Consiglio di Stato, Sez. V, 8 marzo 2010, n. 1330

Norme correlate:
Capo 18 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990

Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. V, 8 marzo 2010, n. 1330
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 3650 del 2008, proposto da:
Comune di Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Annalisa de Tommaso, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Vincenzo Dragone in Roma, piazza dei Carracci 1;
contro
G.C., rappresentato e difeso dagli avv. Michele Altomano e Ruggero Longo, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, Lungotevere Flaminio 60;
per la riforma
della sentenza del TAR PUGLIA – LECCE:SEZIONE II n. 00005/2008, resa tra le parti, concernente DINIEGO AUTORIZZAZIONE TUMULAZIONE.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2009 il Cons. Marco Lipari e uditi per le parti gli avvocati de Tommaso e Longo;
FATTO – DIRITTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La sentenza appellata, pronunciata in forma abbreviata, ha accolto il ricorso proposto dall’interessato, Sig. C.G., per l’annullamento della nota del Comune di Taranto n. 814 del 13 aprile 2007, con cui era stata respinta l’istanza del 20 marzo 2007. Mediante tale atto il Sig. G. e i suoi fratelli, titolari di una concessione cimiteriale, avevano chiesto l’autorizzazione alla tumulazione di persone estranee alla loro famiglia.
Il comune appellante deduce l’infondatezza dell’originario ricorso, mentre la parte intimata resiste all’impugnazione.
La pronuncia di accoglimento si fonda sui seguenti argomenti:
A) “a base del gravato diniego l’Amministrazione ha opposto la previsione dell’art. 30 comma B, lettere a e g, del nuovo Regolamento Locale di Polizia Mortuaria (approvato con delibera di GM n. 33 del 16.2.2005), disposizione che, nella prospettiva del Comune, escluderebbe ogni possibilità che il concessionario della cappella di famiglia possa disporre (nel senso che altri possa avere sepoltura) in favore di membri estranei al nucleo familiare;”
B) “il ricorrente nell’impugnare l’atto suddetto ha dedotto la violazione degli artt. 832 e segg. e 952 cc, nonché la violazione dell’art. 4 e dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale e falsa applicazione dell’art. 30 del nuovo Regolamento di polizia mortuaria;”
C) “l’amministrazione ha applicato alla fattispecie un Regolamento comunale a contenuto restrittivo in ordine alla libera disponibilità dei loculi di pertinenza delle cappelle private entrato in vigore (febbraio 2005) ben dopo la costituzione del rapporto concessorio (9 marzo 1983) in essere tra le parti”;
D) “detto rapporto di concessione inerente il sepolcro della famiglia del ricorrente risulta invece astretto alle previsioni regolative di cui al Regolamento di Polizia mortuaria approvato con deliberazione n. 4320 del 5 novembre 1971”;
E) “in base a tale ultimo Regolamento comunale, nonché in base al RD 27.7.1934 n. 1265 (contenente il testo unico delle leggi sanitarie) espressamente richiamato dal primoart. 99- in via sussidiaria, l’atto di liberalità (peraltro non scevro da significative implicazioni di valore morale) in relazione al cui compimento il ricorrente ha chiesto di essere autorizzato (e cioè di consentire a futuro decesso ed a titolo gratuito la tumulazione dell’amico Altomano e della di lui famiglia) non risulta vietato, in quanto nessuna disposizione contenuta nei citati testi normativi restringe l’ambito delle persone che, per volontà del concessionario originario o dei suoi aventi causa, possono trovare sepoltura nelle cappelle private”;
F) “limitazioni non rinvengono neppure dalla disciplina dei rapporti interprivati (che tuttavia esulano dall’ambito del presente giudizio) dal momento che non consta che nella specie si tratti di un sepolcro di uso esclusivo familiare, nell’ambito del quale cioè il fondatore dello ius sepulchri abbia apposto limitazioni – con formule quali “sibi et suis” o similarial diritto di godimento, con individuazione dei soli familiari quali beneficiari del diritto”;
