Cassazione civile, Sez. Unite, 7 ottobre 1994, n. 8197 [1]

Norme correlate:
Art 824 Regio Decreto n. 262/1942
Capo18 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990

Massima:
Cassazione civile, Sez. Unite, 7 ottobre 1994, n. 8197
In tema di concessione a privati di beni demaniali, il giudice ordinario conosce di ogni controversia tra i privati relativa ai rapporti di natura privatistica che accedono alla concessione. (Nella specie, il titolare del diritto di sepolcro su una tomba che altro contitolare aveva ampliato pretendeva di estendere il suo diritto alla nuova costruzione).

Testo completo:
Cassazione civile, Sez. Unite, 7 ottobre 1994, n. 8197
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Franco BILE Pres. di Sez.
ff. di Primo Presidente
Dott. Vincenzo DI CIÒ Pres. di Sez.
” Antonio IANNOTTA ”
” Marcello TADDEUCCI Consigliere
” Gentile RAPONE ”
” Vittorio VOLPE ”
” Raffaele MAROTTA Rel. ”
” Vincenzo BALDASSARRE ”
” Francesco AMIRANTE ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 5871-1991 R.G. AA.CC.
da
FANIA MARIA ROSARIA, FANIA ERMELINDA, FANIA ORNELLA, FANIA GIGLIOLA E
LOPORCHIO LEDA, vedova Fania, rappresentate e difese, giusta mandato
a margine del ricorso, dagli avv.ti Pasquale D’Angelo e Cesare Testa,
elettivamente domiciliati in Roma, via Monte Zebio n. 43, presso
l’avv.to Cesare Testa (Studio Visciani).
Ricorrenti
contro
FANIA MARIA, rappresentata e difesa, giusta mandato a margine del
controricorso, dall’avv.to Giovanni Fulchino, elettivamente
domiciliata in Roma, Circonvallazione Clodia n. 82, presso lo studio
del dr. proc. Gennaro Fredella.
Resistente
per la cassazione della sentenza resa “inter partes” dalla Corte di
Appello di Bari in data 8 agosto 1990, nella causa civile in grado di
appello iscritta al n. 590 R.G. N. anno 1988.
Udita, nella pubblica udienza tenutasi il 28 aprile 1994, la
relazione della causa svolta dal Cons. dott. Raffaele Marotta;
Sentito il Pubblico Ministero nella persona del dott. Franco Morozzo
della Rocco, Avvocato Generale espresso la Corte Suprema di
Cassazione, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO
Con atto di citazione notificato il 9 e l’11 settembre 1978, Maria Fania – premesso che, a seguito della relativa licenza di costruzione rilasciata il 26 gennaio 1962 dal Commissario straordinario presso il Comune di Foggia in conformità al progetto approvato dalla Commissione edilizia del detto Comune, Francesco Paolo Fania, nato a Foggia il 3 gennaio 1916 ed ivi deceduto il 17 marzo 1977, aveva proceduto alla sopraelevazione della tomba di famiglia, di tipo gentilizio, ubicata nel locale cimitero, intestata al comune avo Francesco Paolo Fania, nato a Foggia l’11 dicembre 1842; che essa istante, titolare sulla predetta tomba per discendenza diretta del diritto di sepolcro, si era visto negare dai comproprietari tale diritto relativamente alla parte oggetto dell’ampliamento, nonostante che avesse ripetutamente offerto il versamento di somma di denaro per l’importo pari ala propria quota, per quanto era stato realizzato – tanto premesso, conveniva davanti al Tribunale di Foggia le comproprietarie della tomba gentilizia in questione e, precisamente, Leda Loporchio, vedova di Francesco Paolo Fania, e le figlie Maria Rosaria, Ermelinda, Ornella e Gigliola Fania, chiedendo che fosse preliminarmente dichiarato il diritto di sepolcro di essa istante, e dei suoi aventi causa, sull’intera cappella, così come ampliata, e venisse poi ordinato alle convenute di permetterle il libero accesso alla cappella sopraelevata, con la consegna delle chiavi.
