Cassazione civile, Sez. Unite, 27 luglio 1988, n. 4760

Norme correlate:
Art 824 Regio Decreto n. 262/1942
Art 5 Legge n. 1034/1971

Riferimenti:
Cassazione civile, Sez. Unite, 27 luglio 1988, n. 4760
La concessione da parte del comune di aree o porzioni di edificio in un cimitero pubblico configura concessione amministrativa di beni soggetti al regime demaniale, indipendentemente dall’eventuale irrevocabilità o perpetuità del diritto al sepolcro. Pertanto, le controversie inerenti ad atti o provvedimenti relativi a tale concessione, che non attengono all’aspetto patrimoniale del rapporto, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 5, comma 1, della 1. dicembre 1971 n. 1034.

Testo completo:
Cassazione civile, Sez. Unite, 27 luglio 1988, n. 4760
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
– Dott. Franco BILE Pres. di Sez. ff. di Primo Presidente
– Dott. Alberto ZAPPULLI Pres. di Sez.
– Mauro SAMMARTINO Consigliere
– Giuseppe CATURANI Rel. Consigliere
– Romano PANZARANI
– Antonio IANNOTTA
– Michele CANTILLO
– Girolamo GIRONE
– Francesco REBUFFAT
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6583-85 del R.G. AA. CC., proposto da
DI FRANCESCO Elena e CERRATO Maria Grazia, rispettivamente coniuge e figlia di Cerrato Gaetano, entrambi elettivamente domiciliate in Roma, presso la Cancelleria Civile della Corte Suprema di Cassazione, rappresentate e difese dall’Avv.to Gennaro, IMPROTA, giusta delega a margine del ricorso;
Ricorrenti contro
PINTO Aldo, PINTO Emilia, PINTO Enrico, PINTO Elio e PINTO Giuseppe, tutti elettivamente domiciliati in Roma, Via Piemonte, 39 presso l’Avv. Prof. Stelio VALENTINI, che li rappresenta e difende, unitamente all’Avv.to Gaetano LEPORE, giusta delega a margine del controricorso,
Controricorrenti
e contro
COMUNE DI SARNO;
Intimato
Avverso la decisione n. 210 del Consiglio di Stato, depositata il 29-4-1985;
Udita nella pubblica udienza, tenutasi il giorno 28 Gennaio 1988 la relazione della causa svolta dal Cons. Rel. G. Caturani;
Uditi gli Avv.ti Improta e Valentini;
Udito il Pubblico Ministero, nella persona del Dr. Alberto VIRGILIO,
Avvocato Generale presso la Corte Suprema di Cassazione, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTO
Con ricorso del 21 gennaio 1978, i signori Pinto Aldo, Emilia, Enrico, Elio e Giuseppe impugnarono davanti al TAR della Campania Sezione di Salerno la nota 12000 del 19 novembre 1977 con cui il Sindaco di Sarno aveva comunicato alla Prefettura di Salerno il trasferimento a favore di Gaetano Cerrato della concessione di una tomba sita nel locale cimitero, avvenuta con delibera di giunta 527-72 del 17 maggio 1972.
Il giudice adito, con decisione del 12 aprile 1983 dichiarò irricevibile per tardività il ricorso contro la delibera di giunta ed inammissibile quello proposto contro la comunicazione del sindaco perché atto interno dell’Amministrazione.
Appellarono i signori Pinto in base a cinque motivi riflettenti sia la tempestività del ricorso che il merito della controversia.
Il Consiglio di Stato, sez. VI, con decisione del 29 aprile 1985, ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo, attenendo la materia delle concessioni di aree cimiteriali e dei relativi poteri spettanti alla p.a. alla alla tutela di interessi legittimi, considerò ricevibile il ricorso e lo accolse nel merito.
Contro tale decisione propongono ricorso alle Sezioni unite della Corte di Cassazione, ai sensi degli artt. 362 comma 1 cpc e 111 della Costituzione, le signore Elena Di Franco e Maria Grazia Cerrato; resistono con controricorso illustrato da memoria i signori Pinto.
DIRITTO
I ricorrenti assumono che la controversia decisa dal Consiglio di Stato rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, non potendo trovare applicazione, in tema di concessioni cimiteriali di carattere perpetuo, l’art. 5 della l. 6 dicembre 1971 n. 1034, poiché esse, ai sensi degli artt. 70 e 76 del r.d. 21 dicembre 1942 n. 1880, si possono estinguere soltanto con la soppressione del cimitero, il che esclude la possibilità di qualificare il provvedimento costitutivo del rapporto come concessione amministrativa. E poiché il giudizio di merito rifletteva in concreta la tutela del diritto al sepolcro il giudice amministrativo avrebbe dovuto riconoscersi carente di giurisdizione.
Il ricorso non è fondato.
Nel vigente ordinamento giuridico il diritto al sepolcro si fonda su una concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno o di una porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale ai sensi dell’art. 824 c.c..
Poiché trattasi di beni che sono soggetti al regime del demanio pubblico (art. 824 comma 2 c.c.) non ha pregio l’assunto della difesa dei ricorrenti secondo cui, il provvedimento che costituisce il diritto del privato sull’area cimiteriale non potrebbe essere qualificato “concessione”, ma atto costitutivo di un diritto di superficie di carattere privatistico. È noto, infatti, che nel diritto vigente l’utilizzazione dei beni demaniali da parte dei privati non può avvenire che nelle forme previste dal diritto pubblico, onde la destinazione di un’area di terreno a sepolcro familiare in un cimitero non può fondarsi su di una valutazione dell’ente che gestisce il bene, al fine di costituire, attraverso l’uso eccezionale, un diritto reale in favore del destinatario il che integra gli estremi della concessione amministrativa di beni e non già un contratto di natura privatistica.
Né può sostenersi con fondamento che la concessione sarebbe esclusa dalla dedotta irrevocabilità e perpetuità del relativo diritto, secondo la tesi sostenuta in questa sede dalla difesa di ricorrenti, poiché tali affermate peculiarità della fattispecie non incidono sulla natura giuridica del provvedimento amministrativo, implicando la pretesa irrevocabilità della concessione de qua una questione attinente al merito della controversia, la cui soluzione è quindi estranea all’ambito del presente giudizio.
Posto che l’uso eccezionale del bene demaniale integra nel caso in esame una concessione amministrativa, ne consegue che i ricorsi proposti contro atti e provvedimenti ad essa relativi con la sola eccezione delle questioni attinenti all’aspetto patrimoniale del rapporto, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 5 della l. 6 dicembre 1971 n. 1034 istitutiva dei T.A.R.
In base ai precedenti rilievi si impone, pertanto, la reiezione del ricorso avendo la decisione impugnata rettamente ravvisato – sia pur corretta la motivazione (art. 384 comma 2 cpc) – la giurisdizione amministrativa relativamente alla controversia esaminata.
Le spese del giudizio seguono come per legge il criterio della soccombenza (art. 385 cpc).
P.Q.M.
La Corte a Sezioni Unite: rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti in solido a rimborsare ai resistenti le spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano in lire 2.041.800 ivi compresi lire due milioni per onorario.
Così deciso in Roma il 28 gennaio 1988.

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