Consiglio di Stato, Sez. V, 11 gennaio 2021, n. 333

Consiglio di Stato, Sez. V, 11 gennaio 2021, n. 333
(sulla medesima situazione locale, vedansi anche TAR Toscana, Sez. I, 8 gennaio 2021, n. 5)

Pubblicato il 11/01/2021
N. 00333/2021REG.PROV.COLL.
N. 01529/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1529 del 2020, proposto da
Comune di Bagno a Ripoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Valerio Pardini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Parrocchia di San Piero a Ema, Confraternita del Ss. Sacramento di San Piero, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Andrea Del Re, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. 1741 del 2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Parrocchia di San Piero a Ema e della Confraternita del Ss. Sacramento di San Piero;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2020, tenuta con le modalità di cui agli artt. 25 d. l. n. 137 del 2020, 84, comma 6, d. l. n. 18 del 2020 e 4, comma 1, d. l. n. 28 del 2020 come da verbale, il Cons. Elena Quadri;
Sono presenti in collegamento da remoto gli avvocati Pardini e del Re;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La parrocchia di San Piero a Ema e la confraternita del Ss. Sacramento di San Piero hanno impugnato i provvedimenti con cui il comune di Bagno a Ripoli ha istituito il diritto comunale fisso per il trasporto delle salme e dei resti mortali all’interno del territorio comunale, ai sensi dell’art. 19, comma 2, d. P. R. 10 settembre 1990, n. 285.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha accolto il ricorso – condannando altresì l’amministrazione comunale a risarcire i danni patiti – con sentenza n. 1741 del 2019, che è stata appellata dal Comune per i seguenti motivi di diritto:
I) erroneità della sentenza in relazione al rigetto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 Cod. proc. civ. (giusto rinvio esterno di cui all’art. 39 Cod. proc. amm.); illogicità manifesta e travisamento dei fatti;
II) erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e 13 l. 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi);
III) erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 Cod. proc. civ. (giusto rinvio esterno di cui all’art. 39 Cod. proc. amm.) – extrapetizione; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 Cod. proc. civ. (giusto rinvio esterno di cui all’art. 39 Cod. proc. amm.) – omissione di pronuncia; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 Cod. proc. civ. (giusto rinvio esterno di cui all’art. 39 Cod. proc. amm.);
IV) erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 d. P. R. 10 settembre 1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria); travisamento dei fatti e illogicità manifesta;
V) erroneità della sentenza in relazione al capo con cui è stata accolta la domanda di risarcimento del danno; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 Cod. proc. civ. (giusto rinvio esterno di cui all’art. 39 Cod. proc. amm.) – extrapetizione; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2043 Cod. civ.; travisamento dei fatti e dei documenti di causa e manifesta irragionevolezza.
Si sono costituite per resistere all’appello la parrocchia di San Piero a Ema e la confraternita del Ss. Sacramento di San Piero, che hanno, altresì proposto appello incidentale.
Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza del 10 dicembre 2020, tenuta con le modalità di cui agli artt. 25 d. l. n. 137 del 2020, 84, comma 6, d. l. n. 18 del 2020 e 4, comma 1, d. l. n. 28 del 2020 come da verbale, l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Giunge in decisione l’appello proposto dal comune di Bagno a Ripoli contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana n. 1741 del 2019 che ha accolto il ricorso della parrocchia di San Piero a Ema e della confraternita del Ss. Sacramento di San Piero per l’annullamento dei provvedimenti di istituzione del diritto comunale fisso per il trasporto delle salme e dei resti mortali all’interno del territorio comunale, ai sensi dell’art. 19, comma 2, d. P. R. 10 settembre 1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria), condannando altresì l’amministrazione comunale a risarcire i danni patiti da quantificarsi “sulla base di tutti i versamenti effettuati dalle stesse a titolo di diritto di passaggio previsto dalla delib. C.C. 19 dicembre 2018, n. 119, sino alla data di deposito della presente sentenza”.
E’ necessario premettere che le appellate hanno la disponibilità di una vasta area cimiteriale denominata cimitero di San Piero a Ema in virtù della convenzione sottoscritta con il Comune appellante il 4 marzo 1999, nell’ambito della quale hanno realizzato il forno crematorio presente sul territorio comunale.
Nel cimitero vengono accolte sia le salme destinate alla tumulazione, che quelle indirizzate verso il processo di cremazione.
