TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 2 novembre 2017, n. 10929

TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 2 novembre 2017, n. 10929

MASSIMA
TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 20 giugno 2017, n. 10929

Qualora il Regolamento comunale di polizia mortuaria preveda forme speciali di pubblicità per gli atti concernenti operazioni cimiteriali, si è in presenza di forme che, quando osservate, costituiscono elemento idoneo alla valutazione di termini decadenziali.
In caso di provvedimenti che dispongano per l’estumulazione, prima della scadenza della concessione cimiteriale con cui è stato conferito il diritto d’uso del loculo (o, dei loculi), è necessaria la previa comunicazione di avvio del procedimento.
Ai fini dei termini per procedere alle estumulazioni va tenuto. di norma, conto della data di stipula del regolare atto di concessione, anziché della data di avvenuta tumulazione.

NORME CORRELATE

Art. 86 dPR  10 settembre 1990, n.  285

SENTENZA

Pubblicato il 02/11/2017
N. 10929/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01771/2016 REG.RIC.REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1771 del 2016, proposto da:
Bruno D., Elio D., Emma D. e Martina D., rappresentati e difesi dall’avv. Flavio Guidi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cola di Rienzo n. 212;
contro
Comune di Guidonia Montecelio, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Antonella Auciello, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Rivellini in Roma, via Montaione n. 48;
per l’annullamento,
previa sospensione,
del provvedimento, non conosciuto, con cui è stata disposta l’estumulazione dei feretri e dei resti mortali dei defunti Gino e Martino D. (rispettivamente padre e fratellino dei ricorrenti) prima della scadenza della concessione trentennale d’uso del relativo loculo n. 19, batteria 24, fila III, sito nel cimitero di Guidonia Montecelio;
del provvedimento amministrativo, non conosciuto, in base al quale è stata disposta la rimozione dell’unica lapide posta sui loculi nn. 19 e 20, batteria 24, fila III, sita nel Comune di Guidonia Montecelio, prima della scadenza della concessione trentennale d’uso degli anzidetti locali;
della nota prot. n. 3110 del 13 gennaio 2017, con la quale è stata respinta la richiesta di restituzione dei feretri dei sig.ri Gino e Martino D. e di ripristino della lapide posta sui locali nn. 19 e 20, batteria 24, fila III, siti nel cimitero di Guidonia Montecelio;
ove occorra, dell’art. 52 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Guidonia Montecelio;
di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
nonché per la condanna
dell’Amministrazione intimata al ripristino della situazione antecedente ai fatti di causa;
ed al risarcimento del grave danno morale ed esistenziale ingiustamente patito dai ricorrenti in conseguenza dell’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Guidonia Montecelio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2017 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 11 febbraio 2016 e depositato il successivo 12 febbraio 2016, i ricorrenti impugnano i provvedimenti con cui è stata disposta l’estumulazione dei sig.ri Gino D. e Martino D., propri parenti defunti, dal loculo n. 19 del cimitero comunale nonché la rimozione della lapide riposta sui loculi nn. 19 e 20, e, ancora, la nota con cui il Comune di Guidonia Montecelio ha respinto la richiesta dai predetti presentata per la restituzione dei feretri e il ripristino della lapide, chiedendone l’annullamento.
In particolare, i ricorrenti espongono che:
– i sig.ri Gino D. e Martino D., rispettivamente padre e fratello dei predetti, deceduti in date 8 ottobre 1985 e 19 settembre 1970, venivano riposti nel loculo n. 19, dinanzi al quale veniva posta una lapide (riguardante anche il loculo n. 20, di tumulazione della propria madre sig.ra Sestilia Di., deceduta in data 7 novembre 2005), della batteria 24, fila III, del cimitero del menzionato Comune in virtù di una concessione a titolo oneroso di durata trentennale rilasciata in data 14 aprile 1986;
– in occasione della consueta visita domenicale ai propri cari, in data 13 dicembre 2015 “le ricorrenti Sigg.re Emma e Martina D. si avvedevano con sgomento non soltanto dell’avvenuta rimozione della lapide…. ma, cosa ancor più grave, dell’avvenuta rimozione dalla comune sepoltura (loculo n. 19) dei feretri del padre e del fratellino”;
