Consiglio di Stato, Sez. V, 11 agosto 2010, n. 5620

Norme correlate:
Art 113 Decreto Legislativo n. 267/2000

Riferimenti: Cons. Stato, Sez. V, 14/4/2008, n. 1600; Sez. VI, 5/6/2006, n. 3333; Sez. V 5/12/2008, n. 6049

Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. V, 11 agosto 2010, n. 5620
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 10600 del 2009, proposto da:
Zanetti S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Adavastro, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
contro
Comune di Abbiategrasso, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Guido Francesco Romanelli e Tiziano Ugoccioni, con domicilio eletto presso Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria N. 5;
nei confronti di
Amaga Spa – Azienda Multiservizi Abbiatense Gestioni Ambientali Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandra Clerici e Ludovica Franzin, con domicilio eletto presso Ludovica Franzin in Roma, via Sorelle Marchisio,26;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO: SEZIONE I n. 04502/2009, resa tra le parti, concernente CESSAZIONE CONTRATTO DI CONCESSIONE SERVIZIO DI ILLUNIMAZIONE VOTIVA e AFFIDAMENTO DIRETTO del SERVIZIO alla Società AMAGA – RIS. DANNI.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Abbiategrasso e di Amaga Spa – Azienda Multiservizi Abbiatense Gestioni Ambientali Spa, che hanno proposto anche separati appelli incidentali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 maggio 2010 il Cons. Aniello Cerreto e uditi per le parti gli avvocati Adavastro e Franzin, in proprio e per delega dell’Avv. Romanelli;
Visto il dispositivo di decisione n.346/2010;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe il TAR Lombardia ha in parte dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, ha in parte respinto ed in parte ha accolto il ricorso (e motivi aggiunti) proposto dalla società Zanetti avverso la comunicazione del 7 dicembre 2006 di cessazione del contratto di concessione di servizio di illuminazione votiva dei cimiteri comunali di Abbiategrasso nonchè avverso la delibera C. C. del 21 dicembre 2006 di affidamento diretto della gestione del medesimo servizio alla società multiservizi AMAGA di proprietà comunale.
In particolare il Giudice di primo grado ha statuito:
-il rigetto delle censure tendenti all’annullamento del provvedimento di cessazione del contratto di concessione del servizio;
-l’accoglimento delle censure tendenti all’annullamento del provvedimento di affidamento diretto del servizio alla società AMAGA;
-il rigetto della domanda risarcitoria;
-il proprio difetto di giurisdizione sulla domanda subordinata di indennizzo e sulla sorte del contratto stipulato con la società AMAGA.
2. Avverso detta sentenza hanno proposto appello principale la società Zanetti e separati appelli incidentali l’Amministrazione comunale e la società AMAGA.
2.1.La società Zanetti ha dedotto quanto segue:
-contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, il rapporto intercorrete tra la società ricorrente e l’amministrazione comunale era riconducibile alla concessione di lavori e non alla concessione di servizio pubblico con conseguente inapplicabilità dell’art. 113, comma 15 bis, D. L.vo 18 agosto 2000 n. 267 e successive modificazioni, sulla cui base era intervenuta la cessazione del rapporto al 31 dicembre 2006;
-il TAR ha omesso di pronunciarsi sulla doglianza subordinata a di applicabilità del comma 14° del menzionato art.113 che consentiva la prosecuzione della gestione del servizio essendo la maggior parte degli impianti di proprietà del concessionario;
-in ogni caso la cessazione del rapporto non poteva intervenire senza uno specifico procedimento e senza indennizzare il concessionario per gli investimenti non ammortizzati in conseguenza dell’anticipata risoluzione;
-di conseguenza in TAR ha errato nel dichiarare l’infondatezza della domanda risarcitoria per illegittima cessazione del rapporto;
-il TAR, ponendosi in contrasto con la pronuncia Cass. S. U. n.27336/2008, ha errato nel declinare la propria giurisdizione sulla domanda subordinata di indennizzo per cessazione anticipata della concessione in quanto essa presupponeva l’accertamento dei vizi procedimentali prospettati e l’interpretazione degli atti concessori intercorsi a fronte dell’illegittimo rifiuto opposto dall’Amministrazione comunale,.
