Consiglio di Stato, Sez. III, 2 agosto 2022, n. 6803

Consiglio di Stato, Sez. III, 2 agosto 2022, n. 6803

Pubblicato il 02/08/2022
N. 06803/2022REG.PROV.COLL.
N. 05828/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5828 del 2021, proposto dalle società < omissis > S.r.l., < omissis> S.r.l. Unipersonale, < omissis > S.r.l., < omissis > S.r.l., < omissis > S.r.l., < omissis > S.r.l. e < omissis > S.r.l., in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Paolo Fiorilli e dall’avvocato Roberto Brun, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Paolo Fiorilli in Roma, via Cola di Rienzo n. 180,
contro
– la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, non costituita in giudizio;
– l’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale – Asufc, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Sbisà, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Trieste, via Donota n. 3;
nei confronti
della < omissis > S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Enrico Raengo e dall’avvocato Pio Rinaldi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) n. 152/2021, resa tra le parti, concernente l’annullamento del decreto emesso dall’Azienda sanitaria universitaria del Friuli centrale (ASU FC) con il quale la ditta < omissis > S.r.l. è stata autorizzata alla produzione, commercializzazione ed uso in ambito nazionale di un manufatto in polipropilene (PP), in sostituzione della cassa di metallo di un feretro, per la tumulazione con trasporto di salme a distanza inferiore a 100 km.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale – Asufc e di Kb-Plast S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice, nell’udienza pubblica del giorno 12 maggio 2022, il Cons. Antonella De Miro e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Gli odierni appellanti impugnavano al Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia:
– il decreto n. 73 del 4 febbraio 2021 dell’A.S.U.F.C., pubblicato sul sito web della stessa in data 5 febbraio 2021 e sulla G.U. in data 4 maggio 2021, avente per oggetto l’«Autorizzazione alla produzione, commercializzazione ed uso in ambito nazionale di un manufatto in polipropilene (PP), in sostituzione della cassa di metallo di un feretro, unicamente per la tumulazione nel caso di trasporto di salme a distanza inferiore a 100 km» rilasciata a favore della controinteressata < omissis > S.r.l..;
– il decreto n. 73 del 4 febbraio 2021 della Azienda sanitaria Universitaria Friuli Centrale (ASU FC), pubblicato, ai sensi dell’art. 32, comma 1, della l.r. FVG n. 69/2009, in data 5 febbraio 2021, esclusivamente sul sito web della ASUFC avente ad oggetto: “Autorizzazione alla produzione, commercializzazione ed uso in ambito nazionale di un manufatto in polipropilene (PP), in sostituzione della cassa di metallo di un feretro, unicamente per la tumulazione nel caso di trasporto di salme a distanza inferiore a 100 km” alla < omissis > S.r.l.;
– tutti gli atti presupposti e consequenziali dei quali si venga a conoscenza nel corso del giudizio.
Il giudice adito, con sentenza, n. 152 del 12 maggio 2021, notificata il 18 maggio 2021, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione di parte ricorrente.
Avverso tale sentenza insorgono gli odierni appellanti deducendo:
A) Sulla legittimazione a ricorrere avverso il decreto della ASU FC n. 73 del 4 febbraio 2021, che le società non hanno contestato, né contestano, il diritto di un imprenditore di far entrare nel mercato, invero ancora potenziale, dei cofani in materiale alternativo ma, azionando il proprio interesse protetto ad una stringente regolamentazione, chiedono la verifica della legittimità dell’atto che va a fissare i criteri tecnici per la realizzazione dei prodotti in materiale alternativo.
La normativa di riferimento nel caso di specie è il Regolamento di polizia mortuaria (d.P.R. n. 265/1990), e in particolare gli articoli 30 e 31 del predetto Regolamento, i quali hanno come presupposto la tutela dei valori costituzionali di cui agli articoli 32 e 41 Cost. ed i principi comunitari in materia di tutela dell’ambiente, della libertà di iniziativa privata e della concorrenza nonché dei consumatori.
B) Nel merito le società appellanti ripropongono sintetizzati tutti i motivi di censura al decreto dirigenziale impugnato in primo grado, rispettando la numerazione ad essi assegnata.
1. Violazione dei principi del federalismo amministrativo attuato con legge n. 59/1997 e decreto legislativo n. 112/1998 in relazione agli artt. 5, 114, 116, 117 co. 3 e 5, 118, 134 Cost, 7 D.Lgs. n. 112/98 e 1 delle preleggi. Illegittimità per carenza di potere regolamentare, perché la possibilità di emanare atti amministrativi, esecutivi di prescrizioni di natura regolamentare, quale deve considerarsi il decreto impugnato, sarebbe venuta meno con la perdita di efficacia del regolamento D.M. 5 luglio 2011, che fissava in via sperimentale le condizioni per l’autorizzazione dei feretri in polipropilene.