Con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza per non avere dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di legittimazione e di interesse. Invero, il diritto comunale fisso per il trasporto delle salme di cui all’art. 19, comma 2, d. P. R. 10 settembre 1990, n. 285 grava su chi si occupa di trasportare le salme destinate alla cremazione o alla tumulazione, e né la parrocchia di San Piero a Ema, né la confraternita del Ss. Sacramento si occupano di tale attività; ne consegue che il diritto contestato non incide direttamente sulla loro sfera giuridica.
Con la seconda censura il Comune ha contestato il capo della sentenza con cui è stata accolta la doglianza relativa alla violazione delle disposizioni normative concernenti la partecipazione al procedimento amministrativo, atteso che, in considerazione della natura tributaria dell’onere istituito dal Comune, nonché dei destinatari dello stesso (soggetti che si occupano del trasporto delle salme), le istanti non avrebbero potuto considerarsi in ogni caso interessate al procedimento amministrativo.
Con il terzo motivo si è dedotta l’erroneità della sentenza per ultrapetizione riguardo all’assunta violazione dell’art. 19, comma 2, d. P. R. 10 settembre 1990, n. 285, perché mai contestata la violazione di legge; inoltre, la sentenza avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse delle istanti sul profilo di censura relativo all’istituzione del tributo solo per le salme destinate alla cremazione, e non anche per quelle da tumulare, atteso che, gestendo le stesse pure un cimitero, dall’accoglimento di tale motivo non avrebbero conseguito alcun vantaggio, in quanto, in quel caso, il Comune avrebbe dovuto estendere la pretesa anche alle salme destinate alla tumulazione, incrementando di fatto il pregiudizio dalle stesse lamentato.
Con il quarto motivo l’appellante ha contestato l’accoglimento della doglianza secondo la quale l’imposizione del diritto avrebbe comportato un peggioramento del “quadro economico” dell’attività di cremazione, atteso che il diritto comunale per il trasporto delle salme non grava su chi si occupa della cremazione e della tumulazione, ma solo su chi esegue o richiede il trasporto stesso; dunque, l’istituzione del diritto da parte del Comune non avrebbe potuto incidere in alcun modo sulla economicità o sulla reddittività dell’attività delle appellate.
Riguardo al capo di sentenza che ha condannato il Comune al risarcimento del danno, per l’appellante le istanti si sarebbero limitate a versare anticipatamente il corrispettivo corrispondente all’onere per conto dei propri clienti per poi riaddebitarlo come costo in fattura; in questo modo non si sarebbe generato alcun danno di natura economica, ma, se del caso, solo un effetto negativo sul piano finanziario dipendente da un’autonoma scelta della confraternita e della parrocchia. Se il Comune fosse tenuto a corrispondere quanto statuito dalla sentenza, si concretizzerebbe un’ipotesi di indebito arricchimento delle appellate a danno dell’amministrazione.
La parrocchia e la confraternita hanno controdedotto alle doglianze dell’appellante, ritenendo la piena condivisibilità della sentenza. Le stesse hanno, inoltre, formulato appello incidentale con riferimento al capo di sentenza con cui il servizio non è stato ritenuto di natura pubblica e, di conseguenza, la concessione non è stata considerata soggetta ai principi sull’equilibrio economico-finanziario, che sarebbe stato, invece, alterato con l’imposizione del tributo rispetto alla convenzione del 1999, atteso che la concessionaria avrebbe speso 1.700.000 (unmilionesettecentomila) euro per la realizzazione del forno crematorio che non potranno essere recuperati se, con la persistenza del tributo, gli utenti del servizio si rivolgeranno ad altri forni crematori. La parrocchia e la confraternita hanno riproposto anche le censure non esaminate in primo grado.
L’appello è fondato.
Ai sensi dell’art. 19, comma 2, d. P. R. 10 settembre 1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria): “ove sia richiesto il trasporto di cadaveri da comune ad altro comune o all’estero con mezzi di terzi e sempreché esso venga effettuato con gli automezzi cui all’art. 20, i comuni di partenza e di arrivo del trasporto possono imporre il pagamento di un diritto fisso la cui entità non può superare quella stabilita per i trasporti di ultima categoria svolgentisi nel territorio comunale“.
L’istituzione del diritto trova il suo fondamento normativo nella succitata disposizione normativa e “costituisce legittima espressione dell’automa potestà impositiva dell’Ente locale e del suo potere discrezionale di istituire tariffe in relazione allo svolgimento di servizi pubblici” (Cons. Stato, V, 6 ottobre 2018, n. 5746).
