Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. Giurisdizionale, 19 marzo 2021, n. 217

Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. Giurisdizionale, 19 marzo 2021, n. 217

Pubblicato il 19/03/2021
N. 00217/2021REG.PROV.COLL.
N. 00754/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 754 del 2017, proposto dalla signora A. Franca in nome proprio e nella qualità di legale rappresentante dell’impresa individuale “Funeral Home di A. Franca” rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Lipera, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Danilo Daniele in Palermo, via Isidoro Carini, n. 43;
contro
Comune di Ragusa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sergio Boncoraglio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Elisa Gullo in Palermo, via Resuttana, n. 360;
G.R.G. Immobiliare s.a.s. non costituita in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) n. 655/2017, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’art. 4 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito dalla legge 25 giugno 2020, n. 70;
Visto l’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Ragusa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza di smaltimento del giorno 23 febbraio 2021, svoltasi mediante collegamento da remoto, il Cons. Antonino Caleca;
Considerato presente, ex art. 4 co. 1 penultimo periodo d.l. n. 28/2020 e art. 25 d.l. 137/2020, l’avvocato Giuseppe Lipera;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La signora Franca A. in nome proprio e nella qualità di legale rappresentante dell’impresa individuale “Funeral Home di A. Franca” ricorre in appello per chiedere la riforma o l’annullamento della sentenza n. 655/2017 emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (Sezione Terza), pubblicata in data 28 marzo 2017.
2. Al giudice amministrativo la signora A. aveva chiesto l’annullamento dell’ordinanza n. 318/2010 emessa il 27 dicembre 2010 dal Dirigente del settore XI, gestione pianificazione e sviluppo economico del territorio, del Comune di Ragusa, con la quale era stata disposta l’immediata chiusura dell’attività consistente nel fornire servizi funerari presso la sede sita in Ragusa alla Via Mafalda di Savoia.
Con il provvedimento impugnato si intimava “la cessazione immediata dell’attività di deposito, di osservazione ed obitorio, altrimenti definita come accoglienza salma e sala commiato, illecitamente svolta per la quale non risulta rilasciata alcuna autorizzazione, nulla-osta, parere, o atto comunque denominato da parte del Comune di Ragusa, solo Ente titolato a disciplinare e gestire la materia”, sia l’immediata rimozione di ogni insegna e di ogni attività promozionale relativa all’esercizio“.
3. I fatti di causa vanno ricostruiti nei termini che seguono.
La signora A. Francesca titolare dell’impresa individuale “Funeral Home”, con sede in Ragusa, avendo intenzione di realizzare un’impresa funeraria finalizzata ad allestire uno spazio adibito a sala del commiato o camera ardente (denominata per ciò Funeral Home):
– otteneva in locazione dalla società < omissis > di G. Raffaele e figlio s.n.c., un’unità immobiliare sita al piano terra di un fabbricato ubicato in Ragusa in via Mafalda di Savoia, con superficie di 370 mq da adibirsi ad esclusivo uso di camera ardente con decorrenza dal 01.11.2010 e termine al 31.10.2016;
– provvedeva ad allestire nella predetta unità immobiliare tre camere ardenti, una sala pluriuso, una sala comune per i congiunti dei defunti, un ufficio per il disbrigo delle necessarie pratiche, i servizi igienici, un magazzino ed inoltre un ampio parcheggio esterno;
– avviava l’esercizio dell’attività dopo avere depositato presso gli uffici del settore XI “pianificazione e sviluppo economico del territorio” del Comune di Ragusa la dichiarazione di inizio attività agenzie di affari ai sensi dell’ara. 115 del T.U.L.P.S. per servizi funerari provvedendo anche ad inoltrare la dichiarazione di inizio attività ai fini IVA presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Ragusa per servizi di pompe funebri ed attività connesse e a presentare, presso l’Ufficio Registro imprese c/o la C.C.I.A.A. di Ragusa, la comunicazione di avvio nuova impresa per l’impresa individuale Funeral Home.
Successivamente, il Comune di Ragusa – Settore XI “Pianificazione e sviluppo economico del territorio”, con lettera raccomandata a/r prot. n. 95029 del 29.10.2010, le comunicava che il procedimento amministrativo per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività agenzie di affari ex art. 115 del T.U.L.P.S. si era concluso con provvedimento positivo.
In data 14 dicembre 2010 l’odierna appellante ospitava presso la Funeral Home il feretro della sig.ra S. Carmela per lo svolgimento della veglia funebre precedente lo svolgimento del rito religioso e della sepoltura.