2. Violazione dei principi del federalismo amministrativo attuato con legge n. 59/1997 e D. Lgs. n. 112/1998 in relazione agli artt. 5, 114, 116, 117 co. 3 e 5, 118, 134 Cost, art. 7 d.lgs. n. 112/98 e art.2 d.lgs. n. 126/2005. Incompetenza, perché il decreto impugnato, autorizzando il trasporto entro 100 km anche verso regioni diverse dal Friuli-Venezia Giulia, ha una portata nazionale e risulta lesivo della competenza costituzionale delle altre regioni.
3. Violazione dell’art. 7 della legge n. 59/97, del dPCM 26 maggio 2000 (G.U. 11.10.2000 n. 238) all. A lett. c), art. 17 della legge n. 400/88, perché il provvedimento autorizzatorio dell’ASU FC non può trovare fondamento nelle circolari ministeriali n. 361 dell’11 dicembre 2015 e n. 24678 del 13 dicembre 2016, menzionate nell’atto.
4. Violazione dell’art. 3, comma 2, della legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo. Difetto di istruttoria, perché l’autorizzazione all’utilizzo del polipropilene (PP) nella fabbricazione dei feretri doveva essere preceduto da una rinnovata istruttoria, essendo scaduto il precedente atto autorizzatorio (come da precedente del medesimo Tar n. 275/2019, passato in giudicato).
5. Illegittimità della autorizzazione regionale ex art. 31 del d.P.R 10 settembre 1990, n. 285 a favore della società < omissis > S.r.l. per difetto di presupposti di fatto e di legge. Violazione del combinato disposto degli artt. 30 e 31 del dPR n. 285/1990, perché non sarebbero note le risultanze della sperimentazione sull’uso del polipropilene, materiale che – come risulta dallo studio prodotto – presenta diverse criticità nell’utilizzo cimiteriale.
L’ASL si è costituita, eccependo:
– la inammissibilità e irricevibilità del ricorso in appello per nullità della notifica alla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, per essere stato l’atto notificato all’Avvocatura distrettuale di Trieste anziché all’Avvocatura Generale dello Stato in Roma;
– la inammissibilità del ricorso in appello per difetto di legittimazione a ricorrere e di interesse ad agire.
La società < omissis> S.r.l., appellata, si è costituita, ribadendo la infondatezza del ricorso ed eccependo, preliminarmente:
– la nullità della notifica dell’appello eseguita nei confronti della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia;
– il difetto di legittimazione a ricorrere e la mancanza di interesse ad agire;
– la mancata impugnazione delle Circolari del Ministero della Salute n. 36158 dell’11 dicembre 2015 e n. 34678 del 13 dicembre 2016 in cui sono raccolte e compendiate “le regole tecniche di natura igienico sanitaria desunte dai precedenti pareri resi dalla Sez. III del Consiglio Superiore di Sanità relativi a materiali non normati dal d.P.R. n. 285/90” in materia di autorizzazione di cui agli artt. 31, 75 e 77 del d.P.R. n. 285/90;
– il difetto di giurisdizione sul sindacato del riparto costituzionale di competenze tra lo Stato e le Regioni.
Sottolinea che il contenzioso de quo costituisce per la ditta (prima < omissis > S.p.a. già < omissis > S.p.a.) l’ennesimo ostacolo frapposto dalle imprese produttrici di casse in zinco al proprio ingresso sul mercato della produzione e commercializzazione di controcasse per feretri, in materiale diverso da quello metallico, destinati alla tumulazione nel caso di trasporto di salme a distanza inferiore a 100 km. I ricorsi promossi nasconderebbero l’intento strumentale di preservare il monopolio che le diverse società odierne appellanti hanno acquisito grazie all’art. 30 d.P.R. n. 285/1990, recante Regolamento di Polizia Mortuaria, che individua quali materiali canonici per la realizzazione delle controcasse per feretri lo zinco ed il piombo.
Le parti hanno presentato memorie.
All’udienza del 12 maggio la causa è stata tratta in decisione.
DIRITTO
1.- La Sezione ritiene di scrutinare in primis l’eccezione pregiudiziale sollevata dall’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale – Asufc in ordine alla nullità della notifica dell’appello alla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
1.1- L’eccezione è infondata, stante il difetto di legittimazione dell’Azienda che è un ente dotato di propria soggettività giuridica distinta da quella della Regione.
2- Nel merito, è fondato il primo motivo d’appello, articolato avverso la statuizione di inammissibilità dell’impugnazione di primo grado per difetto di legittimazione delle società ricorrenti.