2.2. L’Amministrazione comunale e la società AMAGA con separati appelli incidentali hanno rilevato quanto segue:
-contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, la società Zanetti, in quanto affidataria di altri servizi pubblici locali senza gara, non aveva interesse a ricorrere avverso la delibera di affidamento diretto del servizio alla società AMAGA ai fini dell’indizione della procedura di evidenza pubblica in quanto non avrebbe potuto partecipare alla gara per effetto del divieto di cui all’art.23 bis D.L. n.112/2008, convertito dalla L. n.133/2008;
-il ricorso introduttivo proposto dalla società Zanetti, in quanto non notificata alla società AMAGA, cui invece erano stati notificati solo i motivi aggiunti (da valere anche come ricorso autonomo), doveva essere dichiarato inammissibile dal TAR dal momento che in tal modo non veniva instaurato il prescritto contraddittorio nei confronti di atti propedeutici a quelli oggetto di motivi aggiunti;
-il TAR ha errato nel ritenere illegittimo l’affidamento diretto del servizio alla società AMAGA, rilevando che mancava un controllo diretto del Comune sulla società analogo a quello esercitato sui propri servizi, per non aver valorizzato la disciplina dello statuto della società vigente alla data del 27 febbraio 2008 e ulteriormente aggiornato alla data dell’11 maggio 2009.
-la scelta comunale di affidare direttamente il servizio ad AMAGA era sufficientemente giustificata.
3.In vista della discussione nel merito del ricorso, le parti hanno depositato articolate memorie conclusive.
All’udienza del 18 maggio 2010, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
4.La sentenza del Tar deve essere sostanzialmente confermata, salvo qualche integrazione della motivazione.
4.1.E’ infondato innanzitutto l’appello principale.
4.1.1.Deve essere ribadita la qualificazione del rapporto intercorso tra la società Zanetti e l’Amministrazione comunale come concessione di servizio pubblico di illuminazione votiva e non di concessione di lavori.
In linea generale si ritiene che l’illuminazione elettrica votiva di aree cimiteriali da parte del privato costituisca oggetto di concessione di servizio pubblico locale a rilevanza economica e fruizione individuale perché richiede che il concessionario impegni capitali, mezzi, personale da destinare ad un’attività economicamente rilevante in quanto suscettibile, almeno potenzialmente, di generare un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore (cfr. da ultimo Cons. St., sez. V, 14 aprile 2008, n. 1600).
Tanto si evince dal d.m. 31 dicembre 1983 che ricomprendeva tra i c.d. servizi pubblici a domanda individuale proprio quello di illuminazione votiva e risulta oggi confermato dalla norma generale sancita dall’ art. 172, co. 1, lett. e), D. L.vo n.267/2000 e successive modificazion, che impone di allegare al bilancio di previsione, fra gli altri documenti, le deliberazioni con le quali sono determinati le tariffe per i servizi locali, nonché per quelli a domanda individuale, nonché i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi.
Il tratto distintivo della concessione di pubblico servizio è dato:
a) dall’assunzione del rischio a carico del concessionario per la gestione del servizio (cfr.Corte Giustizia CE, Sez. III, 15 ottobre 2009, n. 196, caso Acoset);
b) dalla circostanza che il corrispettivo non sia versato dall’amministrazione, come nei contratti di appalto di lavori, servizi e forniture, la quale, anzi, percepisce un canone da parte del concessionario (cfr. Cons. St., sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3333; Sez. V 5 dicembre 2008 n. 6049);
c) dalla diversità dell’oggetto del rapporto, che nella concessione di servizi è trilaterale (coinvolgendo l’amministrazione, il gestore e gli utenti), mentre nell’appalto è bilaterale (stazione appaltante – appaltatore).
In seguito la distinzione è stata codificata dalla direttiva 31 marzo 2004/18/CE e quindi recepita nel nostro ordinamento dall’art. 3, comma 12, del Codice dei contratti (d. l.vo n.163/2006 e successive modificazioni), definendo la concessione di servizi come <>.
