TAR Lazio, Roma, Sez. II-ter, 23 luglio 2018, n. 8327

TAR Lazio, Roma, Sez. II-ter, 23 luglio 2018, n. 8327

MASSIMA
TAR Lazio, Roma, Sez. II-ter, 23 luglio 2018, n. 8327

Nel Codice dei contratti pubblici vi è distinzione tra requisiti di capacità economica e finanziaria e requisiti di capacità tecnica e professionale. Ai fini della prova dei requisiti di capacità economica e finanziaria la stazione appaltante può richiedere che gli operatori economici dimostrino un fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto, fermo restando che tale fatturato non può comunque superare il doppio del valore stimato dell’appalto, calcolato in relazione al periodo di riferimento dello stesso, salvo in circostanze adeguatamente motivate e che, comunque, in ogni caso in cui è richiesto un fatturato minimo annuo, ne siano indicate le ragioni nei documenti di gara. Per comprovare la capacità tecnica e professionale, poi, le stazioni appaltanti “possono richiedere requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità”. L’Allegato XVII parte II, richiamato dall’art. 86 comma 5 d. lgs. n. 50/16, consente alle stazioni appaltanti di pretendere, a tal fine, “un elenco delle principali forniture o dei principali servizi effettuati negli ultimi tre anni, con indicazione dei rispettivi importi, date e destinatari, pubblici o privati. Se necessario per assicurare un livello adeguato di concorrenza, le amministrazioni aggiudicatrici possono precisare che sarà presa in considerazione la prova relativa a forniture o a servizi forniti o effettuati più di tre anni prima”. Le disposizioni applicabili distinguono nettamente la disciplina dei requisiti di capacità economica e finanziaria rispetto a quelli di capacità tecnica e professionale. Per i primi è previsto come parametro di riferimento il “fatturato minimo annuo” che non può essere di importo superiore al doppio del valore stimato dell’appalto e per la cui richiesta è previsto uno specifico onere motivazionale in capo alla stazione appaltante. Anche per la prova dei requisiti di capacità tecnica e professionale il codice consente di utilizzare il fatturato, ma tale parametro deve essere rapportato non già al singolo (e magari ultimo) anno, come per la capacità economica e finanziaria, ma all’ultimo triennio con possibilità di estendere l’arco temporale di riferimento, ove necessario; ciò, in quanto attraverso il requisito di capacità tecnica e professionale la stazione appaltante mira ad accertare non già la solidità economica dell’affidataria, ma la sua idoneità tecnica ed organizzativa ai fini dell’esecuzione dell’appalto che può essere desunta solo dallo svolgimento di servizi analoghi per un periodo di tempo più lungo di quello a cui è riferito il fatturato relativo alla capacità economica e finanziaria.

NORME CORRELATE

D. Lgs. 18/4/2016, n. 50

Pubblicato il 23/07/2018
N. 08327/2018 REG.PROV.COLL.
N. 04854/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4854 del 2018, proposto da
< omissis > SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via Virginio Orsini n. 19 presso lo studio dell’avv. Domenico Gentile che, unitamente agli avv.ti Adriano Cavina e Maria Lucia Civello, la rappresenta e difende nel presente giudizio
contro
< omissis > S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via A. Depretis n. 86 presso lo studio degli avv.ti Pietro Cavasola e Marco Iannacci che, unitamente all’avv. Roberto Libretti, la rappresentano e difendono nel presente giudizio
per l’annullamento dei seguenti atti:
a) bando di gara n. 23/18 con cui < omissis > s.p.a. ha indetto la “procedura aperta per l’affidamento del servizio di pulizia e decoro nei cimiteri capitolini per un periodo di 14 (quattordici) mesi, suddiviso in 3 (tre) lotti territoriali” (numero gara 7023890; lotto n. 1 CIG 7418646C56; lotto n. 2 CIG 7418663A5E, lotto n. 3 CIG 7418680866);
b) disciplinare di gara, capitolato tecnico e schema di contratto;
c) ove necessario, schema di offerta tecnica, determina di indizione della gara n. 64-2017 del 13/12/17 e ogni altro atto connesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di < omissis > S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 luglio 2018 il dott. Michelangelo Francavilla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 23/04/18 e depositato in pari data la società cooperativa < omissis > ha impugnato il bando di gara n. 23/18, con cui < omissis > s.p.a. ha indetto la “procedura aperta per l’affidamento del servizio di pulizia e decoro nei cimiteri capitolini per un periodo di 14 (quattordici) mesi, suddiviso in 3 (tre) lotti territoriali” (numero gara 7023890; lotto n. 1 CIG 7418646C56; lotto n. 2 CIG 7418663A5E, lotto n. 3 CIG 7418680866), il disciplinare di gara, il capitolato tecnico e lo schema di contratto e, ove necessario, lo schema di offerta tecnica, la determina di indizione della gara n. 64-2017 del 13/12/17 e ogni altro atto connesso.
