Cassazione civile, Sez. III, 12 maggio 1993, n. 5416

Norme correlate:
Art 2043 Regio Decreto n. 262/1942

Massima:
Cassazione civile, Sez. III, 12 maggio 1993, n. 5416
Le spese funerarie che costituiscono debito di valuta nei rapporti fra committente e l’impresa che si sia occupata delle onoranze funebri, peraltro, allorché se ne riconosca la derivazione causale di un illecito, rientrano nell’ambito del danno extracontrattuale, per cui deve essere loro riconosciuta la natura di debito di valore, come tale soggetto a rivalutazione monetaria.

Testo completo:
Cassazione civile, Sez. III, 12 maggio 1993, n. 5416
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Antonio IANNOTTA Presidente
” Matteo CAMPANILE Consigliere
” Gaetano NICASTRO Rel. ”
” Vittorio DUVA ”
” G. Battista PETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti
Ric. n. 8545-89
da
S.I.A.D. – SOCIETÀ ITALIANA ASS.NI DANNI S.P.A., in persona dei suoi
legali rappresentanti pro-tempore, elett.te dom.ta in Roma, via
Sommeiller n. 40-1, presso lo studio dell’avv. Antonio Gurgo, rappr.
e difesa dall’avv. Erasmo Augeri, per mandato a margine del ricorso.
Ricorrente
contro
AVALLONE ASSUNTA, PENNA GIUSEPPINA, PENNA VINCENZO, PENNA ALDO,
DORIANO FRANCESCO e LAVANO MATTEO
Ric. n. 10.533-89:
DORIANO FRANCESCO, elett.te dom.to in Roma, presso la Cancelleria
della Corte di Cassazione, rappr. e difeso dall’avv. Ugo Aveta, con
studio in Napoli, via Ferdinando Del Carretto n. 26, per mandato in
calce al controricorso.
Controricorrente e ricorrente incidentale
contro
S.P.A. SIAD, AVALLONE ASSUNTA, PENNA GIUSEPPINA, PENNA VINCENZO,
PENNA ALDO e LAVANO MATTEO
Intimati
Ric. n. 10.852-89:
AVALLONE ASSUNTA, PENNA GIUSEPPINA, PENNA VINCENZO, PENNA ALDO,
elett. dom.i in Roma, V.le delle Milizie n. 38, presso lo studio
dell’avv. Rosaria Gulotta, rapp.ti e difesi dagli avv. Enzo Liguori e
Raffaele Rascio, sia unitamente che disgiuntamente, giusta procura a
margine del controricorso.
Controricorrenti e ricorrenti incidentali
contro
S.P.A. SIAD, DORIANO FRANCESCO e LAVANO MATTEO
Intimati
Visto il ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli
del 10.5-10.6.1989, (R.G. n. 1234-87);
Udito il cons. relatore dott. Gaetano Nicastro, nella pubblica
udienza del 28.10.1992;
È comparso l’avv. A. Gurgo, per delega dell’avv. E. Augeri,
difensore della ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
principale ed il rigetto degli altri.
Sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. dott. Buonaiuto,
il quale ha concluso per il rigetto del primo e terzo motivo del
ricorso principale; accoglimento per quanto di ragione, del secondo,
assorbito il quarto, accoglimento del primo e secondo motivo del
ricorso incidentale Avallone, assorbito il terzo e l’incidentale
Doriano.
FATTO
Con sentenza in data 17.12.1986-21.3.1987 il Tribunale di Napoli condannava in solido Doriano Francesco, Lavano Matteo e la s.p.a.
S.I.A.D., nella rispettiva qualità di conducente, proprietario ed assicuratore del camion targato NA G47771, al risarcimento del danno subito da Avallone Assunta, Penna Giuseppina, Penna Vincenzo e Penna Aldo, per la morte del loro rispettivo marito e padre Penna Ciro, a seguito dell’incidente stradale verificatosi nell’ambito della zona portuale di Castellammare di Stabia il 20.8.1982.