Nella stessa data gli agenti della Polizia municipale del Comune di Ragusa e i Carabinieri del nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Ragusa compivano un sopralluogo nei citati locali.
Venivano redatti due distinti verbali dagli operatori intervenuti che venivano trasmessi ai competenti uffici del Comune di Ragusa.
Nel verbale redatto dai carabinieri si legge:
Sul posto il predetto personale dipendente identificava la titolare della Funeral Home agenzia di servizi funebri per A. Franca, nata a Ragusa il 31.111.1953 ivi residente in viale Europa n. 7. Nella circostanza in detti locali era stata allestita la camera ardente della defunta S. Concetta di anni 75, deceduta lo stesso giorno, ossia il 14.12.2010“.
Il verbale redatto dalla polizia municipale evidenzia lo svolgimento di una “attività d’impresa consistente nell’apertura di un deposito per ospitare, durante il periodo di osservazioni, le salme di persone decedute in violazione al combinato disposto dagli artt. 2-17-20 del Regolamento di Polizia Mortuaria approvato con deliberazione del consiglio comunale n. 90 del 07.10.1985 che non consente l’esercizio, nelle forme siffatte, di tale attività“.
In data 27.12.2010 il Dirigente del Settore XI “Pianificazione e Sviluppo Economico del territorio” presso il Comune di Ragusa ha emesso l’ordinanza n. 318/2010 con la quale è stata disposta:
1) la cessazione immediata dell’attività di deposito di osservazione ed obitorio, altrimenti definita come accoglienza salma e sala commiato, illecitamente svolta per la quale non risulta rilasciata alcuna autorizzazione, nulla-osta, parere, o atto comunque denominato da parte del Comune di Ragusa, solo Ente titolato a disciplinare e gestire la materia; 2) l’immediata rimozione di ogni insegna pubblicitaria e di ogni attività promozionale relativa all’esercizio”.
4. Contro tale provvedimento veniva proposto ricorso al Tar con cui si sosteneva che il servizio reso dall’impresa “Funeral Home” non era qualificabile come servizio necroscopico ex art. 12 e ss. del d.P.R. n. 285/1990 (regolamento di polizia mortuaria) poiché la casa funeraria realizzata dalla stessa non era un luogo di deposito dei cadaveri né tanto meno un obitorio.
Non ricorrevano, quindi, i presupposti di fatto per l’adozione del provvedimento interdittivo.
La signora A. non avrebbe violato alcuna delle predette disposizioni regolamentari poiché presso i locali della Funeral Home non era stato svolto alcun servizio di polizia mortuaria né, in particolare, era stato allestito un deposito di osservazione o un obitorio.
La signora A. si sarebbe limitata semplicemente ad allestire camere ardenti destinate ad ospitare i defunti per la veglia funebre – essendo stato già rilasciato il certificato di morte e l’autorizzazione alla sepoltura – attività quest’ultima non vietata da alcuna norma primaria o regolamentare.
La signora aveva trasmesso al Comune una DIA con cui comunicava l’inizio di un’attività che comprendeva, a suo dire, anche la gestione di una camera del commiato, da non confondersi con la camera funeraria.
Il provvedimento, pertanto, doveva considerarsi viziato da eccesso di potere, travisamento ed erronea rappresentazione dei fatti accertati, carenza di istruttoria, carenza di motivazione, illogicità e manifesta contraddittorietà dell’ordinanza, sviamento di potere dall’interesse pubblico.
Ulteriore vizio del provvedimento era individuato “nella violazione di legge. Invalidità dell’ordinanza impugnata per vizi di legittimità: atipicità dell’ordinanza, incompetenza dell’organo promanante, violazione delle regole sul procedimento amministrativo”.
Veniva dedotta la contraddittorietà della motivazione dell’ordinanza n. 318/2010: individuata la vera natura dell’attività (accoglienza salma e sala del commiato) il funzionario del Comune di Ragusa giungerebbe alla conclusione del tutto incongrua di vietare l’attività della Funeral Home qualificandola impropriamente come deposito di osservazione ed obitorio.
4.1. Venivano poi dedotti vizi di natura procedimentale
– l’incompetenza dell’organo che ha adottato l’ordinanza impugnata, che avrebbe dovuto essere il Sindaco del Comune di Ragusa o l’Ufficiale Sanitario;
– la omessa comunicazione di avvio del procedimento alla ricorrente cui non sarebbe stato consentito di intervenire nel procedimento amministrativo, contemplato dagli artt. art. 9 e 10 l. n. 241/1990.