Con decreto n. 2487/18 del 23 aprile 2018 il Presidente della Sezione ha respinto la richiesta di misure cautelari monocratiche ex art. 56 d. lgs. n.104/10 presentata dalla ricorrente.
Con ordinanza n. 3257/18 del 30 maggio 2018 il Tribunale ha preso atto della rinuncia all’istanza cautelare, depositata dalla ricorrente il 28/05/18, ed ha fissato, per la definizione del giudizio, la pubblica udienza del giorno 16 luglio 2018.
All’udienza pubblica del 16 luglio 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è, in parte, inammissibile, per carenza d’interesse, e, per il resto, infondato.
La società cooperativa < omissis > impugna il bando di gara n. 23/18, con cui < omissis > s.p.a. ha indetto la “procedura aperta per l’affidamento del servizio di pulizia e decoro nei cimiteri capitolini per un periodo di 14 (quattordici) mesi, suddiviso in 3 (tre) lotti territoriali” (numero gara 7023890; lotto n. 1 CIG 7418646C56; lotto n. 2 CIG 7418663A5E, lotto n. 3 CIG 7418680866), il disciplinare di gara, il capitolato tecnico e lo schema di contratto e, ove necessario, lo schema di offerta tecnica, la determina di indizione della gara n. 64-2017 del 13/12/17 e ogni altro atto connesso.
I lotti sono stati così suddivisi:
– lotto n. 1, concernente servizi da espletarsi presso il cimitero Verano, per un importo a base di gara pari ad euro 1.320.674,96;
– lotto n. 2, riferibile a servizi da espletarsi presso il cimitero Flaminio, per un importo a base di gara pari ad euro 1.129.051,75;
– lotto n. 3, avente ad oggetto servizi da espletarsi presso il cimitero Laurentino e i cimiteri Suburbani, per un importo a base d’asta pari ad euro 548.897,97.
Per quanto interessa ai fini di causa, la stazione appaltante ha richiesto (punto 7.1.2. del disciplinare di gara), quale requisito di capacità tecnica e professionale ex art. 83 comma 1 lettera c) d. lgs. n. 50/16, l’“esecuzione”, nei 3 (tre) anni antecedenti la data di pubblicazione del bando (marzo 2015 – marzo 2018), di servizi analoghi a quelli oggetto della…procedura (servizi di pulizia e decoro), il cui importo complessivo sia uguale o superiore ad euro:
• Lotto I: Euro 3.396.000,00 (tremilioninovecentonovantaseimila/00), oltre IVA;
• Lotto II: Euro 2.903.000,00 (duemilioninovecentotremila/00), oltre IVA;
• Lotto III: Euro 1.411.000,00 (unmilionequattrocentoundicimila/00), oltre IVA.
Con la prima censura la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 83 d. lgs. n. 50/16 e 3 l. n. 241/90, del considerando 78 della direttiva 2014/24/UE, dei principi di massima partecipazione degli operatori economici, proporzionalità, efficacia, efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione ed eccesso di potere per manifesta irragionevolezza in quanto il requisito di capacità tecnica e professionale, richiesto dalla lex specialis con riferimento ad un fatturato per lo svolgimento nell’ultimo triennio di servizi analoghi per gli importi sopra indicati, sarebbe abnorme, irragionevole e spropositato rispetto all’oggetto e al valore dell’affidamento e sarebbe, addirittura, superiore rispetto al fatturato richiesto per la prova della capacità economica e finanziaria di cui all’art. 83 comma 1 lettera b) d. lgs. n. 50/16.
