Consiglio di Stato, Sez. IV, 10 febbraio 2014, n. 613

Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. IV, 10 febbraio 2014, n. 613
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello nr. 5499 del 2011, proposto dal professor Gabriele PIAZZA, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luigi Bosco e Gaetano Iannotta, con domicilio eletto presso il primo in Roma, piazza Digione, 2,
contro
il COMUNE DI PIEDIMONTE MATESE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Gian Luca Lemmo e Maurizio Federico Ricciardi, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Battista Santangelo in Roma, via G.B. de Rossi, 30,
nei confronti di
– GIOVANNI MALINCONICO S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Maurizio Federico Ricciardi e Gian Luca Lemmo, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Battista Santangelo in Roma, via G.B. de Rossi, 30;
– ingegner Pietro TERRERI, non costituito;
per l’annullamento e/o la riforma,
previa sospensiva,
della sentenza nr. 2532 depositata il 5 maggio 2011, con la quale il T.A.R. della Campania, Sezione Quinta di Napoli, ha respinto il ricorso proposto dal prof. Gabriele Piazza.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Piedimonte Matese e della società Giovanni Malinconico S.p.a., nonché l’appello incidentale proposto dall’Amministrazione comunale;
Viste le memorie prodotte dal Comune e dalla società Giovanni Malinconico S.p.a. in data 4 dicembre 2013 a sostegno delle proprie difese;
Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 3260 del 27 luglio 2011, con la quale è stata respinta la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2014, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi l’avv. Iannotta per l’appellante e l’avv. Lemmo per il Comune e per la società appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il professor Gabriele Piazza ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto il ricorso da lui proposto avverso la delibera della Giunta Comunale di Piedimonte Matese di approvazione del progetto definitivo di ampliamento del cimitero comunale, con contestuale dichiarazione di pubblica utilità dell’intervento, coinvolgente un suolo in proprietà del ricorrente.
A sostegno dell’appello, sono stati dedotti i seguenti motivi:
1) erroneità della sentenza per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; sussistenza dell’interesse al ricorso (con riguardo alla declaratoria di parziale inammissibilità dell’impugnativa in relazione alle modifiche progettuali proposte dall’impresa e approvate dal Comune);
2) erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato il secondo motivo di ricorso; violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia su parte della censura contenuta nel secondo motivo di gravame (con riferimento alla lamentata violazione delle distanze previste dall’art. 338 del r.d. 27 luglio 1934, nr. 1265);
3) errore di diritto; violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e sussistenza del vizio di omessa pronuncia (sempre in relazione alla violazione delle distanze);
4) ulteriore erroneità della motivazione della sentenza; difetto di motivazione (con riferimento alla reiezione delle doglianze articolate nel merito delle scelte localizzative dell’Amministrazione comunale).
Si è costituito il Comune di Piedimonte Matese, il quale, oltre a controdedurre analiticamente ai motivi di appello, assumendone l’infondatezza, ha proposto appello incidentale avverso la medesima sentenza del T.A.R. partenopeo, deducendone l’erroneità in fatto e in diritto per violazione dell’art. 37 cod. proc. amm., in relazione alla reiezione della preliminare eccezione di tardività del ricorso introduttivo.
Si è altresì costituita la società Giovanni Malinconico S.p.a., intimata in primo grado, a sua volta assumendo l’infondatezza del gravame e chiedendone la reiezione.
Inoltre, entrambe le parti appellate hanno eccepito l’improcedibilità dell’impugnazione originaria a causa della mancata impugnazione di atti sopravvenuti.
All’esito della camera di consiglio del 26 luglio 2011, questa Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensiva.
Di poi, all’udienza del 9 gennaio 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Giunge all’attenzione della Sezione l’appello proposto dal professor Gabriele Piazza avverso la sentenza con la quale il T.A.R. della Campania ha in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto il ricorso da lui proposto avverso un atto (delibera di Giunta Municipale nr. 159 del 17 giugno 2010) con cui, approvandosi il progetto definitivo di ampliamento del cimitero comunale e dichiarandosi la pubblica utilità dell’opera, è stata avviata la procedura espropriativa su un suolo di proprietà dello stesso istante.