4.2. Veniva, infine, chiesta la condanna del Comune al risarcimento dei danni causati dal provvedimento che aveva inibito lo svolgimento dell’attività in oggetto.
5. Nel giudizio di primo grado si costituiva il Comune di Ragusa per chiedere il rigetto del ricorso.
Per sostenere le ragioni del Comune di Ragusa interveniva anche la G.R.G. Immobiliare s.a.s.
6. La sentenza oggi impugnata ha respinto il ricorso.
La motivazione del Tar si fonda, essenzialmente, sull’assunto che il caso di specie risulta sottoposto alla disciplina di cui al regolamento di polizia mortuaria (d.P.R. n. 285/1990) e necessita pertanto di tutte le autorizzazioni ivi previste.
Proprio richiamando l’art. 14 d.P.R. n. 285/1990, l’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) di Ragusa ha segnalato la mancata acquisizione da parte della Funeral Home del necessario parere igienico – sanitario sull’idoneità dei locali, parere che doveva essere rilasciato dal Servizio Igiene Ambienti di Vita dell’ASP di Ragusa
Nel caso di specie invece l’unico documento prodotto dalla Funeral Home antecedentemente all’avvio della propria attività, infatti, è una semplice DIA, ai sensi dell’art. 19 l. n. 241/1990, per l’apertura di una agenzia di affari ex art. 115 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza. In tale dichiarazione, la ricorrente si limita a descrivere genericamente l’attività svolta con la locuzione “servizi funerari”, barrando contestualmente la casella relativa alla voce “disbrigo pratiche inerenti le onoranze funebri”.
La previa acquisizione di tutte le evidenziate tipologie di atti autorizzatori è totalmente assente nel caso di specie e rende giustificata e legittima l’ordinanza n. 318/2010 del Dirigente del Settore XI – Pianificazione e Sviluppo economico del territorio del Comune di Ragusa.
Ad avviso del Tar non sussiste il vizio di incompetenza del Dirigente comunale che ha emesso il provvedimento perché l’ordinanza impugnata è stata emessa ai sensi dell’art. 107 d.lgs. n. 267/2000, che ha conferito ai dirigenti degli Enti locali la competenza ad adottare tutti gli atti di natura gestionale, come è indubbiamente quello in questione.
La sentenza giudica infondata la censura con cui la ricorrente deduceva la violazione dell’art. 7 l. n. 241/1990 (mancata comunicazione avvio del procedimento) atteso che, ai fini dell’adozione di atti di repressione di abusi aventi natura vincolata, non si richiedono apporti partecipativi del soggetto destinatario. Nel caso specifico, comunque, parte appellante aveva partecipato al procedimento in quanto il provvedimento impugnato è stato preceduto da altri atti della stessa P.A. comunicati alla ricorrente nonché da accertamenti o sopralluoghi relativi alla stessa vicenda effettuati in sua presenza.
7. Ricorre in appello la signora A. con cinque rubricati motivi, oltre alla domanda di risarcimento del danno.
7.1. Con il primo motivo si deduce:” Violazione dell’art. 2 e 14 legge 241/1990. Decorrenza del termine silenzio assenso. Violazione dell’art. 115 TULPS.”
L’appellante in data 8 ottobre 2010 presentava D.I.A. ex art. 115 TULPS al Comune di Ragusa nella qualità di titolare della impresa individuale “Funeral home” per lo svolgimento dell’attività genericamente indicata come “servizi funerari”.
Il Comune in data 29 ottobre 2010, prot. 95029, dichiarava che la “pratica risultava completa”.
L’attività di servizi funebri, sostiene l’appellante, non escluderebbe l’attività di “camera ardente”, la quale di per sé non richiede particolari requisiti specifici imposti dalla normativa pubblicistica richiamata in seno alla sentenza impugnata, il Regolamento di polizia mortuaria.
Pertanto, la dichiarazione presentata dalla A. sarebbe completa nei suoi elementi e avrebbe contenuto nella sua ampia indicazione di servizi funebri anche le attività ad essa collegate, quale quella di una mera sala di commiato.
Relativamente alla citata DIA si sarebbe, quindi, formato il silenzio assenso.
7.2. Con il secondo motivo si deduce: “Eccesso di potere, travisamento ed erronea rappresentazione dei fatti accertati, carenza di istruttoria, carenza di motivazione, illogicità e manifesta contraddittorietà dell’ordinanza, sviamento di potere dall’interesse pubblico per aver ritenuto erroneamente violati l’art. 2, 17 e 20 del regolamento di polizia mortuaria”.