In quest’ottica, secondo la ricorrente, la scelta della stazione appaltante sarebbe priva di motivazione in ordine all’individuazione del requisito in esame, sarebbe lesiva del principio di massima partecipazione e del favor per le micro, piccole e medie imprese, non sarebbe giustificabile in relazione alla natura del servizio da affidare, privo di significative peculiarità, e si porrebbe in contrasto con quanto stabilito nelle Linee Guida n. 1, in tema di affidamento dei servizi di architettura ed ingegneria, laddove (paragrafo 2.2.2.1 lettera b) l’ANAC prevede che il valore dei servizi analoghi espletati nell’ultimo decennio debba variare “tra 1 e 2 volte l’importo stimato dei lavori cui si riferisce la prestazione”.
Il motivo è infondato.
L’art. 83 d. lgs. n. 50/16 e l’allegato XVII del codice, ivi richiamato, distinguono tra requisiti di capacità economica e finanziaria (art. 83 comma 1 lettera b d. lgs. n. 50/16) e di capacità tecnica e professionale (art. 83 comma 1 lettera c d. lgs. n. 50/16).
Ai fini della prova dei requisiti di capacità economica e finanziaria la stazione appaltante può richiedere che gli operatori economici dimostrino un fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto, fermo restando che tale fatturato non può comunque superare il doppio del valore stimato dell’appalto, calcolato in relazione al periodo di riferimento dello stesso, salvo in circostanze adeguatamente motivate e che, comunque, in ogni caso in cui è richiesto un fatturato minimo annuo, ne siano indicate le ragioni nei documenti di gara (art. 83 commi 4 e 5 d. lgs. n. 50/16).
Per comprovare la capacità tecnica e professionale, poi, le stazioni appaltanti “possono richiedere requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità” (art. 83 comma 6 d. lgs. n. 50/16).
L’Allegato XVII parte II, richiamato dall’art. 86 comma 5 d. lgs. n. 50/16, consente alle stazioni appaltanti di pretendere, a tal fine, “un elenco delle principali forniture o dei principali servizi effettuati negli ultimi tre anni, con indicazione dei rispettivi importi, date e destinatari, pubblici o privati. Se necessario per assicurare un livello adeguato di concorrenza, le amministrazioni aggiudicatrici possono precisare che sarà presa in considerazione la prova relativa a forniture o a servizi forniti o effettuati più di tre anni prima”.
Le disposizioni ora esaminate distinguono nettamente la disciplina dei requisiti di capacità economica e finanziaria rispetto a quelli di capacità tecnica e professionale.
Per i primi l’art. 83 d. lgs. n. 50/16 prevede come parametro di riferimento il “fatturato minimo annuo” che non può essere di importo superiore al doppio del valore stimato dell’appalto e per la cui richiesta è previsto uno specifico onere motivazionale in capo alla stazione appaltante.
Anche per la prova dei requisiti di capacità tecnica e professionale il codice consente di utilizzare il fatturato ma tale parametro deve essere rapportato non già al singolo (e magari ultimo) anno, come per la capacità economica e finanziaria, ma all’ultimo triennio con possibilità di estendere l’arco temporale di riferimento, ove necessario; ciò, in quanto attraverso il requisito di capacità tecnica e professionale la stazione appaltante mira ad accertare non già la solidità economica dell’affidataria ma la sua idoneità tecnica ed organizzativa ai fini dell’esecuzione dell’appalto che può essere desunta solo dallo svolgimento di servizi analoghi per un periodo di tempo più lungo di quello a cui è riferito il fatturato relativo alla capacità economica e finanziaria.
Ciò posto, e passando all’esame della fattispecie oggetto di causa, il Tribunale, innanzi tutto, ritiene (come condivisibilmente prospettato da parte ricorrente) che tutti i requisiti di partecipazione debbano essere attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto ed individuati nel rispetto del principio generale di massima partecipazione, secondo quanto previsto dagli artt. 30 comma 1 e 83 comma 2 d. lgs. n. 50/16.
