Cassazione civile, Sez. I, 16 marzo 1987, n. 2685

Norme correlate:
Capo 10 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Art 338 Regio Decreto n. 1265/1934

Massima:
Cassazione civile, Sez. I, 16 marzo 1987, n. 2685
Ai fini dell’indennità di espropriazione, un terreno posto nella fascia di rispetto di un cimitero può essere valutato in misura superiore a quella dei suoli agricoli, quando la zona sia inclusa nel perimetro urbano del comune di appartenenza, siano state frequentemente rilasciate costruzioni in deroga e per terreni analoghi risultino essere stati pagati prezzi non corrispondenti ad una sua destinazione agricola, considerato anche che il suolo può avere utilizzazioni diverse sia da quella agricola che da quella edificatoria (come parcheggio o giardino).

Testo completo:
Cassazione civile, Sez. I, 16 marzo 1987, n. 2685
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Giuseppe SCANZANO Presidente
” Francesco Paolo ROSSI Consigliere
” Domenico MALTESE ”
” Pietro PANNELLA ”
” Luigi CATAMO Rel. ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
CONSORZIO AUTOSTRADA MESSINA CATANIA, in persona del Presidente p.t.
elett. dom. in Roma Via E. Tazzoli n. 2 presso avv. Giancarlo Navarra
(studio avv. Giordano), rapp. e difeso dall’Avv. Enzo Silvestri come
da mandato a margine del ricorso;
Ricorrente
contro
CALABRÒ Giuseppe, elett. dom. in Roma presso la Cancelleria della
Corte, rapp. e difeso dall’Avv. Francesco Bruschetta come da mandato
a margine del controricorso;
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina in data
19.7-27.9.83 n. 233.
Sentita la rel. del Cons. dott. Luigi Catamo,
per il ric. l’avv. Silvestri
Sentito il P.M. dott. Mario Caristo che conclude per il rigetto del
ricorso.
FATTO
Nell’interesse del Consorzio per l’Autostrada Messina-Catania si procedette nei confronti di Giuseppe Calabrò alla espropriazione di un appezzamento di terreno di sua proprietà, esteso 1220 metri quadrati, riportato in catasto alla parcella 131 sub 6 del foglio 3, art. 2722, del comune di Taormina.
Contro la stima della relativa indennità, determinata in L. 20.000 per metro quadrato con decreto prefettizio notificato il 9-3-72, il predetto Consorzio propose opposizione con atto di citazione del 31 dello stesso mese, rilevando che essa era eccessiva, ed in particolare che, nella sua determinazione, non si era tenuto conto che si trattava di terreno non edificabile, perché situato alla distanza di 100 metri del locale cimitero.
Il Calabrò, che nel frattempo aveva provveduto anche lui a proporre opposizione, contestò la domanda avversaria e propose, a sua volta, domanda riconvenzionale, sostenendo, viceversa, che l’indennità liquidata era insufficiente, tenuto conto del fatto che il terreno espropriato faceva parte di un complesso alberghiero, ed aggiungendo che si era omesso di stabilire l’indennità per il deprezzamento del terreno residuo e quella per l’occupazione legittima ed illegittima del fondo.
Il Tribunale di Messina, riuniti i due procedimenti ed eseguita consulenza tecnica, con sentenza del 17-2 9-5-75, ritenne il terreno espropriato destinato all’edilizia, determinando l’indennità di espropriazione in L. 30.500.000 (L. 25.000xmq. 1220). Stimò che i restanti mq 3240 del fondo erano rimasti deprezzati nella misura del 10% del loro valore, determinando in L. 8.100.000 la relativa indennità. Condannò, quindi, il Consorzio a depositare, in aggiunta alla somma già messa a disposizione del proprietario (L. 30.800.000), l’importo di L. 7.720.000, con gli interessi legali alla data del versamento della predetta somma.
Contro la sentenza del Tribunale proposero impugnazione tanto il Consorzio (in via principale) che il proprietario (in via incidentale); e la Corte d’Appello di Messina, eseguita una nuova consulenza tecnica, con sentenza del 19-7 27-9-83, confermò la decisione impugnata in ordine alla destinazione edilizia attribuita al fondo ed alla determinazione della indennità di espropriazione; ridusse, in vece, all’8% il deprezzamento della parte residua del fondo, abbassando a L. 6.488.000 la somma spettante a tale titolo al proprietario; riconobbe, infine, l’indennità di occupazione reclamata dal proprietario, determinandola in L. 3.698.800 per i primi due anni ed in L. 1.387.050 per i restanti 10 mesi, rivalutando quest’ultima del 50%.
