TAR Puglia, Bari, Sez. II, 24 gennaio 2019, n. 75

TAR Puglia, Bari, Sez. II, 24 gennaio 2019, n. 75

MASSIMA
TAR Puglia, Bari, Sez. II, 24 gennaio 2019, n. 75

In materia di contratto di concessione per la costruzione e gestione dell’impianto d’illuminazione elettriva votiva non può rientrare anche la costruzione degli impianti elettrici alle cappelle cimiteriali e la gestione degli stessi, in termini di diritto di esclusiva anche nei confronti degli enti, quando questi ultimi abbiano titolarità del sepolcro, in particolare quando la convenzione sia circoscritta alle sole “zone e locali comunali”. La perpetuità è equiparabile alla titolarità, al punto che è stata espressamente ammessa e riconosciuta anche dal citato regolamento comunale, in relazione a quelle concessioni perpetue già esistenti alla data del 10.2.1976.

NORME CORRELATE

rt. 90 dPR 20/9/1990, n. 285

Pubblicato il 24/01/2019
N. 00075/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00555/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 555 del 2015, proposto dalla ditta individuale C. Giuseppe, rappresentata e difesa dall’avvocato Michele Coletti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pietro Trabace in Bari, via Putignani, 16;
contro
Comune di Bitonto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Sorgente, domiciliato presso la Segreteria del T.A.R. Puglia in Bari, piazza Massari, 6;
nei confronti
Confraternita , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele Bavaro e Caterina Bavaro, con domicilio eletto in Bari, via Marchese di Montrone, 106;
per l’annullamento,
previa adozione di idoneo provvedimento cautelare,
– del verbale della conferenza di servizi tenutasi il 21.1.2015 tra funzionari del Comune di Bitonto avente ad oggetto l’interpretazione della convenzione di concessione, con specifico riferimento ad alcuni lavori realizzati dalla Confraternita Santa Maria della Misericordia (già Monte dei Morti della Misericordia) sulla cappella cimiteriale di sua pertinenza;
– di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti, compresa la nota di trasmissione prot. 5422 del 9.2.2015 (successivamente comunicata) a firma del funzionario del 2° Settore Demoeconomico presso il Comune di Bitonto con cui si è trasmesso il predetto verbale;
nonché per l’accertamento:
a) del diritto della ricorrente ad esercitare in via esclusiva la concessione per la costruzione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti di energia elettrica per l’illuminazione votiva delle cappelle, dei monumenti funerari, dei loculi, delle tombe, esistenti nel recinto del cimitero del centro urbano di Bitonto;
b) dell’illegittimità dei lavori eseguiti dalla Confraternita (già ) sulla cappella cimiteriale di sua pertinenza denominata “” e di cui alla CIL del 12.1.2015, previo annullamento ovvero declaratoria di illegittimità del relativo titolo abilitativo;
e sul ricorso incidentale depositato dalla Confraternita “” in data 10 luglio 2015 per l’accertamento dell’intervenuta cessazione del “contratto di appalto e convenzione per la costruzione esercizio e manutenzione impianto distribuzione energia elettrica ed illuminazione votiva” presso il cimitero urbano di Bitonto stipulato tra la ditta ricorrente ed il Comune di Bitonto in data 15.2.1984 (rep. n. 138/84)” nonché dell’atto aggiuntivo di “proroga” di siffatta convenzione datato 29.4.2000, con conseguente rigetto del ricorso principale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bitonto e della Confraternita ;
Visto il ricorso incidentale proposto dalla Confraternita ;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2019 per le parti i difensori avv. Vito Aurelio Pappalepore, su delega dell’avv. Michele Coletti, avv. Luigi Sorgente e avv. Maria Gabriella Gizzi, su delega dell’avv. Gabriele Bavaro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – La ditta individuale C. Giuseppe è affidataria della concessione per la costruzione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti di energia elettrica per l’illuminazione votiva delle cappelle, dei monumenti funerari, dei loculi, delle tombe, dei colombari nel cimitero di Bitonto, giusta contratto n. 138/84 del 15.2.1984 e successivo atto aggiuntivo n. 1370 del 29.4.2000.
Sulla base di detti atti con il ricorso introduttivo la ditta C. agiva in giudizio dinanzi a questo T.A.R. per l’annullamento
a) del verbale della conferenza di servizi tenutasi il 21.1.2015 tra funzionari del Comune di Bitonto avente ad oggetto l’interpretazione della convenzione di concessione, con specifico riferimento ad alcuni lavori realizzati dalla Confraternita Santa Maria della Misericordia (già Monte dei Morti della Misericordia) sulla cappella cimiteriale di sua pertinenza;
b) di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti, compresa la nota di trasmissione prot. 5422 del 9.2.2015 (successivamente comunicata).
