bene e si atteggia come un diritto reale nei confronti dei terzi. Ciò significa che, nei rapporti interprivati, la protezione della situazione giuridica è piena, assumendo la fisionomia tipica dei diritti reali assoluti di godimento. Tuttavia, laddove tale facoltà concerna un manufatto costruito su terreno demaniale, lo ius sepulchri costituisce, nei confronti della pubblica amministrazione concedente, un “diritto affievolito” in senso stretto, soggiacendo ai poteri regolativi e conformativi di stampo pubblicistico. In questa prospettiva, infatti, dalla demanialità del bene discende l’intrinseca “cedevolezza” del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su bene pubblico (Consiglio Stato, sez. V, 14 giugno 2000, n. 3313)”.
E’ stato sottolineato che “…come accade per ogni altro tipo di concessione amministrativa di beni o utilità, la posizione giuridica soggettiva del privato titolare della concessione tende a recedere dinnanzi ai poteri dell’amministrazione in ordine ad una diversa conformazione del rapporto”, trattandosi “…di una posizione soggettiva che trova fonte, se non esclusiva, quanto meno prevalente nel provvedimento di concessione”, così che “…a fronte di successive determinazioni del concedente, la facoltà del concessionario” sussistono posizioni di interesse legittimo..
È stato precisato che il rapporto concessorio deve rispettare tutte le norme di legge e di regolamento emanate per la disciplina dei suoi specifici aspetti, osservando che “In particolare, lo “ius sepulchri” attiene ad una fase di utilizzo del bene che segue lo sfruttamento del suolo mediante edificazione della cappella e che soggiace all’applicazione del regolamento di polizia mortuaria. Questa disciplina si colloca ad un livello ancora più elevato di quello che contraddistingue l’interesse del concedente e soddisfa superiori interessi pubblici di ordine igienico-sanitario, oltre che edilizio e di ordine pubblico”.
E’ stata anche ritenuta non persuasiva la tesi “…secondo cui, una volta costituito il rapporto concessorio, questo non potrebbe essere più assoggettato alla normativa intervenuta successivamente, diretta a regolamentare le concrete modalità di esercizio del ius sepulchri, anche con riferimento alla determinazione dall’ambito soggettivo di utilizzazione del bene”, non essendo “…pertinente…il richiamo al principio dell’articolo 11 delle preleggi, in materia di successione delle leggi nel tempo, dal momento che la nuova normativa comunale applicata dall’amministrazione non agisce, retroattivamente, su situazioni giuridiche già compiutamente definite e acquisite, intangibilmente, al patrimonio del titolare, ma detta regole destinate a disciplinare le future vicende dei rapporti concessori, ancorché già costituiti” (in termini anche Cons. St., sez. V, 27 agosto 2012, n. 4608).
E’ stato altresì evidenziato che il rapporto concessorio in questione è “…pienamente sottoposto alla disciplina contenuta nell’articolo 92, comma 4, del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, il quale, a sua volta, riprende, sostanzialmente, i principi cardine della regolamentazione contenuta nell’articolo 93, comma 4, del D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, in vigore sin dal 10 febbraio 1976”, tra cui è ricompresa anche “…la nullità degli atti di cessione totale o parziale del diritto di uso dei sepolcri”.
In definitiva nel nostro ordinamento il diritto sul sepolcro già costituito nasce da una concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno o di porzione di edificio) in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824 c.c.) e tale concessione, di natura traslativa, crea a sua volta nel privato concessionario un diritto soggettivo perfetto di natura reale (suscettibile di trasmissione per atti inter vivos o mortis causa) e perciò opponibile iure privatorum agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie, che comporta posizioni di interesse legittimo nei confronti degli atti della pubblica amministrazione nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero impongono o consigliano alla pubblica amministrazione il potere di esercitare la revoca della concessione (Cass. civ., sez. II, 30 maggio 2003, n. 8804; 7 ottobre 1994, n. 8197; 25 maggio 1983, n. 3607; Cons. St., sez. V, 7 ottobre 2002, n. 5294).
