Consiglio di Stato, Sez. III, 16 dicembre 2020, n. 8085

Consiglio di Stato, Sez. III, 16 dicembre 2020, n. 8085

Pubblicato il 16/12/2020
N. 08085/2020REG.PROV.COLL.
N. 00993/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 993 del 2016, proposto da
P. Vincenzo, in proprio e in qualità di Confratello e Priore pro tempore della Confraternita del < omissis >, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Abbamonte, Sergio Turturiello, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Abbamonte in Roma, via n. Porpora, 12;
contro
Ministero dell’Interno – U.T.G. di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Sacerdote Sergio Pipolo, quale Commissario Vescovile della Confraternita del Ss Rosario di Pianura, rappresentato e difeso dagli avvocati Adolfo Mutarelli, Francesco Mutarelli, Mario Ettore Verino, con domicilio eletto presso lo studio Mario Ettore Verino in Roma, via Barnaba Tortolini, 13;
nei confronti
Monsignor Gennaro P., in qualità di Vescovo della Diocesi di Pozzuoli, rappresentato e difeso dagli avvocati Adolfo Mutarelli, Francesco Mutarelli, Mario Ettore Verino, con domicilio eletto presso lo studio Mario Ettore Verino in Roma, via Barnaba Tortolini 13;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 05411/2015, resa tra le parti, concernente il riconoscimento della Confraternita del < omissis > quale “associazione pubblica di fedeli qualificata come ente ecclesiastico civilmente riconosciuto e soggetta alla vigilanza e superiore direzione dell’autorità ecclesiastica”.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno – U.T.G. di Napoli, del Sacerdote Sergio Pipolo e del Monsignor Gennaro P.;
Visti tutti gli atti della causa;
Dato atto della presenza ai sensi di legge degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2020 il Cons. Giovanni Pescatore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Nel giudizio di primo grado il sig. Vincenzo P., nell’asserita qualità di Confratello e Priore – legale rappresentante della Confraternita < omissis >, ha contestato la nota della Prefettura di Napoli del 26.1.2015, nella parte in cui attesta che la Confraternita medesima è una “associazione pubblica di fedeli qualificata come ente ecclesiastico civilmente riconosciuto e soggetta alla vigilanza e superiore direzione dell’autorità ecclesiastica”.
2. La tesi perorata dal ricorrente è che si tratterebbe, al contrario, di un’associazione privata, non connotata dallo scopo (esclusivo o prevalente) di culto ma unicamente da quello di assistenza e di beneficienza, con quanto ne consegue circa il differente regime normativo previsto per le due tipologie di enti e la sua sottrazione alla vigilanza e superiore direzione dell’autorità ecclesiastica.
3. Con sentenza n. 5411/2015 (oggetto del presente giudizio in appello) il Tar Campania ha dichiarato il ricorso in parte irricevibile e in parte inammissibile.
L’irricevibilità è stata motivata in ragione della tardiva impugnazione del Regio Decreto prefettizio del 12/02/1934 n. 918, costituente atto ricognitivo delle “finalità di culto” della Confraternita del < omissis >.
L’inammissibilità è stata argomentata in virtù della carenza di legittimazione attiva del ricorrente, per non avere questi dato prova della propria qualità di legale rappresentante della Confraternita, legittimamente eletto sulla base delle norme statutarie effettivamente vigenti.
4. La sentenza è stata gravata dal sig. Vincenzo P., per asseriti errores in iudicando sotto il profilo della violazione e falsa applicazione di norme di legge.
5. Le appellate Confraternita e Diocesi di Pozzuoli si sono costituite in giudizio, resistendo all’appello ed insistendo per il suo rigetto.
6. Con sola memoria di stile si è costituito anche il Ministero dell’Interno.
7. In assenza di istanze cautelari la causa è stata posta in decisione all’udienza pubblica del 10 dicembre 2020.
DIRITTO
1. In limine litis l’appellante contesta la declaratoria di irricevibilità del ricorso di primo grado per tardiva impugnazione del R.D. 918/1934, assumendo di avere inteso contestare tale decreto solo ove interpretato quale atto ricognitivo della finalità di culto della Confraternita del < omissis >. Poiché, tuttavia, sussisterebbero elementi per contraddire il significato che il Tar ha preteso attribuire a tale atto, non si porrebbe alcuna preclusione alla delibazione del ricorso nel merito.