2.1- Il collegio osserva che le società ricorrenti, in quanto operatori del settore per cui è causa (trasporto funebre), non sono assimilabili a quisque de populo rispetto all’ingresso nel mercato di un nuovo soggetto che in ipotesi possa porsi in posizione concorrenziale rispetto a loro, grazie all’autorizzazione a operare con l’impiego di un materiale diverso da quello generalmente consentito.
2.2- Non è dubbio che le società appellanti, qualora si trovassero ad operare in un mercato totalmente liberalizzato nulla potrebbero obiettare all’ingresso di nuovi soggetti, i quali si propongano di operare in modo concorrenziale grazie all’utilizzo di materiali e tecnologie in grado di consentire loro anche in ipotesi di sottrarre quote di utenza alle imprese già presenti. Tuttavia, nella specie, le stesse operano, incontestabilmente, in un mercato regolamentato per ragioni di sanità pubblica, nel quale in particolare l’impiego di materiali diversi da quelli indicati dall’articolo 30 del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, deve essere preventivamente autorizzato ai sensi del successivo articolo 31 del medesimo decreto. Da ciò consegue che chi opera già sul mercato ai sensi dell’articolo 30 ha una posizione giuridica qualificata e differenziata che lo legittima a contestare la legittimità degli atti autorizzatori con cui altri soggetti siano autorizzati a entrare nel mercato ai sensi dell’articolo 31.
Sotto tale profilo, è evidente l’errore logico in cui è incorso il T.A.R. nello scindere i profili di interesse pubblico che connotano l’esercizio del potere autorizzatorio da parte dell’Azienda sanitaria (§ 8.1 della sentenza) dall’interesse concorrenziale derivante dall’essere i ricorrenti operanti nel “medesimo settore merceologico” della controinteressata, riducendo però quest’ultimo a un mero interesse di fatto a conservare una posizione di mercato consolidata (§ 8.3 della sentenza): al contrario, i due profili vanno esaminati congiuntamente, tenuto conto che le società appellanti hanno l’interesse qualificato degli operatori economici che agiscono in un mercato regolamentato a opporsi agli atti amministrativi con cui è consentito, a loro dire illegittimamente, a soggetti terzi l’ingresso nel mercato medesimo, a tutela proprio della regolarità della concorrenza e non in funzione anticoncorrenziale.
2.3- La fondatezza dell’appello in parte qua comporta la necessità di esaminare le ulteriori eccezioni preliminari sollevate dalle parti intimate in primo grado, non delibate dal T.A.R. e ritualmente riproposte dalle parti appellate ai sensi dell’articolo 101, comma 2, c.p.a..
Tali eccezioni sono infondate e debbono essere respinte, potendo osservarsi:
a) quanto alle eccezioni di inammissibilità per carenza di interesse dell’impugnazione di primo grado (articolata da tutte le parti odierne appellate), che, una volta riconosciuta una posizione legittimante in capo alle originarie ricorrenti, la lesione di questa è quasi in re ipsa nel fatto che nuovi soggetti siano abilitati a operare nel medesimo settore di mercato, con la conseguente rilevante probabilità (se non certezza) di sottrazione di spazi di mercato che in precedenza erano di loro spettanza: diversamente opinando, e quindi pretendendo che le ricorrenti debbano dimostrare la lesione concretamente subita, si finirebbe per subordinare l’ammissibilità dell’azione a una probatio diabolica e obliterare che in questo caso la lesione lamentata è alla regolarità della concorrenza, e quindi a un interesse in qualche modo strumentale al corretto funzionamento del mercato;
b) quanto all’eccezione di inammissibilità per omessa impugnazione delle Circolari richiamate nel provvedimento impugnato (sollevata dalla controinteressata), che per pacifica giurisprudenza le circolari amministrative non hanno valore normativo o provvedimentale e non assumono carattere vincolante per i soggetti destinatari dei relativi atti applicativi, che non hanno l’onere di impugnarle, ma possono limitarsi a contestarne la legittimità al solo scopo di sostenere che detti atti sono illegittimi perché scaturiscono da una circolare illegittima che avrebbe dovuto essere disapplicata, discendendone, a fortiori, che una circolare amministrativa contra legem può essere disapplicata anche d’ufficio dal giudice investito dell’impugnazione dell’atto che ne fa applicazione, anche in assenza di richiesta delle parti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 gennaio 2016, n. 310; id., 21 giugno 2010, n. 3877; id., sez. VI, 10 aprile 2003, n. 1894);
c) quanto alla presunta lesione delle competenze costituzionalmente riservate alle Regioni, che con tutta evidenza la questione attiene al merito del giudizio e non alle condizioni preliminari di proponibilità dell’azione di annullamento.