Deve poi aggiungersi che il Regolamento di Polizia Mortuaria e dei Servizi Funebri e Cimiteriali, approvato con deliberazione del consiglio comunale n. 11 del 21 febbraio 2006, per quanto qui interessa, all’art. 44 ha fissato i principi generali del regime concessorio, prevedendo, tra l’altro, che “Ai sensi degli articoli 823 e 824 del Codice Civile, il Cimitero ha carattere demaniale. La concessione di sepoltura privata è concessione amministrativa di bene demaniale con diritto di uso non alienabile, data la natura demaniale dei beni cimiteriali, il diritto d’uso di una sepoltura lascia integro il diritto alla nuda proprietà dell’Amministrazione Comunale. I manufatti costruiti da privati su aree cimiteriali poste in concessione diventando di proprietà dell’Amministrazione Comunale, come previsto dall’art. 953 del C.C., allo scadere della concessione, se non rinnovata” (comma 1); che “non può essere fatta concessione di aree per sepolture private a persone o enti che mirino a farne oggetto di lucro e di speculazione” (comma 5) e che “La concessione può essere soggetta: a. a revoca per esigenze di pubblico interesse, assegnando però fino alla scadenza della concessione originaria altra area e sistemazione equivalente; b. a decadenza, per inosservanza dei termini fissati per l’esecuzione delle opere oppure per inadempienza agli obblighi del concessionario in fase di costruzione dei manufatti e di mantenimento degli stessi; c. a rinuncia da parte del concessione con retrocessione del bene” (comma 9).
L’articolo 49, disciplinando specialmente l’ipotesi della decadenza, dispone al comma 4 che “il concessionario è tenuto a provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell’area in concessione e del manufatto in diritto d’uso…In difetto dovrà essere dichiarata la decadenza della concessione del suolo e dal diritto d’uso del manufatto”, aggiungendo al comma 5 che “Il Dirigente del Servizio competente procederà alla determinazione della declaratoria della decadenza dalla concessione del suolo e contestuale incameramento del deposito cauzionale e del corrispettivo versato per la concessione del suolo ovvero degli importi a qualunque titolo versati e delle opere edilizie eventualmente realizzate”.
L’articolo 53 (“Cessione tra privati”) afferma che “E’ vietata qualunque cessione diretta tra privati”.
10.- Con il primo motivo d’appello è stato dedotto che il T.A.R. ha affermato che lo jus sepulcri può essere fatto valere alla stregua di diritto reale solo nei confronti dei privati e non anche nei riguardi della P.A. concedente, che esercita in questa direzione il proprio potere pubblicistico, nei confronti del concessionario, nell’ambito di un’ordinaria vicenda concessoria regolata dal diritto amministrativo, concludendo che la cessione di un diritto di sepoltura privata, anche se consentita, non può configurarsi come semplice alienazione da privato a privato ma richiede costantemente l’intervento in positivo dell’autorità concedente.
Ma la concessione di natura traslativa, da cui nasce il diritto al sepolcro, creerebbe in capo al privato concessionario un diritto soggettivo perfetto, di natura reale particolare, assimilabile al diritto di superficie, che attribuirebbe in capo al concessionario un vero e proprio diritto di proprietà sul manufatto realizzato a proprie spese, che potrebbe essere oggetto di trasferimento tra vivi e mortis causa (opponibile agli altri privati), fermo restando la proprietà del suolo in capo al Comune, che, in caso di mancato rinnovo della concessione, e solo alla scadenza di essa, ne acquisterebbe il diritto di proprietà.
Il diritto soggettivo in questione comporterebbe posizioni di interesse legittimo solo nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero impongano o consiglino all’Amministrazione competente di esercitare il potere di revoca della concessione. Oltre tale profilo autoritativo l’Amministrazione concedente non potrebbe spingersi.
10.1.- Il motivo in esame non è, ad avviso del Collegio, condivisibile.
Va rinviato a quanto esposto sub 9.-, in quanto, se è vero che il diritti sul sepolcro è un diritto soggetto perfetto di natura reale assimilabile al diritto di superficie, suscettibile di possesso e di trasmissione sia inter vivos e mortis causa, nei confronti degli altri soggetti privati, è altrettanto vero che esso non ha la stessa consistenza e natura di diritto soggettivo nei confronti del Comune, proprietario del suolo demaniale cimiteriale, dato in concessione, titolare di potere di revoca e decadenza della concessione (in presenza dei quali quella posizione soggettiva ha natura di interesse legittimo).