Tali principi, però, risultano nella fattispecie rispettati se si considera che:
– nell’ottica della massima partecipazione, l’appalto è stato suddiviso in lotti, come richiesto dall’art. 51 d. lgs. n. 50/16, ed il valore del fatturato, utilizzato per la prova della capacità tecnica e professionale, è stato parametrato in relazione a ciascun lotto;
– l’arco temporale (il triennio antecedente alla data di pubblicazione del bando) a cui riferire il fatturato per servizi analoghi è stato individuato dalla stazione appaltante in piena coerenza con il disposto dell’Allegato XVII parte II del d. lgs. n. 50/16;
– il fatturato è stato richiesto in riferimento a servizi “analoghi” e non anche “identici”;
– l’entità del fatturato richiesto per la prova dei requisiti di capacità tecnica e professionale è del tutto proporzionata all’oggetto dell’appalto in quanto la stazione appaltante ha, in definitiva, individuato un fatturato che, per ognuno dei tre anni precedenti alla gara, è, addirittura, inferiore al valore dell’importo stimato di ciascun lotto. In quest’ottica la prospettazione di parte ricorrente, che stigmatizza “la richiesta di servizi analoghi nel triennio di valore pari addirittura a circa il triplo dell’importo del contratto oggetto di affidamento” (pag. 8 dell’atto introduttivo) deve essere ridimensionata e contestualizzata tenendo conto che il valore del fatturato richiesto è, comunque, riferibile ad un triennio e non già al singolo anno, come, invece, accade per la capacità economica e finanziaria.
Del resto, la stessa previsione codicistica (l’art. 83 comma 5 d. lgs. n. 50/16) che parte ricorrente richiama quale parametro di legittimità della presente fattispecie, a prescindere dalla non assimilabilità tra requisiti di capacità tecnica e professionale e requisiti di capacità economica e finanziaria, prevede, per questi ultimi, un fatturato il cui importo annuo può arrivare fino al doppio del valore stimato dell’appalto ovvero un importo di gran lunga superiore a quello, suddiviso per anno, richiesto nella presente fattispecie ai sensi dell’art. 83 comma 1 lettera c) d. lgs. n. 50/16.
Nella stessa ottica il Tribunale rileva che l’onere motivazionale invocato da parte ricorrente è dall’art. 83 comma 5 d. lgs. n.50/16 richiesto solo allorché il fatturato è previsto come mezzo di prova della capacità economica e finanziaria e, quindi, non è applicabile alla presente fattispecie; inoltre, le Linee Guida n. 1/2017 non risultano idonee a supportare la doglianza in quanto riferibili a servizi (ingegneria ed architettura) che presentano significative peculiarità rispetto a quello oggetto della procedura in esame.
Per esigenza di completezza il Tribunale rileva che le gare menzionate dalla ricorrente nella memoria depositata il 29/06/18 non supportano, in maniera idonea, la fondatezza della censura anche perché dalla documentazione depositata non si evince lo specifico oggetto delle stesse ed i requisiti di partecipazione ivi richiesti e, quindi, l’assimilabilità delle relative procedure a quella oggetto di causa.
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione dell’art. 23 comma 16 d. lgs. n. 50/16 e dei principi di parità di trattamento, trasparenza, buona fede, affidamento, efficienza e buon andamento nonché eccesso di potere sotto vari profili in quanto il bando ed i documenti ad esso allegati non avrebbero quantificato separatamente il costo della manodopera il che non avrebbe consentito la presentazione di offerte ammissibili.
Il motivo è inammissibile per carenza di interesse e, comunque, infondato.
La riconosciuta legittimità della disposizione della lex specialis che individua i requisiti di capacità tecnica ed organizzativa, di cui si è dato atto con la prima censura, priva la ricorrente di interesse allo scrutinio del secondo motivo in quanto l’ipotetico annullamento del bando non le gioverebbe ai fini della riedizione della gara per la mancanza del requisito di partecipazione richiesto.
In ogni caso, nel merito, la censura è infondata.
L’art. 23 comma 16 d. lgs. n. 50/16, nella versione applicabile alla presente fattispecie (e, quindi, dopo le modifiche apportate dal d. lgs. n. 56/17), prevede, per quanto d’interesse, che:
– “il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione”;
– “nei contratti di lavori e servizi la stazione appaltante, al fine di determinare l’importo posto a base di gara, individua nei documenti posti a base di gara i costi della manodopera sulla base di quanto previsto nel presente comma”.