1.1. Il motivo è infondato.
Per una migliore intelligenza del tema che vi è sotteso e che accede alla portata del R.D. 918/1934, è utile riepilogare i dati essenziali che rilevano ai fini della controversa qualificazione dell’ente:
— la Confraternita del < omissis > è stata istituita con decreto reale del 24.3.1749;
— le Confraternite costituite con fini di culto o di beneficenza sono state inizialmente equiparate dalla legge 17.7.1890 n. 6972 alle Istituzioni Pubbliche di beneficenza, con sottoposizione ai controlli governativi del tempo che imponevano, tra l’altro, la trasformazione delle stesse ove ne fosse venuto a mancare il fine (artt. 70 e 91, n. 2 legge cit.);
— a seguito del concordato fra l’Italia e la Santa Sede, reso esecutivo con la legge 27.5.1929, n. 810, le Confraternite “aventi scopo esclusivo o prevalente di culto” sono state sottratte ad ulteriori trasformazioni e ne è stata sancita la dipendenza dalla sola Autorità Ecclesiastica, “per quanto riguarda il funzionamento e l’amministrazione” (art. 29, 2° comma, lett c, l. 810/1829);
— a norma del citato art. 29, lett. c) e secondo quanto previsto dall’art. 77 del R.D. n. 2262/1929 (regolamento di esecuzione degli enti ecclesiastici) l’accertamento dello scopo esclusivo o prevalente di culto doveva essere effettuato con Regio Decreto (art. 77: “L’accertamento dello scopo esclusivo o prevalente di culto di una confraternita è fatto d’intesa con l’autorità ecclesiastica, e gli accordi stabiliti non sono vincolativi per lo Stato se non dopo l’approvazione con Regio Decreto, udito il parere del consiglio di Stato”);
— viceversa, per le Confraternite non aventi scopo esclusivo o prevalente di culto rimanevano ferme le attribuzioni spettanti allo Stato, salva l’ingerenza dell’Autorità Ecclesiastica per quanto concerneva gli scopi di culto (art. 17, legge 27.5.1929, n. 848);
— secondo l’assunto della Prefettura, la Confraternita del < omissis > ha ottenuto il riconoscimento del fine di culto proprio con il R.D. n. 918/1934.
1.2. Stando, invece, all’opposta tesi sostenuta dall’appellante, il citato R.D. del 1934 – recante “dichiarazione formale dei fini di 32 confraternite della Provincia di Napoli” – costituirebbe cosa ben diversa dal preteso riconoscimento del fine di culto della Confraternita.
Con esso si sarebbe provveduto esclusivamente alla cd. “pubblicizzazione” delle istituzioni di assistenza e beneficenza, e tra queste della Confraternita del < omissis >, in conformità ed in attuazione dell’art. 1 della I. 6972/1890.
Rileverebbe in tal senso il disallineamento dallo schema dettato dall’art. 77 del R.D. n. 2262/1929, quale circostanza apprezzabile, secondo il ricorrente, sia sul piano procedurale, in quanto il R.D. n. 918/1934 è stato adottato senza il previo parere del Consiglio di Stato e senza la previa intesa con l’Autorità ecclesiastica, pure richiesti dal citato art. 77; sia sul piano contenutistico, stante il fatto che nel detto decreto non compare alcun esplicito riconoscimento della confraternita quale ente con “scopo di culto” e tale assenza sarebbe coerente con la finalità statutaria della Confraternita, aliena, appunto da finalità di culto.
In conclusione, l’appellante postula come applicabile all’ente in questione lo specifico percorso normativo che la legislazione ha imposto all’evoluzione delle sole associazioni civilistiche di assistenza e beneficenza (d.lgs. 207/2001 e DPCM 16.2.2000).
1.3. Il motivo, per come articolato, è certamente idoneo a porre astrattamente in discussione la statuizione di irricevibilità del ricorso adottata dal Tar. Non può quindi dirsi, come pure sostenuto dalle parti appellate, che sul punto il ricorrente abbia prestato acquiescenza all’affermazione di tardività contenuta sentenza di primo grado.