Si pongono le questioni relative al significato del termine “sala del commiato” e alle norme che ne disciplinavano la gestione, ratione temporis.
A detta di parte ricorrente la stessa si sarebbe limitata a gestire, unitamente alle attività tipiche del settore, anche una sala del commiato che, essendo differente dagli obitori e dalle camere ardenti non necessiterebbero di particolari autorizzazioni.
7.3. Con il terzo motivo (erroneamente rubricato come numero 2) si deduce: “incompetenza dell’organo che ha emanato l’ordinanza. Violazione dell’art. 2 del regolamento di polizia mortuaria del Comune di Ragusa. Violazione dell’art. 22 d.P.R. n. 285/1990 in correlazione con l’art. 54, comma 4, d.lgs. 267/00 e dell’art. 107 d.lgs. n. 267/2000. Eccesso di potere dell’amministrazione. Carenza di attribuzioni dell’organo promanante”.
Si ripropongono, in buona sostanza, le problematiche giuridiche già sottoposte al vaglio del primo giudice in merito alla natura del provvedimento impugnato ed al soggetto cui spetta la competenza di emanarlo.
7.4. Con il quarto motivo si deduce: “violazione dell’art. 112 c.p.c. e incompetenza del dirigente in relazione all’ufficio del comune. Atipicità del provvedimento dirigenziale. Violazione delle norme sul procedimento amministrativo”.
7.5. Con il quinto motivo si tornano a dedurre i vizi di natura procedimentale che non avrebbero consentito al destinatario del provvedimento finale di far valere le proprie argomentazioni difensive. Sarebbe stato ingiustamente omessa la comunicazione ex art 7 l. n. 241/1990.
7.6. Infine con un motivo ulteriore che segue quello rubricato come 5) ed erroneamente rubricato come 7), si formula la domanda di risarcimento del danno.
8. Si è costituito anche nel presente grado di giudizio il Comune di Ragusa per resistere all’appello e chiedere la conferma della sentenza.
8.1. Il 24 settembre 2020 parte appellante ha depositato dichiarazione di interesse alla decisione.
8.2. In data 18 febbraio 2021 la difesa dell’appellante ha depositato note di udienza.
9. All’udienza straordinaria di merito del 23 febbraio 2021 la causa è stata assunta in decisione.
10. L’appello va respinto.
10.1. Il primo motivo non è fondato.
L’unico documento prodotto dalla Funeral Home antecedentemente all’avvio della propria attività, infatti, è una semplice DIA, ai sensi dell’art. 19 l. n. 241/1990, per l’apertura di una agenzia di affari ex art. 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. In tale dichiarazione, la ricorrente si limita a descrivere genericamente l’attività svolta con la locuzione “servizi funerari”, barrando contestualmente la casella relativa alla voce “disbrigo pratiche inerenti le onoranze funebri”.
Rispetto a tale DIA, il Comune di Ragusa, ai sensi dell’art. 3, comma 6, d.P.R. n. 300/1992 e dell’art. 8, comma 2, l. n. 241/1990, comunicava alla Sig.ra A. Francesca che: “la pratica risulta completa” (cfr. nota del 29.10.2010 prot. 95029).
Erroneamente la suddetta comunicazione è stata interpretata come una sorta di parere positivo o assenso alla DIA in questione, ovvero ancora come una sorta di autorizzazione amministrativa.
La dichiarazione di inizio di attività dell’8 ottobre 2010 metteva a conoscenza il Comune di Ragusa del fatto che si intraprendeva una “disbrigo pratiche inerenti le onoranze funebri “.
La stessa dichiarazione veniva inviata ai fini IVA all’Agenzia delle entrate ed alla Camera di commercio di Ragusa.
La comunicazione di inizio di attività, pur non perdendo mai la natura di atto proveniente dal privato, soggiace ai principi fondamentali che regolano i provvedimenti amministrativi.
Si applicano anche per la “lettura” della DIA le regole che guidano l’interprete nella “lettura” del contenuto del provvedimento amministrativo, a cominciare dall’esatta interpretazione del dato letterale.
Nella dizione “disbrigo pratiche amministrative” rimane estremamente difficile includere anche la gestione di una “sala del commiato”, non foss’altro che questa attività rappresenta certamente una rilevante novità nel contesto territoriale di riferimento.