– in esito all’assunzione di informazioni, apprendevano, poi, che i resti mortali dei due defunti erano stati “inspiegabilmente riposti in sacchi ….. collocati in un deposito cimiteriale”;
– a fronte di tali eventi, con istanza formulata in data 17 dicembre 2015 chiedevano il recupero dei resti mortali dei propri congiunti mentre, il successivo 18 dicembre 2015, inoltravano apposita diffida per acquisire “chiarimenti” e sollecitare la ricollocazione delle salme “nell’originario loculo n. 19”;
– in esito a tali richieste, con la nota del 13 gennaio 2016, indicata in epigrafe, il Comune di Guidonia Montecelio sosteneva la correttezza del proprio operato sulla base del rilievo che l’estumulazione delle salme era avvenuta sulla base dell’art. 52 del Regolamento di Polizia Mortuaria Comunale, attesa l’intervenuta scadenza della concessione, nel pieno rispetto, tra l’altro, del regime di pubblicità all’uopo prescritto (“con manifesti pubblici affissi presso il Cimitero ed in particolare a ridosso delle batterie oggetto d’intervento”), e, ancora, dell’insussistenza di qualsiasi permesso atto a legittimare “l’installazione della lapide”.
Avverso i provvedimenti ritenuti alla base dell’estumulazione e della rimozione della lapide, specificamente indicati come “non conosciuti”, e la nota di cui sopra i ricorrenti insorgono, deducendo i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili in quanto – in sintesi – sostengono:
– l’insussistenza dei presupposti previsti per l’estumulazione ordinaria dall’art. 52 del R.P.M.C., basata sul rilievo che la concessione trentennale non era scaduta in quanto rilasciata in data 14 aprile 1986;
– la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 in ragione della mancata comunicazione personale dell’avvio del procedimento preordinato all’estumulazione, ritenuta dai predetti necessaria proprio a causa della mancata scadenza della concessione e della connessa inadeguatezza del regime di pubblicità previsto dal Regolamento, con evidenza, in aggiunta, che l’osservanza di quest’ultimo non risulta comprovata;
– la mancata indicazione nella nota del 13 gennaio 2016 del “termine entro il quale presentare ricorso, né tantomeno dell’Autorità cui presentarlo”;
– l’oggettiva sproporzionalità delle asserzioni del Comune inerenti alla carenza dell’autorizzazione in relazione alla lapide, tenuto, tra l’altro, conto che la stessa era stata apposta da oltre dieci anni senza contestazione alcuna da parte dell’Amministrazione.
In ultimo, i ricorrenti formulano domanda di risarcimento a causa dell’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione, essenzialmente riconnessa al danno “morale ed esistenziale” patito, quantificato in via equitativa in complessivi € 100.000,00, con ulteriore richiesta a questo Tribunale di ordinare la ricomposizione a spese del Comune delle salme in due nuovi feretri, “oltre all’acquisto e messa a dimora a spese del Comune di una nuova lapide identica in tutto e per tutto alla precedente”.
Con atto depositato in data 4 marzo 2016 si è costituita la Città di Guidonia Montecelio, la quale – nel contempo – ha eccepito l’irricevibilità per tardività dell’impugnativa proposta, tenuto conto della “pubblicazione sull’Albo pretorio, dal 7.5.15 al 6.7.2015, dell’elenco delle salme oggetto di intervento”, nonché affermato la correttezza del proprio operato, adducendo che – essendo stati tumulati i defunti D. Gino e D. Martino “rispettivamente nelle date 9.10.85 e 22.10.85” – l’estumulazione, indicata come risalente al “mese di ottobre 2015”, è avvenuta nel pieno rispetto delle norme richiamate dai ricorrenti, tenuto, in particolare, conto che la stessa è stata posta in essere in epoca successiva alla scadenza del termine trentennale per la riferibilità di quest’ultimo alla data della tumulazione.
In data 11 marzo 2016 i ricorrenti hanno prodotto uno scritto difensivo per replicare all’eccezione di tardività sollevata dal Comune e ribadito le censure già formulate.
Alla camera di consiglio del 16 marzo 2016 i ricorrenti hanno, poi, rinunciato alla domanda cautelare.
