Consiglio di Stato, Sez. V, 2 aprile 2019, n. 2175

Consiglio di Stato, Sez. V, 2 aprile 2019, n. 2175
[Nota; Vedasi anche: Consiglio di Stato, Sez, V, 2 aprile 2019, n. 2176]

MASSIMA
Consiglio di Stato, Sez. V, 2 aprile 2019, n. 2175

Non risponde a coerenza l’assunto che l’attività di cremazione delle salme si sostanzi nell’esercizio di un’impresa liberamente esercitabile da chiunque e soggetta alle dinamiche del mercato, dato che si tratta invece di un servizio pubblico, amministrativamente regolato sulla base delle disposizioni della legge n. 130 del 2001, in funzione del perseguimento degli interessi di carattere generale connaturati ad un’attività orientata a bisogni essenziali della persona; da questo inquadramento giuridico si trae un primo corollario, in base al quale le norme costituzionali e sovranazionali relative alle libertà economiche non sono immediatamente applicabili, nella misura in cui le stesse presuppongono un mercato formatosi per effetto dello spontaneo agire delle forze in esso presenti e sono quindi preordinate ad impedire assetti anticoncorrenziali dello stesso (la c.d. concorrenza nel mercato), laddove rispetto ad attività qualificabili come servizi pubblici – come si desume anche dall’art. 106, comma 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – la regolazione amministrativa ad essi relativa deve invece limitarsi ad assicurare che l’affidamento degli stessi ad operatori economici avvenga in condizioni di trasparenza, imparzialità, parità di trattamento e non discriminazione (la c.d. concorrenza per il mercato, che si attua principalmente attraverso il rispetto dei modelli di evidenza pubblica allorché per la gestione dei servizi pubblici l’amministrazione titolare ricorra ad affidamento a privati: si rinvia al riguardo alla sentenza della Corte costituzionale del 23 novembre 2007, n. 401). Nel settore dei servizi pubblici l’offerta per la relativa gestione ed il mercato che da essa si sviluppa è dunque esogena rispetto alle ordinarie dinamiche economiche, in quanto proveniente da una scelta discrezionale dei pubblici poteri di carattere organizzatorio, orientata ad interessi di carattere generale, rispetto alla quale non si pongono questioni di strumenti di contingentamento dell’offerta tipiche delle attività economiche liberalizzate.

<NORME CORRELATE

D. Lgs. 18/4/2016, n. 50

Pubblicato il 02/04/2019
N. 02175/2019REG.PROV.COLL.
N. 07580/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 7580 del 2018, proposto da
s.r.l., in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Cesare Mirabelli, Vittorio Barosio e Fabio Dell’Anna, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Forster, n. 174;
contro
s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore; s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e s.r.l. , in persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Carlo Merani e Stefano Gattamelata, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via di Monte Fiore, n. 22;
nei confronti
Comune di Piobesi Torinese, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Martino, con domicilio digitale come da p.e.c. registri di giustizia;
Regione Piemonte, in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Pier Carlo Maina e Massimo Colarizi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Giovanni, n. 49;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, Sezione Seconda, n. 614/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di s.r.l., s.r.l. e s.r.l. , del Comune di Piobesi Torinese e della Regione Piemonte;
Viste le memorie e tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2019 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Vittorio Barosio, Cesare Mirabelli , Renzo Cuonzo, su delega di Stefano Gattamelata, Giovanni Martino e Massimo Colarizi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte le società s.r.l., s.r.l. e s.r.l. Costruzioni impugnavano gli atti della procedura di affidamento in concessione, mediante finanza di progetto ai sensi dell’art. 153, comma 19, dell’allora vigente codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, della progettazione, esecuzione e gestione di un impianto per la cremazione della salme nell’area cimiteriale del Comune di Piobesi Torinese.
2. La gara era aggiudicata alla società s.r.l. (con determinazione in data 24 maggio 2016, n. 12, seguita dalla delibera di giunta del 28 giugno 2016, n. 61, di approvazione del progetto presentato in sede di gara), in precedenza autrice della proposta di project financing dichiarata di pubblico interesse dal Comune di Piobesi Torinese (con delibera della giunta comunale n. 75 del 21 ottobre 2014) e sulla cui base la gara era stata indetta la gara (con determinazione del responsabile del servizio n. 3/8 del 2 febbraio 2015).