1.4. Nel merito, tuttavia, l’impostazione di cui si è innanzi riferito non coglie nel segno.
1.5. Innanzitutto, che il R.D. n. 918/1934 sia stato adottato senza il previo parere del Consiglio di Stato e senza la previa intesa con l’Autorità ecclesiastica, è circostanza affermata dall’appellante ma della quale non è fornita alcuna prova, se per questa non si intende la sola mancata menzione di tali passaggi nelle premesse del documento.
Risulta, dunque, quantomeno dubbio l’asserito disallineamento dell’atto dallo schema procedimentale dettato dall’art. 77 del R.D. n. 2262/1929.
Peraltro, ove anche esistente, detto disallineamento consentirebbe di riscontrare un’anomalia formale o procedimentale dell’atto, non di metterne in forse la consistenza contenutistica.
1.6. A quest’ultimo riguardo, marcatamente forzata appare l’interpretazione fornita dal ricorrente circa il dato testuale della “dichiarazione formale dei fini di 32 confraternite della Provincia di Napoli“: detta dichiarazione viene infatti intesa come una enunciazione di valenza “neutra”, finalizzata al riconoscimento dei fini statutari degli enti considerati e del tutto priva, quindi, di implicazioni (esplicite e implicite) con lo scopo di culto.
L’elencazione e l’inclusione degli enti nominati in un unico atto sembra porsi, tuttavia, in evidente contraddizione con tale assunto, posto che gli stessi enti rispondono tutti a scopi di culto (secondo quanto desumibile dalla loro stessa denominazione, oltre che da quanto chiarito dalle parti appellate nella memoria del 4.11.2020, pag. 4, e non confutato dall’appellante) e proprio come tali sono stati selezionati nell’ambito di una platea di centinaia di Confraternite ed Arciconfraternite all’epoca operanti nell’area di Napoli e provincia.
1.7. Non trova alcun riscontro, poi, l’affermazione secondo la quale il R.D. n. 918/1934 sarebbe stato adottato in attuazione dell’art. 1 della Iegge n. 6972/1890.
Non solo l’articolo menzionato non prevede atti di riconoscimento dello scopo del tipo contemplato dall’art. 77 del R.D. n. 2262/1929; ma, se valesse la tesi di parte appellante, il regio decreto rivelerebbe la stessa carenza di riferimenti normativi (alla legge n. 6972/1980) che viene denunciata nel sostenerne la mancanza di collegamento al R.D. n. 2262/1929.
La tempistica di adozione del regio decreto, infine, rende assai più probabile la sua connessione al regime concordatario del 1929, che non alla legge del 1890.
1.8. In definitiva, la lettura proposta non appare convincente, vuoi per la forzatura alla quale sottopone alcuni elementi testuali, vuoi per l’assenza di un inquadramento sistematico del complessivo contenuto dell’atto.
1.9. A lumeggiare l’effettiva portata del R.D. n. 918/1934 concorrono, ab externo, altri documenti ad esso contestuali o successivi che, in quanto promananti da autorità qualificate, ne forniscono una interpretazione certamente meritevole di considerazione.
Tra gli atti coevi, la nota dell’Alto Commissario statale per la città di Napoli del 10.7.1934, con la quale venne resa comunicazione al Vescovo del fatto che «..con R.D. 12.2.1934, n. 918» la Confraternita < omissis > era stata «..ritenuta avente fine di culto a termini dell’art. 29 lett. c del concordato».
In epoca successiva, la modifica degli accordi concordatari ha previsto un apposito iter di riconoscimento degli enti aventi “fine di religione o di culto” (art. 1 L. 222/85) costituiti successivamente alla predetta legge di ratifica. Al contempo, la stessa legge ha disposto che le Confraternite che già godevano di un riconoscimento ottenuto ai sensi del R.D. 2.12.1929, n. 2262, avrebbero potuto fare domanda di iscrizione nel registro delle persone giuridiche in modo diretto e senza alcun procedimento preventivo di delibazione, e ciò in quanto “i fini di culto” erano già stati riconosciuti ai fini dell’ordinamento italiano.
Ebbene, la Confraternita < omissis > ha ottenuto l’iscrizione (al n. 827) nel previsto registro delle persone giuridiche proprio in applicazione di quest’ultima previsione (doc. nn. 14 e 15 depositati in data 8.10.2020).