Anche nello spazio della modulistica ove si invita il privato a dettagliare (“descrivere nel dettaglio l’attività svolta”) l’attività che si intraprende si indica laconicamente la stessa come “servizi funerari”.
Il contratto di affitto dell’immobile ove svolgere l’attività indica, effettivamente, che lo stesso “sarà utilizzato dal conduttore per lo svolgimento dell’attività di servizio camera ardente e deposito temporaneo di beni mobili in genere.”
Sul concetto di camera ardente ci si soffermerà in seguito.
Ora basti rilevare come il contratto debba ritenersi atto tra privati il cui contenuto non fa immediatamente parte della dichiarazione della DIA.
La parte dichiarativa della dichiarazione di inizio attività è assistita dalle norme che certificano la responsabilità di chi dichiara, responsabilità che non si estende al contenuto del contratto allegato.
L’elenco delle prestazioni allegato alla dichiarazione non consente di sciogliere i dubbi interpretativi a favore di parte appellante.
La dizione “servizio camera ardente”, “servizio camera ardente in giorno festivo” con affiancate le cifre di euro 30 ed euro 35 non si presta all’interpretazione offerta da parte appellante.
Viene utilizzata l’espressione letterale che connota gli usuali servizi che rientrano nell’ordinaria attività che svolgono le comuni agenzie funebri (disbrigo pratiche, servizio camera ardente, trasporto cassa, vestizione salma carro funebre, etc.) senza che nulla possa fare sospettare anche la gestione di una “camera ardente” o “sala del commiato”.
In assenza di più specifiche previsioni del legislatore regionale siciliano, il caso di specie (camera ardente) risulta sottoposto alla disciplina di cui al regolamento di polizia mortuaria (d.P.R. n. 285/1990). Non a caso, proprio richiamando l’art. 14 d.P.R. n. 285/1990, l’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) di Ragusa ha segnalato la mancata acquisizione da parte della Funeral Home del necessario parere igienico sanitario sull’idoneità dei locali, parere che doveva essere rilasciato dal Servizio Igiene Ambienti di Vita dell’ASP di Ragusa (cfr. lettera dell’ASP Ragusa prot. n. 112955 del 24/12/2010, depositata dal Comune di Ragusa).
Era necessaria la previa pianificazione del territorio funzionale alla individuazione di aree lontane dal centro abitato in cui ubicare servizi. Non possono sottacersi, infine, i profili autorizzatori concernenti l’evidente mutamento di destinazione d’uso dell’immobile locato dalla ricorrente: immobile trasformato (almeno nelle intenzioni della ricorrente) in sede di “camera ardente” permanente.
La previa acquisizione di tutte le evidenziate tipologie di atti autorizzatori è totalmente assente nel caso di specie e rende giustificata e legittima l’ordinanza n. 318/2010 del Dirigente del Settore XI – Pianificazione e Sviluppo economico del territorio del Comune di Ragusa.
In assenza di informazioni certificate ed esaustive rispetto ad una attività che si intende intraprendere la DIA non produce effetti.
Una dichiarazione di inizio attività che non contiene tutti gli elementi che consentano di individuare l’attività che si intende intraprendere ed indichi il possesso delle necessarie autorizzazioni non è idonea a sortire gli effetti costitutivi che l’ordinamento le riconosce.
Depone in tal senso il primo comma dell’art. 21 l. n. 241/1990 che al primo periodo testualmente recita: “Con la denuncia o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l’interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti“.
Non è indispensabile che le dichiarazioni siano false o mendaci per privare di effetti l’atto del privato.
E’ sufficiente che le stesse non siano idonee a rappresentare alla P.A. l’esatta attività che si intende intraprendere ed i requisiti che la stessa deve possedere: non può certo revocarsi in dubbio che una cosa è svolgere gli usuali servizi tipici delle agenzie dei servizi funebri e ben altra cosa è organizzare e gestire una “camera ardente”, a prescindere dal significato giuridico che voglia assegnarsi al termine de quo.
In ogni caso lo spirare del termine dei 30 giorni non priva la P.A. del potere di fare cessare gli effetti della DIA.
Ai poteri inibitori da esercitare nel prescritto “termine breve” subentra la possibilità di agire in autotutela alla stregua dei principi della legge che regola il procedimento amministrativo.
Nel caso di specie il provvedimento è adottato per impedire la prosecuzione di un’attività ritenuta illegittima perché esercitata in assenza di ogni autorizzazione ritenuta indispensabile che ne certifichi l’assenza di pericolosità per l’igiene e la salute pubblica.
