Cassazione civile, Sez. I, 23 settembre 1998, n. 9503

Norme correlate:
Art 338 Regio Decreto n. 1265/1934

Massima:
Cassazione civile, Sez. I, 23 settembre 1998, n. 9503
In relazione ad un suolo rientrante nella zona di rispetto cimiteriale ed assoggettato al relativo vincolo, ai sensi dell’art. 338 r.d. n. 1265 del 1934, legittimamente il giudice di merito ne esclude l’edificabilità, anche se il piano regolatore generale includa il suolo stesso in zona riservata ad edilizia economica e generale, attesa l’illegittimità di tale eventuale inclusione e la possibilità, in quella zona di rispetto, solo di un ampliamento di edifici preesistenti, previa autorizzazione prefettizia. Né, a tal riguardo, è consentito far riferimento ad una pretesa edificabilità di fatto divergente da tale vincolo imposto dalla legge, in quanto il comma 3 dell’art. 5 bis l. n. 359 del 1992 richiede che l’edificabilità di fatto si armonizzi con quella legale.

Testo completo:
Cassazione civile, Sez. I, 23 settembre 1998, n. 9503LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Renato SGROI Presidente
Dott. Vincenzo PROTO Consigliere
Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO Rel. Consigliere
Dott. Giuseppe MARZIALE Consigliere
Dott. Salvatore DI PALAMA Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BELLABARBA GAETANO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PIERLUIGI
DA PALESTRINA 19, presso l’avvocato ALBERTO ANGELETTI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE ANGELLA,
giusta delega in calce al ricorso;
Ricorrente
contro
COMUNE DI LIVORNO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo STUDIO
GREZ, rappresentato e difeso dall’avvocato CALOGERO NARESE, giusta
delega in calce al controricorso;
Controricorrente
avverso la sentenza n. 399-96 della Corte d’Appello di FIRENZE,
depositata il 03-04-96;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
28-04-98 dal Consigliere Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO;
udito per il ricorrente, l’Avvocato ANGELETTI, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito per il resistente, l’Avvocato NARESE, che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Vincenzo MACCARONE che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO
Con atto di citazione notificato in data 9.6.1989 Bellabarba Gaetano conveniva in giudizio avanti alla Corte d’Appello di Firenze il Comune di Livorno, esponendo che in relazione ad un terreno di sua proprietà della superficie di mq 10.360, incluso dal Comune nel P.E.E.P. “Bastia” ed espropriato con decreto del 31.5.1983 n. 238, era stata operata una stima illegittima ed erronea in quanto non era stato tenuto conto della possibilità di utilizzazione non agricola del terreno medesimo che anzi doveva ritenersi edificatorio in considerazione della sua destinazione per natura e posizione e della sua inclusione in un p.e.e.p..
Proponeva opposizione pertanto alla stima operata e chiedeva, previo espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, la determinazione di una giusta indennità con la condanna del Comune al pagamento della relativa somma, al netto di guanto già versato a titolo di indennità provvisoria presso la Cassa DD.PP., con gli interessi dal dovuto al saldo e con il maggior danno ai sensi dell’art. 1224 comma 2 C.C..
Si costituiva il Comune di Livorno, contestando la vocazione edificatoria del terreno e sostenendo la congruità della stima anche se basata, in ipotesi, su una tale vocazione.
All’esito del giudizio la Corte d’Appello di Firenze con sentenza del 23.2-3.4.1996 rigettava l’opposizione con ogni conseguenza in ordine alle spese processuali.
Rilevava la Corte di merito che, poiché il terreno è soggetto a vincolo di rispetto cimiteriale ai sensi dell’art. 338 del R.D. 27.7.1934 n. 1265, deve essere esclusa la sua natura edificatoria indipendentemente dalla presenza, nella zona, di costruzioni illegittimamente realizzate, trattandosi di un divieto generale ed assoluto e che non sarebbero state consentite neppure utilizzazioni non edificatorie, diverse da quelle agricole (quali la creazione di parcheggi o la collocazione di edicole per la rivendita di fiori) cui fanno riferimento le Sezioni Unite (n. 13596-91), a seguito del sopravvenuto art. 5 bis della Legge n. 359-92 il quale esclude ormai la possibilità di tripartizione fra aree edificabili, aree suscettibili di utilizzo diverso da quello agricolo ed aree agricole, consentita dalla previgente disciplina, con la conseguenza che il terreno deve essere considerato come agricolo.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione Bellabarba Gaetano, deducendo un unico motivo di ricorso illustrato anche con memoria.
Resiste con controricorso il Comune di Livorno che ha presentato anche memoria.
DIRITTO
