Cassazione civile, Sez. II, 22 maggio 1999, n. 5020

Norme correlate:
Capo 18 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990

Massima:
Cassazione civile, Sez. II, 22 maggio 1999, n. 5020
La fondazione di un sepolcro familiare, che ricorre quando il fondatore abbia espresso la volontà di riservare lo ius sepulcri ai componenti della famiglia, non è incompatibile con la circostanza che i loculi di cui è costituito siano compresi in un più vasto portico-sepolcreto sito in un pubblico cimitero e realizzato dal concessionario dell’area; l’accertamento della sussistenza delle condizioni per la sussistenza di un sepolcro familiare è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da idonea motivazione.

Testo completo:
Cassazione civile, Sez. II, 22 maggio 1999, n. 5020
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Michele LUGARO Presidente
Dott. Rafaele CORONA Consigliere
Dott. Ugo RIGGIO Consigliere
Dott. Carlo CIOFFI Consigliere
Dott. Ettore BUCCIANTE Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ARCICONFRATERNITA CARITÀ VERSO I TRAPASSATI, in persona del legale
rappresentante Mons. Francesco Peracchi, elettivamente domiciliato in
Roma L.tevere Marzio 1, presso lo studio dell’avvocato Antonio
Vianello, che la difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
IACOBELLI FRANCO in proprio e nella qualità di procuratore generale
di IACOBELLI ANNA e IACOBELLII MATILDE, TALONI ERNESTA:
– intimati –
e sul 2 ricorso n. 08879 proposto da:
IACOBELLI FRANCO in proprio e nella qualità di procuratore generale
di Anna e Matilde Iacobelli, elettivamente domiciliati in Roma Via
Oslavia 7, presso lo studio dell’avvocato Mario Isacchi, che li
difende unitamente all’avvocato Vincenzo Borrelli, giusta delega in
atti;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
contro
TALONI ERNESTA, elettivamente domiciliato in Roma V.le Carso 63,
presso lo studio dell’avvocato Gianfranco Garuti, che la difende,
giusta delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –
nonché contro
ARCICONFRATERNITA CARITÀ VERSO I TRAPASSATI in persona del legale
rappresentante Mons. Francesco Peracchi, elettivamente domiciliato in
Roma L.Tevere Marzio 1, presso lo studio dell’avvocato Antonio
Vianello, che la difende, giusta delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 1821-95 della Corte d’Appello di Roma,
depositata il 23-05-96;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20-11-98 dal Consigliere Dott. Ettore Bucciante;
udito l’Avvocato Vianello, difensore del ricorrente, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso
incidentale;
udito l’Avvocato Isacchi, difensore dei controricorrenti e ricorrenti
incidentali, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso incidentale e
il rigetto del ricorso principale;
udito l’Avvocato Garuti, difensore della controricorrente Taloni, che
ha chiesto il rigetto del ricorso N. 8879-96;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Guido Raimondi che ha concluso per il rigetto del ricorso principale
e l’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale, rigetto
nel resto del ricorso incidentale.
FATTO
Con sentenza del 5 dicembre 1992 il Tribunale di Roma respinse la domanda che Franco Iacobelli, in proprio e quale procuratore speciale delle sue sorelle Anna e Matilde Iacobelli (figli tutti di Angelo Iacobelli e di Andreina Nobili, deceduti rispettivamente nel 1980 e nel 1987), aveva proposto nei confronti della cugina Ernesta Taloni (figlia di Mariangela Iacobelli, sorella di Angelo, deceduta nel 1975) e dell’Arciconfraternita di carità verso i trapassati con atto di citazione notificato il 14 e il 28 dicembre 1989, per ottenere: – la dichiarazione che undici loculi compresi nel portico sepolcreto del cimitero del Campo Verano, assegnati il 16 dicembre 1960 dall’Arciconfraternita a Mariangela Iacobelli, in realtà erano stati acquistati dalla madre di costei e di Angelo Iacobelli, e cioè da Bianca Lorenzini, deceduta nel 1975; – la dichiarazione dell’inefficacia della opposizione di Ernesta Taloni alla tumulazione in quelle tombe dei parenti ed affini di entrambi i figli dell’effettiva originaria titolare; – la rimozione dal loculo recante il n. 70 della salma di tale Audomia Rofena, collocatavi anche se estranea alla famiglia; – l’ordine all’Arciconfraternita di provvedere alla tumulazione del corpo di Andreina Nobili nel loculo contrassegnato con il n. 56, nonché di tenere a disposizione degli attori gli altri ancora liberi; – la condanna delle convenute al risarcimento dei danni.