D’altra parte non può sottacersi che titolare del diritto reale o della posizione di interesse legittimo è esclusivamente il legittimo concessionario, cui non può essere assimilato l’acquirente del bene demaniale dal concessionario.
11.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto che la disciplina applicabile al rapporto concessorio per cui è causa non può che essere quella prevista nell’atto di concessione o nella eventuale convenzione ad esso accessoria, avendo creato nel privato concessionario un diritto soggettivo che trova regolamentazione nel contratto bilaterale concluso dopo l’aggiudicazione, sicché, al di là delle espresse previsioni di legge (ed eventualmente contenute nell’atto di concessione), la disciplina applicabile al rapporto concessorio dovrebbe essere quella esistente al tempo del rilascio della stessa e comunque non quella più sfavorevole al concessionario, in base al principio di irretroattività.
Quindi – tenuto conto del quadro normativo vigente alla data di rilascio della concessione, di quello vigente fino al mese di febbraio 2006, delle disposizioni dell’attuale Regolamento e del principio di irretroattività – l’art. 53 del Regolamento di Polizia Mortuaria, come interpretato dal Comune di Napoli, avrebbe modificato gli elementi costitutivi delle concessioni cimiteriali in senso deteriore, trasformando provvedimenti di tipo oneroso in provvedimenti aventi natura totalmente diversa e connotati da assoluta intrasmissibilità.
L’art. 53 del Regolamento invocato dal Comune non sarebbe quindi applicabile a tali fattispecie perché penalizzante per i cittadini ed anche perché il successivo art. 58 dispone che, entro il termine di 12 mesi dalla entrata in vigore del Regolamento, alla materia della sub concessione è ancora applicabile i Regolamento di Polizia Mortuaria approvato con deliberazione consiliare n. 291 del 3.10.1995, sicché esso permaneva applicabile ai rapporti concessori preesistenti.
Anche la previsione dell’art. 50 di detto Regolamento costituirebbe riconoscimento esplicito che il manufatto realizzato dal privato è di sua precisa proprietà ed il nuovo Regolamento non avrebbe solo modificato gli effetti del rapporto concessorio non ancora prodottisi, ma avrebbe anche alterato la natura del rapporto stesso, trasformandolo in un rapporto di natura differente.
Sarebbero stati quindi violati l’art. 11 delle preleggi del c.c. ed i principi giurisprudenziali per i quali le norme regolamentari non possono incidere unilateralmente e retroattivamente sui rapporti giuridici ancora in essere, nonché il principio di tutela dell’affidamento alla sicurezza giuridica.
11.1.- Osserva in proposito la Sezione che il principio di irretroattività postula l’inapplicabilità di una disposizione di legge ad un fatto avvenuto nel passato, prima della sua emanazione, fattispecie che tuttavia non si riscontra nel caso di specie in cui, stante la natura di durata del provvedimento concessorio, è ben possibile che i relativi rapporti, nel loro concreto ed effettivo dipanarsi nel tempo, possano essere sottoposti anche ad una disciplina diversa da quella esistente al momento del provvedimento concessorio, riguardante vicende e situazioni non ancora verificatesi o i cui effetti non si siano ancora definitivamente consolidati (salva la tutela del legittimo affidamento, che tuttavia non viene minimamente in rilievo nel caso in esame).
Le esaminate censure vanno respinte.
12.- Con il terzo motivo d’appello è stato sostanzialmente dedotto che non sarebbe stato motivato sul pubblico interesse nonostante l’atto impugnato andasse ad incidere su diritti personalissimi.
12.1.- La censura non è, secondo il Collegio, condivisibile, atteso che il provvedimento impugnato contiene espressamente l’indicazione del pubblico interesse attuale, prevalente sull’interesse del soggetto che è stato privato del bene, a rientrare nella disponibilità del manufatto funebre, onde procedere alla sua riassegnazione, secondo procedure di evidenza pubblica.
13.- Con il quarto motivo di gravame è stato dedotto che il contratto di compravendita non sarebbe stato nullo, perché esso avrebbe potuto esserlo solo se contrario a norme imperative, come previsto dall’art. 1418 del c.c., mentre il Regolamento di Polizia Mortuaria (in particolare l’art. 53) non costituirebbe norma imperativa, essendo qualificabile come atto normativo di secondo grado, sicché, anche se fosse stata violata detta disposizione, ciò non potrebbe determinare la nullità degli atti di compravendita.