Il provvedimento è scevro dei vizi lamentati con il primo motivo.
11. Il secondo motivo non è fondato.
Il provvedimento impugnato ordinava alla signora A. la cessazione immediata dell’attività di deposito, di osservazione ed obitorio esercitata in assenza dei requisiti di legge.
Parte ricorrente condivide che specifici requisiti vengono richiesti “per l’attività di osservazione ed obitorio”, ma sostiene che si tratti di una “attività ontologicamente diversa da quella svolta nel caso di specie e disciplinata dagli articoli del Regolamento di Polizia mortuaria contestati erroneamente alla ricorrente”.
Precisa parte appellante che “Nell’impugnare l’ordinanza del Dirigente del Comune di Ragusa che aveva qualificato l’attività della ricorrente come di osservazione ed obitorio, era stato infatti chiarito che nel caso di specie nessuna osservazione (al fine di accertare eventuali manifestazioni di vita entro le 24 ore successive alla morte) era necessaria in quanto per la signora S. Carmela, deceduta alle 11:20 del 14 dicembre 2010 presso l’Ospedale Pubblico “Maria Paternò Arezzo si era proceduto ai sensi dell’art 4 e 8 del DPR 285/19902 (recepito dall’art. 9 del regolamento di polizia mortuaria del Comune di Ragusa), e quindi all’accertamento della morte in modo più celere mediante accertamento da parte del medico necroscopo, Dott.ssa Antonella B.”.
L’osservazione non è dirimente.
Occorre verificare se nel nostro ordinamento fosse vigente, ratione temporis, una normativa che consentisse di superare le stringenti norme che disciplinavano la “gestione “del defunto (regolamento di polizia mortuaria adottato dal Comune alla stregua della norma nazionale di riferimento) e dettasse le condizioni per rendere legittimo l’allestimento delle cosiddette sale del commiato.
La principale fonte normativa a livello statale è costituita dal d.P.R. n. 285 del 10 settembre 1990, con il quale è stato approvato il regolamento di polizia mortuaria, avente soprattutto finalità igienico-sanitarie, cui si aggiunge il d.P.R. n. 37 del 14 gennaio 1997.
L’art. 14 del citato d.P.R. n. 285/1990 prevede che i depositi di osservazione e gli obitori possano essere istituiti dal Comune nell’ambito del cimitero o presso ospedali od altri istituti sanitari ovvero in particolare edificio rispondente allo scopo per ubicazione e requisiti igienici.
L’art. 64 prevede che ogni cimitero deve avere una camera mortuaria per l’eventuale sosta dei feretri prima del seppellimento.
Il comma 3 dell’art. 64 prevede, inoltre, che, qualora il cimitero non abbia il locale per il deposito di osservazione previsto dall’art. 12 (come accade nei cimiteri più piccoli), tale funzione viene assolta dalla camera mortuaria.
Il successivo art. 65 descrive, quindi, le caratteristiche della camera mortuaria, precisando che essa deve essere illuminata e ventilata per mezzo di ampie finestre, dotata di acqua corrente, con pareti rivestite di lastre di marmo o di altra pietra naturale o artificiale ben levigata fino all’altezza di due metri, ovvero intonacate a cemento ricoperto da vernice a smalto o da altro materiale facilmente lavabile e con pavimento liscio, impermeabile, lavabile, etc.
Il d.P.R. 14 gennaio 1997 disciplina le camere mortuarie presso gli ospedali indicando i requisiti minimi che le stesse devono avere.
La camera mortuaria, sita presso gli ospedali o presso i cimieri, si distingue sia dai depositi di osservazione, sia dagli obitori, avendo principalmente la funzione di consentire la sosta dei feretri prima del seppellimento ma dopo l’accertamento della morte.
Nel linguaggio comune la “camera mortuaria” e la “camera ardente” (termine tecnicamente e giuridicamente non determinato) si identificano.
Dalla camera mortuaria si distingue la “camera del commiato” più volte richiamata a proprio favore da parte appellante a sostegno delle proprie doglianze.
Parte appellante precisa che:
Tuttavia, giova rilevare che per queste sale allo stato non vi è una specifica disciplina giuridica nazionale, vi sono solo dei regolamenti regionali che hanno via via dato delle definizioni e disciplinato la materia, trasfondendo peraltro ciò che era stato normativamente previsto dal Senato nel disegno di legge n. 1611 del 15.09.2010.