2. Per una migliore comprensione delle statuizioni che seguiranno, giova premettere una sintetica ricostruzione della vicenda amministrativa e processuale per cui è causa.
2.1. L’area in proprietà dell’odierno appellante risulta ricompresa nella c.d. fascia di rispetto cimiteriale, e pertanto assoggettata a vincolo espropriativo, fin dalla delibera consiliare nr. 15 del 28 gennaio 1995, con la quale il Comune di Piedimonte Matese ha approvato il Piano cimiteriale.
Quanto all’intervento di ampliamento che qui interessa, lo stesso è stato inserito nel programma triennale delle opere pubbliche per il triennio 2005/2006 e nel relativo elenco annuale per il 2005, entrambi approvati con deliberazione consiliare nr. 16 del 20 giugno 2005.
Per l’esecuzione dell’intervento, l’Amministrazione ha ritenuto di avvalersi di procedura di project financing, aggiudicata definitivamente alla società Giovanni Malinconico S.p.a. con determina dirigenziale del 13 luglio 2005, cui seguiva l’approvazione dello schema di contratto (det. del 3 agosto 2005).
Il progetto definitivo di ampliamento dell’area cimiteriale, predisposto dall’impresa aggiudicataria sulla base del progetto preliminare posto a base della procedura di aggiudicazione, è stato presentato in data 9 novembre 2005, formando poi oggetto di valutazione da parte dell’Amministrazione comunale, che ha instaurato con la società esecutrice una serie di contatti volti a sollecitare alcune modifiche con il conseguente riequilibrio del piano economico-finanziario già approvato.
In effetti, con delibera consiliare nr. 43 del 25 settembre 2009 è stata approvata una variante al Piano cimiteriale del 1995 in occasione della quale è stato modificato il perimetro della fascia di rispetto, riducendone l’ampiezza dal lato Ovest da 100 ml a 50 ml (ferma restando l’ampiezza di 50 ml per gli altri lati), nonché individuando nelle aree site nei lato Nord e Ovest la zona interessata dall’ampliamento in itinere.
Sulla base di ciò, la società concessionaria ha formulato le proprie proposte di modifica progettuale, che l’Amministrazione ha approvato con delibera consiliare nr. 4 del 27 febbraio 2010, impugnata dall’attuale istante con un primo ricorso giurisdizionale dinanzi al T.A.R. della Campania.
Successivamente, è sopravvenuta la già citata delibera di Giunta nr. 159 del 2010, con la quale è stato approvato lo schema di atto aggiuntivo alla convenzione nonché il progetto definitivo dell’intervento, con le modifiche sulle quali l’Amministrazione aveva già espresso il proprio consenso e con contestuale dichiarazione di pubblica utilità dell’opera; tale ultimo atto è stato impugnato con un secondo ricorso, che ha dato avvio al presente giudizio.
2.2. Il T.A.R. della Campania, decidendo congiuntamente i due ricorsi proposti dall’odierno appellante, li ha però definiti con due distinte sentenze di inammissibilità/reiezione (nn. 2531 e 2532 del 2011), delle quali solo la seconda risulta oggetto del presente gravame, mentre la prima non risulta essere stata appellata.
3. Tutto ciò premesso in fatto, in ordine logico va preliminarmente esaminato l’appello incidentale con il quale il Comune di Piedimonte Matese ripropone l’eccezione di tardività del ricorso introduttivo, che il primo giudice ha disatteso previo riconoscimento dell’errore scusabile in favore del ricorrente.
