Cassazione civile, Sez. I, 21 ottobre 1991, n. 11133

Norme correlate:
Capo 10 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Art 338 Regio Decreto n. 1265/1934

Massima:
Cassazione civile, Sez. I, 21 ottobre 1991, n. 11133
Posto che i vincoli legali di inedificabilità non possono essere derogati dai piani urbanistici, i quali costituiscono fonte normativa di grado inferiore, una tavola del piano regolatore o una norma dello stesso non posso derogare al divieto di edificabilità previsto dalla normativa sulle fasce di rispetto cimiteriale.

Testo completo:
Cassazione civile, Sez. I, 21 ottobre 1991, n. 11133
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Giuseppe SCANZANO Presidente
” Antonio SENSALE Consigliere
” Vincenzo CARBONE Rel. ”
” Giovanni OLLA ”
” Ernesto LUPO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
COMUNE DI ALTAMURA, in persona del Commissario Straord. P.T., elett.
dom. in Roma, Via dell’Olmata 300 c-o studio Avv. P. Cippone,
rappr.to e difeso dagli Avv.ti Lucia Tragni e Vincenzo Spagnolo,
giusta del. margine ric.
Ricorrente
contro
MAIULLARI GIOVANNI, elett. dom. in Roma, Via C. Poma, 2 c-o Studio
Assennato, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giuseppe Tucci e
Filippo Barone, giusta del. margine C-ric.
Controricorrente
Avverso sent. n. 235 della C.A. di Bari del 28 marzo 1988.
Sono presenti per il ricorr. l’avv. Spagnuolo.
Per il res. l’avv. Tucci.
Il Cons. Carbone svolge la relazione.
La difesa del ricorr. chiede accoglimento.
La difesa del res. chiede il rigetto.
Il P.M. Dott. Renato Golia per accoglimento p.q.r. del 1 motivo
assorbito il 2.
FATTO
Giovanni Maiullari, premesso che il Comune di Altamura aveva occupato d’urgenza nel 1976 mq. 8.800 di un suolo di sua proprietà, sito nell’immediata periferia dell’abitato al fine di ampliare l’adiacente cimitero convenne l’amministrazione comunale davanti al Tribunale di Bari, con atto del 30.8.1983, chiedendo il risarcimento del danno conseguente all’intervenuta irreversibile perdita del suolo divenuto parte integrante dell’opera pubblica.
Instauratosi il contraddittorio, l’adito Tribunale con sentenza del 10.6.1986 ridusse la superficie occupata a mq-7.052, determinò il valore in L. 12.000 = al mq., condannando il comune al pagamento della somma di L. 107.624.000 =, oltre interessi e svalutazione.
Propose gravame principale l’Amministrazione comunale, ma la corte d’appello, con sentenza 28.3.1988 respinse la predetta impugnazione, riaffermando la natura edificatoria del suolo nonostante fosse situato nella fascia di rispetto cimiteriale, come tale inedificabile, non tanto per l’edificabilità interna propria dei cimiteri, ma per la vicinanza del suolo alla periferia dell’abitato che ne esclude la vocazione agricola. Da questa impostazione, la Corte derivò l’ulteriore corollario del risarcimento del danno di lire 4 milioni per il deprezzamento della residua superficie del suolo, nonché la determinazione di L. 1.146.000 = come indennità per l’occupazione legittima. La Corte territoriale accolse, invece, l’appello incidentale, liquidando l’ulteriore danno da svalutazione sulle somme liquidate nella sentenza in ragione del 6%.
Avverso questa decisione l’Amministrazione comunale di Altamura propone ricorso sulla base di due motivi. Resiste con controricorso il Maiullari. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
DIRITTO
Con il primo motivo del proposto ricorso l’Amministrazione comunale censura l’impugnata sentenza per violazione della normativa che impone fasce di rispetto e quindi di inedificabilità rispetto ai suoli limitrofi al cimitero, nonché insufficiente motivazione su un punto decisivo.
La questione che si pone all’esame del collegio è la rilevanza, ai fini della determinazione del valore di un suolo del vincolo di inedificabilità, vincolo non derivante da piano urbanistico, né necessariamente preordinato o finalizzato ad una successiva espropriazione, ma scaturente da specifiche leggi che impongono siffatti vincoli per ragioni di interesse generale, quali appunto ragioni di sicurezza o di sanità pubblica. Si pensi all’art. 41 septies, della legge urbanistica, aggiunto dall’art. 19 della legge 765-1967 al successivo D.M. 1.4.1968 nonché all’art. 9 della legge 24.7.1961 n. 729 (piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali) che fissano fasce di inedificabilità senza indennizzo di 60 metri dal ciglio stradale, se si tratti di un’autostrada, di 40 per strade di grande comunicazione, di 30 per strade di media importanza fino al limite di 20 metri per strade di interesse locale.
