Cassazione civile, Sez. III, 27 aprile 1995, n. 4642

Riferimenti: Giust. civ. Mass. 1995, 910

Massima:
Cassazione civile, Sez. III, 27 aprile 1995, n. 4642
Il diritto di surroga dell’ente assicuratore trova limite nell’ammontare della somma che il responsabile deve all’assicurato per danni, sicché detto ente non può chiedere al responsabile del danno le somme erogate al danneggiato, per contratto di natura pubblica o privata, quando esse eccedano l’ammontare del danno liquidato (nella specie in base a tale principio, è stata ritenuta corretta la decisione del giudice del merito di non considerare nella liquidazione della somma dovuta all’Inail, il quale agiva in surroga contro il responsabile di un infortunio mortale, l’importo dell’assegno funerario e dei ratei di rendita già corrisposti, data la ridotta capienza della somma liquidata rispetto alla erogazione dell’Inail.

Testo completo:
Cassazione civile, Sez. III, 27 aprile 1995, n. 4642
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Pio SCALA Presidente
” Ubaldo FRANCABANDERA Consigliere
” Glauco CAMUTO ”
” Francesco SOMMELLA ”
” Ugo FAVARA Rel. ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Ric. n. 6349-91
LASCIALFARI ADELINA ved. Ugolini, nata a Barberino di Mugello il
26.4.1916 residente in Prato, Via Ponzano 7, nella sua qualità di
avente diritto di Ugolini Antonio, elettivamente domiciliata in Roma,
Via Cola di Rienzo n. 264 c-o lo studio dell’avvocato Pino Cusimano,
rappresentata e difesa dall’Avvocato Giovanni Mati per mandato a
margine del ricorso.
Ricorrente
contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI
SUL LAVORO, in persona del suo Presidente, dr. Ing. Alberto
Tomassini, elettivamente domiciliato in Roma Via IV Novembre 144 c-o
l’ufficio legale, rappresentato e difeso dagli Avvocati Mario Lamanna
e Fernando Di Cerbo per procura speciale del notaio Carlo Federico
Tuccari di Roma, del 13.6.91 rep. n. 23597.
Controricorrente
contro
PRANDINI ERMINIO; LE ASSICURAZIONI D’ITALIA S.P.A;
DITTA TINTORIA FIRPELANE.
Intimati
Ric. n. 6403-91
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI
INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del suo Presidente, ing. Alberto
Tomassini, elettivamente domiciliato in Roma, Via IV Novembre 144 c-o
l’Ufficio legale, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Lamanna
e Fernando Di Cerbo per procura speciale del notaio Carlo Federico
Tuccari di Roma del 7.5.1991 rep. n. 23040.
Ricorrente
contro
LE ASSICURAZIONI D’ITALIA S.P.A. con sede in Roma, in persona del
direttore generale Avv. Vincenzo Mungari, elettivamente domiciliata
in Roma, Via Flaminia 334 c-o lo studio dell’avvocato Eduardo Cieri
che la rappresenta e difende per procura a margine del controricorso.
Controricorrente
contro
PRANDINI ERMINIO; DITTA TINTORIA FIRPELANE; UGOLINI SEVERINA, UGOLINI
MARIETTA e LASCIALFARI ADELINA, questi ultimi 3 quali eredi di
Ugolini Antonio.
Intimati
Visti i ricorsi avverso la sentenza n. 313-90 della Corte di Appello
di Firenze del 16.1.90-26.5.90 (R.G. 563-88).
Udito il Consigliere relatore dr. Ugo Favara nella pubblica udienza
del 16.2.1994.
È comparso l’Avvocato F. Di Cerbo difensore del resistente che ha
chiesto il rigetto del ricorso.
Sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen., Renato Viale che ha
concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
FATTO
Con atto di citazione in data 24-25 maggio 1984 l’INAIL conveniva innanzi al Tribunale di Prato Prandini Erminio, la ditta Firpelane e la Compagnia “Le assicurazioni d’Italia” chiedendone la condanna al rimborso della somma erogata o da erogare agli aventi diritto di Ugolini Antonio, deceduto in seguito ad incedente stradale; nel corso del giudizio intervenivano le aventi causa da quest’ultimo, chiedendo la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni. Il Tribunale adito, con sentenza del 4.11.87 in accoglimento della riconvenzionale spiegata dalla Compagnia convenuta, condannava l’INAIL alla restituzione di una somma a favore di questa ultima la quale, a sua volta, veniva dichiarata obbligata a rifondere i danni morali subiti dalle intervenute (30 milioni).