Per quanto concerne la distinzione tra concessioni di servizi e concessioni di lavori, al cospetto di fattispecie miste (come nella vicenda in esame) nelle quali si contempla anche l’esecuzione di lavori congiuntamente alla gestione del servizio, deve evidenziarsi la modifica dell’art. 2, l. n. 109 del 1994 ad opera della l. n. 62 del 2005 con la codificazione del criterio qualitativo – funzionale dell’accessorietà dei lavori rispetto all’oggetto principale dedotto nel contratto di servizio pubblico, per cui si ritiene che si avrà concessione di lavori pubblici ovvero di pubblici servizi a seconda che risulti strumentale il servizio rispetto alla costruzione dell’opera o viceversa (cfr. Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3518; Cons. St., sez. IV, 30 maggio 2005, n. 2804).
4.1.2.Tanto premesso in generale, nella fattispecie in contestazione il rischio della gestione era indubbiamente a carico del concessionario che doveva corrispondere un canone annuo all’Amministrazione comunale percependo le prescritte tariffe dagli utenti (con rapporto quindi trilaterale e non bilaterale), mentre la realizzazione di nuovi impianti e la manutenzione di quelli già esistenti presentava una rilevanza accessoria rispetto al servizio di illuminazione votiva. Ciò appare particolarmente evidente soprattutto a far data dal 1987, in seguito alla rinnovazione del rapporto di concessione instaurato nel lontano 1963 con la sottoscrizione di un nuovo disciplinare, quando oramai il grosso degli impianti era stato completato e per effetto dell’art. 25 del disciplinare 10.12.1986 acquisito in proprietà dal Comune, sicché eventuali interventi successivi di manutenzione e/o di ampliamento avevano appunto carattere accessorio rispetto alla gestione del servizio.
4.1.3.Qualificato il rapporto in contestazione alla stregua di una concessione di servizi ed essendo pacifico che la stessa era stata affidata nel lontano 1963 senza una procedura di gara, ne consegue la piena e doverosa applicazione del disposto di cui all’art. 113 comma. 15 bis dl l.vo n.277/2000 e successive modificazioni e di cui all’art. 12 l.r. 26/2003, nella parte in cui prescrive che le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessano comunque entro il 31 dicembre 2006 (solo per il servizio idrico integrato entro il 31 dicembre 2007), senza necessità di apposita deliberazione dell’Ente affidante.
4.1.4.Né possono condividersi i dedotti vizi procedimentali con riferimento alla comunicazione del 7 dicembre 2006 di cessazione del servizio dal 1° gennaio 2007 per non essere stata preceduta da un procedimento amministrativo in senso proprio, nel quale fossero assicurati i “diritti” di partecipazione.
E’ lo stesso art. 113 comma 15 bis a prevedere che le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessano entro il 31.12.2006, “senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante”.
Per cui, possedendo il disposto di cui all’art. 113 co. 15 bis un contenuto concreto e puntuale, non occorreva l’apertura di un specifico procedimento con la partecipazione della società concessionaria.
D’altra parte, dalla documentazione in atti, emerge comunque un’istruttoria procedimentale a fondamento dell’impugnata comunicazione. Valga richiamare in tal senso la nota del Direttore generale del 29.11.2006 indirizzata al dirigente dei LL.PP., in uno con l’articolata relazione del segretario generale del Comune di Abbiategrasso del 23.10.2006. L’una e l’altra paiono dimostrare come vi sia stata una qualche ponderazione precedente la comunicazione del 7.12.2006, sebbene al di fuori di un contraddittorio con l’impresa concessionaria, che peraltro doveva ben conoscere la previsione di legge che imponeva, prima della sua naturale scadenza, la cessazione della concessione.
In ogni caso nella specie è evidente l’inutilità di un contributo partecipativo, essendo palese che, per la natura vincolata del potere esercitato dall’Amministrazione comunale, il contenuto dispositivo dell’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato (v. art. 21 octies l. 241/1990).
4.1.5.Né vale invocare da parte dell’appellante principale, al fine di conseguire almeno la prosecuzione del servizio, il comma 14°del menzionato art.113 bis d. l.vo n. 267/2000 e successive modificazioni, atteso che detta prosecuzione (peraltro rimessa alla discrezionalità dell’Ente) è condizionata al presupposto della proprietà delle reti e degli impianti da parte di soggetti diversi dagli Enti locali, mentre nel caso in esame la rete egli impianti principali (quelli realizzati dal 1963 al 1986)sono di proprietà del Comune, come desumibile dal disciplinare di concessione del 10 dicembre 1986.