Impugnata da Franco Iacobelli, anche in rappresentanza di Anna e Matilde Iacobelli, la decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte di appello di Roma, che con sentenza del 23 maggio 1995, accogliendo il gravame per quanto di ragione, ha dichiarato: che Mariangela Iacobelli, acquistando i loculi in questione, aveva costituito un sepolcro familiare, sul quale hanno pari diritto, come consanguinei della fondatrice, sia la figlia Ernesta Taloni sia i nipoti Franco, Anna e Matilde Iacobelli; – ha dichiarato altresì la nullità della rinuncia unilaterale, da parte della Taloni, al loculo n. 70; – ha ordinato a costei e all’Arciconfraternita di consentire la traslazione della salma di Andreina Nobili in uno dei predetti loculi; – ha respinto la domanda di risarcimento di danni ed ogni altra formulata dall’originario attore. A queste pronunce la Corte di appello è pervenuta ritenendo: – che correttamente il Tribunale, alla stregua della prospettazione della domanda principale, aveva qualificato l’azione come di simulazione per interposizione fittizia di persona e l’aveva quindi respinta, applicando i limiti probatori stabiliti dagli art. 1417 e 2729 c.c.; – che il primo giudice aveva però omesso l’esame della domanda subordinata, relativa all’affermata configurabilità nella specie di un sepolcro familiare, anziché ereditario; – che essa risultava fondata, trattandosi di loculi contigui costituenti, nel loro complesso, una vera e propria cappella, destinati dall’intestataria ad accogliere le salme dei parenti ed affini suoi e del fratello Angelo: – che tale volontà era confermata dal contesto dei singoli atti di assegnazione e dalla circostanza della contestualità dell’acquisto di un così rilevante numero di tombe; – che non costituiva ostacolo a questa conclusione la presenza dell’Arciconfraternita, concessionaria dal Comune di Roma dell’area utilizzata per la costruzione del portico sepolcreto, avendo essa tacitamente accettato la disposizione della Iacobelli, sicché si era dato luogo a un contratto a favore di terzi, ormai non più revocabile, stante la morte della stipulante; – che la rinuncia della Taloni al loculo n. 70, dove aveva fatto tumulare Audomia Rofena (e poi, nel corso del giudizio, il marito di costei Arduino Rescaldati), era invalidata per il mancato contemporaneo consenso degli altri aventi diritto; – che tuttavia non poteva essere ordinata la rimozione delle due salme, non avendo partecipato al giudizio gli eredi dei defunti; – che era stata ingiustificata l’opposizione della Taloni e dell’Arciconfraternita alla sepoltura in uno dei loculi di Andreina Nobili, cognata e quindi affine della fondatrice del sepolcro familiare; – che il fatto era teoricamente produttivo di danni, ma la relativa domanda di risarcimento non poteva essere accolta, non essendo stata offerta in proposito alcuna prova.
Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione l’Arciconfraternita di carità verso i trapassati, in base a tre motivi. Ha resistito con controricorso Franco Iacobelli, anche in qualità di procuratore generale di Anna e Matilde Iacobelli, esponendo altresì tre motivi di impugnazione in via incidentale, contrastati con distinti controricorsi dall’Arciconfraternita e da Ernesta Taloni. I ricorrenti principale e incidentale hanno depositato ognuno una propria memoria.
DIRITTO
In quanto proposti contro la stessa sentenza, i due ricorsi debbono essere riuniti.