Avverso tale sentenza proponeva appello l’INAIL con atto che notificava in data 5.4.1988 ai convenuti ed alle intervenute Ugolini con consegna, peraltro, a queste ultime di una sola copia presso il difensore costituito in primo grado.
La causa veniva iscritta a ruolo dall’INAIL tardivamente, ed alla prima udienza solo i convenuti si costituivano sollevando eccezioni sul punto. Il C.I. invitava le parti a precisare le conclusioni e, quindi, le rimetteva davanti al Collegio; nelle more (17.6.88) l’INAIL notificava altro appello sempre impersonalmente agli eredi Ugolini senza provvedere alla iscrizione a ruolo; un terzo appello era, infine, ritualmente notificato il 22.7.1988 ed iscritto.
Riunite le cause, la Corte d’appello di Firenze con sentenza 26.5.90 respingeva l’eccezione, proposta dalle intervenute, di inammissibilità dell’impugnazione e nel merito riformava parzialmente la decisione di primo grado. Accertata in lire 24.753.699 la somma dovuta alla Lascialfari condannava l’Inail a restituire all’Assitalia lire 5.246.301, oltre interessi.
Rilevava la Corte d’appello che la notificazione alle intervenute Ugolini di una sola copia nelle mani del procuratore costituito in primo grado, nonostante le parti fossero tre, doveva considerarsi inesistente, ma che al C.I. era preclusa la possibilità di esaminare ogni questione relativa alla ritualità della notifica o alla possibilità di integrare il contraddittorio poiché vi ostava l’irregolarità processuale dipendente dal fatto che l’appellante si era costituito tardivamente; in tale situazione, mancando l’adesione di tutti gli appellati anche per l’assenza degli eredi Ugolini, l’istruttore avrebbe dovuto disporre la cancellazione della causa dal ruolo ex artt. 307 e 171 c.p.c. e non certo, come invocato dalle intervenute-appellate, dichiarare l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’impugnazione; tuttavia, pur avendo egli omesso di adottare qualsiasi provvedimento, l’ulteriore impugnazione dell’INAIL, ritualmente notificata ed iscritta a ruolo, poteva correttamente qualificarsi come riassunzione del processo che, se cancellato dal ruolo come dovevasi, si sarebbe trovato conseguentemente in stato di quiescenza per un anno, nel corso del quale ben avrebbe potuto essere riassunto indipendentemente dalla scadenza del termine per appellare: poiché entro l’anno l’INAIL aveva provveduto ad appellare ritualmente e, quindi, per quanto atipicamente, a riassumere la causa, regolarmente il giudizio d’impugnazione era proseguito. Precisava, infine, la Corte di merito che nella specie non si poneva il problema della decorrenza del termine breve in seguito alla prima notifica (questione sollevata dagli appellati con riferimento alla sentenza n. 3111-82 della S.C.), in quanto ne difettava totalmente il presupposto e cioè la virtuale – soluzione di inammissibilità o improcedibilità della prima impugnazione che per i motivi esposti, non poteva essere dichiarata.
Hanno proposto avverso detta sentenza separati ricorsi per cassazione Lascialfari Adelina e l’Inail rispettivamente affidandoli a due ed ad unico motivo.
Hanno resistito al ricorso Inail la soc. Assitalia ed al ricorso Lascialfari l’Inail.
Non si sono costituiti il Prandini, la ditta Firpelane, Ugolini Severina e Marietta.
DIRITTO
Vanno preliminarmente riuniti i ricorsi 6349 e 6403-91, trattandosi di impugnazioni avverso la stessa sentenza (art. 335 cpc).