Il giudice d’appello, nel riaffermare la destinazione edilizia del fondo in questione, rigettando sul punto il gravame proposto dal Consorzio, osservava che “giusta quanto accertato dal consulente tecnico, il terreno (oggetto del processo) rientrava, alla data del 21-1-72, epoca dell’espropriazione, nel centro urbano di Taormina, tracciato con deliberazione n. 211 del 31-3-70, e (doveva) essere qualificato come edificabile tenuto anche conto del fatto che aveva una giacitura poco acclive. La distanza di m. 73,50, nel punto più vicino, dal locale cimitero non impedì (va) tale qualifica, giacché parecchi complessi urbani, di rilievo, erano stati realizzati e resi agibili a distanza inferiore a quella sopra indicata ed a quella di m. 200 prevista dalla legge ed era già in gestazione l’adozione del provvedimento (deliberato dal Consiglio Comunale il 6-9-72), con cui, alla distanza di pochi mesi dalla espropriazione, è stato ridotto a m. 50 dal cimitero il vincolo di inedificabilità. Tanto meno il vincolo paesaggistico, esistente per tutto il territorio di Taormina, poteva avere riflessi negativi, tanto che lo (stesso) Calabrò aveva potuto ottenere l’approvazione del progetto di ampliamento dell’albergo di sua proprietà ed il nulla osta della Soprintendenza ai Monumenti della Sicilia Orientale. Inoltre equo ed adeguato (doveva) ritenersi il valore di 25.000 lire al metro quadrato, stabilito dal Tribunale per il terreno in questione, (con riguardo all’)epoca della espropriazione, sulla base del valore in comune commercio di simili immobili, fatti oggetto di trasferimento ed indicati dal consulente”, che il giudice d’appello passava in rassegna minutamente.
Contro la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione il Consorzio per l’Autostrada Messina-Catania in base ad un unico motivo, con cui denuncia difetto di motivazione sulla ritenuta edificabilità del suolo espropriato, rilevando che essa non può essere affermata né in base all’esistenza di altri fabbricati già costruiti nella zona soggetta a vincolo cimiteriale, né in base alla prevista riduzione di tale zona.
Il Calabrò ha resistito con controricorso, valorizzando, invece, siffatte ragioni giustificatrici del confermato riconoscimento della sua pretesa.
Il resistente ha presentato memoria.
DIRITTO
Entrambe le censure mosse dal ricorrente con l’unico motivo di ricorso, anche se coerenti con principi già affermati da questa Corte, sono in definitiva ininfluenti.
È stato, infatti, affermato che, se un terreno è oggettivamente inedificabile, non vale a renderlo edificabile la sua destinazione di fatto a tale uso (Cass., Sez. 1, 4-8-77, n. 3482; Cass., Sez. 1, 1-8-89, n. 4908); non mancano tuttavia pronunzie di segno contrario, essendosi pure ritenuto che un terreno può essere qualificato edificatorio anche quando, per il frequente rilascio di licenze di costruzione in deroga, la zona venga a risultare di fatto destinata all’edificazione. È altresì vero che nella specie la classificazione postuma della zona come edificabile è irrilevante ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, dovendosi avere riguardo a questo effetto al momento della verificazione dell’evento ablativo, a parte che la “motivata richiesta del consiglio comunale” di riduzione dell’ampiezza della zona di rispetto di un cimitero costituisce solo il momento iniziale del relativo procedimento (art. 338 del testo unico delle leggi sanitarie), e non il provvedimento conclusivo, che è invece di competenza del prefetto.
Tuttavia, siccome ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione ex art. 39 L. 25-6-1965, n. 2359, è rilevante, non il dato giuridico, ma quello economico, consistendo il parametro di riferimento “nel giusto prezzo che a giudizio dei periti avrebbe avuto l’immobile in una libera contrattazione di compravendita”, i rilievi critici mossi dal ricorrente sono senza effetto sulla decisione impugnata, la quale risulta fondata, oltre che sui due elementi confutati dal ricorrente, anche, e soprattutto, su altre ragioni che non sono oggetto di censura, cioè sulla inclusione della zona oggetto della controversia nel perimetro urbano del comune di appartenenza (Taormina), nonché sui prezzi reali che per terreni analoghi risultavano pagati nel medesimo contesto ambientale e cronologico. Elemento, questo, che, indipendentemente dalla questione giuridica dell’edificabilità del suolo, dà la misura inconfutabile dei valori oggettivi correnti sul mercato, che sono gli unici rilevanti al fine in questione, anche per la possibilità di utilizzazioni del suolo diverse sia da quella agricola che di quella abitativa (parcheggio, giardino o altro del genere), cui ha fatto riferimento il resistente nel controricorso, particolarmente rilevanti nella fattispecie, atteso che nella restante parte del fondo dell’interessato sorge un complesso alberghiero, ampliato – come si legge nell’impugnata sentenza – in base a progetto che aveva conseguito anche il nulla osta della Sopraintendenza ai Monumenti.
Il ricorso va, quindi, rigettato e il ricorrente condannato al rimborso in favore del resistente delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in L. 1.265.000, di cui L. 1.200.000 per onorario.
Roma, 31-10-1986.

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