Si pensi ai limiti di inedificabilità, senza indennizzo, per la presenza di strade ferrate (art. 235 l. 20.3.1865 all. F), di aeroporti statali o privati aperti al traffico (artt. 714-717 cod. nav.), di servitù stabilite da leggi speciali (art. 46, co. 3 legge 25.6.1865 n. 2359). Lo stesso art. 338 T.U. 27.7.1934 n. 1265 della legge sanitaria, così come modificato dalle leggi 4.12.1956 n. 1428 e 17.10.1957 n. 983, al primo comma sancisce una fascia di rispetto di 200 metri, vietando di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici o di ampliare quelli preesistenti. La stessa fascia di rispetto è ribadita e riconfermata dall’art. 57 del d.p.r. 21.10.1975 n. 803 che è il regolamento di polizia mortuaria, all’epoca vigente ed oggi sostituito dal D.P.R.. 10.9.1990 n. 285.
Proprio in relazione a questi vincoli, che derivano dalla programmazione e dalla pianificazione urbanistica, ma sono espressamente sanciti, nell’interesse pubblico, con leggi speciali che prevedono apposite fasce di inedificabilità, senza alcun indennizzo, la Corte costituzionale, con sentenza del 22 giugno 1971 n. 133, ebbe a dichiarare la piena costituzionalità di queste normative e l’inesistenza di ogni contrasto con gli artt. 3 e 42 Cost.
Tanto premesso, poiché nel caso di specie il Comune di Altamura non si è avvalso della normale procedura amministrativa, ma ha lasciato scadere i termini dell’occupazione legittima, procedendo ugualmente all’ampliamento del cimitero, durante la occupazione sine titulo, senza provvedere a far emettere il relativo decreto di esproprio, ritiene il collegio che il problema del valore del suolo, già facente parte della fascia di rispetto, debba risolversi in conformità di propri precedenti, in base ai quali il valore del suolo in questione, non può assolutamente valutarsi come edificatorio anche se nella zona esistono costruzioni illegittimamente realizzate (Cass. 1.8.1980 n. 4908 – stante il predetto vincolo assoluto di inedificabilità ex lege direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto – ma neppure deve necessariamente valutarsi come agricolo, dovendo, invece, consentirsi alla parte di poter dimostrare, quando ne ricorrano le condizioni, che il valore agricolo del suolo sia mutato in conseguenza di una diversa destinazione dello stesso, ugualmente compatibile con la predetta non edificatorietà, come parcheggio, presenza di chioschi o di altre strutture mobili per la vendita di fiori o di altre merci (Cass. 25.2.1987 n. 1988; 16.3.1987 n. 2685).
Le non edificatorietà del suolo destinato a fascia di rispetto cimiteriale discende direttamente dall’esistenza stessa del vincolo sancito in apposita legge per la tutela di interessi generali come sicurezza o sanità. Nè vale in contrario rilevare, come pure si è tentato, che nell’ipotesi di ampliamento del cimitero comunale con occupazione delle precedenti fasce di rispetto, i suoli già privati e non edificabili, acquistando il carattere di demanialità necessaria propria del cimitero, in base al disposto del capoverso dell’art. 824 c.c., sarebbero suscettibili di eventuale attività edificatoria (loculi, nicchie, cappelli cimiteriali) da parte del Comune stesso o di privati su concessione della amministrazione comunale. Ed infatti è sufficiente considerare, secondo la giurisprudenza formatesi sulla norma-frammento contenuta nel vecchio art. 39 legge 2359-1865, la preminenza del valore di mercato commerciale del suolo rispetto a quello connesso alla sua condizione giuridica; ed il valore commerciale tra privati, in una libera compravendita se può certamente tener conto di un maggior o più intenso utilizzo del bene rispetto a quello agricolo per la destinazione a parcheggio, a localizzazioni di strutture mobili, non è assolutamente scalfito dalla possibilità edificatoria rimessa non a qualsiasi privato, ma al solo Comune e solo dopo che il suolo stesso sia divenuto parte integrante del cimitero e cioè del bene demaniale comunale ex-art. 824 c.c., su cui i privati non possono ovviamente vantare alcun diritto se non di tipo concessorio.
La riconosciuta inedificatorietà ex-lege e la conseguente esclusione della valutabilità del bene come edificatorio non comporta, come pure si è sostenuto, che i suoli stessi ricadenti nelle fasce di rispetto cimiteriale debbano necessariamente qualificarsi e valutarsi come agricoli sol perché tertium non datur.
Da tempo infatti la giurisprudenza ritiene che i terreni obiettivamente suscettibili di sfruttamento per cava o per altre utilizzazioni, diverse da quella agricola pur senza raggiungere i livelli dell’edificatorietà, abbiano una valutazione di mercato che rispecchia queste possibilità di utilizzazione intermedie tra l’agricola e l’edificatoria, anche nell’attuale inerzia da parte del proprietario (Cass. 18.12.1980 n. 6550), con la precisazione che di siffatta utilizzazione intermedia la prova deve essere comunque fornita dal privato il cui suolo è divenuto irreversibilmente parte integrante dell’opera pubblica.