3. Le società ricorrenti, operatrici del settore della cremazione e gestori degli impianti di cremazione di Magliano Alpi, Piscina e Valenza, contestavano la legittimità dell’impianto da realizzare in quest’ultimo Comune per contrasto con i criteri del piano regionale di coordinamento per la realizzazione di nuovi cimiteri e crematori, (approvato con delibera del consiglio regionale n. 61-10542 del 17 marzo 2015), emanato in attuazione della legge 30 marzo 2001, n. 130 (Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri) e della legge regionale 31 ottobre 2007, n. 20 (Disposizioni in materia di cremazione, conservazione, affidamento e dispersione delle ceneri). L’impugnazione era proposta al momento in cui era approvato il progetto definitivo dell’opera (delibera di giunta comunale n. 66 del 3 ottobre 2017, adottata sulla base della determinazione di conclusione della presupposta conferenza dei servizi decisoria, n. 46-222 del 22 settembre 2017, anch’essa impugnata).
4. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale adito accoglieva il ricorso.
5. Dopo avere respinto le eccezioni pregiudiziali del Comune e della società controinteressata, il giudice di primo grado affermava che l’impianto da realizzare era in contrasto con i criteri del piano regionale – nel complesso finalizzati «ad evitare un’offerta sovrabbondante di impianti di cremazione in un contesto regionale nel quale gli attuali dodici impianti esistenti sono ritenuti già sufficienti a soddisfare il fabbisogno regionale di tempi crematori» – relativi al bacino di riferimento e all’efficienza, fissati rispettivamente in una popolazione servita di circa 500.000 abitanti, corrispondenti ad un numero di 5.000 decessi annui (criterio del bacino di utenza), e in 1.200-1.300 cremazioni per anno (criterio dell’efficienza).
6. Per la riforma della sentenza di primo grado ha proposto appello la , aggiudicataria della concessione affidata dal Comune di Piobesi Torinese.
7. Si sono costituite in resistenza all’appello le società originarie ricorrenti , e Costruzioni, ed inoltre la Regione Piemonte.
8. Vi aderisce invece il Comune di Piobesi Torinese, anch’esso costituitosi nel presente giudizio di secondo grado.
DIRITTO

1. Con il primo motivo d’appello la ripropone l’eccezione, respinta dal Tribunale, di difetto di legittimazione attiva delle società ricorrenti, sotto il profilo del requisito della vicinitas. L’appellante contesta che il nuovo impianto di cremazione possa interferire con il bacino di utenza di quelli delle medesime ricorrenti, che sul punto non avrebbero fornito alcuna prova. La sottolinea al riguardo che lo stesso Tribunale si è limitato ad affermare, in modo insufficiente, che gli impianti delle ricorrenti sono «relativamente prossimi» a quello progettato da essa appellante, senza considerare che per la legittimazione ad agire alla vicinanza in senso fisico occorre aggiungere una dimostrazione che per effetto di tale prossimità si determini una sovrapposizione di bacini di utenza.
2. Al medesimo riguardo l’appellante sostiene che nessuno rischio di sovrapposizione vi sarebbe nel caso di specie e che ciò si ricaverebbe dal fatto che la distanza minima di 50 km da impianti esistenti prevista dal piano regionale di coordinamento degli impianti crematori non è stata violata, come accertato dallo stesso Tribunale.
3. Sempre con riguardo alla legittimazione attiva delle società ricorrenti, la contesta che tale condizione dell’azione sia ricavabile dalla saturazione di impianti di cremazione nel territorio regionale, come affermato dal giudice di primo grado. Secondo l’appellante queste affermazioni contrastano infatti con quanto riportato nelle relazioni sull’attività di cremazione elaborate dalla Regione Piemonte nel 2016 e nel 2017, dalle quali emerge che la presenza dell’impianto della non costituisce un «nuovo impianto».