In esito alla produzione di ulteriori documenti e memorie ad opera delle parti in causa, atti, tra l’altro, a palesare l’avvenuta collocazione dei resti mortali dei sig.ri D. Gino e Martino “nel loculo immediatamente attiguo a quello dal quale erano stati rimossi (dal loculo n. 19 al loculo n. 20 della batt. 24, fila III), previa integrazione economica …. sia per l’aggiornamento della concessione, sia per la nuova lapide” in virtù dell’autorizzazione rilasciata in data 23 giugno 2016, con ordinanza n. 5200 del 4 maggio 2017 la Sezione ha disposto incombenti istruttori.
In osservanza all’ordine impartito, in data 19 giugno 2017 la Città di Guidonia Montecelio ha prodotto una relazione, corredata da allegati, connotata – in sintesi – dal seguente contenuto:
– i nominativi di D. Gino e D. Martino figuravano tra quelli riportati nell’elenco dei locali da estumulare, sottoscritto in data 20 marzo 2015, di cui si fa poi menzione negli avvisi del 20 marzo 2015 e 22 aprile 2015;
– nel rispetto del Regolamento, il manifesto “avviso alla cittadinanza per restrizione salme” relativo alle batterie nn. 22 – 23 – 24 – 25 e 26 “fu affisso all’ingresso del Cimitero, come dichiarato telefonicamente dal custode, impossibilitato “al momento” a rendere dichiarazione scritta poiché “assente per malattia e ricoverato in ospedale”;
– trattandosi di “concessioni in uso dei manufatti costruiti dal Comune”, disciplinate dal Titolo X del Regolamento comunale (in particolare, l’art. 69), per il computo dei 30 anni non poteva che essere presa in considerazione la data di entrata al Cimitero, risalente all’ottobre 1985, sicchè nell’ipotesi in trattazione non è configurabile alcun atto di “ritiro della concessione” ma si tratta semplicemente “della ipotesi di estinzione della concessione del diritto d’uso uti singuli”, per decorso del termine in esame.
In data 31 agosto 2017 i ricorrenti hanno depositato una memoria con cui hanno rilevato la tardività dell’adempimento del Comune all’ordinanza di cui sopra ed evidenziato, ancora, che quest’ultimo non è stato in grado “di esporre le ragioni per le quali, alla data del 20 marzo 2015, giorno di sottoscrizione” dell’elenco “il termine trentennale di concessione del loculo potesse già essere considerato scaduto”, di offrire – come richiesto – elementi oggettivi e concreti atti a comprovare l’avvenuta affissione dell’avviso ai sensi dell’art. 50 del R.C.P.M. e, ancora, di produrre una precisa attestazione a conferma dell’insussistenza di una qualsiasi autorizzazione per l’installazione della lapide. Ciò detto, i ricorrenti ribadiscono l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione e, pertanto, insistono per “l’accoglimento delle conclusioni rassegnate” nell’atto introduttivo del giudizio.
Il successivo 1 settembre 2017 anche l’Amministrazione resistente ha prodotto una memoria per ribadire la tardività dell’impugnativa proposta, la correttezza del proprio operato nonché l’infondatezza della domanda risarcitoria, precisando – al riguardo – che “non risulta affatto corrispondente al vero che i resti mortali sarebbero stati sottoposti ad un processo di disfacimento accelerato”, atteso il rincassamento in “apposita cassa di zinco”.
A tale memoria i ricorrenti hanno replicato con un ulteriore scritto difensivo depositato in data 13 settembre 2017.
All’udienza pubblica del 4 ottobre 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Come si trae dalla narrativa che precede, i ricorrenti lamentano – in primis – l’illegittimità di svariati provvedimenti, i quali – seppure non conosciuti – sono dati per “adottati”, rispettivamente ricondotti all’estumulazione di salme di propri defunti, i sig.ri D. Gino e D. Martino, ed alla rimozione di una lapide, e, pertanto, ne chiedono l’annullamento.
2. Per quanto attiene all’azione di annullamento del provvedimento inerente la disposizione dell’estumulazione, il Collegio è ragionevolmente indotto a ritenere che lo stesso – ancorché non prodotto in giudizio – sia ragionevolmente configurabile e ciò primariamente sulla base del rilievo che, a monte degli avvisi depositati dalle parti, non può che essere coerentemente riscontrata l’avvenuta assunzione di una precisa decisione da parte dell’Amministrazione.
Ciò detto, chiara si profila la necessità di esaminare in via preliminare l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Città di Guidonia Montecelio.