La disposizione da ultimo indicata impone, pertanto, alla stazione appaltante di individuare nei documenti di gara i costi della manodopera.
Il riferimento al “presente comma” induce a ritenere che l’indicazione di tali costi debba essere effettuata in relazione alle tabelle ministeriali, ivi citate, e debba necessariamente avere ad oggetto il costo unitario del personale per le qualifiche che la stazione appaltante ritiene necessarie per l’esecuzione dell’appalto al fine di offrire ai concorrenti utili criteri per formulare le offerte.
Sul punto, deve essere precisato che l’onere di quantificazione preventiva, previsto dall’art. 23 comma 16 d. lgs. n. 50/16, non può avere ad oggetto il costo complessivo della manodopera, dato dal prodotto tra costo unitario ed unità di personale necessarie per l’espletamento dell’appalto, anche perché tale dato, quand’anche disponibile per la stazione appaltante, non avrebbe alcuna rilevanza giuridica non potendo esso costituire uno sbarramento per la formulazione dell’offerta economica a pena di violazione dei principi di concorrenza e tutela dell’iniziativa economica privata e di nullità delle clausole illegittime di esclusione ex art. 83 comma 8 d. lgs. n. 50/2016; infatti, il costo complessivo del personale dipende anche dall’organizzazione imprenditoriale del concorrente su cui la stazione appaltante non può influire (così anche ANAC segnalazione n. 2/14; TAR Lazio n. 4903/16; TAR Toscana n. 1496/15).
Ciò posto, il Tribunale non condivide l’impostazione di parte ricorrente laddove assume l’automatica illegittimità e la conseguente annullabilità del bando per la mancata indicazione preventiva dei costi della manodopera.
Va, innanzi tutto, rilevato che la lex specialis (paragrafo 2.2 del disciplinare), in attuazione dell’art. 50 d. lgs. n. 50/16, impone all’aggiudicatario di “assorbire prioritariamente nel proprio organico il personale già operante alle dipendenze dell’aggiudicatario uscente” e “l’applicazione del CCNL di settore di cui all’art. 51 d. lgs. n. 81/2015” con ciò richiamando specificamente i contratti di settore.
In ogni caso, la mancata specifica quantificazione dei costi della manodopera (da ritenersi, per le ragioni anzidette, unitari) non preclude ex sé la possibilità di formulare offerte ammissibili dal momento che l’art. 23 comma 16 d. lgs. n. 50/16 individua come parametro di riferimento del costo del lavoro le tabelle ministeriali, agevolmente accessibili anche dal concorrente.
La quantificazione della stazione appaltante può essere di ausilio laddove manchi uno specifico contratto collettivo applicabile, ipotesi che non ricorre nella fattispecie in esame, ma non può automaticamente comportare l’annullamento del bando come, invece, sostenuto nei precedenti richiamati dalla ricorrente nella memoria conclusionale (TAR Campania – Napoli n. 1334/18 e TAR Sicilia – Catania n. 227/18) nei quali, però, il bando è stato ritenuto illegittimo non solo per la mancata indicazione del costo del lavoro ma anche per altri motivi (nella fattispecie esaminata dal TAR Catania il bando aveva previsto un punteggio fino al 40% per l’offerta economica, in violazione dell’art. 95 comma 10 bis d. lgs. n. 50/16; nel caso sottoposto al vaglio del TAR Campania la lex specialis non aveva previsto la clausola sociale nella fattispecie obbligatoria ex art. 50 d. lgs. n. 50/16, trattandosi di appalto soprasoglia).
In quest’ottica non può essere condivisa l’impostazione della società ricorrente che assume l’illegittimità del bando invocando sentenze (Cons. Stato n. 1495/17, n. 179/17, n. 512/15) che hanno ad oggetto una diversa fattispecie non sovrapponibile a quella oggetto di causa (se non altro perché ha riguardo alla disciplina dell’offerta economica e non, a monte, del bando) e, precisamente, la mancata indicazione nell’offerta dei c.d. oneri “aziendali” per la sicurezza.
Né costituisce idoneo parametro di legittimità della presente fattispecie il disposto dell’art. 23 comma 16 d. lgs. n. 50/16 nella parte in cui stabilisce che “i costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo soggetto a ribasso”.