Richiedeva, altresì, l’accertamento
a) del proprio diritto ad esercitare in via esclusiva la concessione per la costruzione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti di energia elettrica per l’illuminazione votiva delle cappelle, dei monumenti funerari, dei loculi, delle tombe, esistenti nel recinto del cimitero del centro urbano di Bitonto;
b) dell’illegittimità dei lavori eseguiti dalla Confraternita (già ) sulla cappella cimiteriale di sua pertinenza denominata “” e dichiarati con la comunicazione d’inizio lavori CIL del 12.1.2015, previo annullamento ovvero declaratoria d’illegittimità del relativo titolo abilitativo.
La ditta istante rilevava in estrema sintesi che il censurato verbale della conferenza di servizi sarebbe errato nella parte in cui viene affermato (peraltro con determinazione unilaterale della P.A., senza l’osservanza delle garanzie procedimentali e in violazione delle regole di buona fede contrattuale), in relazione all’art. 3 del capitolato di concessione, che “non è … prevista espressamente l’esclusiva a favore della ditta concessionaria della realizzazione degli impianti interni di strutture diverse da quelle comunali”; invece – a ben vedere – il capitolato non contemplerebbe alcuna distinzione tra impianti interni ed impianti esterni, dovendo essere trattati nello stesso modo e rientrando, pertanto, entrambi nell’oggetto della concessione; che giammai il Comune di Bitonto avrebbe trasferito alla Confraternita la facoltà di realizzare un proprio impianto all’interno della cappella cimiteriale della stessa Confraternita ricadente in area demaniale, avendo il Comune (e per esso la ditta concessionaria) l’esclusiva del servizio in esame in forza degli artt. 1 e 8 del capitolato.
Avanzava, infine, una domanda risarcitoria.
2. – Si costituivano il Comune di Bitonto e la Confraternita , resistendo al gravame.
3. – La controinteressata Confraternita proponeva ricorso incidentale con cui evidenziava che l’originario contratto del 15.2.1984 (e l’atto di proroga del 29.4.2000) sarebbe cessato ex lege in data 31.12.2013 ai sensi dell’art. 34, commi 20 e 21 del decreto-legge n. 179/2012 convertito, con modificazioni, nella legge n. 221/2012, ovvero in data 31.12.2006 in forza della previsione di cui all’art. 113, comma 15-bis, del d.lgs. n. 267/2000 nella formulazione <i<ratione temporis vigente, con la conseguenza che la ditta C. sarebbe stata priva di legittimazione al ricorso principale.
4. – Con ordinanza n. 1235 del 24.9.2018 questo T.A.R. rilevava, ai sensi dell’art. 73, comma 3 del codice del processo amministrativo, la sussistenza di una questione di difetto di giurisdizione.
5. – Nel corso dell’udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2019 la causa passava in decisione.
6. – Ciò premesso, ritiene questo Collegio che il Giudice amministrativo adito sia munito di giurisdizione in ordine alla cognizione della domanda di cui al ricorso introduttivo e a quella di cui al ricorso incidentale.
Invero, la controversia insorta tra le parti con riferimento all’adozione del gravato verbale della conferenza di servizi tenutasi il 21.1.2015 e alla interpretazione dell’art. 3 del capitolato (e quindi di una “clausola contrattuale”) riguarda i rapporti tra concedente (Comune) e concessionario (ditta C.) in relazione al servizio pubblico d’illuminazione cimiteriale.
Deve, pertanto, affermarsi la sussistenza della giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo adito ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), del codice del processo amministrativo sulla controversia in esame, avente ad oggetto una concessione di servizio pubblico.
Infatti, secondo la costante giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21.6.2018, n. 3822), “La differenza tra concessione e appalto di servizi riposa nelle modalità della remunerazione e nel fenomeno di traslazione dell’alea inerente una certa attività in capo al privato, sicché si avrà concessione quando l’operatore si assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza mentre si avrà appalto quando l’onere del servizio stesso venga a gravare sostanzialmente sull’amministrazione.”.
Nel caso di specie, il contratto del 15.2.1984 è chiaramente riconducibile al genus della “concessione di servizio pubblico”, poiché in esso è contemplato un compenso che il concessionario riceve direttamente dall’utenza (cfr., in particolare, il regolamento e le tariffe per il servizio di illuminazione del cimitero comunale).
A tal riguardo, la sentenza della Cassazione (Sez. Un., 30.3.2018, n. 8035) ha rilevato:
“Qualora un Comune si avvalga dell’opera di un privato in relazione all’illuminazione votiva di un cimitero municipale, il relativo rapporto concreta una concessione di pubblico servizio, con conseguente devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di tutte le controversie concernenti il rapporto concessorio, la sua cessazione, nonché eventuali richieste di risarcimento ad esso collegate, qualora esse pongano in discussione aspetti implicanti l’esercizio di potestà pubbliche o, comunque, ad esse riconducibili. (Nella specie, la S.C. ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda con cui il privato chiedeva accertarsi l’avvenuto rinnovo tacito della concessione per inidoneità della comunicazione del sindaco, nonché su quelle afferenti il pagamento di un indennizzo a seguito della successiva intervenuta risoluzione anticipata dal contratto, ovvero, in subordine, in caso di ritenuta tempestività della disdetta, di quelle risarcitorie conseguenti, anche, alla mancata rivalutazione dei canoni, in quanto aventi tutte quale presupposto la verifica dell’esercizio di poteri discrezionali della P.A.)”.