Con l’unico motivo di ricorso Bellabarba Gaetano denuncia violazione e falsa applicazione dell’art 5 bis della Legge 8.8.1992 n. 359 e degli artt. 3 e 42 comma 3 Cost. in relazione all’art. 360 n. 3 C.P.C. nonché errata ed insufficiente motivazione in relazione all’art. 360 n. 5 C.P.C.. Lamenta che la Corte d’Appello non abbia considerato che il terreno in questione ricadeva sin dal Piano Regolatore Generale di Livorno del 1968 in zona edificabile ed, a seguito di successive varianti, in zona riservata all’edilizia economica e popolare, come risultava dalla relazione del C.T.U., ed abbia omesso così ogni concreta ed effettiva valutazione della sua vocazione edificatoria in relazione all’art. 5 bis della Legge n. 359-92 alla luce dell’interpretazione datane dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 283 del 1993. Sostiene quindi che, essendo urbanisticamente ricompresa in zona destinata all’edilizia residenziale, indipendentemente dal vincolo di rispetto cimiteriale, tale area contribuisce in maniera determinante all’edificabilità dell’intero comprensorio urbano, con la conseguenza che essa deve essere considerata edificabile ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, in applicazione del richiamato art. 5 bis ed in armonia con i principi fissati dalla Corte Costituzionale. Eccepiva infine, per l’ipotesi di una lettura più restrittiva, l’illegittimità costituzionale di detto art. 5 bis, in relazione agli artt. 3 e 42 comma 3 Cost., prescindendosi in tal caso dall’effettivo valore del bene.
La censura è infondata.
Accanto ai vincoli di destinazione, propri della zonizzazione del territorio, i quali costituiscono manifestazioni della potestà conformativa e non espropriativa in quanto frutto di provvedimenti di carattere generale, quali il piano regolatore generale od il programma di fabbricazione, deve tenersi conto, ai fini della determinazione del carattere edificabile delle aree e per la corretta applicabilità quindi della Legge n. 359-92, anche di altri vincoli che discendono direttamente dalla legge, come i vincoli paesistici, archeologici, cimiteriali ecc., i quali, al pari dei primi, sono idonei a determinare l’inedificabilità dei terreni interessati.
Anzi, proprio perché trattasi di vincoli imposti direttamente dalla legge, sarebbe certamente illegittimo e conseguentemente disapplicabile dal giudice ordinario un piano regolatore che non ne tenesse conto, prevedendo l’inclusione in zone edificabili di aree che ne sono invece interessate.
Orbene, risulta accertato dall’impugnata sentenza che il terreno in questione rientra nella zona di rispetto cimiteriale ed è assoggettato quindi al relativo vincolo ai sensi dell’art. 338 del R.D. 27.7.1934 n. 1265.
Legittimamente pertanto la Corte d’Appello ne ha escluso l’edificabilità, a nulla rilevando peraltro che l’area in questione sarebbe stata inclusa, come sostiene il ricorrente, dal piano regolatore generale in zona riservata all’edilizia economica e popolare, attesa l’illegittimità di una tale eventuale inclusione e la possibilità, che non riguarda però il caso in esame, solo di un ampliamento di edifici preesistenti nella zona di rispetto, previa autorizzazione prefettizia (art. 338 cit. comma 5).
Nè è consentito far riferimento ad una pretesa edificabilità di fatto divergente dalla previsione degli strumenti urbanistici o da vincoli imposti dalla legge in quanto, ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, il comma 3 dell’art. 5 bis, inserito nel D.L. n. 333 del 1992 (NDR: L. 08.08.1992 n. 359 art. 5 bis) con la legge di conversione n. 359 del 1992, nel prevedere che la valutazione sulla natura edificatoria del terreno deve essere operata tenendo conto delle possibilità legali ed effettive di edificazione, ha inteso richiedere che l’edificabilità di fatto si armonizzi con quella legale, con conseguente esclusione dell’area come edificabile in presenza di vincoli di inedificabilità o di destinazione (in tal senso Cass. 11568-97; Cass. 5111-97; Cass. 11037-96; Cass. 2856-96).
Peraltro, proprio in virtù di tale normativa, non è più proponibile, come esattamente ha affermato la Corte d’Appello, il “tertium genus” relativo ai suoli urbani non edificabili per i quali la giurisprudenza (Sez. Un. 13596-91) aveva valorizzato la possibilità, da valutarsi in concreto, di un utilizzo economico non coincidente con lo sfruttamento agricolo (installazione di chioschi, parcheggi ecc.). Infatti le aree agricole sono state espressamente equiparate nel comma 4 del citato art. 5 bis a quelle che, in base al comma precedente non sono classificabili come edificabili, con la conseguente ripartizione delle aree ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, da effettuarsi in base all’art. 16 della Legge 865-71 cui il comma 4 rinvia, in due categorie anziché in tre e cioè quelle edificabili e quelle sia agricole che non edificabili.
Per quanto riguarda infine l’eccezione di incostituzionalità relativa alla suddetta dicotomia introdotta con la legge in esame per il calcolo dell’indennità di espropriazione, la Corte Costituzionale si è già pronunciata, dichiarando la questione infondata (C. Cost. 23.7.1997 n. 261) in quanto ha ritenuto compatibile con i principi costituzionali il sistema adottato.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Si ritiene comunque di compensare le spese del presente giudizio di cassazione, essendo stati richiamati ed applicati principi consolidatisi solo successivamente alla presentazione del ricorso.
P.Q.M.
La Corte Suprema di cassazione rigetta il ricorso e compensa la spese.
Roma, 28.4.1998

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