4. Il motivo è infondato in tutti i profili in cui esso si articola.
5. Con il primo ordine di rilievi la società appellante tende a sovrapporre le questioni, invece distinte, concernenti, da un lato, la legittimazione e l’interesse a ricorrere in sede giurisdizionale amministrativa con quelle, invece tipiche del merito, della prova del pregiudizio derivante dall’atto impugnato in tale sede dall’altro lato.
Quali condizioni dell’azione di annullamento di provvedimenti amministrativi le prime si fondano su una plausibile prospettazione ricavabile dai fatti esposti nel ricorso (la c.d. causa petendi) della titolarità di una situazione giuridica qualificata e differenziata rispetto al quisque de populo e di una lesione della stessa derivante dagli atti impugnati. La prova effettiva del pregiudizio rileva invece nel merito, eventualmente ai fini della condanna al risarcimento del danno, laddove l’illegittimità dedotta sia accertata. Una volta assolto il descritto onere di allegazione spetta a chi contesti che l’azione giurisdizionale sia proposta da un soggetto legittimato e leso dai provvedimenti impugnati di fornire la dimostrazione contraria.
6. Con specifico riguardo all’impugnazione di assensi di carattere commerciale – nel cui paradigma si sono poste le società originarie ricorrenti e le contestazioni a base dell’eccezione ora in esame – la giurisprudenza amministrativa ha elaborato il concetto di vicinitas, intesa non già in senso fisico, ma in relazione all’interferenza tra bacini di utenza commerciale (da ultimo: Cons. Stato, IV, 1 giugno 2018, n. 3321; V, 19 novembre 2018, n. 6527), con la precisazione che a tale prospettazione deve seguire la dimostrazione della «prova del danno» derivante dalla nuova attività assentita (in questo senso: Cons. Stato, IV, 14 novembre 2018, n. 6419, 8 novembre 2018, n. 6308, 24 aprile 2018, n. 2458).
Le pronunce da ultimo richiamate, in apparenza espressive di un indirizzo più rigoroso, vanno in realtà esaminate nell’ambito di una nozione inevitabilmente elastica quale quella di vicinitas nei sensi poc’anzi espressi, tanto più che in relazione ad essa vengono in esame i possibili pregiudizi in termini di sviamento di clientela di un’attività già in essere con una ancora da realizzare. Per le ragioni ora descritte nel richiedere ai fini della legittimazione ed interesse ad agire nell’impugnazione di titoli abilitativi commerciali la prova del pregiudizio, nei precedenti di giurisprudenza richiamati si afferma che a tale riguardo occorre valutare la natura e le dimensioni del nuovo insediamento e la sua idoneità a causare riduzioni di fatturato per effetto dell’incremento dell’offerta riferita allo stesso mercato. Ciò laddove si fa in particolare riferimento all’esigenza di prospettare quest’ultima conseguenza «in modo non implausibile» e sulla base di «elementi di prova dotati di apprezzabile significatività» (così in particolare la sentenza della IV Sezione di questo Consiglio di Stato 14 novembre 2018, n. 6419, poc’anzi richiamata).
7. Rispetto al quadro finora tracciato il caso oggetto del presente giudizio presenta tuttavia una peculiarità.
Esso concerne infatti non già provvedimenti abilitativi di un insediamento commerciale, ma l’affidamento della concessione per realizzare ed esercitare un impianto in cui svolgere l’attività di cremazione delle salme e la dispersione delle ceneri, qualificabile come servizio pubblico. Con essa si soddisfano infatti esigenze fondamentali della collettività, relative al sentimento religioso e di pietà per i defunti, oltre che di disciplina igienico-sanitaria e di regolazione urbanistica e programmazione dell’offerta dei relativi impianti.
Nel senso che si tratta di un’attività qualificabile come servizio pubblico depongono le disposizioni della citata legge 30 marzo 2001, n. 130, che assoggettano la stessa:
– ad un sistema di tariffe amministrate (art. 5, comma 2);
– al potere di programmazione regionale dei nuovi insediamenti (art. 6, comma 1);
– alla gestione ai comuni «attraverso una delle forme previste dall’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267» (art. 6, comma 2);
– alla normativa tecnica nazionale di matrice ministeriale per quanto riguarda i limiti di emissione, degli impianti e per i materiali per la costruzione delle bare per la cremazione (art. 8).