Le convenute si costituivano e contestavano la fondatezza della domanda, deducendo: che l’area sovrastante l’originario sepolcro a tumulo non poteva essere considerata alla pari della superficie, ovvero di un’area comune (privata) sovrastante un bene in condominio (privato) in quanto la natura del demanio cimiteriale non consentiva il riconoscimento di una proprietà superficiaria;
che, pertanto, il nuovo sepolcro, costruito su tumulo gentilizio eseguito nel sottosuolo dal comune avo Francesco Paolo Fania ed occupante la sola area soprastante, doveva considerarsi una fabbrica distinta e separata dal primo (ai proprietari del quale si sarebbe potuto riconoscere soltanto il diritto ad un indennizzo per la utilizzazione delle strutture portanti).
Espletata la consulenza tecnica disposta per accertare, tra l’altro, se la costruzione presentasse o meno carattere unitario, il Tribunale, con sentenza del 10 luglio 1987, così provvedeva:
– dichiarava che l’attrice aveva diritto di sepolcro sull’intera cappella così come ampliata, costituita da una tomba interrata e da una nuova cappella costruita sulla copertura della prima;
– faceva obbligo alle convenute di consentire all’attrice il libero accesso alla cappella sopraelevata sulla vecchia tomba, previa consegna delle relative chiavi;
– dichiarava che, per effetto della partecipazione alla comproprietà della nuova cappella, l’attrice era obbligata a rimborsare alle convenute le spese sostenute dal dante causa delle stesse per i lavori di sopraelevazione, nonché a concorrere al pagamento di tutte le altre spese necessarie all’uso anche della vecchia tomba, proporzionalmente al valore della propria quota di comproprietà su detta tomba e sulla cappella soprastante, il tutto entro il termine di due mesi dal passaggio in giudicato della sentenza e con rivalutazione delle somme dovute al momento dell’effettivo pagamento, e – compensava interamente tra le parti le spese del giudizio.
Premesso in diritto che il concessionario di un’area cimiteriale è titolare di un vero e proprio diritto reale sul manufatto (cappella o tomba), del quale l’ente pubblico, pur rimanendo proprietario del suolo su cui il manufatto viene realizzato, non diviene proprietario per accessione, il primo giudice osservava che assorbente e decisivo, ai fini della soluzione della controversia, era il fatto che si era trattato di lavori di ampliamento della vecchia tomba di famiglia, della quale erano state utilizzate le strutture murarie e l’area recintata intorno alla botola di accesso, sicché la costruzione risultatane costituiva una unità giuridica e funzionale, come era comprovato anche dalla circostanza che per la realizzazione della nuova cappella, non era intervenuta un’altra concessione cimiteriale.
Avverso la predetta sentenza proponeva appello Maria Fania, dotandosi della disposta compensazione delle spese giudiziali e della concessa rivalutazione monetaria delle somme dovute alle appellate.
Queste ultime resistevano al gravame e, a loro volta, proponevano appello incidentale avverso la statuizione con la quale il Tribunale aveva dichiarato il diritto di comproprietà di Maria Fania, con il conseguente diritto di sepolcro, anche sulla cappella sopraelevata.
Con sentenza dell’8 agosto 1990, la corte di Appello di Bari rigettava l’appello incidentale e, in accoglimento per quanto di ragione di quello principale ed in parziale riforma della impugnata decisione, che nel resto confermava, condannava le appellate Leda Loporchio vedova Fania, Maria Rosaria, Ermelinda, Ornella e Gigliola Fania, in solido, a rimborsare a Maria Fania le spese del giudizio di primo grado; condannava, poi, le predette appellate, sempre in solido, a rimborsare a Maria Fania i due terzi delle spese del giudizio di secondo grado, compensando tra le parti il rimanente terzo.