4.1.6.Non può condividersi poi il rilievo dell’appellante principale in ordine all’illegittimità cessazione del rapporto con il concessionario senza indennizzarlo per gli investimenti non ammortizzati in conseguenza dell’anticipata risoluzione, trattandosi di aspetto patrimoniale del tutto autonomo che non ha alcuna incidenza sulla legittimità dell’intervenuta cessazione in data 1: gennaio 2007, in anticipo rispetto alla data di scadenza (prevista per il 31 dicembre 2011).
4.1.7.Una volta accertata la legittimità della cessazione anticipata del rapporto concessorio ne discende l’infondatezza della consequenziale domanda di risarcimento del danno fondata sul preteso comportamento illegittimo dell’Amministrazione, che è insussistente nel caso in esame.
4.1.8.Residua poi l’autonoma domanda subordinata di indennizzo per gli investimenti non ammortizzati per anticipata scadenza della concessione, sulla quale occorre confermare la statuizione del TAR di difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo.
Invero, trattasi di domanda di indennizzo connessa non all’illegittimo esercizio di poteri autoritativi ma unicamente alla legittima anticipata risoluzione del rapporto ed in quanto tale rientrante tra le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi riservate in materia di concessione di pubblici servizi alla giurisdizione del giudice ordinario.
Al riguardo si osserva che in tema di riparto della giurisdizione in tale settore, anche alla stregua della sentenza della Corte costituzionale n. 204/2004, con la quale è stata dichiarata la parziale illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 80 del 1998, (come modificato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7), deve ritenersi principio pacifico che le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi, non attratte nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo in quanto riservate alla giurisdizione del Giudice ordinario – secondo un criterio di riparto già presente nella L. n. 1034 del 1971, art. 5, comma 2, prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33 – sono quelle a contenuto meramente patrimoniale, e cioè quelle nelle quali non venga in rilievo il potere della P.A. a tutela di interessi generali (cfr. Cass. sez. un., 13.2.2007, n. 3046; 22.8.2007, n. 17829; 31.1.2008, n. 2273 e 25.3.2010 n. 7160).
Nella specie infatti viene in considerazione una ricognizione degli investimenti realizzati nel periodo 1987-2006, nonchè la determinazione della durata media dell’investimento stesso e del valore economico degli investimenti non ammortizzati per anticipata cessazione sulla base di coefficienti dettati dalla comune esperienza, senza alcuno esercizio di poteri autoriativi della P.A.
Diverso è invece il precedente invocato dall’appellante principale (Cass. S. U. 18 novembre 2008 n.2736) in cui la giurisdizione del giudice amministrativa sulla controversia è stata affermata in considerazione del fatto che l’indennizzo richiesto era collegato all’accertamento della legittimità dell’esercizio del potere discrezionale esercitato dall’Amministrazione sul contenuto del rapporto concessorio.
4.2.Gli appelli incidentali sono pure essi infondati.
4.2.1.Va in primo luogo dichiarata l’inammissibilità per carenza di interesse della doglianza secondo cui il ricorso introduttivo proposto dalla società Zanetti davanti al TAR, doveva essere notificato anche alla società AMAGA in quanto controinteressata sopravvenuta, cui invece erano stati notificati solo i motivi aggiunti (da valere anche come ricorso autonomo), dal momento che tale ricorso introduttivo (rivolto avvero la cessazione anticipata del rapporto concessorio) è stato ritenuto in precedenza infondato.
4.2.2.Non può essere condivisa inoltre l’eccezione di inammissibilità (recte: improcedibilità, trattandosi di situazione che si sarebbe verificata nel corso del giudizio) sollevata dagli appellanti incidentali nei confronti dell’impugnativa con motivi aggiunti dell’ affidamento diretto del servizio alla società sul presupposto che la società Zanetti, in quanto affidataria di altri servizi pubblici locali senza gara, non avrebbe potuto partecipare alla procedura di evidenza pubblica per l’affidamento del servizio stesso per effetto del divieto di cui all’art.23 bis, comma 9°, d. l. n.112/2008, convertito dalla l. n.133/2008.