G) “la disposizione introdotta nel nuovo Regolamento comunale (di cui l’amministrazione ha fatto applicazione nella specie) e di cui non è in questa sede in predicato la legittimità, non essendo stata espressamente gravata, non può trovare applicazione nel caso che ne occupa, dato che -come correttamente rilevato in ricorso – per principio generale di diritto – desumibile dall’art. 11 delle preleggi – le disposizioni normative e regolamentari non hanno, in linea di principio, la capacità di conformare l’attività amministrativa pregressa, essendo da escludersi se non eccezionalmente e nei casi espressamente contemplati una loro efficacia retroattiva;
H) “il nuovo Regolamento di polizia mortuaria può avere, vieppiù in relazione a quelle parti che introducono una regolazione più restrittiva, portata regolativa precettiva soltanto profuturo, non essendo concepibile che lo stesso venga applicato per disciplinare rapporti concessori (e correlativi contratti ad essi accessivi) che hanno avuto una certa conformazione regolativa iniziale sulla cui base si sono radicati legittimi affidamenti in capo ai concessionari”;
9I) “la concessione cimiteriale, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza (Cass. Sez. un. n. 8197 del 1994) fa nascere in capo al concessionario dell’area un vero e proprio diritto reale sul sepolcro costruito, pienamente disponibile nei limiti e con il rispetto delle condizioni di legge, di contratto e/o dell’atto di fondazione, diritto che viene ad essere assimilato al diritto del superficiario iure privatorum, pur con le dovute limitazioni derivanti dalla natura demaniale pubblica delle aree cimiteriali e dalle disposizioni imperative derivanti dalla legislazione di polizia mortuaria”;
L) “la più volte citata disposizione del nuovo Regolamento di polizia mortuaria vigente nel Comune di Taranto dal 2005 non è applicabile ratione temporis alla fattispecie in oggetto, nella parte in cui limita significativamente il novero dei beneficiari del diritto passivo di sepoltura (e correlativamente, sul fronte attivo, del diritto di consentire la sepoltura di altri).
2. L’appello dell’amministrazione comunale, che contesta analiticamente tutti gli argomenti esposti dalla sentenza impugnata, è fondato.
In termini generali, questa Sezione, in coerenza con gli indirizzi consolidati del giudice ordinario, ha costantemente affermato che lo “ius sepulchri”, ossia il diritto, spettante al titolare di concessione cimiteriale, ad essere tumulato nel sepolcro, garantisce al concessionario ampi poteri di godimento del bene e si atteggia come un diritto reale nei confronti dei terzi. Ciò significa che, nei rapporti interprivati, la protezione della situazione giuridica è piena, assumendo la fisionomia tipica dei diritti reali assoluti di godimento.
Tuttavia, laddove tale facoltà concerna un manufatto costruito su terreno demaniale, lo ius sepulchri costituisce, nei confronti della pubblica amministrazione concedente, un “diritto affievolito” in senso stretto, soggiacendo ai poteri regolativi e conformativi di stampo pubblicistico.
In questa prospettiva, infatti, dalla demanialità del bene discende l’intrinseca “cedevolezza” del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su bene pubblico (Consiglio Stato, sez. V, 14 giugno 2000, n. 3313).
Questo consolidato indirizzo interpretativo ha puntualmente specificato che, come accade per ogni altro tipo di concessione amministrativa di beni o utilità, la posizione giuridica soggettiva del privato titolare della concessione tende a recedere dinnanzi ai poteri dell’amministrazione in ordine ad una diversa conformazione del rapporto.
Si tratta, in sostanza, di una posizione soggettiva che trova fonte, se non esclusiva, quanto meno prevalente nel provvedimento di concessione. Quindi, a fronte di successive determinazioni del concedente, la facoltà del concessionario degrada al rango di mero interesse legittimo. Ne deriva che gli strumenti di tutela del titolare, nei confronti del concedente, si riducono a quelli che assistono l’interesse legittimo anziché il diritto soggettivo, senza alcuna connotazione di assolutezza e pienezza, come avviene, invece, nei riguardi dei soggetti privati.
