C.G.A.R.S., Sez. Giurisd., 31 ottobre 2022, n. 1131

C.G.A.R.S., Sez. Giurisd., 31 ottobre 2022, n. 1131

Pubblicato il 31/10/2022
N. 01131/2022REG.PROV.COLL.
N. 01098/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1098 del 2020, proposto da
Emanuele M., rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Pollina, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzo Criscuoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 659/2020;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Palermo;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza cautelare n. 21/2021 del 14/01/2021;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2022 il Cons. Maria Immordino e uditi per le parti gli avvocati come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. E’ stata appellata la sentenza del TAR Palermo (sez. I) n. 659/2020, che ha respinto il ricorso per l’annullamento della determina dirigenziale n. 274 del Comune di Palermo, Area dei Servizi ai Cittadini, Ufficio Cimiteri, emessa il 09.04.2018 e notificata il 04.05.2018, avente ad oggetto la decadenza dell’atto di concessione del terreno sito nel lotto n.7, sez. 363, n.77 cimitero S.M. dei Rotoli, intestata al sig. M. Paolino, dante causa dell’odierno appellante.
1.1. Il suindicato provvedimento si basava sul fatto che il de cuius del ricorrente, titolare della concessione cimiteriale, aveva effettuato nel predetto loculo, dall’anno 1988, numerose tumulazioni di soggetti estranei al proprio nucleo familiare, in violazione dell’art. 2 dell’atto di concessione (stipulato in data 12 dicembre 1975) e comunque in contrasto con l’art. 6 del regolamento cimiteriale del 1985, vigente all’epoca delle contestate tumulazioni, nonché per violazione dell’art 85, lett. c) del vigente regolamento cimiteriale approvato nel 1997.
2. Innanzi al TAR adito il ricorrente eccepiva:
– violazione dell’art. 3 dell’accordo di concessione in oggetto;
– errata applicazione dell’art. 6 e violazione dell’art. 7 del regolamento cimiteriale del 1985 in vigore al tempo delle tumulazioni;
– eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto e di diritto. Erronea valutazione dei fatti. Illogicità della motivazione;
– natura sanzionatoria del provvedimento decadenziale in oggetto;
– violazione dei principi di legalità e irretroattività di cui agli artt. 1 l. n. 689/1981 e 25 Cost.;
– intervenuta prescrizione dell’illecito sanzionato;
– violazione del principio di legittimo affidamento;
– eccesso di potere sotto molteplici profili.
3. Con la sentenza gravata il Giudice di prime cure ha respinto il ricorso, richiamando sia l’art. 6 del regolamento cimiteriale del 1985 (vigente all’epoca delle tumulazioni in questione), sia l’art. 85 lett. c) (uso improprio e/o non autorizzato della sepoltura) del vigente regolamento cimiteriale, approvato nel 1997, sia l’art. 94 d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803.
4. La sentenza è stata gravata con l’appello in epigrafe e contestuale istanza cautelare ex art. 98 c.p.a.
5. Si è costituito in giudizio il Comune appellato con una articolata memoria, per resistere all’appello, ritenendolo infondato e chiedendone il rigetto.
6. Con l’ordinanza cautelare n. 21/2021 del 14/01/2021 la domanda cautelare è stata respinta, difettando sia il requisito del fumus boni iuris, sia il periculum in mora, potendo il ricorrente contro gli eventuali provvedimenti dell’Amministrazione comunale esperire i rimedi approntati dal c.p.a, e residuando la possibilità di esperire l’azione risarcitoria in caso di provvedimenti illegittimi lesivi della posizione soggettiva del ricorrente stesso.
7. L’appello, affidato a tre motivi di ricorso che riprendono nella sostanza, le censure formulate dinnanzi al T.A.R., con alcune integrazioni, è infondato.
7.1. Le censure possono essere trattate congiuntamente.
In via preliminare va richiamato il rapporto informativo predisposto dall’Ufficio Cimiteri, responsabile del relativo procedimento dal quale risulta che: << … A seguito di monitoraggio effettuato a mezzo di strumenti informatici, si è accertato che la concessione in argomento è stata gestita in modo irregolare rispetto a quanto previsto dalle norme regolamentari cimiteriali, nonché dall’art. 3 dell’atto di concessione rep. 1132 del 12/12/1975 (stipulato tra l’Amministrazione Comunale ed il sig. M. Paolino). Detto articolo dispone che “resta espressamente convenuto che per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data della stipula del presente, il concessionario … omissis …. né tampoco potrà autorizzare l’immissione nella stessa di cadaveri di estranei prima di avervi immesso almeno un proprio parente o affine sino al 6 C grado”. >>
Orbene, malgrado quanto previsto dall’art. 3 dell’atto concessorio del 1975, nella fattispecie de qua rilevano, sia l’art. 6 del regolamento cimiteriale del 1985 (vigente all’epoca delle tumulazioni in questione), il quale –testualmente – dispone che “Il diritto d’uso delle sepolture private è riservato alla persona del concessionario ed a quelle della propria famiglia cioè coniuge, ascendenti e discendenti in linea diretta del concessionario, generi e nuore … omissis“; sia l’art. 85 lett. c, (uso improprio e/o non autorizzato della sepoltura) del vigente regolamento cimiteriale, approvato nel 1997.