Come in precedenza riportato, la citata Amministrazione afferma, infatti, che l’azione de qua dovrebbe essere considerata “tardiva” in quanto l’elenco “delle salme da estumulare” sarebbe stato pubblicato nell’Albo Pretorio fino al 6.7.15 e, dunque, da tale data dovrebbe essere considerato decorrente il termine decadenziale di legge di cui all’art. 29 c.pr.amm..
Tale eccezione è infondata per le ragioni di seguito indicate.
Secondo la giurisprudenza in materia, costituisce ormai un principio di carattere generale quello in base al quale il “dies a quo del termine decadenziale” per la proposizione dell’azione di annullamento dinanzi al giudice amministrativo va identificato in quello della comunicazione individuale o in ogni caso, in quello della “piena conoscenza” per i soggetti espressamente contemplati nel provvedimento o nei confronti dei quali lo stesso produce una lesione immediata e diretta e in quello di pubblicazione nell’albo pretorio per i soggetti che, non essendo individuati nell’atto e, comunque, non avendo partecipato al procedimento, non hanno titolo alla notifica personale, tenuto, peraltro, conto anche di quanto disposto dall’art. 124 del D.Lgs. n. 267 del 2000 circa la pubblicità degli atti e della riconosciuta operatività di quest’ultimo in relazione non solo alle deliberazioni dell’organo di governo ma anche alle mere determinazioni dirigenziali (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 6 ottobre 2015, n. 4648; TAR Piemonte, Sez. I, 5 ottobre 2016, n. 1229; TAR Molise, Sez. I, 19 maggio 2016, n. 219; TAR Umbria, Sez. I, 29 gennaio 2014, n. 75).
Orbene, appare evidente che, nel caso in trattazione, il principio di cui sopra, per la parte afferente la pubblicazione all’Albo Pretorio, non può essere utilmente invocato, atteso che:
– la documentazione agli atti non consente di riscontrare l’avvenuta pubblicazione all’albo pretorio di un vero e proprio provvedimento, riconducibile nell’ambito di quelli in precedenza indicati. La disamina di tale documentazione rivela, infatti, che ha costituito oggetto di pubblicazione all’albo pretorio un mero “avviso alla cittadinanza per restrizione salme”;
– non può essere, ancora, sottaciuto che, in relazione all’ipotesi in esame, vige una particolare forma di pubblicità e, precipuamente, la pubblicità di cui all’art. 50 del Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria, il quale impone, tra l’altro, che “delle operazioni di esumazione e di estumulazione ordinaria verrà dato avviso agli interessati mediante: – l’affissione all’ingresso del Cimitero dell’elenco dei campi di inumazione, dei loculi e delle cellette ossario per cui termina il periodo di concessione”;
– preso atto che tale previsione introduce una forma di pubblicità connotata da carattere di specialità, ritenuta idonea – sulla base delle valutazioni dell’Amministrazione – a garantire le esigenze di conoscenza dei soggetti interessati, deve necessariamente constatarsi che l’avvenuto corretto adempimento degli obblighi dalla stessa imposti non risulta comprovato dall’Amministrazione, la quale afferma sì che l’avviso è stato reso nei termini in precedenza indicati anche per le estumulazioni di interesse per i ricorrenti ma, comunque, si astiene dal produrre elementi concreti, atti a supportare le dichiarazioni rese.
Ciò detto, il Collegio ritiene di soprassedere su ulteriori considerazioni, coinvolgenti – in particolare – la sussistenza o meno dell’onere per i privati di visionare sempre e comunque gli avvisi effettuati presso gli ingressi dei cimiteri, poiché chiara si profila l’inesistenza di presupposti di fatto di carattere oggettivo, idonei a dare conto di una valida presunzione di conoscenza dell’atto da parte dei ricorrenti, utile – in quanto tale – a determinare la decorrenza del termine decadenziale di legge previsto per l’impugnazione.
In conclusione, l’azione proposta per l’annullamento della disposizione dell’estumulazione dei resti mortali dei sig.ri D. Gino e Martino va dichiarata ricevibile.
2.1. Ciò detto, tale azione è fondata e, quindi, va accolta ai sensi e nei termini di seguito indicati.
