Consiglio di Stato, Sez. V, 12 aprile 2005, n. 1639 [2]

Norme correlate:
Art 7 Legge n. 287/1990

Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. V, 12 aprile 2005, n. 1639
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2776/2004 del 29/03/2004, proposto dalla LA GENERALE POMPE FUNEBRI SpA, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alberto Marconi, Giovan Candido Di Gioia e Lorenzo Acquarone, con domicilio eletto in Roma, Piazza Mazzini, 27, presso il secondo;
contro
l’Azienda ASL 3 GENOVESE, in persona del Direttore Generale in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Guido Francesco Romanelli e Piergiorgio Alberti, con domicilio eletto in Roma, via Cosseria 5, presso il primo;
e nei confronti di
Onoranze Funebri BALDUINI & GRAVANO Snc, Onoranze Funebri BLINDAR FLORENTINA, Onoranze Funebri LA VALLE STURA Snc, Impresa Trasporti Funebri TRAVO DI TRAVO FILIPPO & C. Snc, Onoranze Funebri DE MARCHI DI DE MARCHI ELISA, Onoranze Funebri OLIVIERI DI OLIVIERI MARIA ANGELA, Onoranze Funebri SER.O.F. Srl, Onoranze Funebri SERRA RICCO’ DI COMOTTO ROSANNA & C. Sas, Onoranze Funebri BALDUINI Snc DI ROBERTO e SERGIO BALDUINI, tutte rappresentate e difese dagli avv.ti Maria Alessandra Sandulli e Roberto Damonte, con domicilio eletto in Roma, Corso Vittorio Emanuele 349, presso la prima; la Pompe Funebri ONETO Sas, non costituitasi; la Onoranze Funebri OBERTI L. SERVICE Srl, non costituitasi;
per la riforma della sentenza del TAR LIGURIA – GENOVA: SEZIONE II n. 1781/2003, resa tra le parti, concernente aggiudicazione gara per gestione delle camere mortuarie dei presidi ospedalieri; Visto l’atto di appello con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti indicate in epigrafe Viste le memorie difensive; Visti gli atti tutti della causa; Visto l’art.23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n.205; Alla pubblica udienza del 29 Ottobre 2004, relatore il Consigliere Cons. Goffredo Zaccardi ed uditi, altresì, gli avvocati Marconi, Sandulli e Maoli su delega dell’avvocato Alberti ;
FATTO
La sentenza indicata in epigrafe ha accolto il ricorso proposto in primo grado da alcune ditte che operano nel settore delle onoranze funebri per l’annullamento degli atti prodromici, contestuali e conseguenti alla indizione della gara ufficiosa per l’aggiudicazione del servizio di gestione delle camere mortuarie dei presidi ospedalieri, gara articolata in tre distinti lotti. La gara è stata indetta con nota n.1786 del 30 novembre 2001 dall’Azienda USL n. 3 Genovese (USL 3 Genovese) con cui venivano invitate alcune ditte del settore a presentare le proprie offerte relative al servizio di gestione delle camere mortuarie ed aggiudicata ad una delle due ditte che avevano presentato la propria offerta con deliberazione n. 87 del 29 gennaio 2002. In seguito alla verifica della anomalia della offerta risultata più favorevole disposta con deliberazione n.246 dell’undici febbraio 2002, veniva revocata l’aggiudicazione con deliberazione n. 2556 del 16 agosto 2002. Si deve precisare che le due offerte erano molto diverse la ASEF (Azienda Servizi Funebri di Genova) aveva offerto per il triennio considerato negli atti di gara € 3.196.351,75 mentre la Generale Pompe Funebri di Genova, per lo stesso periodo, aveva offerto € 61.974,83. Nelle giustificazioni rese all’Amministrazione in sede di verifica dell’anomalia, la Generale Pompe Funebri s.pa. (La Generale s.p.a.), giustificazioni non ritenute congrue, precisava che il corrispettivo offerto era adeguato in relazione al ritorno di immagine aziendale ed alla pubblicità gratuita presso i potenziali clienti ravvisabili nei visitatori delle salme. Con la stessa deliberazione l’Azienda USL n. 3 Genovese prorogava alla stessa La Generale s.p.a., che gestiva nell’attualità il servizio, il contratto in essere fino al 31 dicembre 2002, Successivamente con diversi ulteriori provvedimenti di proroga il contratto in questione è stato prorogato fino al 31 ottobre 2004. Tali proroghe sono state tutte impugnate, anche se quella adottata con deliberazione n. 7 del 15 gennaio 2004 con ricorso straordinario e non giurisdizionale, mentre per l’ultima emessa con deliberazione n. 940 che data 13 luglio 2004 (pubblicata all’albo dell’Ente fino al 4 agosto 2004) sono ancora in corso i termini per procedere all’impugnazione. Nella