Con i tre motivi addotti a sostegno di quello principale, tra loro strettamente connessi e da esaminare pertanto congiuntamente, l’Arciconfraternita di carità verso i trapassati innanzi tutto sostiene (formulando essa stessa il principio di diritto che a suo avviso questa Corte avrebbe dovuto enunciare, nel cassare la sentenza impugnata) che “può parlarsi di sepolcro familiare in presenza di un bene giuridico autonomo, collocato sopra o sotto il suolo cimiteriale, ove possano essere tumulate, nei singoli loculi che ne costituiscono parte non separabile, le salme dei defunti appartenenti alla famiglia del fondatore; mentre non può costituire un sepolcro familiare una pluralità di loculi collocati in un più ampio sepolcreto cui possono accedere persone anche non facenti parte della famiglia in quanto titolari del diritto di sepoltura in singoli loculi”: nella specie, secondo la ricorrente, l’alternativa tra sepolcro familiare ed ereditario, risolta dalla Corte di appello nel primo senso in base a una presunta volontà delle parti manifestata all’atto dell’assegnazione dei loculi, non poteva neppure porsi, a causa delle particolarità del caso concreto, trattandosi di tombe distinte e separate, collocate nell’ambito di un vastissimo sepolcreto accessibile a tutti, edificato dall’ente concessionario dell’area, il quale è l’unico titolare del diritto a mantenere la costruzione sul suolo cimiteriale, sicché sono configurabili soltanto singoli diritti a suo tempo acquistati da Mariangela Iacobelli, regolarmente trasmissibili per via successoria ed ora appartenenti quindi ad Ernesta Taloni. Sono pertanto erronee, secondo la ricorrente, le ulteriori statuizioni della sentenza impugnata (relative al diritto degli originari attori sui loculi oggetto della controversia, alla possibilità di collocarvi il corpo di Andreina Nobili, nonché alla nullità della rinuncia a quello utilizzato per la sepoltura di Audomia Rofena e Arduino Rescaldati ed è inoltre ingiustificata, oltre che contraddittoria con le premesse, la qualificazione degli atti di assegnazione come contratti a favore di terzi, come tali irrevocabili in seguito alla morte della stipulante.
La complessa censura non è fondata.
L’interpretazione data dal giudice di secondo grado alle assegnazioni di loculi dell’Arciconfraternita alla Iacobelli – come negozio unitario, avente ad oggetto l’insieme di quelle tombe e la loro destinazione ai congiunti dell’intestataria, indipendentemente dall’eventuale qualità di suoi eredi – è frutto di apprezzamenti eminentemente di merito, esenti da ogni possibilità di sindacato in questa sede, salvo che sotto i profili della violazione dei canoni di ermeneutica e della omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione: vizi tutti che solo formalmente sono stati denunciati dalla ricorrente, la quale in sostanza si è limitata ad opporre proprie diverse conclusioni a quelle cui il giudice di secondo grado è pervenuto prendendo compiutamente in esame ogni elemento rilevante (la contestualità degli atti di assegnazione, l’identità del loro contenuto, l’espressa previsione, di ognuno di essi, della “facoltà di far accogliere nel suddetto loculo numero (due, due, tre o quattro! salme di parenti miei e di mio fratello Angelo e loro affini da dimostrarsi come tali”, la contiguità delle tombe, che occupano un’intera colonna e parte di quella adiacente) e dando conto in maniera esemplarmente esauriente, argomentata e coerente delle relative sue valutazioni.