Con il primo mezzo di impugnazione la Lascialfari, denunziata la violazione e falsa applicazione degli artt. 347 e 348 cpc in relazione agli artt. 165, 166, 171 e 307 stesso codice, lamenta che la Corte di Appello abbia erroneamente ritenuto che il Consigliere istruttore avrebbe dovuto ordinare la cancellazione della causa dal ruolo, in quanto, stante la costituzione degli appellati che si erano difesi anche nel merito, lo stesso istruttore avrebbe dovuto invece ordinare la rinnovazione della notificazione nei confronti di tutte le parti verso le quali la impugnazione non era preclusa.
Con il secondo mezzo di annullamento, la Lascialfari, denunziata la violazione degli artt. 325, 326 e 327 cpc in relazione all’art. 360 n. 3 stesso codice, lamenta che il giudice di appello abbia omesso di considerare che la notificazione errata effettuata dall’appellante non aveva impedito l’instaurazione del contraddittorio, sia pure parziale, onde avrebbe potuto decidere nel merito. Avrebbe la Corte dovuto quindi dichiarare la inammissibilità della impugnazione così venendosi a creare il presupposto perché la terza impugnazione dell’Inail potesse essere considerata tardiva, in quanto notificata oltre il termine breve di cui all’art. 325 cpc.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono infondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (9767-93) la notifica della impugnazione a più parti presso un unico procuratore eseguita mediante consegna di una sola copia o anche di un numero di copie inferiore a quello delle parti cui l’atto è destinato, è giuridicamente inesistente e non già affetta da sola nullità; in quanto essendo arbitrario riconoscere utili effetti nei confronti di uno piuttosto che di un altro destinatario dell’atto, si verifica la incertezza assoluta circa l’identità della parte contro la quale l’impugnazione è diretta, restando, in tale situazione, esclusa sia la rinnovazione della notificazione ex art. 291 cpc, vertendosi non in una ipotesi di nullità ma di inesistenza, sia l’integrazione del contraddittorio ex artt. 331, 332 CPC mancando il presupposto della valida instaurazione del contraddittorio nei confronti di almeno una delle parti.
Solo la eventuale costituzione di tutte le parti gravate o il compimento da parte delle stesse di attività processuale difensiva vale a risolvere l’impedimento al valido ed efficace sorgere del rapporto processuale con effetto tuttavia “ex nunc”, onde non valgono ad impedire le conseguenze della già verificata decadenza ove esse abbiano avuto luogo dopo la scadenza del termine per impugnare.
Nella motivazione della sentenza impugnata la Corte fiorentina ha, ora, rilevato che l’Inail ha notificato l’appello agli eredi Ugolini in data 5.4.88 mediante consegna di una sola copia al loro procuratore nonostante le parti fossero tre. Stante la inesistenza della notifica, all’istruttore era preclusa nella prima udienza la possibilità di esaminare ogni questione relativa alla regolarità della notifica o alla possibilità di integrare il contraddittorio ex artt. 331 e 332 cpc anche perché l’appellante si era costituito tardivamente. In tale situazione avrebbe dovuto essere emanato il provvedimento previsto dall’art. 307 cpc in relazione all’art. 171 cpc con la cancellazione della causa dal ruolo.
La causa, invece, è stata rinviata dall’istruttore alla udienza di precisazione delle conclusioni e nelle more l’Inail ha notificato in data 22.7.78 un ulteriore appello, questo ritualmente a tutte le parti e puntualmente iscritto a ruolo a differenza del precedente secondo gravame, però non iscritto a ruolo, e che risulta notificato in data 17.6.88.
Si rileva, ancora, nella sentenza gravata che il giudice di appello ha considerato il terzo appello come riassunzione del processo e poiché la causa avrebbe dovuto essere cancellata dal ruolo venendosi in tale modo a trovare in uno stato di quiescenza per un anno, bene afferma, ancora, la sentenza, è stato il processo riassunto avendo, in effetti, l’Inail provveduto nei termini alla riassunzione stessa senza che possa, in concreto, farsi riferimento alla decorrenza del termine breve per appellare difettandone il presupposto e cioè la virtuale – sanzione di inammissibilità della prima impugnazione.