Quanto ai punti tuttora in discussione tra l e parti, la Corte del merito osservava che:
– come correttamente affermato dal Tribunale, la concessione di un’area cimiteriale costituisce la fonte di un vero e proprio diritto di superficie, quanto alla realizzazione della tomba o cappella sul suolo di natura demaniale ai sensi dell’art. 824 Cod. Civ.: essa attribuisce al primato concessionario, nei confronti degli altri privati, diritti soggettivi perfetti di natura reale, tutelabili dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria secondo le norme di diritto privato, diritti soggettivi che sono destinati ad affievolirsi ed a degradare ad interessi legittimi soltanto di fronte ad esigenze di carattere generale per la tutela dell’ordine e del buon governo del Cimitero;
– ciò premesso in diritto, andava rilevato in punto di fatto che, dalle indagini tecniche eseguite in prime cure, era risultato che il manufatto costruito da Francesco Paolo Fania in base alla licenza di costruzione rilasciatagli il 26 gennaio 1962 dal Commissario straordinario al Comune di Foggia era consistito nell’ampliamento dell’originario tumulto gentilizio mediante sopraelevazione di una cappella con loculi e riduzione dell’originario tumulo a semplice cripta, con destinazione a sepoltura perpetua con cellette ossari; che, pertanto, il suddetto manufatto non aveva costituito una nuova fabbrica, “distinta e separata”; dall’originaria, come assumevano le appellanti col gravame incidentale, bensì una modifica, un ampliamento ed un abbellimento di quella originaria, cui si era sostituito nella tipologia sepolcrale, come correttamente era stato ritenuto dal primo giudice;
– i lavori eseguiti sull’originaria tomba gentilizia “a tumulo” da Francesco Paolo Fania costituivano in sostanza una innovazione, “gravosa” per il suo costo, posta in essere e finanziata da un solo comproprietario, non avente una propria autonomia, essendo con essi stata realizzata una fabbrica costituente una tipologia sepolcrale unitaria (cappella sul piano di campagna con sottostante cripta ossario);
– da quanto detto sopra derivava – continuava la Corte del merito, avviandosi verso la conclusione – che Maria Fania – la quale non aveva perdurato, a causa dell’innovazione, il suo diritto di comproprietà sul preesistente tumulo gentilizio – aveva il diritto (potestativo) – essendo la cripta e la cappella suscettibile di utilizzazione separata – di entrare nella comunione dell’opera innovativa (art. 1121, 3 comma, cod. civ.), nella quota (in millesimi) che aveva sul vecchio manufatto, con l’acquisto – subordinato al pagamento, pro quota, delle spese (rivalutate) occorse per la costruzione e la straordinaria manutenzione (sino all’esercizio del diritto potestativo) dell’opera innovativa – della proprietà parziale di questa;
– ora, il diritto potestativo de quo era stato legittimamente e validamente esercitato da Maria Fania con l’atto introduttivo del giudizio, dovendosi al riguardo fare riferimento alle norme di diritto privato e non a quelle, di diritto pubblico, concernenti il rapporto concessorio del suolo cimiteriale.
Per la cassazione di tale sentenza, ricorrono, sulla base di due motivi, Leda Loporchio, Maria Rosaria, Ermelinda; Ornella e Gigliola Fania.
Resiste con controricorso Maria Fania.
Il ricorso, essendo il secondo motivo attinente alla giurisdizione, è stato assegnato alle Sezioni Unite di questa Corte Suprema.
DIRITTO
Rilievo pregiudiziale assume l’esame del secondo ed ultimo motivo della impugnazione, con cui le ricorrenti – denunciando carenza di giurisdizione (del giudice ordinario) in ordine alla controversia decisa (art. 360, n. 1 c.p.c., in relazione agli artt. 824 e 823 c.c. e con riferimento all’art. 4 L. 20 marzo 1865, n. 2248, All. E) – censurando la impugnata sentenza, sul rilievo che la Corte del merito aveva deciso una controversia che riguardava la pretesa di Maria Fania ad estendere gli affitti e la portata della concessione amministrativa originaria del Comune di Foggia (avente ad oggetto la utilizzazione dell’area cimiteriale demaniale per la costruzione della tomba interrata) a tutta la colonna d’aria soprastante e che, quindi, concerneva la questione, coinvolgente il Comune concedente, se la concessione amministrativa originaria, avente il imitato oggetto sopra indicato, potesse essere ritenuta idonea a costituire, in capo al concessionario (o agli eredi dello stesso), una facoltà del tutto nuova e diversa da quella originariamente consentita.