La disposizione in esame, infatti, ha ad oggetto i costi della sicurezza c.d. “esterni” o da “rischio interferenziale” la cui determinazione preventiva, in ossequio a quanto specificamente previsto dall’art. 26 d. lgs. n. 81/08, non può che essere rimessa all’esclusiva competenza della stazione appaltante la quale, avendo la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto e conoscendo (essa solo nella fase di redazione della lex specialis) le specifiche tecniche dell’appalto, è l’unica a potere individuare i rischi da interferenza e quantificare i costi delle misure di sicurezza necessarie per ovviare agli stessi.
Ciò spiega perché per tale tipologia di costi la normativa vigente (artt. 26 d. lgs. n. 81/08 e 23 comma 16 d. lgs. n. 50/16) prevede specificamente la non ribassabilità e, quindi, a monte, la quantificazione preventiva nel bando e, comunque, nei documenti di gara.
Un’analoga previsione manca per quanto concerne il costo della manodopera; nella versione originaria sottoposta al parere del Consiglio di Stato, lo schema di decreto legislativo prevedeva la modifica dell’art. 23 comma 16 d. lgs. n. 50/16 con l’aggiunta del seguente periodo: “Il costo della manodopera e i costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso d’asta” con ciò mostrando di volere assimilare, quanto a disciplina, i costi c.d. “esterni” della sicurezza ed i costi della manodopera.
Nel parere di competenza la Commissione Speciale del Consiglio di Stato (parere del 30 marzo 2017) ha manifestato dubbi sull’utilità della previsione, così come formulata, evidenziando, altresì, perplessità sull’assimilazione della disciplina tra le due tipologie di costi in quanto “la nuova disposizione (per come formulata) equipara tout court il costo della manodopera ai costi della sicurezza, cioè a quelle voci che concorrono all’importo finale ma non sono soggette a ribasso. Tuttavia, come è noto, i costi della sicurezza c.d. esterna sono già quantificati a priori dal bando e cioè dalla stazione appaltante. Diviene allora necessario, ove si opti per il mantenimento della previsione, chiarire a chi – stazione appaltante o offerente – spetti oggi “scorporare” questi costi dall’importo sul quale calcolare il ribasso”.
Significativo, nel senso dell’opzione ermeneutica seguita dal Collegio, è che il testo definitivo del correttivo abbia nettamente distinto tra costi della manodopera, per cui è prevista la mera indicazione negli atti di gara, e costi “esterni” della sicurezza per i quali è espressamente stabilito lo scorporo dal prezzo base d’asta.
Quanto fin qui evidenziato induce il Tribunale ad escludere che la mancata indicazione del costo del lavoro nei documenti di gara, richiesta dall’art. 23 comma 16 d. lgs. n. 50/16, produca automaticamente effetti vizianti sul bando e ciò proprio perché per il costo del lavoro, da intendersi come costo unitario secondo quanto già precisato, esiste di un parametro di determinazione ab externo (le tabelle ministeriali) che consente al concorrente di formulare un’offerta consapevole salvo concrete pecularità della fattispecie non ravvisabili nel caso oggetto di causa.
Con la terza censura la ricorrente contesta la legittimità dei criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuati dalla stazione appaltante nella lex specialis, che precluderebbero la discrezionalità valutativa della commissione ed attribuirebbero surrettiziamente efficacia preponderante al valore prezzo.
Il motivo è inammissibile per carenza d’interesse in quanto, come ha affermato l’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 4/18, “le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura”; di tale circostanza, del resto, ha espressamente preso atto la stessa ricorrente nella memoria depositata il 29/06/18.
Per questi motivi il ricorso è inammissibile ed infondato e non può essere accolto.
Sussistono giusti motivi, in considerazione della novità di alcune delle principali questioni giuridiche oggetto di causa, per disporre la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definendo il giudizio:
1) in parte dichiara l’inammissibilità del ricorso e, per il resto, lo respinge;
2) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 16 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Pietro Morabito, Presidente
Michelangelo Francavilla, Consigliere, Estensore
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere
L’ESTENSORE (Michelangelo Francavilla)
IL PRESIDENTE (Pietro Morabito)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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