decisione appellata il primo giudice ha disatteso alcune eccezioni di irricevibilità ed inammissibilità del ricorso avanzate sia dalla Società attuale appellante che dall’Amministrazione intimata, ha affermato la propria giurisdizione ed, ha nel merito, accolto il motivo di censura con cui le Società ricorrenti in primo grado avevano dedotto la violazione dei principi di concorrenzialità e di apertura del mercato essenzialmente perché,attraverso l’affidamento del servizio di cui trattasi ad una ditta operante nel settore delle onoranze funebri, si veniva a costituire a suo vantaggio una posizione di favore per la presenza esclusiva all’interno della camera mortuaria e per il contatto facilitato con i potenziali clienti che tra l’altro si trovano indubbiamente in uno stato psicologico particolare . Nell’appello vengono riproposte, con articolazione complessa, tutte le eccezioni di rito già avanzate in primo grado e si confuta nel merito la fondatezza della decisione impugnata. Con ricorso incidentale, che può qualificarsi improprio perché la USL 3 Genovese avrebbe potuto appellare in via autonoma la sentenza in esame, viene riproposta la questione del difetto di giurisdizione di questo giudice, si ribadiscono le eccezioni di rito sollevate nell’atto di appello e si chiede la reiezione dell’appello per la sua infondatezza. Le parti hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive in ampie memorie depositate per l’udienza di discussione.
DIRITTO
1) Appare necessario per motivi logici esaminare con precedenza l’eccezione di inammissibiltà del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Detta eccezione si fonda su due distinti argomenti: uno già proposto in primo grado si collega alla natura dei rapporti coinvolti nel presente giudizio che verrebbe identificata in posizioni di diritto soggettivo relative allo svolgimento di attività economiche secondo regole di leale concorrenza tra soggetti privati; l’altra si fonda sulla circostanza che le Aziende Sanitarie Locali non sono tenute per gli affidamenti di servizi di valore inferiore alla soglia comunitaria ad esperire procedure concorsuali pubbliche agendo, nell’ambito dei relativi rapporti giuridici, come soggetti privati dotati della comune autonomia a questi riservata nel nostro ordinamento. Entrambe le argomentazioni non convincono: da un lato, infatti come ha correttamente precisato il primo giudice, non si tratta nel caso di specie di valutare comportamenti di soggetti che operano sul mercato in regime di libera concorrenza, ma di provvedimenti emessi da autorità amministrative incidenti in modo fortemente restrittivo sulla possibilità degli operatori di agire sul libero mercato rispetto ai quali si concreta la posizione di interesse legittimo al corretto esercizio di tali poteri; in ogni caso sul punto è la legge (art. 7 della legge n.287 del 1990) che riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le relative controversie. Da altra angolazione la riconduzione dell’affidamento in questione ai contratti sottosoglia comunitaria costituisce il risultato di una operazione meramente fittizia che da un lato considera disgiuntamente, in violazione delle norme che vietano il frazionamento in lotti dei contratti degli Enti pubblici proprio per evitare l’elusione delle norme comunitarie sull’espletamento delle relative procedure, il valore dei singoli contratti (di affidamento o proroga ) posti in essere con atti reiterati nel tempo mentre dovrebbe riferirsi al valore complessivo del servizio per tutta la durata prevista, ed, inoltre, non tiene conto del valore,che nel contratto di cui ci si occupa costituisce il corrispettivo per la Generale s.p.a., della rendita di posizione ad essa garantita nello svolgimento della sua attività imprenditoriale dalla gestione delle camere mortuarie degli ospedali e presidi ospedalieri di competenza della ASL 3 Genovese . E’ utile ricordare che si tratta di otto unità ospedaliere per le quali è complessivamente stimato dalla stessa Amministrazione resistente in un numero di decessi pari a mille unità per ogni anno. 2) Devono ora essere esaminate le numerose eccezioni che nell’appello principale e nell’appello incidentale vengono avanzate in modo articolato. Una considerazione preliminare è, tuttavia, necessaria per chiarire la portata delle eccezioni