Il motivo che presenta aspetti di inammissibilità va disatteso.
Come emerge dalla narrativa che precede, la controversia de qua, pur ricollegandosi alla concessione amministrativa di area cimiteriale per la costruzione di un sepolcro, si è svolta tra privati ed ha riguardato semplicemente aspetti e profili patrimoniali del rapporto conseguenziale creatosi tra le parti private, non idonei ad incidere sul rapporto concessorio con la Pubblica Amministrazione, che non è stato affatto coinvolto dal dibattito e dalla decisione e che ha costituito un semplice presupposto storico della vicenda processuale.
Ora, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di queste Sezioni Unite (formatosi prevalentemente in relazione a controversie possessorie), da cui non vi è motivo alcuno per discostarsi, nelle controversie tra privati, in cui il rapporto concessorio di una delle parti con la Pubblica Amministrazione costituisca il semplice presupposto storico della controversia tra i privati che non lo coinvolge in alcun modo, un problema di difetto di giurisdizione del giudice ordinario non si può neppure porre (cfr. in tal senso, in generale, Cass. Sez. Un. n. 1392 del 4 febbraio 1993; n. 114 dell’8 gennaio 1992, n. 3269 del 19 aprile 1990, Ord. n. 404 del 22 giugno 1989, sent. n. 5769 del 22 dicembre 1989).
Con il primo motivo della impugnazione, le ricorrenti – denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 824 c.c., in relazione agli artt. 823 e 822 c.c. (normativa non estensibile alla disciplina ex art. 952, cod. civ.); errata applicazione dei principi civilistici in materia di innovazione, erronea qualificazione della stessa con riferimento alla fattispecie, nonché insufficiente ed errata motivazione in punto decisivo della controversia (art. 360, n. 3 c.p.c., in relazione agli artt. 1108-1120 c.c. art. 360, n. 5 c.p.c.) – censurano la impugnata sentenza, sostenendo che la Corte del merito aveva accolto la domanda della resistente Maria Fania, diretta ad ottenere la dichiarazione del suo diritto di sepolcro sull’intera cappella così come ampliata, illegittimamente applicando alla fattispecie la normativa privatistica del diritto di superficie, incompatibile con la natura demaniale dell’area cimiteriale, ed illegittimamente estendendo, in tal modo, gli effetti e la portata della concessione del comune di Foggia, avente ad oggetto la utilizzazione dell’area cimiteriale soltanto per a costruzione di una tomba interrata (la c.d. cripta) alla costruzione in sopraelevazione di una cappella.
Questa – assumono le ricorrenti – costituiva una costruzione autonoma, distinta e diversa dalla cripta sotterranea ed era arbitraria l’affermazione della Corte del merito, secondo cui la cappella costruita in sopraelevazione costituiva una “modifica, ampliamento e abbellimento” della fabbrica originaria, “cui si è sostituita nella tipologia sepolcrale”, e della quale rappresentava una semplice innovazione: si trattava, invece – continuano le ricorrenti, avviandosi verso la conclusione – di due distinte cappelle cimiteriali soprapposte e la resistente Maria Fania aveva diritto di sepolcro soltanto sulla cripta sotterranea.
Il motivo non è fondato.