Invero, in adesione ai rilievi formulati dall’appellante principale, occorre osservare che l’invocato divieto non è applicabile al caso in esame in virtù della deroga apportata dallo stesso comma 9° (ultimo periodo) nella parte in cui stabilisce che “i soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva di evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti, il che rende inconsistente (a prescindere da altri aspetti segnalati dalla società Zanetti) l’eccezione formulata dagli appellanti incidentali.
4.2.3.Infine va confermata la statuizione del TAR in ordine all’accoglimenti dei motivi aggiunti nella parte riguardante l’illegittimità dell’affidamento in via diretta dello stesso servizio di illuminazione votiva a favore della società multiservizi AMAGA, interamente partecipata dal Comune di Abbiategrasso (c.d. in house providing).
4.2.3.1.Occorre premettere, secondo l’univoco orientamento della giurisprudenza comunitaria, che deve considerarsi legittimo il ricorso all’affidamento in house solo allorché l’amministrazione pubblica eserciti sull’ente distinto un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi e qualora l’ente svolga la parte più importante della sua attività con l’amministrazione o con gli enti pubblici che lo detengono (ex multis, C.G.CE, 18 novembre 1999, causa C – 107/98; 11 gennaio 2005, causa C – 26/03; 13 gennaio 2005, causa C – 84/03; 10 novembre 2005, causa C – 29/04; 11 maggio 2006, causa C – 340-04; 19 aprile 2007, causa C – 295/05; 8 aprile 2008, causa C – 337/05; 17 luglio 2008, causa C – 371/05).
E stato poi chiarito dalla Corte di giustizia CE che gli Enti partecipi di una società in house possono esercitare il controllo collettivamente, deliberando a maggioranza all’interno degli organi sociali nei quali siedono i loro rappresentanti (sentenze 13.11.2008, causa C-324/07 ; 9.6.2009, causa C-480/06; 10.9.2009, causa C-573/07
4.2.3.2.I requisiti dell’in house providing, costituendo un’eccezione alle regole generali del diritto comunitario, vanno interpretati restrittivamente (C. giust. CE, 6 aprile 2006, C-410/04 ; Cons. Stato, sez. II, n. 456/2007; Cons. Stato A.P. n.1/2008).
4.2.3.3.La sussistenza del controllo analogo viene esclusa in presenza di una compagine societaria composta anche da capitale privato, essendo necessaria la partecipazione pubblica totalitaria. Infatti, la partecipazione (pure minoritaria) di un’impresa privata al capitale di una società, alla quale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare su detta società un controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi (Corte Giust. CE: sez. II, 19 aprile 2007, C-295/05).
4.2.3.4.Tuttavia, la partecipazione pubblica totalitaria non è di per sé sufficiente (C. Giust. CE, 11 maggio 2006, C-340/04; Cons. Stato, sez. VI, 1° giugno 2007, n. 2932 e 3 aprile 2007, n. 1514), occorrendo maggiori strumenti di controllo da parte dell’ente rispetto a quelli previsti dal diritto civile. In particolare:
a) lo statuto della società non deve consentire che una quota del capitale sociale, anche minoritaria, possa essere alienata a soggetti privati (Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2006, n. 5072);
b) il consiglio di amministrazione della società non deve avere rilevanti poteri gestionali e all’ente pubblico controllante deve essere consentito esercitare poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce normalmente alla maggioranza sociale (Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514);
c) l’impresa non deve avere acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo dell’ente pubblico e che risulterebbe, tra l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale; dall’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali; dall’espansione territoriale dell’attività della società a tutta l’Italia e all’estero (C. giust. CE: 10 novembre 2005, C-29/04);
d) le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante (Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2007, n. 5), occorrendo un’influenza determinante da parte del socio pubblico sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti (C. Giust. CE, 11 maggio 2006, C-340/04).