Non va sottovalutato, inoltre, che la concessione “perpetua” stipulata nel 1975, non soltanto richiamava l’art. 6 e ss. del regolamento cimiteriale del 1985, ma all’art. 2, prevedeva chiaramente la sottoposizione del concessionario “a tutte le leggi e regolamenti e tariffe sia generali che municipali, che in appresso potranno essere su questo argomento emanati”. Con conseguente sottoposizione del concessionario alla disposizione di cui al successivo art. 94 d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 (che ha sostituito l’art. 71 del R.D. 21 dicembre 1942 n. 1880) in forza del quale, il diritto di uso delle sepolture private è riservato alla persona del concessionario ed a quelle della propria famiglia ovvero alle persone regolarmente iscritte all’ente concessionario, fino a completamento della capienza del sepolcro. Tra i familiari vanno annoverati il coniuge non divorziato, gli ascendenti e discendenti in linea retta, generi e nuore.
Venuto meno il regolamento del 1942, non è stata più prevista la trasmissibilità del diritto di sepolcro sia per atti inter vivos che per mortis causa. Circostanza successivamente confermata dall’art. 90 del nuovo d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, il quale ha previsto soltanto la possibilità per “Il comune di concedere a privati e ad enti l’uso di aree per la costruzione di sepolture a sistema di tumulazione individuale, per famiglie e collettività”.
Con la conseguenza che, data la destinazione familiare che hanno le sepolture gentilizie, secondo quanto disposto negli atti concessori, nei regolamenti locali e nei regolamenti nazionali di Polizia Mortuaria, è severamente vietato al concessionario di una sepoltura gentilizia utilizzare la stessa per la tumulazione di soggetti estranei alla famiglia come intesa dal regolamento cimiteriale, tranne casi eccezionalmente autorizzati dall’Ente concedente secondo quanto previsto dal regolamento.
Va ulteriormente rilevato che l’art. 842 [rectius: 824. N.d.R.], 3° comma del cod. civile include i cimiteri tra i beni del demanio comunale, con la conseguenza che atti dispositivi, in via amministrativa, non possono configurarsi, senza limiti di tempo, a carico di beni demaniali.
Venendo alle ragioni sottese al provvedimento impugnato, rileva la circostanza che in tale sepolcro sono state tumulate, negli anni 1988 e 1989, n°6 salme di soggetti non legati da rapporti familiari con il concessionario fondatore, sig. M. Paolino, concretizzandosi, pertanto, una violazione dell’art.6 del regolamento cimiteriale del 1985 (vigente all’epoca delle tumulazioni in questione), il quale, come si è prima ricordato, dispone chiaramente che “Il diritto d’uso delle sepolture private è riservato alla persona del concessionario ed a quelle della propria famiglia cioè coniuge, ascendenti e discendenti in linea diretta del concessionario, generi e nuore … omissis“.
A seguito della nota prot. 46930 del 18/01/2018 inviata ai sigg. S. Maria (coniuge di M. Paolino) e M. Emanuele (odierno appellante), figlio del concessionario, con la quale veniva comunicato l’avvio del procedimento di decadenza della concessione in oggetto, ai sensi dell’art. 85 lett. c, (uso improprio e/o non autorizzato della sepoltura) del vigente regolamento cimiteriale, approvato nel 1997 il signor M. contestava tale nota sul presupposto che le tumulazioni sono state effettuate 13 anni dopo la stipula dell’atto di concessione e non nel periodo del primo quinquennio , tralasciando di tener conto dell’art. 2 dell’atto di concessione il quale chiaramente prevedeva la sottoposizione del concessionario “a tutte le leggi e regolamenti e tariffe sia generali che municipali, che in appresso potranno essere su questo argomento emanati”.
Con la conseguenza che il tempo in cui sono avvenute le tumulazioni di per sé non è idoneo a fare ritenere regolare la gestione del sepolcro che, nella normalità, deve essere utilizzato rispettando la natura familiare della concessione cimiteriale di che trattasi, natura “gentilizia” che si trasmette solo per un legame di sangue e non può essere acquisita “iure successionis“.
Una volta confermata la natura familiare della sepoltura in oggetto, dirimente è la circostanza che in tutti i regolamenti cimiteriali successivi all’adozione della concessione cimiteriale della quale si discute, è codificata la previsione per la quale il diritto d’uso delle sepolture private concesse a persone fisiche è strettamente riservato alla persona del concessionario e ai suoi familiari.
8. In conclusione l’appello va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza gravata.
Condanna l’appellante alla refusione delle spese della presente fase del giudizio che liquida in euro 2000,00 (duemila) più accessori di legge, in favore dell’amministrazione comunale resistente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2022 con l’intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Solveig Cogliani, Consigliere
Michele Pizzi, Consigliere
Maria Immordino, Consigliere, Estensore
Antonino Caleca, Consigliere
L’ESTENSORE (Maria Immordino)
IL PRESIDENTE (Rosanna De Nictolis)
IL SEGRETARIO

Written by:

Sereno Scolaro

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