Nella fattispecie in esame, da un lato, si controverte, per quanto concerne il ricorso principale, sull’estensione dell’oggetto dell’originaria concessione del 1984, dall’altro lato, si discute, per quanto riguarda il gravame incidentale, circa l’operatività della decadenza/cessazione ex lege a far data dal 30.12.2013 dell’originario rapporto concessorio.
Pertanto, si tratta di questioni che pongono “… in discussione aspetti implicanti l’esercizio di potestà pubbliche o, comunque, ad esse riconducibili …”, con consequenziale radicamento della giurisdizione del Giudice amministrativo adito.
7. – Ai fini del corretto inquadramento della fattispecie per cui è causa, va rilevato in punto di fatto quanto segue.
È stato depositato – all’esito di giudizio r.g. n. 1675/2013 avverso il silenzio-rigetto su un’istanza di accesso presentata dalla Confraternita controinteressata – l’atto notarile, rogato dal notaio Pasquale De Marinis datato 23.7.1841, di compravendita del suolo nel cimitero di Bitonto stipulato illo tempore tra la predetta Confraternita e lo stesso Comune di Bitonto “per il prezzo di ducati dodici e grana ottantotto”, da cui si evince che lo stesso ente religioso poteva “disporre in piena proprietà come loro piace dei suoli e siti come sopra venduti e dettagliati con tutte le loro dipendenze e senza riserva alcuna …” ( cfr. pag. 948 dell’atto notarile).
Inoltre, sempre a seguito del predetto giudizio l’Amministrazione comunale consegnava alla stessa Confraternita la successiva deliberazione di Giunta n. 126 del 22.4.1899 di concessione perpetua della retrostante porzione di suolo ai fini dell’ampliamento del predetto originario gentilizio (acquistato come innanzi specificato con atto notarile). Infatti, la Giunta nella stessa deliberazione, dopo aver esaminato “la domanda presentata dal Sig. Emanuele S., che nella qualità di Presidente dell’O.P. della , chiede la concessione perpetua della zona di terreno a levante del proprio gentilizio sepolcrale in detto Cimitero della larghezza quanto il detto gentilizio e della lunghezza fino a raggiungere il viale di circonvallazione, lungo il muro di cimitero, dimandando inoltre la concessione sottostante il ripetuto viale …”, “delibera( va) all’unanimità (di) concedere … all’O.P. zona di terreno innanzi descritta, unitamente al sottosuolo del viale di circonvallazione lungo il muro di cinta come innanzi, previo pagamento da effettuarsi nell’anno venturo 1900 della 2° rata di £. 131,64 rappresentante la 2° metà del prezzo totale £. 263,28 di tale concessione importo”.
Dunque, la Confraternita, che, come risulta inequivocabilmente dallo stesso atto di compravendita, è a pieno titolo proprietaria della cappella funeraria in questione (realizzata su suolo di sua proprietà) e anche concessionaria perpetua del residuale suolo interessato dall’ampliamento della cappella stessa, solo a seguito del predetto giudizio conseguiva gli atti comunali attestanti i propri diritti sulla cappella.
Pertanto, la controinteressata a mezzo del proprio legale con nota del 29.7.2014 riscontrava tutte le note, ossia la diffida del 25.10.2013, nonché la nota prot. n. 20/13 del 23.9.2013 (di riscontro alla precedente nota della Confraternita di richiesta di preventivo del 16.9.2013) ed il successivo telegramma del 31.10.2013 della ditta ricorrente contenenti rivendicazioni sia giuridiche sia economiche, evidenziando che la Confraternita risultava – come si è detto – proprietaria della cappella cimiteriale sin dal 23.7.1841 e poteva quindi disporre dello stesso bene immobile in modo pieno ed esclusivo, provvedendo autonomamente alla manutenzione dei propri impianti tecnici.
Successivamente la ditta ricorrente con telegramma del 17.12.2014 diffidava la Confraternita controinteressata a desistere dal compiere i lavori in corso di manutenzione dell’impianto elettrico all’interno della propria cappella, invocando ancora una volta una presunta violazione del contratto comunale di concessione per gli impianti d’illuminazione cimiteriali.
A detta diffida l’ente religioso con successiva nota del 20.1.2015 ribadiva, a mezzo del proprio legale, che poteva disporre dello stesso bene in modo pieno ed esclusivo, anche in relazione a qualsivoglia tipo d’intervento sugli impianti elettrici votivi presenti nella propria cappella, previe le sole e doverose autorizzazioni tecniche comunali.
Peraltro, la stessa Confraternita aveva presentato in data 12.1.2015 la comunicazione d’inizio attività n. 1212 relativa a lavori di manutenzione “straordinaria” dell’impianto elettrico originario, oramai pericoloso e obsoleto. L’intervento veniva ultimato in data 20.1.2015, come si evince dalla relazione tecnica dell’ing. Sa. e dalla dichiarazione di conformità della Professional Impianti s.n.c., trasmesse dalla Confraternita al Comune in data 14.5.2015 con propria nota a seguito di un’apposita richiesta comunale espressa con nota del 5.5.2015.