Dunque, anche alla luce della L. n. 222/85 trova conferma la sua natura di “Ente Ecclesiastico civilmente riconosciuto”, come del resto si evince dalla stessa rubrica della ricordata legge («Enti Ecclesiastici civilmente riconosciuti»).
Sempre in sintonia con la riconosciuta natura di ente ecclesiastico, la Confraternita, nel 1988, in sede di acquisto di un terreno da adibire ad area cimiteriale, ha dovuto munirsi (art. 17 c.c. all’epoca vigente e art. 17 L. 222/1985) di apposita autorizzazione (il D.P.R. n. 228/90), nella quale si precisa espressamente che «all’Ente è stato riconosciuto il fine prevalente o esclusivo di culto con R.D. 12.2.1934».
1.10. Si può quindi dire che nel tempo (ed in modo ancora più significativo nella immediata contestualità del R.D. del 1934) si sia consolidata una pacifica e univoca interpretazione circa la natura giuridica dell’ente, dalla quale sono poi promanate successive attività giuridiche ad essa coerenti, mai contraddette dalle autorità competenti lungo tutto l’arco della sua esistenza soggetto alle disposizioni normative qui rilevanti.
1.11. In conclusione, sia il contenuto del RD del 1934, sia i rimanenti indici interpretativi forniscono un quadro coerente con la soluzione qualificatoria recepita dalla nota prefettizia.
Donde la reiezione del primo motivo di appello.
2. Con un secondo rilievo viene censurata la declaratoria di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva, sostenendosi al riguardo che:
— il sig. P. ha agito anche nella sua qualità di “confratello“, con ciò spendendo una posizione di interesse qualificato e differenziato che lo abilita all’azione indipendentemente dal suo ruolo di Priore e legale rappresentante della Confraternita;
— nonostante il Tar abbia sollevato rilievi circa il suo mancato deposito presso la Prefettura e l’assenza di prova della sua approvazione, lo Statuto della Confraternita dal quale si ricava la legittimazione del ricorrente è stato pubblicato secondo le procedure illo tempore in vigore e, comunque, non è stato oggetto di espressa contestazione e/o disconoscimento da parti dei resistenti in giudizio;
— la fonte di legittimazione attiva si ricaverebbe anche dal fatto che l’elezione a “Priore della Confraternita” è avvenuta nel corso dell’assemblea dei confratelli del 24/9/2015, ritualmente convocata a seguito dell’accoglimento da parte del Tribunale di Napoli del ricorso ex art. 20 comma 2 c.c. proposto dal sig. P. (ordinanza n. 3878/2015). Dunque, l’iter elettivo ha trovato l’avallo dell’autorità giudiziaria, alle cui cogenti statuizioni l’autorità prefettizia non ha possibilità di sottrarsi.
2.1. Il motivo è infondato.
Sulla tematica in esame questo Consiglio si è già pronunciato (Cons. Stato, sez. IV, n. 1624/2019) con argomenti pienamente trasponibili anche nella presente sede ed ai quali è lecito fare richiamo, ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a., in quanto risolutivi almeno con riguardo ai due primi profili argomentativi.
Per quanto concerne la terza deduzione, vale considerare che l’ordinanza del Presidente del Tribunale di Napoli è stata superata dalla sentenza n. 1067/2017 dello stesso Tribunale, la quale ha dichiarato che l’assemblea non era legittimata alla nomina del Priore, in quanto tale nomina spettava al Vescovo; e che, dunque, non vi era spazio per alcun intervento di volontaria giurisdizione ai sensi dell’art. 20 c.c. (nello stesso senso si esprimono Tar Napoli, sez. I, n. 2747/2019 e Corte App. Napoli, sez. I, ordinanza 22 maggio 2019).
2.2. Per quanto esposto, anche il secondo motivo di appello non può trovare accoglimento.
3. L’esito del giudizio di integrale reiezione dell’appello.
4. La peculiarità e la natura essenzialmente interpretativa delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Giulio Veltri, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Giovanni Pescatore, Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari, Consigliere
L’ESTENSORE (Giovanni Pescatore)
IL PRESIDENTE (Franco Frattini)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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