Comunque il Regolamento non sarebbe stato comunicato ai concessionari e, poiché non sarebbe sufficiente la pubblicazione sull’Albo Pretorio, incidendo esso su diritti reali personalissimi dei proprietari, ai sensi dell’art. 21 bis della l. n. 241/1990 è esclusa l’efficacia del provvedimento limitativo della sfera del privato prima della sua comunicazione.
Quindi il provvedimento limitativo (che non rientrerebbe nella categoria degli atti generali per i quali non è prevista la notifica individuale, avendo destinatari determinati) avrebbe dovuto essere comunicato a tutti gli interessati al momento della entrata in vigore del Regolamento, adottato con deliberazione n. 11 del 21.2.2006, anche perché il Comune non avrebbe dato riscontro alle comunicazioni dei privati delle sub concessioni effettuate prima dell’anno 1996, che aveva creato affidamento nella implicita autorizzazione della sub concessione, con rinuncia al diritto di in caso degli oneri sub concessori.
13.1.- Osserva in proposito la Sezione che la pubblicazione dell’atto regolamentare comporta la presunzione di conoscenza del suo contenuto da parte degli interessati, senza che sia necessaria alcuna comunicazione individuale agli interessati.
Comunque il Comune non era tenuto a comunicare agli interessati l’avvio del procedimento di adozione del Regolamento di polizia mortuaria, essendo il relativo obbligo escluso, ex art 13 della l . n. 241 del 1990, dall’applicazione del precedente art. 7, nell’ipotesi di adozione, come nel caso del Regolamento stesso, di atti a contenuto generale.
Nel caso di specie il Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli è stato approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 11 del 21 febbraio 2006 e dalla sua pubblicazione sussisteva la presunzione di conoscenza del Regolamento nei confronti di tutti i destinatari, nessuno escluso.
Non può quindi ritenersi che fosse obbligatoria la notifica individuale del Regolamento agli interessati, essendo essa dovuta, ai fini della piena conoscenza della disposizione regolamentare, solo nell’ipotesi, non ricorrente nel caso di specie, in cui essi siano nominativamente indicati in essa.
Anche la censura in esame è quindi insuscettibile di assenso.
14.- Con il quinto motivo d’appello è stato dedotto che, in assenza di utilità pubblica e di obbligo del Comune di assegnare all’uso dei privati i loculi costituenti i manufatti oggetto di revoca, non sarebbero state invocabili dal Comune le previsioni di revoca di cui all’art. 48 del Regolamento, che sarebbe consentita solo per necessità di ampliamento o modificazione topografica del cimitero o per ragioni di sicurezza, di viabilità o comunque per interesse pubblico.
Inoltre con la prima parte del sesto motivo di gravame, è stato dedotto che il Comune ha emesso il provvedimento impugnato adottando il termine “revoca decadenziale” sconosciuto all’ordinamento, che in materia prevede o la revoca o la decadenza, che sarebbero differenti, in quanto a seguito della prima è previsto l’obbligo di rassegnazione di un’eguale porzione di suolo, mentre la seconda sarebbe prevista solo in caso di inottemperanza ad obblighi specificamente posti a carico del concessionario, con assegnazione di un termine quinquennale per la rimozione.
Peraltro la revoca, per le concessioni a tempo determinato rilasciate dopo il 10 febbraio 1976, avrebbe potuto essere adottata solo in presenza delle condizioni dell’essere trascorsi almeno 50 anni dalla ultima tumulazione, dell’essersi verificata una grave insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno (di cui dare conto) e dell’impossibilità di fronteggiare tempestivamente la carenza con l’ampliamento o costruzione di un nuovo cimitero. Tra detti casi non rientrerebbe quello che occupa, perché la revoca è stata riferita anche al manufatto costruito dal privato sul suolo in concessione e il Comune avrebbe solo la facoltà e non l’obbligo di realizzare loculi (ai sensi del Regolamento di Polizia Mortuaria approvato con d.P.R. n. 285/1990 il Comune deve predisporre solo un numero sufficiente di fosse per l’inumazione e disporre di un ossario), sicché non era invocabile la tutela dell’interesse generale e della pubblica utilità. Si sarebbe in sostanza trattato di una espropriazione più che di una revoca.