La Corte di Appello di Napoli, dinanzi alla quale proponevano impugnazione la S.I.A.D., l’Avallone ed i fratelli Penna – limitandoci qui alle problematiche coinvolte nei motivi di ricorso -, riteneva ed affermava: a) l’irrilevanza dell’accertamento del massimale di polizza, essendo la S.I.A.D. tenuta anche oltre il massimale, stante il suo grave inadempimento; b) che andava ulteriormente disattesa la pretesa dei danneggiati di vedere calcolati, fra i redditi del loro congiunto, gli onorari percepiti per le consulenze espletate, “in quanto dalla certificazione esibita non emerge(va) la natura fissa di quei redditi la sua aleatorietà (sic), in quanto percepiti solo per un anno”; c) di dover aggiornare all’attualità la liquidazione del Tribunale, moltiplicando la somma di L. 67.466.000, riconosciuta alla vedova, e quella di L. 25.948.000, attribuita al figlio Aldo, per il coefficiente 1,6694, con un totale, rispettivamente, di L. 112.627.000 e di L. 43.318.000, dal quale andavano dedotte le provvisionali, di L. 10.000.000 per ciascuno, residuando così L. 102.627.000 e L. 33.318.425; con lo stesso coefficiente per la somma di L. 5.189.700 riconosciuta a ciascuno degli altri figli; applicando, infine, il coefficiente 1,1389, corrispondente alla svalutazione intervenuta tra le due sentenze, al danno morale; d) le spese funerarie, liquidate in L. 2.000.000, non andavano rivalutate, trattandosi di debito di valuta e non essendo stata data prova di maggiori danni ex. art. 1224 c.c.; e) andava disattesa la richiesta di maggiorazione delle spese del giudizio: l’aumento del 10% per spese generali e del 20% per ognuna delle parti difese era attribuito, infatti, al potere discrezionale dell’organo giudicante.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la S.I.A.D., affidandolo a quattro motivi.
Resistendo al controricorso, tanto l’Avallone ed i Penna che il Doriano hanno proposto, a loro volta, ricorso incidentale (condizionato per il Doriano).
DIRITTO
1. – I ricorsi, principale (n. 8545-89) ed incidentali (nn. 10.533-89 e 10.852-89), vanno, anzitutto, riuniti.
2. – Con il primo motivo, la S.I.A.D. denuncia la violazione e-o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.
Premesso di non aver potuto esibire la polizza in quanto non consegnata dall’agente, col quale erano stati interrotti da tempo i rapporti, la società ricorrente lamenta che la Corte di merito, affermando ch’essa ricorrente era tenuta al risarcimento anche al di là del massimale, avrebbe lasciato irrisolte le lagnanze avanzate nell’atto di appello, circa l’onere della sua prova e l’ammissibilità di quelle dedotte.
Il motivo è chiaramente connesso al terzo, col quale, in relazione alle medesime norme processuali, la S.I.A.D. assume essere stato violato e-o falsamente applicato l’art. 2697 c.c..
Incomberebbe agli attori, infatti, i quali avevano richiesto la condanna senza alcun limite, dimostrare che la copertura assicurativa andava oltre i limiti minimi di legge. La deroga apportata dal legislatore al principio che del contratto di assicurazione possono giovarsi solo i contraenti, sarebbe contenuta entro i limiti dell’obbligo assicurativo, e cioè nei limiti minimi o, al massimo, dei massimali di polizza non controversi, mentre riprenderebbe vigore oltre tali limiti.
Qualora il danneggiato o chiunque altro assuma, nel suo interesse, di dover essere garantito oltre tali limiti, incomberebbe su di lui o su chiunque vi abbia interesse – come sull’assicurato che intenda riavere una più ampia tutela economica – provare l’estensione dell’obbligazione dell’assicuratore.