4.2.3.5.Ne consegue che l’in house esclude la terzietà, poiché l’affidamento avviene a favore di un soggetto il quale, pur dotato di autonoma personalità giuridica, si trova in condizioni di soggezione nei confronti dell’Ente affidante che è in grado di determinarne le scelte, e l’impresa è anche sotto l’influenza dominante dell’ente.
4.2.3.6.Alla stregua delle coordinate giurisprudenziali comunitarie e nazionali riportate, nella specie non sussistevano, per lo meno al momento del disposto affidamento alla società AMAGA (con effetto dal 1° gennaio 2007), che è la data che rileva nel presente giudizio, i presupposti per configurare un’ipotesi di in house providing, non potendosi prendere in considerazione le modifiche statutarie intervenute successivamente con effetto 27 febbraio 2008 e 11 maggio 2009.
Invero, pur essendovi all’epoca una partecipazione totalitaria in capo al Comune di Abbiategrasso, deve rilevarsi., in adesione a quanto ritenuto dal TAR, come non siano stati offerti sufficienti elementi a comprova del fatto che l’Ente comunale eserciti sulla Società affidataria un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, in ragione della varietà e molteplicità delle attività statutariamente previste da AMAGA, delle caratteristiche spiccatamente commerciali di alcune di esse, dei considerevoli poteri conferiti al Consiglio di Amministrazione.
Inoltre, deficitario appare il requisito che la Società scelta realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente controllante, in questo caso il Comune di Abbiategrasso, in quanto AMAGA ha nel corso degli anni esteso il proprio raggio di azione ben oltre il perimetro del territorio comunale di origine, operando anche su quello di comuni più o meno limitrofi e come ciò sia avvenuto anche attraverso la progressiva evoluzione di AMAGA in una società holding, dando vita ad una serie di società di scopo, controllate.
A fronte di tale evoluzione, appare revocabile in dubbio che Amaga possa essere definita alla stregua di una mera articolazione interna del Comune di Abbiategrasso, al punto da escludere qualunque rapporto di terzietà-alterità.
La stessa circostanza che, per la concreta gestione dei servizi cimiteriali, Amaga abbia creato la S.C. Servizi cimiteriali, vale ad indebolire il controllo analogo che sempre dovrebbe sussistere tra l’ente affidante ed il gestore del servizio.
A questo si aggiunga come, con specifico riferimento al requisito necessario della prevalenza dell’attività in favore dell’ente controllante, sia mancata da parte dell’Amministrazione qualsiasi elemento di prova a confutazione dei circostanziati e documentati rilievi della società Zanetti.
Infine la delibera di affidamento del 21.12.2006 appare carente anche sotto il profilo motivazionale.
Sul presupposto, già ricordato, della eccezionalità del ricorso allo schema dell’in house in luogo della pubblica gara e della necessità che tale scelta sia sorretta da una adeguata motivazione, non è sufficiente affermare semplicemente, come si legge nel provvedimento impugnato, che il nuovo affidamento consentirà un risparmio tariffario del 10% rispetto alla precedente gestione.
La comparazione doveva essere condotta semmai ponendo a confronto tale tariffa, non già con quella offerta dal precedente concessionario in condizioni di perdurante esclusiva (se non di vera e propria riserva) quanto, piuttosto, con quella che si sarebbe potuto ricavare all’esito di un confronto concorrenziale, attraverso una pubblica gara da aggiudicarsi secondo il criterio del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
4.3. Rimane ferma, per mancata contestazione in appello, la statuizione del TAR in ordine al difetto di giurisdizione del giudice amministrativa sulla sorte del contratto stipulata tra l’Amministrazione e Amaga, salvo il controllo del Giudice in sede di ottemperanza sulle ulteriori determinazioni che dovranno essere effettuate dall’Amministrazione per effetto dell’intervenuto annullamento della delibera di affidamento diretto.
5.Per quanto considerato vanno respinti sia l’appello principale che gli appelli incidentali.
Sussitono giusti motivi per la compensazione delle spese del presete grado di giudizio in considerazione della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
Respinge l’appello principale e gli appelli incidentali di cui al ricorso indicato in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2010 con l’intervento dei Signori:
Cesare Lamberti, Presidente FF
Aldo Scola, Consigliere
Aniello Cerreto, Consigliere, Estensore
Carlo Saltelli, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 11/08/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

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