La motivazione fornita dal giudice di appello è corretta ed in linea con la giurisprudenza di questa Corte avendo ritenuto come atto di riassunzione quello notificato a tutte le parti in data 22.7.88, atto, pertanto, idoneo a dare impulso al processo non essendo decorsi i termini previsti per la ipotesi di cancellazione della causa dal ruolo, provvedimento che, in concreto, avrebbe dovuto essere emanato dall’istruttore, attesa la situazione processuale venutasi a creare per effetto di quanto in precedenza ricordato.
Con l’unico motivo di impugnazione l’Inail, denunziata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1916, 2043 e 2056 CC, nonché la insufficiente motivazione della sentenza con riferimento, rispettivamente, ai numeri 3 e 5 dell’art. 360 cpc, lamenta che la Corte territoriale abbia erroneamente disatteso la eccezione di difetto di costituzione della ditta Firpelane e, comunque, di legittimazione passiva della stessa ed abbia, altresì, erroneamente calcolato l’importo del danno applicando la detrazione dello scarto tra vita fisica e lavorativa, non rivalutando, poi, il danno morale e non liquidando alcune voci richieste.
La censura è infondata.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte (9357-87) quando è parte in causa una società munita di personalità giuridica, la stessa è in giudizio nella persona del legale rappresentante che rilascia il mandato al difensore e che non ha l’onere di dimostrare tale sua veste.
Nella motivazione della gravata sentenza il giudice di appello ha rilevato che la società Tintoria Firpelane si è costituita in giudizio tramite procura rilasciata dal suo consigliere delegato sia in primo che in secondo grado e che non vi è, quindi, alcuna possibilità di confusione nella identificazione dell’ente.
In tale modo argomentando, i giudici della Corte fiorentina hanno correttamente disatteso la eccezione di difetto di legittimazione passiva della ditta Firpelane essendosi la stessa, invece ritualmente costituita come soc. Tintoria Firpelane.
Deduce, ancora, la ricorrente Inail che il giudice di appello avrebbe erroneamente applicato la detrazione dello scarto tra vita fisica e lavorativa non potendosi applicare il correttivo nel caso di morte del danneggiato.
La doglianza non ha fondamento.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (815-78) ai fini della liquidazione del danno derivante ai congiunti di persona deceduta per fatto illecito altrui, la percentuale di scarto tra vita fisica e vita lavorativa, da detrarsi dalla capitalizzazione del reddito annuo, è per sua natura variabile, in quanto si ricollega anche alla situazione particolare di ciascun soggetto ed al tipo di lavoro dal medesimo svolto.
Nella motivazione della sentenza impugnata i secondi giudici hanno correttamente applicato per l’Ugolini uno scarto tra vita fisica e lavorativa nella misura del 25% correttivo che va, applicato anche nelle ipotesi di decesso della persona oggetto di altrui fatto illecito.
Quanto all’importo del danno morale, lo stesso era riferibile al momento della sentenza e, pertanto, a tale momento calcolato e rivalutato, di poi decurtato di un terzo per effetto dell’epoca in cui andava calcolata la liquidazione, agosto ‘84 e non dicembre ‘87.
Corretta e motivata esaustivamente la decisione dei secondi giudici sul punto.
In ordine, poi, all’ultimo profilo di censura (la mancata considerazione nella liquidazione del danno complessivo dell’importo dell’assegno funerario e dei ratei di rendita già corrisposti) correttamente la Corte di merito ha ritenuto superfluo l’esame di tale motivo di gravame, attesa la ridotta capienza della somma liquidata rispetto la erogazione Inail. È, infatti, noto che il diritto di surroga dell’Ente assicuratore trova limite nell’ammontare della somma che il responsabile deve all’assicurato per danni, onde anche se l’assicuratore abbia, per contratto di natura pubblica o privata, erogato somme maggiori rispetto a quelle dovute dal responsabile al danneggiato, il credito dell’assicuratore medesimo trova, ripetesi, limite invalicabile nell’ammontare del danno liquidato.
Va, in conclusione, confermata la sentenza della Corte di Appello di Firenze.
Sussistono giusti motivi per la integrale compensazione delle spese tra le parti del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi 6349 e 6403-91 e li rigetta entrambi.
Dichiara le spese compensate tra le parti.
Così deciso in Roma il 16.2.94.

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