In particolare, l’Amministrazione sottolinea l’erroneità di tale ultima statuizione – motivata con le incertezze giurisprudenziali registrate in ordine all’applicazione del dimezzamento dei termini previsto per il c.d. rito speciale anche al termine di deposito del ricorso – evidenziando come nella specie la tardività denunciata fosse relativa non già al deposito del ricorso, ma alla sua stessa notifica, avvenuta senza rispettare il termine dimidiato de quo.
Il rilievo è corretto, ma l’appello incidentale è tuttavia infondato, dovendosi pervenire a conferma della reiezione dell’eccezione di tardività, ancorché sulla base di motivazioni diverse da quelle impiegate dal primo giudice.
Ed invero, la difesa comunale assume la tardività dell’impugnazione originaria (notificata il 7 agosto 2010) sul presupposto che nella specie, essendo stato impugnato un atto relativo a una procedura di project financing, dovesse trovare applicazione il termine dimezzato d’impugnazione di cui all’art. 245, comma 2 ovvero comma 2-quinquies, del decreto legislativo 12 aprile 2006, nr. 163, come modificato dal decreto legislativo 20 marzo 2010, nr. 53.
Tale impostazione non può però condividersi in quanto, se è vero che le modifiche progettuali qui controverse s’inserivano a valle di una procedura di aggiudicazione mediante project financing conclusasi in favore della società Giovanni Malinconico S.p.a., è tuttavia evidentissimo che detta procedura si era conclusa – per l’appunto – con l’aggiudicazione definitiva in favore della predetta impresa: di modo che, dopo tale aggiudicazione, non vi era più alcuno spazio per l’applicazione del richiamato art. 245, d.lgs. nr. 163/2006.
Al contrario, la censurata delibera nr. 159 del 2010, recando approvazione del progetto definitivo dell’opera con contestuale dichiarazione di pubblica utilità, costituisce con tutta evidenza l’atto di avvio di una procedura di esproprio interessante l’area di proprietà del ricorrente: pertanto, risulta ratione temporis applicabile l’art. 23-bis, comma 1, lettera b),della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034 (oggi sostituito dall’art. 119, comma 1, lettera f), cod. proc. amm.) che, come è noto, non contempla il dimezzamento del termine di notifica del ricorso introduttivo.
Ne discende la piena tempestività dell’impugnazione originaria, notificata in data 7 agosto 2010 a fronte di un atto che, come lo stesso Comune ammette, è stato “partecipato” all’interessato in data 1 luglio 2010.
4. Ancora in via preliminare, va esaminata l’eccezione di improcedibilità dell’impugnazione originaria qui riproposta sia dal Comune che dalla società appellata, i quali assumono la sopravvenuta carenza di interesse a cagione della mancata impugnazione di atti successivi alla delibera censurata, e segnatamente della deliberazione consiliare nr. 28 del 5 ottobre 2010, recante approvazione di modifiche al piano economico finanziario e di atto aggiuntivo al contratto di appalto, e della delibera di Giunta nr. 247 del 6 ottobre 2010, di approvazione del progetto esecutivo dell’intervento.
L’eccezione è però infondata.
Infatti, quanto al primo dei due atti sopra richiamati, la non necessità di sua impugnazione da parte della ricorrente discende dall’assenza di un suo interesse qualificato a censurare gli atti relativi alla procedura di project financing, per le stesse ragioni – da condividere, come meglio appresso si dirà – che hanno indotto a ritenere inammissibili le censure articolate avverso le modalità di svolgimento della detta procedura.
Con riguardo, invece, al secondo degli atti sopravvenuti, giova richiamare l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui, laddove la dichiarazione di pubblica utilità sia implicita nell’approvazione del progetto definitivo, ai sensi dell’art. 12 del d.P.R. 8 giugno 2001, nr. 327, il successivo livello di progettazione esecutiva costituisce una fase accessoria e irrilevante ai fini della lesività per l’espropriando, che ha già subito il vincolo espropriativo e nei cui confronti il decreto di esproprio già può essere emesso sulla base del solo progetto definitivo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 luglio 2013, nr. 4006).