In assenza di disposizioni che disciplinano specificamente la materia, sia a livello nazionale che regionale (Sicilia), doveva essere quindi il T.A.R. ad attingere dalla disciplina degli altri regolamenti regionali o ad altre fonti giuridiche (quali la giurisprudenza e la dottrina) per comprendere intanto quando ricorrono le sale di commiato, da cosa si distinguono dalle sale ove si effettua attività di osservazione ed obitorio, e quali sono i requisiti amministrativi e (se necessari) igienici richiesti, anziché rinviarsi erroneamente all’art. 14 del regolamento di Ragusa che disciplina la materia delle case funerarie
”.
Sull’assenza di una specifica norma che individui i caratteri della “sala del commiato” concorda la difesa del Comune.
La stessa sottolinea che, ratione temporis, “Non essendoci alcuna differenza giuridica con le camere mortuarie o camere ardenti, anche le cd. “sale del commiato” devono attenersi ai requisiti urbanistici ed igienico-sanitari previsti per le camere mortuarie.
Quanto detto trova conferma nelle leggi regionali delle sole tre Regioni che hanno sinora disciplinato e previsto le cd. “sale del commiato” (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna)
”.
Osserva il Collegio, in primo luogo, che nel caso di specie non è conducente il richiamo alle norme adottate dalle altre Regioni.
La disciplina regionale richiamata, così come le norme degli altri stati nazionali che da più tempo conoscono gli istituti di cui si tratta nel presente giudizio (Francia ed Inghilterra), individua le caratteristiche precise che devono possedere le “case funerarie” e le “sale del commiato”.
Le strutture sono disciplinate in modo parzialmente diverso.
Per “Casa Funeraria” si intende una struttura privata, gestita da soggetti autorizzati allo svolgimento dell’attività funebre, nella quale, su richiesta dei familiari del defunto, sono ricevute, custodite ed esposte le salme di persone decedute presso le abitazioni private o le strutture sanitarie ed ospedaliere. Al suo interno è possibile procedere alla osservazione, alla composizione e alla vestizione della salma, all’imbalsamazione e alla tanatoprassi, alla custodia e all’esposizione del cadavere anche a cassa aperta, alle attività di commemorazione e di commiato del defunto.
Le case funerarie devono avere tutti i requisiti e le autorizzazioni previste dalla norma.
Per “Sala del Commiato”, anche in talune leggi regionali, si intende una struttura pubblica o privata, realizzata e gestita per ricevere, su richiesta dei familiari del defunto, e per tenere in custodia il feretro chiuso, ai fini dell’esposizione ai dolenti e della celebrazione di riti di commemorazione.
Nelle sale del Commiato la bara chiusa, secondo tale interpretazione, può transitare solo per un brevissimo periodo di tempo per svolgere cerimonie di saluto e di cordoglio.
Nel caso che ci occupa, con tutta evidenza, l’edificio utilizzato da parte appellante non è provato avere le caratteristiche e le relative autorizzazioni per essere qualificato “casa funeraria”.
L’attività riscontrata dalla polizia municipale e dai carabinieri non è compatibile con quella che, a tutto concedere, avrebbe potuto svolgersi presso una “sala del commiato”.
Nel rapporto redatto dalla Polizia municipale si legge: “Nella specie i sottoscritti verbalizzanti hanno accertato che nei suddetti locali era esposta all’interno di una bara aperta la salma della Sig.ra S. Carmela nata il 26/05/35 e deceduta il 14/12/10”.
In Sicilia un primo riferimento agli “spazi del commiato” si è avuto con la legge regionale del 17 agosto 2010 n. 18.
All’articolo 5 della legge citata si prevedeva che:
3. Al fine di consentire forme rituali di commemorazione del defunto e un dignitoso commiato anche nel caso di cremazione, la Regione promuove la realizzazione, da parte dei comuni, anche in forma associata, di spazi per il commiato.
4. Per spazi per il commiato si intendono luoghi, all’interno del cimitero, anche attigui al crematorio, nei quali sono deposti i feretri e si svolgono riti di commiato nonché gli spazi pubblici idonei ai funerali civili.

E’ di tutta evidenza come la struttura de quo non possa identificarsi con gli “spazi del commiato” disciplinati, in quel periodo temporale, dalla citata normativa regionale.
L’interpretazione ritenuta dal Collegio è suffragata dal sopravvenire in Sicilia della legge regionale 3 marzo 2020, n. 4 ” Disposizioni in materia cimiteriale, di polizia mortuaria e di attività funeraria. Modifiche alla legge regionale 17 agosto 2010, n. 18”.