Il Comune di Bitonto procedeva, quindi, a indire una conferenza di servizi ad hoc fra i dirigenti comunali competenti al fine di meglio focalizzare il contenuto dell’art. 3 del capitolato oggetto di contestazione.
Lo stesso Comune resistente con nota prot. n. 5422 del 9.2.2015 trasmetteva il verbale della predetta conferenza di servizi tenutasi in data 21.1.2015, dando altresì atto che, in relazione ai lavori effettuati presso la cappella funeraria da parte dell’ente religioso, era stata depositata “CIL datata 12/1/2015 che costituisce titolo abilitativo dell’intervento manutentivo impiantistico presso la Cappella dei …”.
Inoltre, con specifico riferimento al contenuto della concessione, il Comune, dopo aver riportato testualmente l’oggetto del contratto di appalto stipulato con la ditta ricorrente e dato pacificamente atto che detto rapporto concessorio afferiva alla “costruzione dell’impianto di distribuzione energia elettrica nell’ambito del Cimitero Centro Urbano, ove occorra, ivi compreso l’impianto, anche interno di erogazione energia elettrica nelle zone e nei (soli) locali comunali … (cfr. art. 3 del capitolato di concessione)”, giungeva alla condivisibile conclusione che “non (era) prevista espressamente l’esclusiva a favore della ditta concessionaria della realizzazione degli impianti interni di strutture diverse da quelle comunali”.
Avverso detta precisazione presente nel citato verbale di conferenza di servizi dei funzionari comunali – privo di valenza provvedimentale, costituendo mera puntualizzazione, confermativa del contenuto della delibera comunale concessoria, espressamente concordato e accettato dalla stessa ricorrente nelle successive convenzioni attuative sia del 1984, sia di proroga del 2000 – la ditta C. proponeva impugnazione giurisdizionale.
8. – Ciò detto, va rimarcato che comunque la ditta non potrebbe trarre alcun’utilità diretta e concreta da un eventuale annullamento degli atti impugnati, stante la loro natura chiaramente non lesiva.
Si consideri, infatti, che la ricorrente ha impugnato le determinazioni di cui al verbale di una “apparente” conferenza di servizi che, come tale, nulla hanno aggiunto rispetto al contenuto della prescrizione dell’art. 3 della concessione in questione, avendo il Comune resistente, sin dalla data di adozione dell’atto concessorio del 1984, stabilito e precisato in maniera chiara ed inequivoca che il servizio d’illuminazione all’interno del Camposanto avrebbe riguardato le sole strutture cimiteriali di proprietà del Comune.
Infatti, il citato art. 3 del capitolato di concessione recita testualmente che “la ditta concessionaria costruirà … l’impianto di distribuzione energia elettrica nell’ambito del Cimitero Centro Urbano, ove occorra, ivi compreso l’impianto, anche interno, di erogazione energia elettrica nelle zone e nei locali comunali adibiti a servizio di qualunque genere interessanti il Cimitero stesso (ingressi, uffici, e servizi comunali, ossario comunale, cappelle comunali e simili)”.
A conferma di ciò anche il successivo art. 8 della medesima convenzione concessoria del 1984 ha stabilito altrettanto inequivocabilmente che “In corrispettivo della concessione ottenuta la ditta concessionaria si obbliga ad eseguire a totale sua cura e spese l’impianto di distribuzione ed erogazione energia elettrica nelle zone e nei locali comunali adibiti a servizio di qualunque genere interessanti il cimitero …” (così art. 8, comma 1), “… assumendone la relativa spesa di manutenzione” (art. 8, comma 2).
Dall’esame del contenuto sia formale sia sostanziale delle predette due prescrizioni concessorie emerge, dunque, ictu oculi che il servizio de quo è riferito alle strutture ivi elencate di titolarità del Comune e non anche indistintamente a quelle altre rispetto alle quali l’Amministrazione comunale non vanta alcuna posizione giuridica soggettiva se non quella meramente amministrativa di controllo, in quanto appartenenti alla proprietà e/o alla titolarità giuridica di altri soggetti privati, come nella specie la Confraternita indiscutibilmente proprietaria del suolo e della sovrastante cappella cimiteriale.
Poiché la regolamentazione giuridica dello specifico oggetto dell’attività concessoria è già delineata nell’originaria convenzione concessoria del 1984, avendolo circoscritto il Comune alle sole strutture cimiteriali “comunali” con espressa accettazione da parte della stessa ricorrente e poiché le valutazioni compiute dal Comune nel corso della suindicata conferenza si limitano a prendere meramente atto di tale circoscritta portata applicativa senza alcun effetto innovativo e/o modificativo dell’originario art. 3 della convenzione, ne discende che la ditta istante non conseguirebbe alcun vantaggio dall’annullamento degli atti della conferenza, giacché resterebbe immutato il contenuto dell’art. 3 della concessione medesima che non è stato mai oggetto di contestazione e/o successiva impugnazione.