Sgombrato il campo dalla possibilità di valutare la fascia di rispetto cimiteriale come suolo edificatorio, occorre ora stabilire la profondità, in quanto come sostiene il comune ricorrente, l’inedificabilità riguarda l’intera porzione del fondo occupato.
Anche questa censura è fondata. Ed infatti, i vincoli legali di inedificabilità non possono essere derogati dai piani urbanistici, e quindi nella specie della norma tecnica di attuazione dell’art. 32 del p.r.g. di Altamura. L’unica deroga possibile è quella prevista nella stessa legge che ha sancito l’inderogabilità del vincolo e che richiede un apposito procedimento che garantisce con tempi e modi prefissati la ponderata valutazione dell’interesse pubblico. Ed infatti, l’art. 338, 1 co. del t.u. della legge sanitaria, demanda al prefetto il compito di autorizzare, sulla base di speciali situazioni locali e sull’impossibilità di provvedere altrimenti, l’ampliamento di cimiteri a meno di duecento metri da preesistenti centri abitati.
Inoltre, il comma quinto della stessa norma, sul punto modificato dall’art. 1 della legge 17.10.1957 n. 893, prevede espressamente una possibilità di riduzione della fascia di rispetto, ma richiede un provvedimento prefettizio di modifica, fondato su gravi e giustificati motivi e sull’inesistenza di controindicazioni igieniche, nonché subordinato ad una motivata richiesta del consiglio comunale deliberata a maggioranza assoluta dei consiglieri in carica – ed al previo conforme parere del Consiglio provinciale di sanità. Come si evince dallo stesso contesto normativo, il delineato procedimento che assicura una corretta e ponderata valutazione del pubblico interesse è presupposto indispensabile per l’eventuale riduzione della fascia di rispetto. Non essendo stata provata l’esistenza del predetto provvedimento prefettizio, neppure aliunde attraverso l’espletata consulenza tecnica, e non essendo possibile, in un sistema di gerarchia delle fonti, come il nostro, che una tavola del piano regolatore o una norma di attuazione dello stesso piano regolatore, possa derogare una disposizione di legge, anche questa parte della decisione impugnata non merita di essere condivisa. Infatti, al più il piano regolatore, ove fosse stato adottato con una delibera del consiglio comunale a maggioranza assoluta dei consiglieri potrebbe valere quale motivata richiesta del consiglio comunale, ma non potrebbe mai sostituirsi al provvedimento prefettizio che è l’unica possibilità di deroga prevista dalla legge con esclusione, pertanto, di ogni forma di automatismo. Infine, il regolamento di polizia mortuaria del 21.10.1975 n 803 all’art. 57, non modificato sul punto dal più recente d.p.r. 10.9.1990 n. 285 distingue tra fasce di rispetto di cimiteri preesistenti e fasce di rigetto di cimiteri dopo l’avvenuto ampliamento, ribadendo per i primi, che sono poi quelli che interessano la fattispecie, la puntuale applicazione del predetto art. 338 della legge sanitaria.
Applicando questi principi al caso di specie ne consegue che la sentenza della Corte barese relativa all’ampliamento del cimitero comunale mediante l’occupazione del suolo del Maiullari già ricadente nella precedente fascia di rispetto di 200 metri, debba essere cassata per aver erroneamente determinato il risarcimento del danno per la perdita del bene, come le altre indennità sulla base del valore edificatorio del terreno.
Con il secondo motivo del proposto ricorso l’Amministrazione comunale censura l’impugnata sentenza per vizio di extrapetizione, per aver cioè liquidato in sede di gravame l’ulteriore danno da svalutazione monetaria, senza espressa domanda e per un ammontare superiore all’effettiva inflazione.
La censura è infondata. La giurisprudenza è infatti consolidata nel ritenere inammissibile in grado di appello un’apposita domanda di rivalutazione di un debito pecuniario per il quale vige il principio nominalistico, con la conseguenza che la domanda di rivalutazione non può considerarsi come un naturale accessorio della domanda di adempimento (Cass. 3.5.1986 n. 3017). Ma, nella specie, trattasi di controvalore del suolo perduto per la realizzazione dell’ampliamento del cimitero che è debito di valore (anche se non necessariamente risarcitorio: cfr. Cass. 11.7.1990 n. 7210; 20.6.1990 n. 6209) per cui la rivalutazione può essere chiesta anche in grado di appello e concessa dal giudice anche d’ufficio (17.1.1983 n. 856). Quanto poi all’ammontare percentuale, trattasi di una valutazione di fatto che sfugge ad ogni riesame in questa sede.
L’accoglimento del primo motivo importa la cassazione con rinvio della sentenza impugnata in relazione al mezzo accolto.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese di questa fase.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo del ricorso, rigetta il secondo.
Cassa, in relazione al mezzo accolto, la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari anche per le spese di questa fase.
Così deciso in Roma addì 21.11.1990 nella camera di consiglio della prima sezione civile.

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