Dall’esame dell’art. 19, comma 2, d. P. R. 10 settembre 1990, n. 285, appare evidente che il diritto comunale fisso per il trasporto delle salme, se istituito, grava su chi si occupa di trasportare le salme destinate alla cremazione o alla tumulazione, non essendo, invece, destinatario della pretesa chi gestisce le aree cimiteriali o i forni crematori (cfr. nuovamente Cons. Stato, V, 6 ottobre 2018, n. 5746).
Nel caso di specie, né la parrocchia di San Piero a Ema, né la confraternita del Ss. Sacramento si occupano di trasporto delle salme; ne consegue che il diritto di cui si contesta l’istituzione non incide direttamente sulla loro sfera giuridica.
Non si condividono, quindi, le statuizioni della sentenza secondo cui l’istituzione del diritto avrebbe avuto un “possibile effetto indiretto” sul volume delle cremazioni perché avrebbe comportato “un costo ed un aggravio, sufficienti a legittimare la proposizione del ricorso” in quanto avrebbe “ricaricato sulle ricorrenti (non è possibile sapere sulla base di quale previsione normativa, ma si tratta di un profilo non espressamente contestato dalle ricorrenti) l’onere di non permettere la cremazione o il ritiro delle ceneri, ove non sia stato corrisposto il relativo tributo”.
Né sono sufficienti a radicare l’interesse all’impugnazione eventuali compiti meramente esecutivi e di controllo sul pagamento degli importi relativi al diritto, atteso che alla luce del principio generale di cui all’art. 100 Cod. proc. civ., per l’esercizio dell’azione giurisdizionale occorre avere un interesse, diretto e attuale, rapportabile all’incidenza effettiva – e non meramente ipotetica – di un atto nella sfera giuridica di chi agisce.
Il ricorso di prime cure è, quindi, inammissibile per carenza d’interesse, in quanto il diritto istituito dal Comune di Bagno a Ripoli non grava sulle appellate, che, peraltro, non hanno dimostrato un’effettiva incidenza pregiudizievole di tale diritto nella loro sfera giuridica soggettiva.
Non rilevano, invero, le considerazioni della sentenza secondo cui l’imposizione del diritto avrebbe comportato un peggioramento del “quadro economico” dell’attività di cremazione, nonché “possibili effetti disfunzionali sul meccanismo di determinazione delle tariffe di cremazione”, in quanto avrebbe inciso sulla convenzione stipulata nel mese di maggio del 2014, con la quale sono state concordate le tariffe applicabili all’attività di cremazione. Il diritto comunale per il trasporto delle salme non grava su chi si occupa della cremazione e della tumulazione, ma solo su chi esegue o richiede il trasporto stesso, e la sua istituzione non può incidere sulla economicità o la reddittività dell’attività di cremazione, non rappresentandone un costo.
L’onere economico che per legge doveva ricadere interamente sui richiedenti la cremazione è stato assunto volontariamente e in piena autonomia dalla confraternita, che potrà ripeterlo dai destinatari dell’onere. Non si è generato in capo alla stessa alcun danno di natura economica, ma, eventualmente, un mero effetto negativo sul piano finanziario dipendente da un’autonoma scelta della confraternita, comunque non derivante dai provvedimenti impugnati.
Inoltre, il disciplinare che regola la convenzione stipulata tra il comune di Bagno a Ripoli e la parrocchia di S. Piero a Ema per la gestione dell’attività di cremazione, versato in atti, prevede che il forno dovrà essere gestito senza scopo di lucro (cfr. art. 11 convenzione rep. n. 5422 del 9 maggio 2014). Neppure in astratto, quindi, può considerarsi verificata l’ipotesi risarcitoria prospettata dalle appellate e riconosciuta dalla sentenza.
Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello principale va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado va dichiarato inammissibile.
Va, altresì, dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse l’appello incidentale, con cui è stato contestato il rigetto e il mancato esame di alcune censure del ricorso principale di primo grado.
Sussistono, tuttavia, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.
Dichiara improcedibile l’appello incidentale.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2020, tenuta con le modalità di cui agli artt. 25 d.l. n. 137 del 2020, 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020 e 4, comma 1, d.l. n. 28 del 2020 come da verbale, con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Raffaele Prosperi, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere
Elena Quadri, Consigliere, Estensore
Giorgio Manca, Consigliere
L’ESTENSORE (Elena Quadri)
IL PRESIDENTE (Guseppe Severini)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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