Inoltre, detta prescrizione è stata condivisa, accettata ed interamente sottoscritta a suo tempo dalla ditta C..
Non è, perciò, condivisibile l’affermazione di parte ricorrente secondo cui le valutazioni comunali di cui alla predetta conferenza di servizi avrebbero una valenza innovativa e/o modificativa dell’art. 3 e, dunque, una portata provvedimentale o “autoritativa” (come asserito in ricorso), posto che l’indizione della “apparente” conferenza fra i dirigenti competenti ha chiaramente una mera finalità ricognitiva e quindi confermativa dei limiti prefissati dal citato art. 3 in relazione all’oggetto del servizio di illuminazione cimiteriale (come più volte detto, circoscritta ai soli impianti e strutture di proprietà del Comune e non certamente anche a quelle della Confraternita).
Ne consegue che resta dimostrata l’assenza di utilità giuridica e processuale rispetto ad un eventuale accoglimento del ricorso, vertendosi in materia di atti meramente confermativi, la cui impugnazione è inammissibile se non doverosamente preceduta dalla contestazione in sede giurisdizionale dell’atto oggetto di conferma, come ha più volte affermato la stessa giurisprudenza amministrativa.
Invero, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1226 del 10.5.2013 ha rilevato che “allo scopo di stabilire se un atto amministrativo è meramente confermativo, e perciò non impugnabile, o di conferma in senso proprio e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini, occorre verificare se l’atto successivo sia stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione di interessi”, giungendo ad affermare che “ricorre l’atto meramente confermativo (di c.d. conferma impropria) quando l’Amministrazione, a fronte di un’istanza di riesame, si limita a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione (cfr., Consiglio di Stato sez. V, 03 ottobre2012, n. 5196)”.
Nel caso in esame non è stata compiuta – come visto – alcuna nuova istruttoria e/o ponderazione e né tanto meno esternata alcuna ulteriore motivazione.
Pertanto, non può sostenersi che le confermative determinazioni censurate avrebbero potuto essere autonomamente impugnate, dato che dalla lettura del relativo verbale non risultano compiute nuove attività istruttorie in relazione al contenuto dell’art. 3 della originaria concessione, sicché è indiscutibile che esse siano “meramente confermative” e non di conferma.
Il Comune, in definitiva, non ha compiuto alcunché di innovativo e/o ampliativo del contenuto del citato art. 3 in sede di conferenza di servizi, non avendo proceduto in sede di rilettura dell’art. 3 cit. ad ulteriori e/o diverse valutazioni interpretative del predetto articolo, limitandosi a ribadire senza alcuna interpretazione manipolativa che l’oggetto del servizio interessava le sole strutture del Comune.
In altri termini, avrebbe potuto avere una portata interpretativa innovativa la conferenza se a fronte della lacunosità e/o ambiguità del contenuto dell’art. 3 il Comune avesse ex post affermato che l’oggetto del servizio era limitato alle sole cappelle del Comune, non contenendo la concessione una specifica disciplina sul punto; tuttavia, nella specie è avvenuto l’esatto contrario, considerato che l’art. 3 aveva già ampiamente stabilito l’estensione oggettiva del servizio, sicché il Comune non ha affermato, bensì semplicemente riaffermato tale limitata portata applicativa.
Del resto è la stessa ricorrente ad affermare a pag. 6 dell’atto introduttivo: “… ammesso pure che gli stessi possano avere valore provvedimentale …”, dando atto con ciò di dubitare essa stessa della natura giuridica “autoritativa” del gravato verbale di conferenza di servizi, come anche alla successiva pag. 7 del ricorso laddove viene solo ipotizzata e non affermata la loro natura autoritativa con l’inciso “ove si dovesse ritenere la valenza provvedimentale”.
Ne discende l’impossibilità di accoglimento del ricorso introduttivo.
9. – Nel merito va, altresì, evidenziata l’infondatezza dell’azione proposta, con riguardo sia alla domanda di annullamento (di cui al punto III.1), sia a quella di accertamento (di cui al punto III.2).
9.1. – In relazione alla domanda di annullamento, si evidenzia quanto segue.
Secondo la prospettazione di parte ricorrente vi sarebbe stata violazione del principio del giusto procedimento per incompetenza degli organi comunali coinvolti, asserita mancata adozione dell’atto conclusivo della conferenza di servizi, nonché omessa partecipazione della stessa ricorrente al procedimento, violazione del principio di buona fede e correttezza.
9.1.1. – In particolare, l’atto impugnato sarebbe “inevitabilmente affetto da plurime violazioni” quale per prima l’asserita “incompetenza perché legittimato a fornire una interpretazione era lo stesso organo che aveva approvato la concessione, vale a dire il Consiglio Comunale ex art. 42 del TUEL”.
Detta affermazione non può trovare condivisione.