Al riguardo, appare opportuno ricordare che i ricorrenti denunciano l’illegittimità del provvedimento afferente l’estumulazione dei propri congiunti sig.ri D. Gino e D. Martino sulla base, tra l’altro, della violazione dell’art. 52 del R.P.M.C. in quanto sostengono che l’estumulazione dei feretri sia stata disposta “nonostante la vigenza della concessione trentennale d’uso del relativo loculo, rilasciata a titolo oneroso in data 14 aprile 1986”, e, in relazione a tale violazione, lamentano, ancora, il mancato rispetto dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.
Tali censure sono meritevoli di positivo riscontro, tenuto conto che:
– secondo il disposto del su richiamato art. 52, le estumulazioni ordinarie – a cui la stessa Amministrazione resistente riconduce quelle in discussione – vanno eseguite “allo scadere della concessione a tempo determinato o dopo una permanenza nel tumulo non inferiore ai venti anni”;
– ciò detto, deve necessariamente prendersi atto che, alla data in cui è riconducibile l’assunzione della decisione da parte dell’Amministrazione di procedere all’estumulazione dei resti mortali dei sig.ri D. Gino e Martino, identificabile almeno con il giorno 20 marzo 2015, la concessione trentennale del loculo cimiteriale rilasciata dal Comune per la tumulazione dei menzionati sig.ri D. non era scaduta in quanto risalente alla data del 14 aprile 1986;
– ad una diversa conclusione non conduce, peraltro, anche l’eventuale condivisione della tesi sostenuta dall’Amministrazione resistente, tendente ad attribuire rilevanza alla data in cui è stata effettuata la tumulazione dei defunti D. Gino e Martino nel cimitero comunale, tenuto conto che quest’ultima risulta essere avvenuta nell’ottobre 1985 e, dunque, alla data del marzo 2015 il periodo di vigenza trentennale della concessione non poteva comunque considerarsi maturato;
– tenuto conto dei rilievi di cui ai precedenti alinea, risulta evidente che la decisione riguardante l’estumulazione dei defunti sig.ri D. – per come connotata – avrebbe inequivocabilmente richiesto il rispetto da parte dell’Amministrazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.
In conclusione, la decisione assunta dalla Città di Guidonia Montecelio in relazione all’estumulazione, tra le altre, delle salme dei su menzionati sig.ri D. è stata illegittimamente adottata.
3. Stante quanto detto, permane da valutare l’azione diretta all’annullamento del “provvedimento amministrativo, non conosciuto, in base al quale è stata disposta la rimozione della lapide posta sui loculi nn. 19 e 20, batteria 24, fila III sita nel cimitero di Guidonia Montecelio”.
Tale azione è inammissibile.
Ancorché la richiesta di “una precisa attestazione che confermi l’insussistenza di una qualsiasi autorizzazione per l’installazione della lapide”, formulata dal Tribunale con l’ordinanza n. 5200 del 2017, sia rimasta – come evidenziato dai ricorrenti – senza riscontro, il Collegio osserva, infatti, che:
– sulla base delle peculiarità che connotano la vicenda in esame, così come desumibili dalla documentazione agli atti, non è comunque riscontrabile l’intervenuta adozione da parte del Comune resistente di un provvedimento riguardante la “lapide” o, meglio, l’assunzione da parte della citata Amministrazione di iniziative destinate ad incidere sulla persistenza o meno della stessa;
– in termini più generali, non risulta, dunque, possibile ricondurre l’avvenuta rimozione della lapide all’esercizio di un potere amministrativo da parte della Città di Guidonia Montecelio, atto, peraltro, a svilire il contenuto dispositivo di un eventuale provvedimento di autorizzazione all’installazione di essa in precedenza rilasciato.
Ciò detto, il Collegio non può che declinare la propria giurisdizione in materia, tanto più ove si consideri che la rimozione della lapide potrebbe essere anche ascrivibile a condotte di soggetti terzi, estranei all’Amministrazione.
In definitiva, l’impugnativa in trattazione va dichiarata inammissibile.
4. Del pari inammissibile è l’azione proposta per l’annullamento della nota del 13 gennaio 2016, atteso che si tratta di una mera nota di chiarimenti della Città di Guidonia Montecelio, volta a fornire riscontro alle “osservazioni e contestazioni” mosse dai ricorrenti.
5. In ultimo, diviene doveroso valutare la domanda di risarcimento del danno.
Premesso che – tenuto conto dell’esito delle azioni di annullamento – la domanda in trattazione è ragionevolmente valutabile esclusivamente in relazione alla disposizione dell’estumulazione, il Collegio non ravvisa validi motivi per ritenere la stessa meritevole di positivo riscontro.