Né d’altra parte la fondazione di un sepolcro “familiare” è di per sè incompatibile, come si sostiene nel ricorso, con la circostanza che i loculi di cui si tratta sono compresi nel portico sepolcreto realizzato negli anni ‘50 dall’Arciconfraternita, su concessione del Comune di Roma. L’art. 71 del regolamento di polizia mortuaria approvato con il r.d. 21 dicembre 1942, n.1880, vigente all’epoca, prevedeva che il “diritto di uso” nelle sepolture “collettive”, costruite da “enti” su aree concesse loro nei cimiteri pubblici ai sensi del precedente art 68, fosse “riservato… alle persone regolarmente iscritte all’ente concessionario”, evidentemente nel presupposto che tale diritto venisse attribuito mediante la destinazione, ante o post mortem, di una (sola) tomba ad ogni associato. Invece l’Ariconfraternita di carità verso i trapassati, il 16 dicembre 1960, ha assegnato alla socia Mariangela Iacobelli contemporaneamente undici loculi con ventisei posti, di cui nove per la tumulazione o la traslazione di lei e di otto suoi congiunti, premorti o viventi, nominativamente indicati. Il conseguente problema della destinazione delle altre diciassette tombe è stato però risolto dalle stesse parti, mediante l’indicazione, quali aventi diritto alla sepoltura, dei “parenti” e “affini” dell’intestataria e di suo fratello Angelo (con la previsione di pagamenti differenziati secondo l’epoca di iscrizione all’ente), sicché è stata proprio l’Arciconfraternita non solo a consentire siffatta istituzione di un sepolcro tipicamente “familiare”, ma anche a prevederla in atti di cui è incontroverso il valore contrattuale, rendendola così reciprocamente vincolante per se stessa e per la Iacobelli: istituzione che ora la ricorrente afferma incompatibile con il proprio “diritto” di concessionaria, senza tuttavia né dedurre che essa contrasti con il relativo provvedimento costitutivo (al cui contenuto non viene fatto alcun cenno), né spiegare perché tale suo diritto possa essere pregiudicato, se si ritiene avvenuta la fondazione di un “sepolcro familiare”, anziché, secondo la sua tesi, l’acquisizione da parte di Mariangela Iacobelli di singoli iura sepulcri “regolarmente trasmissibili per via successoria”.
Avendo adottato la prima soluzione, correttamente poi la Corte di appello – in applicazione dei noti principi dell’irrinunciabilità e dell’indisponibilità, sia per atto tra vivi che mortis causa, dei diritti sul sepolcro familiare (cfr. da ultimo, Cass. 8 settembre 1998 n. 8851), ne ha fatto derivare le statuizioni cui si riferiscono le ulteriori doglianze, meramente consequenziali alla prima, formulate dalla ricorrente. In proposito, va solo precisato, ai sensi dell’art. 384 – 2 comma c.p.c., che in effetti le assegnazioni di cui si tratta non hanno dato luogo a un contratto a favore di terzi, divenuto irrevocabile in seguito alla morte della stipulante, come ha ritenuto il giudice di secondo grado; lo ius sepulcri, nel caso di tombe familiari, si acquista a titolo originario, iure sanguinis e non iure successionis, per il fatto stesso di trovarsi con il fondatore nel rapporto stabilito nell’atto costitutivo o desumibile dalle regole consuetudinarie e si trasforma in ereditario solo se e quando cessa la possibilità di sopravvenienza di altri nascituri aventi diritto, sicché il negozio per sua natura è ab initio irrevocabile.
Con il primo motivo del ricorso incidentale Franco Iacobelli lamenta che la Corte di appello abbia considerato la sua domanda principale come intesa all’accertamento di una simulazione per interposizione fittizia di persona nell’intestazione dei loculi a Mariangela Iacobelli anziché all’effettiva loro “ac-quirente” Bianca Lorenzini, mentre invece in realtà era stata dedotta una interposizione “obbligata” e “reale”.
La censura non può essere accolta, poiché non è sostenuta da un effettivo interesse. È evidente infatti che la sentenza di secondo grado, riconoscendo che Franco, Anna e Matilde Iacobelli hanno “pari diritto”, con la cugina Ernesta Taloni, sul sepolcro familiare fondato da Mariangela Iacobelli, ha soddisfatto ed esaurito le esigenze di tutela prospettate con l’atto introduttivo del giudizio: non si vede – né è stato indicato – un qualche ulteriore o maggiore risultato utile, che possa derivare agli originari attori dall’eventuale accertamento che Mariangela Iacobelli, in ipotesi, si fosse obbligata a trasferire alla madre Bianca Lorenzini la titolarità dei loculi di cui aveva ottenuto l’assegnazione e che aveva destinato alla sepoltura dei parenti e affini suoi e del fratello Angelo.