Invero, la normativa sopravvenuta rispetto alla originaria concessione del 1984 ha attribuito la competenza funzionale alla adozione degli atti di gestione amministrativa ai funzionari comunali sottraendola agli organi politici (giunta e consiglio comunale), sicché la circostanza che originariamente (prima cioè dell’entrata in vigore del T.U.E.L. n. 267/2000 e persino della stessa legge Bassanini nel 1997) l’atto concessorio fosse stato adottato dall’organo consiliare non impone che l’adozione di qualsivoglia atto comunale debba ancora oggi appartenere alla competenza del consiglio comunale e non dei dirigenti e/o funzionari, come impone la legge sopravvenuta.
Infatti, l’art. 107, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000 statuisce che:
“Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108.”.
Ne consegue l’infondatezza della censura, in quanto per effetto della predetta sopravvenuta normativa non è più competente il consiglio comunale, bensì i funzionari comunali che sono legittimati ad adottare ogni atto attinente alla gestione amministrativa.
9.1.2. – Sotto distinto profilo, ma sempre con riguardo al principio del giusto procedimento, la ricorrente sostiene che vi sarebbe stata una “violazione dell’art. 14 ter della L. n. 241/1990 visto che non vi è stata adozione del provvedimento finale da parte del dirigente competente per materia all’esito della conferenza”.
Tuttavia, la difesa del C. non indica quale sia il dirigente ritenuto “competente”.
In ogni caso, va nuovamente sottolineato che la citata conferenza è puramente “apparente”, essendo stata indetta in modo improprio.
Pertanto, non occorreva alcun atto conclusivo, tenuto altresì conto del fatto che – come detto – non vi è stata nel corso della stessa conferenza alcuna reale “interpretazione” con valenza innovativa e/o ampliativa del disposto dell’art. 3, essendosi i dirigenti comunali limitati a ribadire che l’oggetto del servizio interessava unicamente le strutture comunali.
Ne consegue la reiezione di detta doglianza.
9.1.3. – La ricorrente asserisce, inoltre, che vi sarebbe stata nella specie una “violazione delle garanzie procedimentali (e in particolare degli artt. 7 e 10 bis della legge n. 241/1990) poiché il concessionario aveva pieno diritto a prendere parte ad un procedimento che avrebbe condotto ad un interpretazione “autoritativa” delle clausole della concessione …”.
Detto assunto non è meritevole di positivo apprezzamento, venendo in rilievo – come visto – l’adozione, da parte del Comune, di un atto squisitamente ricognitivo del contenuto dell’art. 3 del capitolato e quindi meramente confermativo della sua originaria portata (tant’è che non vi è stata da parte degli uffici coinvolti né una precedente istruttoria, né tanto meno vi è traccia di una ulteriore motivazione nell’atto impugnato).
Evidentemente alla partecipazione a detto procedimento la ricorrente non aveva alcun interesse partecipativo, trattandosi di un atto meramente interno all’ente comunale e senza alcuna portata né innovativa, né tanto meno lesiva.
Diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, non si tratta di una modifica unilaterale del rapporto concessorio.
Dunque, anche siffatto motivo è infondato.
9.1.4. – Con altro motivo di impugnazione, la ricorrente censura il comportamento comunale anche in relazione alla presunta “violazione delle regole di diritto comune in tema di buona fede contrattuale (c.d. buona fede oggettiva), che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza sia ordinaria sia amministrativa, devono applicarsi anche alla fase di esecuzione delle convenzioni accessive a concessioni di servizi pubblici”.
Detta argomentazione è, tuttavia, priva di fondamento.
Invero, non vi è stata da parte del Comune alcuna violazione in tal senso se si considera che la Confraternita controinteressata non ha conseguito la concessione di un suolo, ma ha acquistato sin dal 1841 la cappella funeraria dal Comune, divenendone la legittima proprietaria.
Quindi, i funzionari comunali si sono limitati a prendere atto e ad applicare proprio l’art. 3 del capitolato che stabilisce l’esclusiva del servizio di illuminazione concesso alla ricorrente solo per i locali di proprietà del Comune e non di altre persone giuridiche e/o enti religiosi come appunto la controinteressata.
Né risulta conferente al caso di specie la giurisprudenza citata da parte ricorrente, in quanto le decisioni richiamate riguardano controversie relative al servizio di illuminazione votiva e cimiteriale in cui vi era stato un originario atto concessorio di suolo tra il privato ed il Comune, giammai un atto di compravendita.
In particolare, la pronuncia del T.A.R. Puglia, Lecce, n. 1089/2010 (invocata dalla ditta ricorrente a pag. 10 dell’atto introduttivo al fine di avvalorare la tesi secondo cui la fattispecie ivi esaminata sarebbe corrispondente a quella per cui è causa e la proprietà della struttura cimiteriale non sarebbe presupposto di automa gestione dell’impianto elettrico) dimostra l’esatto contrario, e cioè che unicamente la concessione (e quindi non già il trasferimento della proprietà) di suolo nel cimitero comunale (stipulata in quel caso tra il sig. Cordella e la P.A. comunale) non trasferisce al privato la facoltà di provvedere autonomamente alla illuminazione votiva della cappella.