La mancanza del contratto non potrebbe comportare una garanzia illimitata, come affermato dal Tribunale ed implicitamente dalla Corte, una volta che né il gruppo Avallone-Penna, né il Doriano avevano provato alcunché.
Esistendo, infine, un principio di prova scritta, “rappresentato dai documenti evidenziati”, in particolare dal pagamento del premio in relazione agli importi assicurati, andavano comunque ammessi i mezzi istruttori richiesti, diretti alla verificazione di un dato contrattuale controverso.
Il problema dell’onere della prova forma oggetto del ricorso incidentale condizionato del Doriano, il quale afferma – unitamente agli altri controricorrenti – che lo stesso incombe sulla S.I.A.D., trattandosi di un’eccezione, volta a limitare il suo obbligo risarcitorio, come aveva già riconosciuto il Tribunale, sottolineando, inoltre, che la prova dev’essere data, ex art. 1888 c.c., documentalmente citando Cass. 23.4.1983, n. 2823. Anch’egli fa riferimento alla possibilità di correzione della sentenza sul punto.
Come si evince dalla esposizione in fatto, la Corte di merito ha ritenuto di superare il problema della prova del massimale di polizza affermando che, in ogni caso, l’assicuratore avrebbe dovuto rispondere anche oltre il massimale.
Il principio implicitamente affermato – della conseguente irrilevanza di quell’accertamento – non appare, tuttavia, logicamente nè giuridicamente corretto.
L’accertamento del massimale di polizza costituisce, in ogni caso, un prius logico rispetto a quello del ritardo ingiustificato del risarcimento o della cd. mala gestio della lite. L’assicuratore è infatti, anzitutto, tenuto al risarcimento in forza del contratto di assicurazione e nei limiti di questo; solo in subordine, anche se pur sempre in dipendenza degli obblighi che da quel contratto discendono, è tenuto a tenere indenne l’assicurato ed il danneggiato da quei maggiori danni derivanti da uno suo comportamento ingiustificatamente dilatorio o contrario agli obblighi, anche di buona fede, che su di lui incombono. l’estensione dell’obbligazione al di là del massimale presuppone, del resto, l’accertamento non solo dell’esistenza della polizza, ma di queste altre circostanze, a concernere esclusivamente l’eventuale danno derivante da svalutazione e gli interessi (ed in proposito è stato avanzata una apposita censura, contenuta nella prima parte del secondo motivo) laddove nell’ambito del massimale egli risponde per tutte le voci di danno.
Diversamente a quanto sostiene la ricorrente, e come ripetutamente riconosciuto da questa Corte, la deduzione del limite dell’obbligazione indennitaria, costituito dal massimale pattuito, concerne un fatto impeditivo dell’accoglimento della domanda nell’importo richiesto dal danneggiato: l’onere della prova del massimale incombe, pertanto, sull’assicuratore e dev’essere soddisfatto – ex art. 1888 c.c. -, trattandosi di una delle parti contraenti, mediante la produzione del documento contrattuale da cui risulta, anche se diverso dalla polizza (Cass. 23.1.1987, n. 646; 4.9.1985, n. 4611; Cass. 23.4.1983, n. 2823).
Ove l’assicuratore non fornisca la prova che su di lui incombe nessun limite potrà quindi essere opposto al danneggiato, sicché in tal senso dev’essere corretta la decisione impugnata, ex art. 384 c. 2 c.p.c., come richiesto dai controricorrenti.
È, infatti, destituita di fondamento anche l’ulteriore censura, relativa all’ammissibilità delle prove per testi.
Se è vero che l’atto scritto richiesto ad probationem per la prova del contratto di assicurazione può consistere, come si è avuto modo di precisare, anche in documenti diversi dalla polizza, se da essi è possibile ricavare gli estremi del rapporto assicurativo (Cass. 18.4.1975, n. 1486), la prova per testimoni ammessa esclusivamente allorché il contraente abbia senza sua colpa perduto il documento che gliela forniva, ai sensi dell’art. 2725 c.c., che richiama, in proposito esclusivamente l’art. 2724 n. 3. La stessa non è, invece, ammessa allorché vi sia soltanto un principio di prova scritta, quale quella richiamata dalla ricorrente, secondo la previsione dell’art. 2724 n. 1 c.c..