14.1.- Osserva in proposito la Sezione che la decadenza è stata pronunciata non ai sensi dell’art. 48 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune, che disciplina la revoca della concessione per esigenze di pubblico interesse, ma, in base all’art. 53 del Regolamento stesso, che vieta qualunque cessione diretta tra privati e per la violazione degli oneri di manutenzione della concessione di cui al precedente art. 44, il cui comma 9 prevede che la concessione può essere soggetta a decadenza per inadempienza degli obblighi del concessionario di mantenimento dei manufatti; ha quindi specificato il T.A.R., contrariamente a quanto assunto dall’appellante, che non si trattava di revoca per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, quanto di decadenza per inadempimento del concessionario.
Quindi il provvedimento di ritiro era espressamente previsto dal Regolamento di Polizia Mortuaria approvato con la deliberazione consiliare n. 11 del 21 febbraio 2006, che non è stata oggetto di apposita impugnazione, per quanto essa non ha neppure natura sanzionatoria in senso stretto, conseguendo piuttosto all’inadempimento degli obblighi discendenti dall’esatta osservanza della concessione, non limitati, secondo il richiamato comma 9, lett. b), dell’art. 44 del Regolamento alla sola inosservanza dei termini fissati per l’esecuzione delle opere, ma estesi altresì alla fase della costruzione dei manufatti e loro mantenimento, proprio a quest’ultimo profilo avendo fatto riferimento l’amministrazione comunale.
Gli esaminati motivi non sono quindi suscettibili di positiva valutazione.
15.- Con il sesto motivo di gravame è stato anche dedotto che il Comune avrebbe attribuito efficacia retroattiva all’art. 53 del Regolamento approvato il 21 febbraio 2006 (da interpretare nel senso che vieta l’alienazione tra privati dei manufatti costruiti su suoli in concessione in data successiva alla sua entrata in vigore) anche con riguardo alle concessioni rilasciate in precedenza, stravolgendone la natura sostanziale, in violazione del principio di irretroattività e dell’art. 21 quinquies della l. n. 241 del 1990, dei principi che tutelano l’affidamento in buona fede (artt. 1375 e 1366 del cc.), del principio che i diritti sono limitabili solo per legge e non per regolamento e dell’art. 42, comma 3, della Costituzione, secondo cui l’espropriazione è legata alla corresponsione di un indennizzo (che non può essere rappresentato dal rimborso di cui all’atrt. 50 del citato regolamento comunale). Ciò considerato che l’art. 62 del Regolamento nazionale di Polizia Mortuaria approvato con d.P.R. n. 285 del 1990 attribuisce ai Comuni il potere di dettare norme e condizioni per la realizzazione di monumenti e lapidi, ma non di inibire l’alienazione a terzi del diritto di superficie, e stabilisce che la revoca è attuabile quando sussista un interesse pubblico prevalente e venga riservata un’altra tomba equivalente in altro sito; inoltre rilevato che l’art. 51 del d.P.R. n. 285 del 1990 consente ai Comuni di pronunciare, nel rispetto della l. n. 241 del 1990, la decadenza della concessione per inadempienza contrattuale.
Quanto alla procura speciale conferita dal venditore al compratore, essa era richiesta dal Comune per consentire l’ingresso dei feretri nell’ambito di trasferimento effettuati prima del mese di marzo 2006 e sarbbe stata espressamente consentita dai regolamenti.
Incondivisibile sarebbe poi la tesi del TAR che, per effettuare una compravendita di manufatti funebri, bisogna prima acquisire l’assenso del Comune.
15.1.- Ribadisce in proposito la Sezione innanzi tutto che il principio di irretroattività è inapplicabile alla fattispecie in esame.
Quanto alle ulteriori censure va ritenuto che esse siano assorbite dalla rilevata applicabilità alla fattispecie dell’art. 53, comma 1, del Regolamento, che vieta le cessioni dirette tra privati, e dal comma 2, che prevede l’applicazione della procedura prevista dal precedente art. 50 al recesso anticipato dalla concessione.
16.- L’appello deve essere conclusivamente respinto.
17.- Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello in esame.
Pone a carico dell’appellante signor Vincenzo Margherita le spese del presente grado, liquidate a favore del Comune di Napoli nella misura di € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre ai dovuti accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Written by:

0 Posts

View All Posts
Follow Me :