Preso atto che, al fine di valutare domande di tal genere, ciò che essenzialmente rileva non è tanto l’illegittimità del provvedimento in sé quanto la condotta tenuta dal soggetto indicato come “danneggiante”, in linea con il disposto dell’art. 2043 c.c., va, infatti, osservato che:
– secondo le precise indicazioni fornite dall’Amministrazione resistente con la memoria depositata in data 1 settembre 2017, affatto confutate dai ricorrenti, l’estumulazione del loculo n. 19 è stata effettuata in data 3 dicembre 2015 e, pertanto, risale ad un periodo di molto dilazionato rispetto alla data di assunzione della decisione ad essa inerente;
– sempre secondo le menzionate indicazioni, già in data 23 giugno 2016 e, precisamente, “non appena” il sig. D. “ha provveduto a versare quanto dovuto per la nuova concessione”, è stata rilasciata dall’Amministrazione l’autorizzazione “all’apertura del loculo per la tumulazione” ed i “resti sono stati poi traslati e quindi tumulati il 28.6.16”;
– in esito all’estumulazione e, quindi, per il periodo intercorrente tra il 3 dicembre 2015 ed il 28 giugno 2016, “i defunti sono stati”, peraltro, “deposti in deposito cimiteriale dopo aver rincassato in apposita cassa di zinco con la relativa targa identificativa” e, pertanto, non corrisponde “al vero che i resti mortali sarebbero” stati “riposti in sacchi” e, quindi, “sottoposti ad un processo di disfacimento accelerato” (cfr, tra le altre, la memoria di costituzione della Città di Guidonia Montecelio depositata in data 4 marzo 2016 – pag. 4), con chiare ricadute positive sul piano del dolore affettivo effettivamente riconducibile alla condotta del Comune, comprovate, tra l’altro, dalla circostanza che – proprio in ragione di tali “dichiarazioni” – “alla camera di consiglio del 16 marzo 2016” i ricorrenti hanno rinunciato all’istanza cautelare (cfr., tra le altre, memoria da quest’ultimi prodotta in data 17 marzo 2017 – pag. 3);
– in ragione della dilazione di cui sopra, l’estumulazione risulterebbe, poi, risalire ad un’epoca che, secondo la ricostruzione sostenuta dalla Città di Guidonia Montecelio del disposto di cui all’art. 69 del Regolamento, dovrebbe essere considerata successiva alla scadenza del termine trentennale della concessione e tale circostanza riveste sicura rilevanza sul piano della valutazione non solo dei “riflessi negativi sui sentimenti” lamentati dai ricorrenti ma anche dell’accertamento dell’effettiva sussistenza dell’elemento psicologico prescritto dalla legge, tanto più ove si tenga conto che la citata Amministrazione ha, tra l’altro, operato in stretta aderenza a quanto riportato negli “avvisi”.
Seppure, dunque, sia stata riconosciuta l’illegittimità della decisione afferente all’estumulazioni, non può non prendersi atto che la condotta in esito ad esse tenuta dall’Amministrazione comunale non si presta a concretizzare un illecito civile idoneo a supportare la liquidazione di una somma di danaro a titolo di risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 2043 c.c..
6. In conclusione:
– l’azione di annullamento del provvedimento afferente l’estumulazione deve essere accolta;
– l’azione di annullamento del “provvedimento … in esito al quale è stata disposta la rimozione dell’unica lapide sui loculi nn. 19 e 20” e della nota del 13 gennaio 2016 va dichiarata inammissibile;
– la domanda di risarcimento del danno va respinta.
Tenuto conto della reciproca soccombenza parziale delle parti, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1771/2016, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile, in parte lo accoglie e, precipuamente, ai sensi e nei termini indicati in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento amministrativo “in base al quale è stata disposta l’estumulazione dei feretri e dei resti mortali dei defunti Gino e Martino D’Andrea” e in parte lo respinge.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2017 con l’intervento dei Magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore
Antonio Andolfi, Consigliere
L’ESTENSORE (Antonella Mangia)
IL PRESIDENTE (Elena Stanizzi)
IL SEGRETARIO

Written by:

Sereno Scolaro

439 Posts

View All Posts
Follow Me :