stesse e la valutazione che il Collegio intende riservare a tali eccezioni. L’interesse fatto valere in giudizio dalle Società appellate è esclusivamente riferito alla esigenza di conservare nel settore economico qui considerato condizioni di pari opportunità a tutti gli operatori evitando che con artifizi o procedure anomale dette condizioni siano alterate instaurando, con tali mezzi, una rendita di posizione a favore solo di alcuni operatori. Da ciò consegue da un lato che la partecipazione alla gara di cui trattasi non era necessaria quale condizione legittimante del ricorso in primo grado in relazione alla necessaria individuazione di un interesse specifico e concreto all’annullamento degli atti di gara, le parti appellate si limitavano, infatti a chiedere la dichiarazione di illegittimità della gara nel suo complesso senza avanzare alcuna pretesa all’aggiudicazione della stessa. Inoltre, anche la revoca dell’aggiudicazione, disposta contestualmente ad un primo atto di proroga del contratto in essere alle stesse condizioni cui le parti stesse si opponevano (gratuità sostanziale della prestazione del servizio in cambio dell’accesso in via esclusiva alle camere mortuarie), non integrava una piena soddisfazione della loro pretesa e, quindi, un sopravvenuto difetto di interesse tale da rendere inutile la pronuncia del giudice di primo grado che puntualmente ha colto questo aspetto annullando comunque l’aggiudicazione del contratto di cui le proroghe costituivano una mera appendice essendo con esso collegate con un rapporto funzionale evidente nei fatti oltre che negli atti. Non appare, pertanto, pertinente neanche la censura con cui parte appellante lamenta che il primo giudice non si sarebbe attenuto alle regole del processo di impugnazione di atti nel decidere nel merito anziché dichiarare la improcedibilità del ricorso una volta intervenuta la revoca dell’aggiudicazione. Infatti nel caso di specie doveva essere considerato il ricordato collegamento funzionale tra i vari atti di aggiudicazione e proroga sicchè la lesione sostanziale della posizione delle ricorrenti in primo grado era riconducibile all’insieme degli atti in parola che costituiscono, a ben vedere, espressione di una unica reiterata statuizione amministrativa – che limita oggettivamente la concorrenza nel settore qui considerato se si ha riguardo alla pretesa sostanziale attivata nel presente giudizio dalle Società appellate. La volontà della ASL 3 Genovese infatti era ed è, evidentemente, volta a mantenere in vita un rapporto considerato favorevole e lecito con la Generale s.p.a., rapporto che, attraverso più proroghe, è in atto tuttora. La riprova di ciò si ha se solo si tien conto che anziché procedere ad una serie di proroghe con la Generale s.pa. dello stesso contratto risalente al 1995 la ASL 3 Genovese avrebbe dovuto svolgere una serie di gare, anche informali, tra più operatori al fine di coprire il periodo di esecuzione del servizio intercorrente tra la revoca dell’aggiudicazione e la definizione del presente giudizio. In questo contesto non assume rilievo particolare neanche la mancata impugnazione di un singolo atto di proroga ovvero, ed a maggior ragione, la impugnazione solo in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato della proroga disposta con deliberazione 15 gennaio 2004 n. 7, impugnazione che, comunque non inibisce al Collegio la pronuncia sulla vicenda sostanziale qui all’esame che concerne,come detto, la medesima statuizione sostanziale. Vanno disattese, pertanto, le relative eccezioni poste dalle appellanti principale ed incidentale e l’appello principale va dichiarato sia ammissibile che procedibile. 3) Devono ora essere esaminate le eccezioni proposte contro i due atti di motivi aggiunti proposti in primo grado. Una prima eccezione riguarda entrambi gli atti in parola ed è incentrata sul difetto di rappresentanza processuale dovuto, secondo la tesi della Società appellante e dell’Amministrazione resistente, alla circostanza che nel mandato conferito dalle Società appellate in primo grado ai propri difensori non era espressamente contemplata la facoltà di proporre motivi aggiunti contro atti diversi e successivi rispetto a quelli impugnati con il ricorso introduttivo del giudizio. E’ sufficiente per confutare tale eccezione la verifica del mandato di cui trattasi