Va preliminarmente osservato che, in relazione alla ratio decidendi posta a base della soluzione accolta dalla Corte del merito, non sono rilevanti i profili della censura concernenti il diritto di superficie di cui all’art. 952 c.c., la affermata non estensibilità della relativa disciplina normativa alla concessione di area cimiteriale per la costruzione del sepolcro, l’oggetto della detta concessione e la esatta qualificazione giuridica del diritto di sepolcro (incidentalmente, si rileva che, secondo l’orientamento prevalente in dottrina ed in giurisprudenza, il diritto sul sepolcro costruito nasce dalla concessione, da parte della Pubblica Amministrazione, di un’area del terreno cimiteriale o di una porzione di edificio in un cimitero pubblico, la concessione, di natura traslativa secondo l’opinione prevalente, crea, in capo al privato concessionario e nei confronti degli altri privati ai quali esso è pienamente opponibile iure privatorum, in diritto soggettivo perfetto, di natura reale particolare, assimilabile al diritto di superficie, che si affievolisce, degradando ad interesse legittimo, nei confronti della Pubblica Amministrazione, nei casi in cui esigenze di pubblico interesse, per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero, impongano o consiglino alla Pubblica Amministrazione di esercitare il potere di revoca della concessione – v. Cass. n. 3311 del 30 maggio 1984; n. 3607 del 25 maggio 1983).
Invero, atteso che è pacifico in causa che a Maria Fania spettava comunque il diritto di sepolcro sull’originario tumulo gentilizio, la ratio decidendi alla base della soluzione accolta dalla Corte del merito, che, confermando la sentenza di prime cure, ha accolto la domanda di Maria Fania, dichiarando che la stessa ha diritto di sepolcro sull’intera cappella così come ampliata (composta dalla tomba interrata e dalla cappella costruita in sopraelevazione sulla copertura della prima), è costituita dalla seguente testuale affermazione della Corte territoriale:
“Ciò premesso, si osserva in punto di fatto che, dagli accertamenti tecnici eseguiti in prime cure, risulta che il manufatto eseguito da Fania Francesco Paolo, in base alla licenza di costruzione rilasciato il 24-1-1962 dal Commissario straordinario al Comune di Foggia, è consistito nell’ampliamento dell’originario tumulo gentilizio mediante sopraelevazione di una cappella con loculi e riduzione dell’originario tumulo a semplice cripta, con destinazione a sepoltura perpetua con cellette ossari.
Pertanto, il manufatto non ha costituito una nuova fabbrica, “distinta e separata” dall’originaria (così come assumono le appellanti col gravame incidentale), bensì una modifica, ampliamento e abbellimento di quella originaria cui si è sostituita nella tipologia sepolcrale (così come correttamente ritenuto dai primi giudici). Ne consegue che i lavori compiuti sull’originaria tomba gentilizia “a tumulo” da Fania Francesco Paolo costituiscono un’innovazione incontrovertibilmente “gravosa” per il suo costo – eseguita e finanziata da un solo comproprietario, la quale non ha una propria autonomia, in quanto la nuova opera integra una fabbrica che, come s’è detto, presenta un’unica tipologia sepolcrale (cappella sul piano di campagna con sottostante cripta ossario)”.
Trattasi, con ogni evidenza, di un accertamento di fatto condotto sulla base delle risultanze dell’espletata indagine tecnica.
Tale accertamento è censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione. Ma, le ricorrenti, con la censura in esame, solo formalmente addebitano ad esso un vizio di motivazione, mentre, nella sostanza, il sostenere che il manufatto, costruito da Francesco Palo Fania a seguito della licenza rilasciata dal Commissario straordinario al Comune di Foggia nel gennaio 1962, costituiva una fabbrica “distinta e separata” dall’originaria tomba gentilizia, finiscono per opporre, all’apprezzamento ed alla valutazione compiuti dalla Corte del merito, un proprio difforme apprezzamento, introducendo così un tema di indagine che è inammissibile in questa sede di legittimità.
Per tutte le considerazioni innanzi esposte, il ricorso va rigettato.
Le ricorrenti, soccombenti, sono tenute, in solido, a rimborsare alla resistente le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, così provvede:
rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti, in solido, al rimborso, in favore della resistente, delle spese del presente procedimento di cassazione, liquidate in L. 105.000, oltre a L. 3.000.000 (tre milioni) per onorario di avvocato.
Così deciso in Roma, il 28 aprile 1994.

Written by:

0 Posts

View All Posts
Follow Me :