8. Per effetto delle citate disposizioni di legge l’offerta di impianti di cremazione è pertanto soggetta ad un potere conformativo dell’amministrazione, nell’esercizio del quale è stato emanato per la Regione Piemonte il sopra citato piano di coordinamento per la realizzazione di nuovi cimiteri e crematori, sulla cui base il Tribunale ha annullato i provvedimenti impugnati nel presente giudizio.
9. Dalle premesse finora svolte deve dunque pervenirsi ad affermare che le società originarie ricorrenti hanno legittimazione ed interesse ad agire per l’annullamento dell’impianto di Piobesi Torinese, affidato in project financing da quest’ultima all’odierna appellante ad iniziativa della stessa società affidataria.
La legittimazione è infatti pacifica, perché derivante dalla non contestata qualità delle società ricorrenti di gestori di impianti di cremazione preesistenti, come tali portatrici dell’interesse legittimo alla conservazione del sistema di offerta vigente e al rispetto del piano regionale di settore. L’interesse ad agire è invece ricavabile dal preteso mancato rispetto dei criteri in esso previsti, come affermato dalle società originarie ricorrenti a base della loro impugnazione, relativi tra l’altro al bacino di riferimento e all’efficienza. Quindi, come puntualmente rilevato dal Tribunale, i criteri in questione concorrono nel loro complesso, e nell’ambito del potere di conformazione dell’offerta di impianti di cremazione attribuito dalla legge nazionale in materia alle regioni poc’anzi evidenziato, a disciplinare la domanda privata in modo da «evitare un’offerta sovrabbondante di impianti di cremazione», non rispondente alle finalità di interesse pubblico cui è informato il servizio amministrativamente regolato di cremazione delle salme. Il loro rispetto fonda dunque l’interesse legittimo degli operatori del settore, gestori di impianti di cremazione, al mantenimento dello status quo e al rispetto di essi in caso di realizzazione di nuovi impianti, e il correlativo interesse ad agire in sede giurisdizionale per contestare nuove iniziative in preteso contrasto con essi.
In altri termini, il potenziale pregiudizio derivante dalla nuova iniziativa è presunto rispetto alla prospettata violazione dei criteri previsti dalla pianificazione regionale di settore per l’apertura di nuovi impianti.
10. I medesimi criteri sono stati quindi quelli che il giudice di primo grado ha ritenuto violati nel caso di specie.
A fronte di ciò la contestazione sollevata sul punto dalla si incentra invece sul diverso criterio della distanza minima, di cui tuttavia, come evidenziato dalla stessa appellante, non è stata accertata alcuna violazione con riguardo all’impianto di Piobesi Torinese, e che pertanto rende la sua contestazione in ordine a tale condizione dell’azione generica e non rispettosa dell’onere a base della relativa eccezione di carenza di legittimazione ed interesse ad agire in giudizio ora in esame.
Ogni ulteriore rilievo da parte della controinteressata al riguardo resta assorbito dalle considerazioni in precedenza svolte.
11. Con il secondo motivo d’appello la contesta l’applicabilità ratione temporis alla procedura di affidamento in concessione in finanza di progetto – di cui essa è aggiudicataria – del piano regionale di coordinamento in materia di impianti crematori. Al riguardo l’appellante sottolinea che al 2 aprile 2015, data di entrata in vigore del piano, la procedura di gara, indetta in epoca precedente (con determinazione n. 3 del 2 febbraio 2015, sopra citata) era in fase «talmente avanzata da esporre la stazione appaltante, in caso di revoca della procedura, a richieste risarcitorie o indennitarie da parte del soggetto proponente», sulla base della proposta della medesima dichiarata dal Comune di Piobesi Torinese di pubblico interesse in epoca ancora precedente (in virtù della parimenti richiamata delibera di giunta comunale n. 75 del 21 ottobre 2014, seguita dalla conferma da parte del consiglio comunale, con delibera n. 53 del 6 novembre 2014). Secondo l’appellante l’impianto oggetto della procedura di affidamento in contestazione nel presente giudizio sarebbe pertanto attuabile in virtù della norma transitoria di cui al capitolo 5 del piano regionale, la quale consente la cui realizzazione di impianti per i quali «prima dell’entrata in vigore del presente piano siano stati avviati dai comuni procedimenti da cui derivino obblighi vincolanti per i medesimi».