che prevede anche la facoltà di proporre motivi aggiunti che, dopo la modifica introdotta con l’art. 3 della legge 205/2000, costituiscono lo strumento ordinario, se non esclusivo, per impugnare provvedimenti consequenziali o comunque collegati funzionalmente agli atti già impugnati con l’atto introduttivo del giudizio. Con riguardo al primo atto di motivi aggiunti si deduce poi la sua tardività perché non sarebbero stati rispettati i termini dimidiati così come vuole l’art. 3 della legge 205/2000. Ritiene, tuttavia, il Collegio che alle Società attuali appellate debba essere accordato il beneficio dell’errore scusabile in considerazione della circostanza che al momento della presentazione dell’atto recante motivi aggiunti di cui si discute l’orientamento giurisprudenziale sulla applicabilità dei termini ridotti anche nella fattispecie qui considerata non era ancora compiutamente definito . Analoghe considerazioni valgono per la medesima eccezione posta con riguardo al secondo atto di motivi aggiunti notificato nel novembre del 2003. Sempre con riguardo a tale secondo atto si deduce la violazione delle regole processuali che assicurano all’Amministrazione resistente ed alle parti controinteressate termini adeguati per la costituzione in giudizio e per lo svolgimento delle proprie difese in quanto la notifica dei motivi aggiunti di cui trattasi ha preceduto di soli nove giorni l’udienza di discussione nel merito del ricorso di primo grado. La tesi potrebbe avere fondamento solo ove in primo grado l’Amministrazione resistente anziché svolgere regolarmente le sue difese e limitarsi a rilevare la riduzione dei termini a difesa avesse formalmente chiesto il rinvio della udienza di discussione istanza che non risulta prodotta. Del resto il comportamento processuale dell’Amministrazione intimata ha in qualche modo contribuito a determinare il ritardo nella proposizione dei motivi aggiunti di cui trattasi in quanto gli atti impugnati con tale atto sono stati versati nel fascicolo di causa con ritardo nonostante l’attivazione di una procedura di accesso da parte delle Società appellate, istanza soddisfatta, anch’essa, solo parzialmente e tardivamente. 4) Da altra angolazione viene eccepita la inammissibilità del secondo atto recante motivi aggiunti in quanto le Società attuali appellate non hanno a suo tempo impugnato l’aggiudicazione originaria del servizio in questione a favore della Generale s.p.a. intervenuta con deliberazione n. 2667 del 13 novembre 1995 nonché il rinnovo triennale del contratto che, previsto esplicitamente nelle clausole contrattuali, è stato poi in concreto disposto con la conseguenza che il rapporto si è svolto con le medesime clausole oggi contestate fino al 31 dicembre 2001. L’eccezione è palesemente infondata: è infatti evidente che l’interesse ad impugnare gli atti della gara qui in esame è sorto nel momento in cui,non appena esaurito il precedente rapporto contrattuale, la ASL 3 Genovese ha ritenuto di procedere all’espletamento di una nuova procedura, sia pure in via ufficiosa, determinando il pregiudizio lamentato dalle parti ricorrenti in primo grado in modo autonomo e per un periodo di tempo successivo (a partire dal 1° gennaio 2002) rispetto a quello cui si riferivano il contratto originario ed il suo rinnovo triennale. Analoghe considerazioni valgono per provare l’interesse a coltivare l’impugnazione delle proroghe cui ha fatto ricorso reiteratamente l’ASL 3 Genovese. 5) Nel merito l’appello è infondato. Nessun dubbio sussiste in ordine ad una circostanza di fatto decisiva ai fini della valutazione in diritto delle questioni poste con il presente giudizio: i contratti stipulati dalla ASL 3 Genovese con la Generale s.p.a. sia in seguito all’aggiudicazione della gara ufficiosa avviata con la lettera di invito n.1786 del 30 novembre 2001 e definita con la deliberazione n. 87 del 29 gennaio 2002 annullata in primo grado, che in seguito ai successivi provvedimenti di proroga del contratto originario risalente come detto al 1995, hanno in concreto la funzione di assicurare alla ASL 3 Genovese un servizio a titolo solo formalmente oneroso, ovvero “nummo uno”. E’ sufficiente in proposito considerare che l’offerta della Generale s.p.a. per assicurare il servizio di gestione delle camere mortuarie degli otto nuclei ospedalieri per un triennio è stata formulata per complessivi €. 