Il secondo motivo del ricorso incidentale si riferisce all’ordine, rivolto dalla Corte di appello all’Arciconfraternita di carità verso i trapassati e a Ernesta Taloni, di consentire la traslazione della salma di Andreina Nobili indeterminatamente in “uno” (qualsiasi dei loculi, mentre specificamente era stato chiesto che la pronuncia riguardasse quello recante il n. 56.
Anche questa doglianza va disattesa. Dalle deduzioni dello stesso ricorrente risulta che il corpo di Andreina Nobili e il posto rimasto libero nel loculo n. 56 non hanno formato oggetto di uno degli “abbinamenti”, tra determinate tombe e persone, che la fondatrice del sepolcro aveva prestabilito, rimettendo quindi gli altri “abbinamenti” a quegli accordi che in questo campo, non disciplinato dalla legge, di regola intervengono tra gli interessati e che un minimo di “civiltà” e di pietà verso i defunti, se non l’affectio parentalis, permette normalmente di raggiungere. Mancava pertanto un fondamento negoziale o legale, che consentisse al giudice di secondo grado, dopo aver riconosciuto il diritto degli appellanti di collocare il corpo della madre in uno dei loculi, di statuire anche in ordine a quello da utilizzare: correttamente tale individuazione è stata rimessa in primis agli accordi di cui si è detto, ferma restando la necessità di provvedere, in difetto, ai sensi dell’art. 612 c.p.c.
Con il terzo motivo del ricorso incidentale Franco Iacobelli si duole del rigetto, per difetto di prova, della propria domanda di risarcimento di danni, rilevando che essa era stata formulata per ottenere una pronuncia di condanna generica, con richiesta di rimessione della causa in istruttoria per la quantificazione: il giudice di secondo grado sarebbe quindi incorso in una “svista, sul piano giuridico”, dato che l’art. 278 c.p.c. espressamente prevede la possibilità di una “condanna generica alla prestazione”.
Neppure questa censura è fondata. La Corte di appello ha riconosciuto che l’impedimento opposto da Ernesta Taloni e dall’Arciconfraternita di carità verso i trapassati alla sepoltura di Andreina Nobili nel sepolcro familiare fondato dalla cognata costituiva “un fatto teoricamente produttivo di danno”, ma ha respinto la domanda di cui si tratta, “nessuna prova essendo stata offerta in ordine alla sussistenza in concreto del danno medesimo”.
Il giudice di secondo grado si è dunque uniformato al principio, costantemente affermato da questa Corte e ribadito, tra le più recenti, da Cass. 20 novembre 1996 n. 10220 e 18 aprile 1997 n. 3356, secondo cui “la richiesta di sentenza non definitiva di condanna generica con prosecuzione del processo per la liquidazione non esonera l’attore all’atto della rimessione della causa collegio dall’onere di formulare integralmente i temi ed i mezzi di prova dei quali intende avvalersi per la determinazione del danno secondo la disciplina generale fissata dagli articoli 187 e 189 cod. proc. civ., con la conseguenza che in difetto di tali deduzioni probatorie la domanda deve essere respinta in base ai principi dell’onere della prova”.
In conclusione, entrambi i ricorsi vanno rigettati.
Le spese del giudizio di legittimità, stante la reciproca soccombenza delle parti e la ricorrenza di giusti motivi, vengono compensate.
Il controricorso di Ernesta Taloni è stato presentato in base a una procura rilasciata invalidamente (cfr., da ultimo, Cass. 27 gennaio 1998 n. 788) in calce alla copia notificata del ricorso incidentale.
Non se ne è pertanto tenuto conto, né può essere presa in esame la richiesta, formulata nell’atto, di cancellazione di alcune espressioni ritenute offensive, contenute negli scritti difensivi di Franco Iacobelli.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; li rigetta entrambi; compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 20 novembre 1998.

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