Finalità della legge è disciplinare “il complesso dei servizi e delle funzioni in ambito necroscopico, funebre, cimiteriale e di polizia mortuaria, garantendo il rispetto della dignità e dei diritti dei cittadini, con la finalità di tutelare l’interesse degli utenti dei servizi funebri e di informare le attività pubbliche a principi di evidenza scientifica e di efficienza ed efficacia delle prestazioni”.
L’articolo 12 della legge prevede che alla legge regionale n. 18/2010, dopo l’articolo 5 è aggiunto il seguente:
Art. 5 bis. “Caratteristiche delle strutture per il commiato”:
“Le strutture per il commiato, realizzate da soggetti pubblici o privati, sono in ogni caso fruibili da chiunque ne faccia richiesta, senza discriminazioni di alcun tipo in ordine all’accesso. La gestione può essere affidata a soggetti pubblici o privati ed è compatibile con l’attività funeraria previa comunicazione al comune competente.
2. Le strutture per il commiato possono essere utilizzate anche per la custodia e l’esposizione delle salme.
3. Nell’esercizio delle attività di cui al comma 2 le strutture devono essere in possesso delle caratteristiche igienico-sanitarie previste dalle norme nazionali e regionali per i servizi mortuari delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate.

Il comma 4 dell’articolo indica i requisiti che devono possedere gli edifici ove hanno sede le strutture del commiato.
Si tratta di requisiti rigidi, che rimandano alle indispensabili autorizzazioni, che non è provato sussistere nel caso oggetto della presente verifica giurisdizionale.
Solo alla stregua della presente legge ed alle sue specifiche condizioni le sale del commiato, oggi, possono essere attivate e gestite nel territorio siciliano.
Il motivo pertanto non è fondato.
12. Non sono fondati i motivi (terzo e quarto) che attengono alla violazione delle regole procedimentali.
12.1. Destituite di fondamento risultano le censure con cui la ricorrente lamenta il vizio di incompetenza con riferimento all’organo che ha emanato il provvedimento impugnato, dalla stessa ricorrente qualificato come “atipico”.
Rileva il Collegio che l’ordinanza impugnata è stata emessa ai sensi dell’art. 107 del d.lgs. n. 267/2000, che ha conferito ai dirigenti degli Enti locali la competenza ad adottare tutti gli atti di natura gestionale, come è indubbiamente quello in questione. Il riferimento fatto dalla ricorrente all’art. 2 del regolamento di polizia mortuaria, secondo cui le attribuzioni relative al servizio di polizia mortuaria sono di competenza del Sindaco, è facilmente superabile dalla semplice considerazione, evidenziata dalla difesa del Comune intimato, che tale regolamento è stato adottato con delibera del C.S. n. 1291 del 29.12.1984, ben prima della emanazione della nuova disciplina di ripartizione delle competenze tra organi politici ed organi amministrativi e, quindi, tale regolamento va letto in conformità alle sopravvenute disposizioni di legge.
12.2. Risulta infine infondata la censura (quinto motivo) con cui la ricorrente deduce la violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990 (mancata comunicazione avvio del procedimento) atteso che, ai fini dell’adozione di atti di repressione di abusi aventi natura vincolata, non si richiedono apporti partecipativi del soggetto destinatario, senza contare che il provvedimento impugnato è stato preceduto da altri atti della stessa P.A. comunicati alla ricorrente nonché da accertamenti o sopralluoghi relativi alla stessa vicenda effettuati in sua presenza (cfr. il verbale di violazione amministrativa n. 350/A/10 del 14.12.2010, con il quale si contestava alla ricorrente la violazione degli artt. 2, 17 e 20 del regolamento di polizia mortuaria del Comune di Ragusa).
13. La riscontrata legittimità dell’attività amministrativa posta in essere dal Comune di Ragusa esime il Collegio dall’esame della domanda risarcitoria.
14. Per le considerazioni che precedono il ricorso, va rigettato in quanto destituito di giuridico fondamento.
Le spese possono essere compensate in considerazione della novità delle questioni.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2021 con la partecipazione continuativa e contemporanea dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Marco Buricelli, Consigliere
Carlo Modica de Mohac, Consigliere
Giovanni Ardizzone, Consigliere
Antonino Caleca, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Antonino Caleca)
IL PRESIDENTE (Rosanna De Nictolis)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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