Dal che discende, come ovvia conseguenza, che non può predicarsi, nelle anzi dette ipotesi, un onere di impugnativa anche del progetto esecutivo a pena di improcedibilità dell’impugnazione già proposta dell’atto comportante la dichiarazione di pubblica utilità.
5. Passando dunque all’esame nel merito dell’appello principale, questo si appalesa infondato e va conseguentemente respinto.
6. Innanzi tutto, è infondato il primo motivo di gravame, col quale si assume l’erroneità della declaratoria di inammissibilità del primo motivo di ricorso, inteso a far valere l’asserita illegittimità delle modifiche apportate al progetto predisposto dalla società concessionaria ed al piano economico-finanziario, sul rilievo che queste avrebbero imposto al Comune l’indizione di una nuova procedura di aggiudicazione.
6.1. Ai rilievi del primo giudice, che ha sottolineato l’assenza di un interesse giuridicamente qualificato dell’appellante a censurare le modalità di affidamento dei lavori, non essendo egli un operatore economico del settore, l’istante replica che in ogni caso l’annullamento dell’atto impugnato gli arrecherebbe una evidente utilità, derivante dalla necessità che l’Amministrazione reiteri ab ovo la procedura di affidamento, ciò che farebbe venir meno l’avvio della procedura di esproprio che lo colpisce.
La Sezione reputa però che tale impostazione sia basata su una non accettabile dilatazione dell’interesse “strumentale” all’impugnazione, il quale è suscettibile di acquisire giuridica consistenza a condizione che il ricorrente sia in grado di ricavare, dalla riedizione dell’attività amministrativa successiva al richiesto annullamento, un’utilità specifica e concreta; nel caso di specie, invece, posto che resterebbe in ogni caso ferma la localizzazione dell’intervento di ampliamento del cimitero (la quale, come meglio appresso si dirà, discendeva da atti anteriori alla delibera nr. 159/2010 qui impugnata), e quindi nessuna chance in più l’appellante otterrebbe di veder adottare scelte meno penalizzanti delle aree in sua proprietà, l’ipotetica ripetizione della procedura di aggiudicazione gli consentirebbe unicamente di “guadagnar tempo”, ciò che con tutta evidenza non può essere considerato sufficiente a fondare un interesse giuridicamente qualificato e meritevole di autonoma considerazione.
6.2. Inoltre, la censura qui in esame risulta inammissibile (rectius: improcedibile) per altra e più assorbente ragione.
Infatti, le contestate modifiche al progetto e al piano economico-finanziario risultano approvate dal Comune non con la delibera nr. 159/2010, qui impugnata, ma con la precedente deliberazione consiliare nr. 4 del 2010, che l’interessato aveva impugnato con separato ricorso, dichiarato inammissibile dal T.A.R. della Campania con una diversa sentenza (nr. 2531 del 2011), non appellata; di modo che, nei riguardi degli atti gravati nel presente giudizio, il vizio de quo veniva fatto valere in via meramente derivata dalla illegittimità della detta delibera nr. 4/2010.
Orbene, è evidente che il passaggio in giudicato della richiamata sentenza nr. 2531 del 2011, nella quale il vizio in questione è stato escluso, costituisce preclusione processuale a riproporre la questione nel presente giudizio.
7. Del pari privi di pregio sono il secondo e il terzo mezzo, con i quali l’istante ripropone la doglianza di violazione delle distanze di cui all’art. 338 del r.d. 27 luglio 1934, nr. 1265, evidenziando che, per effetto del progettato ampliamento, il cimitero comunale verrebbe a trovarsi a una distanza di soli mt 60 dal fabbricato di sua proprietà.
7.1. Al riguardo, in disparte quanto notato dal primo giudice circa la riduzione del perimetro della fascia di rispetto cimiteriale disposta con la ricordata delibera nr. 43 del 2009, va osservato che le distanze minime previste dall’art. 338 sono poste a presidio della stessa area cimiteriale, risolvendosi in un divieto di nuove edificazioni all’interno della fascia di rispetto.