3. – Con la conclusione cui si è pervenuti, rimane assorbito il secondo motivo, per la parte in cui, sotto il profilo della violazione e-o falsa applicazione degli artt. 1224, 1226 e 1905 c.c.
(in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), si sostiene che il cd. maggior danno andrebbe commisurato, in ogni caso, all’entità della prestazione iniziale massima, cui è tenuto l’assicuratore.
Fondata è, viceversa, la seconda censura contenuta nel motivo, con la quale si lamenta l’erronea applicazione del principio della rivalutazione, dovendosi escludere da questa le somme già corrisposte ed incamerate: nella specie essa ricorrente avrebbe corrisposto e documentalmente provato, senza che ciò fosse disconosciuto dalle controparti, L. 20.843.626 per ciascuno a Penna Vincenzo e Giuseppina; L. 33.863.291 a Penna Aldo e L. 86.531.587 all’Avallone.
Le somme corrisposte al danneggiato anteriormente o nel corso del giudizio, e da lui accettate, comportano – fatta salva l’applicazione dei principi relativi alla imputazione dei pagamenti – una parziale estinzione dell’obbligazione risarcitoria, che non può più soggiacere, pertanto, ad ulteriore rivalutazione.
4. – Da rigettare il primo motivo del ricorso incidentale col quale gli Avallone-Penna sostengono che la Corte napoletana avrebbe “mal esaminato” il documento relativo agli onorari per consulenza professionale corrisposti dalla s.r.l. GE.I.T. al loro congiunto, dacché, diversamente da quanto affermato, lo stesso si riferisce ad un arco di due anni ed otto mesi circa, dimostrando l’esistenza di un ulteriore reddito fisso in costante progressione.
Benché avanzato sotto il profilo della violazione degli artt. 1223 e 2056 c.c. e dell’omessa motivazione su un punto decisivo, il motivo evidenzia sostanzialmente, infatti, un travisamento di fatto, che può dar luogo a revocazione, ex art. 395 n. 4 c.p.c., e non a ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. richiamato.
5. – Fondato appare, viceversa, il secondo motivo del ricorso incidentale, col quale si assumono violati gli artt. 1223, 1224 e 2043 c.c., nell’attribuzione della qualifica di debito di valuta alle spese funerarie sostenute, e nel conseguente rifiuto di procedere alla loro rivalutazione.
Le spese funerarie costituiscono, indubbiamente, debito di valuta nei rapporti tra il committente e l’impresa che si sia occupata delle onoranze funebri. Le stesse peraltro, determinando una diminuzione patrimoniale, rientrano, allorché se ne riconosca la derivazione causale da un illecito, nell’ambito del danno extracontrattuale. In tale ambito dev’essere loro riconosciuta, pertanto, la natura di debito di valore, sicché, al fine di rendere effettiva la reintegrazione patrimoniale, devesi tener conto, anche per esse, della svalutazione monetaria intervenuta medio tempore (Cass. 10.5.1987, n. 5063).
6. – Con la cassazione della sentenza, che si impone in relazione ai motivi accolti, rimangono assorbiti il quarto motivo del ricorso principale ed il terzo motivo di quello incidentale.
Alla Corte di rinvio va demandata anche la liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte Riunisce i ricorsi; accoglie, per quanto di ragione, il secondo motivo del ricorso principale nonché il secondo motivo del ricorso incidentale Avallone-Penna; dichiara assorbiti il quarto motivo del ricorso principale, il terzo motivo del ricorso incidentale Avallone-Penna ed il ricorso incidentale Doriano; rigetta gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.
Così deciso il 28 ottobre 1992, nella Camera di Consiglio della terza sezione civile della Corte di Cassazione.

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