3.- Tutto ciò premesso, il ricorso è comunque infondato nel merito, essendo totalmente incentrato su un’erronea ricostruzione del quadro normativo che induce le appellanti a sostenere che nella specie sarebbero state violate delle prerogative statali in materia di sanità pubblica; al contrario, come rilevato dalle parti appellate con argomentazioni non adeguatamente confutate dagli appellanti, le autorizzazioni in materia di polizia mortuaria di cui al precitato d.P.R. n. 285/1990 sono state trasferite alla competenza delle Regioni ai sensi della Tabella A, lettera c), allegata al d.P.C.M. 26 maggio 2000, emanato in attuazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 e, per quanto concerne la Regione Friuli Venezia Giulia, il trasferimento è stato attuato con il d.lgs. 20 giugno 2005, n. 126 (attuativo dello Statuto speciale di tale Regione) e regolamentato dall’articolo 2 della l.r. 26 ottobre 2006, n. 19, che ha trasferito fra l’altro anche le funzioni in questione alle Aziende sanitarie (articolo 1).
3.1- Le odierne appellanti, invero, non contestano tale ricostruzione normativa, ma assumono che essa non consentirebbe all’Amministrazione regionale di adottare provvedimenti efficaci sull’intero territorio nazionale (come nel caso di specie) bypassando le necessarie competenze, e prospettano per un’eventuale interpretazione di segno contrario – che è poi quella adottata dal Ministero della salute con le Circolari richiamate dalle parti appellate, e puntualmente applicata nella specie -un’incostituzionalità per violazione delle competenze statali.
Tuttavia, l’interpretazione del Ministero della salute è immune da evidenti vizi, stante il trasferimento all’esclusiva competenza regionale della materia della sanità pubblica, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, Cost.
Va soggiunto che le Circolari in discorso riservano, comunque, uno spazio residuo alla competenza statale per l’ipotesi in cui occorra acquisire il parere del Consiglio superiore di sanità, non ricorrente nel caso di specie.
4.- Alla luce di quanto sopra, devono essere respinti i primi tre motivi di impugnazione riproposti con l’appello, che sotto diverse angolazioni ripropongono le doglianze afferenti alla pretesa violazione delle competenze statali anche in relazione alla parte che le appellanti definiscono “normativa” del provvedimento impugnato.
5- Devono essere altresì respinti il quarto e il quinto dei motivi di censura, afferenti invece alla pretesa inadeguatezza dell’istruttoria che ha preceduto il rilascio dell’autorizzazione per cui è causa.
Sul punto, appaiono del tutto condivisibili (e non adeguatamente smentite ex adverso) le argomentazioni delle parti appellate.
In particolare:
a) quanto all’adeguatezza dell’istruttoria, risulta documentato che la Regione Friuli Venezia-Giulia, a fronte della richiesta di nuova autorizzazione inoltrata dalla controinteressata in attuazione dei dd.mm. 5 luglio 2011 e 2 novembre 2011, chiese un’apposita integrazione documentale proprio al fine di verificare la conformità del manufatto offerto ai requisiti igienico-sanitari di cui alla richiamata Circolare ministeriale, e la controinteressata riscontrò la richiesta producendo apposito studio corredato da prove tecniche e attestazioni di amministrazioni pubbliche e operatori del settore comprovanti l’assenza di criticità: col che, l’assunto delle odierne appellanti circa l’inadeguatezza di tale istruttoria e la necessità di ulteriori sperimentazioni finisce per riflettere un giudizio personale e soggettivo, inidoneo a legittimare un sindacato giudiziale su manifestazioni tecnico-discrezionali non manifestamente erronee o irrazionali;
b) del pari sfugge a ogni apprezzamento in sede giurisdizionale la valutazione tecnica di idoneità dell’innovativo materiale plastico utilizzato dalla controinteressata (non essendo smentito, peraltro, che già dal 2007 l’impiego di tale materiale in luogo del metallo è stato autorizzato a livello nazionale con appositi provvedimenti del Ministero della salute).
6. Pertanto, l’appello va conclusivamente respinto, dovendo per le ragioni anzi dette pervenirsi a conferma della sentenza impugnata con diversa motivazione (infondatezza anziché inammissibilità del ricorso di primo grado).
7. Stante la peculiarità e parziale novità delle questioni esaminate, sussistono le condizioni per la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge confermando con diversa motivazione la sentenza impugnata.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
Umberto Maiello, Consigliere
Antonella De Miro, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Antonella De Miro)
IL PRESIDENTE (Raffaele Greco)
IL SEGRETARIO

Written by:

Sereno Scolaro

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