61.974.83 (pari ad € 74.369,79 Iva inclusa) a fronte di una stima di interventi da eseguire pari a ad oltre tremila per persone decedute negli ospedali e presidi di cui trattasi (cfr. deliberazione del Direttore Generale della ASL 3 Genovese del 13 luglio 2004 n. 940) e ad un impiego di non meno di 16 unità di personale contemplato dal Capitolato speciale (articolo 18). La riprova di ciò, ove ritenuta necessaria, si ha dal confronto con l’offerta formulata dalla Azienda comunale dei Servizi Funebri di Genova che ha partecipato alla gara (ASEF) che ha offerto i servizi richiesti per un corrispettivo di €. 3.196.351,75. Ciò posto, appare chiaro che il corrispettivo effettivamente previsto nel contratto in esame altro non è se non l’opportunità per la Generale s.p.a. di avvalersi di una “rendita di posizione” consistente nella possibilità esclusiva di trovarsi all’interno dei luoghi dove avvengono i decessi e di poter fruire del vantaggio di tale circostanza nei confronti degli altri operatori del settore. Peraltro tale vantaggio è considerato così consistente dalla Generale s.p.a. da compensare lo svolgimento del servizio quasi a titolo gratuito. L’alterazione delle regole di un corretto e fisiologico esplicarsi della concorrenza in un settore economico non potrebbe essere, ad avviso del Collegio, più evidente. Ma la illegittimità degli atti impugnati emerge,ad avviso del Collegio, anche da una altra angolazione posta in rilievo nel ricorso di primo grado con censure assorbite dal primo giudice e sulle quali è opportuno soffermarsi brevemente. Alcune delle attività richieste all’aggiudicatario del servizio di cui trattasi sono di natura sanitaria, così per la verifica delle salme per le prime ventiquattro ore dopo il decesso per l’eventuale riscontro di ulteriori forme di vita, ovvero per la tenuta dei registri di ingresso ed uscita delle salme dalle camere mortuarie ovvero, ancora, per l’accertamento necroscopico preliminare alla inumazione della salma. Tali attività non possono e non debbono essere attribuite a personale che riveste la qualifica di necroforo e la cui professionalità non necessariamente deve rivolgersi anche ad aspetti sanitari. L’invito diramato alle sole imprese di pompe funebri senza alcuna precisazione delle specifiche professionalità richieste al personale da utilizzare è, pertanto, illegittimo così come tutta la gara che essendo attinente allo svolgimento di un servizio qualificato non poteva sfuggire alle regole proprie dell’affidamento dei servizi di cui al DPR 157/1995. Le censure svolte nel ricorso di primo grado nella prima parte dell’unico articolato motivo di censura sono, quindi, fondate. A queste considerazioni parte appellante, evidentemente consapevole della delicatezza del tema, ha cercato di controdedurre nel motivo integrativo di appello datato 28 aprile 2004. Senonchè non può essere accettata in via di principio, proprio per le ragioni da ultimo esposte, la tesi affermata con tale motivo che cioè sia possibile in un unico contesto aggiudicare i servizi di gestione delle camere mortuarie agli stessi soggetti che svolgono sul libero mercato l’attività di onoranze funebri. La distinzione delle due attività che vengono qui in considerazione quella di natura pubblicistica diretta ad adempiere agli obblighi che discendono dalle disposizioni di polizia mortuaria ispirate solo da esigenze di carattere igienico sanitario e quella di natura economica ed imprenditoriale sottoposta alle regole del mercato di assicurare lo svolgimento degli adempimenti conseguenti al decesso sono segnate da una differenza qualitativa ed anche da una differenziazione temporale Nel senso che esaurita l’una viene in rilievo la seconda che per le finalità commerciali e di profitto che la caratterizzano non si concilia con il corretto, fisiologico e naturale svolgimento della prima che non deve essere esposta neanche per motivi legittimi di concorrenza tra diversi operatori ad alcuna possibile turbativa. Alla stregua delle considerazioni che precedono gli appelli qui in esame sono respinti mentre sussistono ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe lo rigetta con conferma della sentenza appellata.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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