Pertanto, in base alla pronuncia del T.A.R. Lecce letta a contrariis la piena proprietà della cappella funeraria (ricorrente nella ipotesi in esame) fa sì che il soggetto proprietario (in detta ipotesi la Confraternita controinteressata) possa utilizzare a pieno titolo il proprio bene anche in relazione alla gestione dell’impianto di illuminazione votiva della cappella funeraria.
Ed infatti nella stessa sentenza del T.A.R. Lecce viene anche affermato che “fermo restando che ogni profilo della proprietà e quindi ogni facoltà di utilizzazione del bene demaniale spetta all’ente proprietario, il Comune negli atti concessori non ha trasferito al privato alcuna facoltà in ordine alla illuminazione votiva, mentre ha trasferito tutti i diritti in proposito al ricorrente”.
Pertanto, proprio dalla statuizione giurisdizionale del T.A.R. Lecce emerge con tutta evidenza come la Confraternita, essendone la proprietaria esclusiva, possa utilizzare la cappella funeraria con ogni facoltà in ordine sia alla manutenzione che conservazione del proprio manufatto e quindi anche in relazione all’impianto di illuminazione votiva, come del resto risulta dall’atto notarile di compravendita in forza del quale l’ente religioso può “disporre in piena proprietà come loro piace dei suoli e siti come sopra venduti e dettagliati con tutte le loro dipendenze e senza riserva alcuna”.
Ne consegue che anche siffatto ulteriore motivo è infondato, non potendosi configurare nella specie alcuna violazione dei principi di buona fede e correttezza da parte del Comune, il quale si è limitato ad applicare le prescrizioni concessorie.
Dette prescrizioni, infatti, non contemplano alcuna esclusiva in favore del concessionario per quanto concerne la manutenzione degli impianti “privati”, limitandola invece alle sole strutture cimiteriali di proprietà del Comune. Ciò in applicazione di un ragionevole principio di diritto secondo cui la proprietà della struttura cimiteriale è presupposto di autonoma gestione dell’impianto, nel senso che il Comune (e per esso il concessionario del servizio) non è tenuto a svolgere il servizio di manutenzione anche in relazione a tutti quegli altri impianti di proprietà dei privati (in quanto interni alle cappelle cimiteriali) con inutili costi a carico dell’erario comunale.
Pertanto, non sono condivisibili le argomentazioni rassegnate dalla ricorrente da pag. 11 a pag. 15 dell’atto introduttivo allorché, nel ricostruire il contenuto delle disposizione di cui all’originaria convenzione concessoria del 1984 in relazione alla “omessa distinzione fra impianto esterno ed interno”, rivendica un diritto di esclusiva anche in relazione agli impianti interni delle cappelle di proprietà dei privati come quella della Confraternita, così alterando il contenuto del predetto art. 3 nonostante la sua chiara ed inequivocabile formulazione.
Né si può sostenere che la ricorrente per il sol fatto di avere illo tempore (ossia negli anni 80) realizzato gli impianti, oggi del tutto obsoleti e necessari di totale rifacimento, abbia maturato un diritto in relazione alla loro manutenzione.
Parimenti non è meritevole di condivisione quanto asserito dalla ditta interessata a pag. 15 dell’atto introduttivo secondo cui l’autonoma gestione dell’impianto elettrico da parte della Confraternita nella propria cappella dovrebbe essere oggetto di un previo provvedimento di “trasferimento” da parte del Comune della relativa facoltà di svolgere il servizio di illuminazione. Così, infatti, non può essere, dato che tale diritto in capo alla Confraternita è connaturato alla titolarità giuridica della cappella.
Del pari infondato è anche quanto asserito dalla ditta C. a pag. 17 del ricorso secondo cui l’autonoma gestione sarebbe vietata dal regolamento comunale di polizia mortuaria del 2006 allorché all’art. 3 assoggetta l’intera area cimiteriale al regime dei beni demaniali.
Tuttavia, va rilevato che l’acquisto dell’area cimiteriale da parte della Confraternita, come la successiva concessione perpetua per la restante parte del suolo, preesistono rispetto al regolamento comunale, tant’è che lo stesso regolamento all’art. 82 riconosce la legittimità giuridica di tutte le preesistenti e vigenti concessioni ivi incluse quelle perpetue.
Recita, infatti, testualmente l’art. 82, comma 2, del regolamento comunale che “le concessioni di suolo cimiteriale che risultino, dall’atto pubblico di concessione, essere state effettuate prima del 10 febbraio 1976, a tempo indeterminato, definito anche in perpetuo, conservano tale qualità, che tra l’altro importa l’obbligo del mantenimento delle salme tumulatevi, senza limiti temporali”.
In conclusione, la domanda di annullamento giurisdizionale va integralmente rigettata.
9.2. – In relazione alla domanda di accertamento, ritiene questo Giudice, in accoglimento della eccezione formulata dalla difesa della Confraternita controinteressata, che la stessa sia prescritta.