Viceversa, la stessa norma non esclude affatto che, in sede di ampliamento del cimitero, l’Amministrazione comunale possa, in presenza di specifici presupposti, derogare da quelle distanze minime, ferma restando la necessità di rispettare una distanza minima dall’abitato di mt 50 (comma 4).
Nel caso che qui occupa, tale distanza minima risulta pacificamente rispettata, né può condividersi l’impostazione di parte appellante laddove lamenta l’asserita carenza dei requisiti di cui al comma 4 testé richiamato: infatti, essa parte appellante muove dal presupposto, come si è visto non condivisibile, che le modifiche progettuali approvate con la delibera consiliare nr. 4 del 2010 abbiano dato luogo a una nuova procedura destinata a tener luogo in toto di quella già avviata, per inferirne che il Consiglio Comunale avrebbe dovuto procedere con nuova deliberazione alla verifica dei presupposti di cui al ricordato comma 4 dell’art. 338.
Tale prospettazione non è condivisibile, essendo le più volte richiamate modifiche progettuali intervenute all’interno di una procedura di realizzazione dell’opera unitaria, di modo che doveva considerarsi del tutto valida e utilizzabile l’istruttoria tecnica svolta dall’Amministrazione a monte della progettazione e in sede di approvazione della ricordata variante al Piano cimiteriale.
7.2. Altrettanto è a dirsi con riferimento ai saggi e alle verifiche geologiche imposti dall’art. 57 del d.P.R. 10 settembre 1990, nr. 250, dei quali l’istante lamenta l’omessa ripetizione sulla base di un ragionamento analogo a quello sopra esaminato.
8. Infine, va disatteso anche l’ultimo motivo di appello, inteso a riproporre le doglianze formulate nel merito delle scelte localizzative operate dall’Amministrazione.
Sul punto, non può non convenirsi con l’avviso del primo giudice, il quale ha sottolineato – in linea con il consolidato orientamento di questo Consesso (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 30 settembre 2013, nr. 4872; id., 23 aprile 2013, nr. 2257) – l’ampia discrezionalità che connota le scelte dell’Amministrazione in tema di localizzazione delle opere pubbliche, una volta che queste siano individuate all’interno delle aree già assoggettate a vincolo espropriativo finalizzato alla loro realizzazione.
A ciò può aggiungersi l’evidente inammissibilità di doglianze, fondate sull’asserita mancata considerazione da parte dell’Amministrazione di ipotesi alternative meno penalizzanti per i suoli in proprietà dell’istante, che siano articolate in sede di approvazione del progetto definitivo dell’opera e non già – come logicamente avrebbe dovuto essere – con tempestiva impugnazione degli atti a monte impositivi (e reiterativi, con modifiche perimetriche) del vincolo derivante dal ricadere dei suoli de quibus nella fascia di rispetto.
Quanto sopra trova puntuale riscontro, pur nella sua sinteticità, nella relazione tecnica allegata alla deliberazione nr. 43 del 2009, laddove il Comune ha dato conto, senza che all’epoca l’odierno appellante sollevasse particolari contestazioni, delle ragioni che avevano indotto a una “rimodulazione” del perimetro della fascia di rispetto, con una soluzione che preannunciava, e ad un tempo rendeva univoca nelle sue modalità esecutive, la successiva attuazione dell’intervento di ampliamento del cimitero.
9. Alla luce dei rilievi fin qui svolti, s’impone la reiezione dell’appello principale con l’integrale conferma della sentenza impugnata.
10. La reiezione di entrambi gli appelli, comportando soccombenza reciproca, costituisce giusto motivo per compensare tra le parti le spese del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l’appello principale e l’appello incidentale e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Fabio Taormina, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Written by:

0 Posts

View All Posts
Follow Me :