È quindi indubbio che il rapporto concessorio debba rispettare tutte le norme di legge e di regolamento emanate per la disciplina dei suoi specifici aspetti.
In particolare, lo “ius sepulchri” attiene ad una fase di utilizzo del bene che segue lo sfruttamento del suolo mediante edificazione della cappella e che soggiace all’applicazione del regolamento di polizia mortuaria. Questa disciplina si colloca ad un livello ancora più elevato di quello che contraddistingue l’interesse del concedente e soddisfa superiori interessi pubblici di ordine igienicosanitario, oltre che edilizio e di ordine pubblico.
Non è persuasiva, allora, l’affermazione del ricorrente in primo grado, secondo cui, una volta costituito il rapporto concessorio, questo non potrebbe essere più assoggettato alla normativa intervenuta successivamente, diretta a regolamentare le concrete modalità di esercizio del ius sepulchri, anche con riferimento alla determinazione dall’ambito soggettivo di utilizzazione del bene.
Non è pertinente, quindi, il richiamo al principio dell’articolo 11 delle preleggi, in materia di successione delle leggi nel tempo, dal momento che la nuova normativa comunale applicata dall’amministrazione non agisce, retroattivamente, su situazioni giuridiche già compiutamente definite e acquisite, intangibilmente, al patrimonio del titolare, ma detta regole destinate a disciplinare le future vicende dei rapporti concessori, ancorché già costituiti.
Sotto altro profilo, poi, non è esatto affermare che la disciplina regolamentare comunale del 2005 (peraltro non impugnata e nemmeno contestata in relazione alla sua legittimità) abbia concretamente modificato il preesistente quadro giuridico statale in cui è collocata la vicenda in esame.
È fuori discussione, infatti, che il rapporto concessorio oggetto della presente controversia sia pienamente sottoposto alla disciplina contenuta nell’articolo 92, comma 4, del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, il quale, a sua volta, riprende, sostanzialmente, i principi cardine della regolamentazione contenuta nell’articolo 93, comma 4, del D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, in vigore sin dal 10 febbraio 1976. La disciplina richiamata prevede la nullità degli atti di cessione totale o parziale del diritto di uso dei sepolcri.
Infatti, la concessione in oggetto è sorta il 9 marzo 1985, ossia in epoca largamente posteriore al 1976.
È appena il caso di osservare, poi, che la normativa nazionale menzionata prevale senz’altro sulla previgente disciplina regolamentare comunale, non occorrendo alcun positivo atto di recepimento nell’ordinamento locale.
Il nuovo regolamento comunale del 2005, quindi, non innova, sotto questo aspetto, la precedente disciplina territoriale, ma sviluppa e completa, in ambito locale, il quadro normativo già chiaramente delineato dalla normativa nazionale.
Ne deriva che, nel caso di specie, la prospettiva indicata dai ricorrenti di primo grado e accolta dalla sentenza appellata non può essere condivisa, per due concorrenti ragioni:
a) nessun legittimo affidamento del concessionario potrebbe rendere il rapporto concessorio insensibile alla disciplina normativa eventualmente sopravvenuta in materia;
b) in ogni caso, i principi della disciplina sostanziale, di fonte statale, rilevante nella presente vicenda, precedono la costituzione e l’efficacia del rapporto concessorio.
In definitiva, quindi, il provvedimento di diniego impugnato in primo grado è immune dalle censure articolate dalla parte interessata.
Pertanto, l’appello deve essere accolto, con il conseguente rigetto del ricorso di primo grado.
Le spese dei due gradi possono essere compensate.
P.Q.M.
Accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese dei due gradi compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2009 con l’intervento dei Signori:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Marco Lipari, Consigliere, Estensore
Aniello Cerreto, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere

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