La ricorrente invoca, infatti, l’accertamento del proprio diritto alla gestione in esclusiva di tutte le strutture cimiteriali indistintamente.
Tuttavia, tale diritto avrebbe dovuto essere azionato nell’ordinario termine decennale.
Si consideri, infatti, che non avendo l’impugnato verbale della conferenza di servizi mutato il contenuto dell’art. 3 della originaria convenzione concessoria che circoscriveva il servizio di illuminazione votiva alle sole strutture cimiteriali del Comune, la ricorrente se avesse voluto utilmente dolersi di siffatta portata prescrittiva avrebbe dovuto presentare la propria domanda di accertamento entro il termine decennale decorrente dalla data di stipula della convenzione del 15.2.1984, ossia entro e non oltre il 15.2.1994, cosa all’opposto non avvenuta.
Ad analoghe conclusioni non può che pervenirsi anche in relazione alla successiva convenzione concessoria di proroga del 2000 (che comunque ha richiamato integralmente il contenuto dell’art. 3 dell’atto convenzionale del 1984), nel senso che anche in relazione a tale convenzione il termine prescrizionale è interamente spirato nel 2010, sicché ogni rivendicazione giuridica da parte della ricorrente si appalesa tardiva in quanto inesorabilmente prescritta.
Ne consegue la reiezione della domanda di accertamento.
In ogni caso, va rimarcato che non può trovare positivo apprezzamento l’affermazione di parte ricorrente secondo cui “nell’oggetto della concessione rientr(erebbe) anche la costruzione degli impianti elettrici alle cappelle cimiteriali e la gestione degli stessi”, rivendicando con ciò un inesistente diritto di esclusiva in tal senso anche nei confronti della Confraternita.
La pretesa di vedersi riconoscere un diritto di esclusiva anche nei confronti dell’impianto di illuminazione della Confraternita è – come visto – destituita di fondamento, alla luce di una corretta interpretazione sia formale, sia sostanziale dell’art. 3 e del successivo art. 5 della convenzione di concessione, secondo cui l’esclusiva della concessione in questione è circoscritta alle sole “zone e locali comunali”, che poi dettagliatamente vengono elencati, ossia “ingressi uffici e servizi comunali, ossario comunale, cappelle comunali e simili” (cfr. art. 3), presso cui “la ditta concessionaria si obbliga ad eseguire … l’impianto di distribuzione ed erogazione energia elettrica”.
Pertanto, emerge in tutta evidenza che la concessione de qua ha per oggetto il servizio riferito non indistintamente a tutte le cappelle cimiteriali ma solo a quelle comunali, ossia di proprietà del Comune, che lo stesso gestisce direttamente, con esclusione di quella della Confraternita in relazione tanto alla porzione di suolo di sua proprietà, quanto a quella oggetto di concessione perpetua (peraltro marginale rispetto a quella principale), visto che la perpetuità è in sostanza equiparabile alla titolarità, al punto che è stata espressamente ammessa e riconosciuta dal citato regolamento comunale (art. 82) “senza limiti temporali” proprio in relazione a quelle concessioni perpetue, come quella della Confraternita, già esistenti alla data del 10.2.1976.
In conclusione, non è dato comprendere sul piano logico prima ancora che su quello giuridico in cosa possa essersi configurata la pretesa violazione del rapporto concessorio in esclusiva del servizio in questione, se detto servizio interessa – come visto – non tutti i manufatti ricompresi nel cimitero cittadino, ma solo ed esclusivamente quelli di proprietà comunale, escludendo pertanto gli immobili appartenenti ad altri soggetti giuridici, come nel caso della Confraternita.
Ne consegue la reiezione della domanda da ultimo esaminata.
9.3. – Anche la domanda risarcitoria va rigettata in quanto, oltre che generica, ne difettano tutti i presupposti in ragione dell’evidenziata legittimità degli atti impugnati e dell’insussistenza di qualsivoglia ipotesi di danno in capo alla concessionaria.
10. – Da quanto esposto discende la reiezione del ricorso principale e la declaratoria d’improcedibilità del ricorso incidentale.
Invero, quest’ultimo, pur ponendo la questione, rilevante nel caso di specie, della cessazione della concessione del 1984 (prorogata nel 2000) a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 34, commi 20 e 21 decreto legge n. 179/2012 (ovvero in forza della previsione di cui all’art. 113, comma 15 bis del d.lgs. n. 267/2000 nella formulazione ratione temporis vigente), deve essere dichiarato improcedibile, stante la natura accessoria propria del ricorso incidentale e l’esito del giudizio per quanto concerne il ricorso principale.
11. – In considerazione della natura, della peculiarità e complessità della presente controversia, sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
1) respinge il ricorso principale;
2) dichiara improcedibile il ricorso incidentale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 8 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppina Adamo, Presidente
Francesco Cocomile, Consigliere, Estensore
Lorenzo Ieva, Referendario
L’ESTENSORE (Francesco Cocomile)
IL PRESIDENTE (Giuseppina Adamo)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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