12. Il motivo è infondato.
13. Nel respingere le corrispondenti argomentazioni svolte nel giudizio di primo grado il Tribunale ha affermato che il piano è applicabile alla gara per l’affidamento in concessione dell’impianto di cremazione del Comune di Piobesi Torinese, pur indetta in epoca precedente alla sua entrata in vigore, sul rilievo che per la presentazione delle offerte era prevista una scadenza successiva (7 aprile 2015), e che al momento dell’entrata in vigore «ovviamente non si era ancora addivenuti nemmeno all’aggiudicazione provvisoria», per cui nessuna «aspettativa qualificata alla conclusione della procedura» era configurabile. Su questa premessa il Tribunale ha escluso che nei confronti dell’amministrazione comunale fossero sorti «obblighi indennitari o risarcitori» che in base alla norma transitoria prevista nel piano regionale lo obbligassero a dare corso alla concessione per la realizzazione del nuovo impianto di cremazione, benché contrario ai criteri in esso previsti.
14. L’interpretazione data dal giudice di primo grado alla norma in questione è corretta.
Il testuale riferimento in essa contenuto ad «obblighi vincolanti» derivanti dai procedimenti per la realizzazione di impianti di cremazione avviati implica infatti che lo stato di questi ultimi sia tale da esporre l’amministrazione aggiudicatrice ad esborsi di denaro rispetto ai quali i privati siano titolari di azioni in giudizio. Sul punto va allora richiamata la giurisprudenza amministrativa che ancora di recente ha ribadito, anche per le procedure di affidamento di concessione in finanza di progetto, che prima dell’aggiudicazione definitiva non può trovare applicazione per il caso di revoca della gara la tutela indennitaria di cui all’art. 21-quinquies della generale sul procedimento amministrativo 7 agosto 1990, n. 241 (Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 820; 3 maggio 2016, n. 1692).
Ciò precitato, poiché alla data del 2 aprile 2015 nessuna aggiudicazione definitiva della concessione era intervenuta e che, pur indetta la gara per l’affidamento della concessione in finanza di progetto, nemmeno era scaduto il termine di presentazione delle offerte, e stante dunque l’assenza di aspettative per la positiva conclusione della gara medesima giuridicamente qualificate e tali da fare insorgere a favore di privati diritti risarcitori o quanto meno di carattere indennitario per il caso di ripensamento dell’amministrazione aggiudicatrice, deve ritenersi in conclusione che il sopravvenuto piano regionale ed i criteri in esso previsti siano applicabili all’impianto di cremazione previsto per il Comune di Piobesi Torinese.
Tanto meno può rilevare in contrario la dichiarazione di pubblico interesse della proposta di project financing, che, secondo la giurisprudenza formatasi in materia, nemmeno obbliga l’amministrazione ad indire la gara per l’affidamento della relativa concessione (oltre alla sentenza di questa Sezione del 4 febbraio 2019, n. 820, sopra citata possono essere richiamate le seguenti concordi pronunce di questo Consiglio di Stato: III, 20 marzo 2014, n. 1365; V, 18 gennaio 2017, n. 207).
15. Con il terzo motivo d’appello la sostiene che il Tribunale avrebbe errato nel ravvisare il contrasto del proprio impianto con i criteri fissati dal piano regionale e relativi al bacino di riferimento e all’efficienza dei nuovi impianti.
L’appellante sostiene che l’impianto di cremazione da realizzare in Piobesi Torinese sarebbe conforme al criterio relativo bacino di utenza minimo di 500.000 abitanti quale popolazione servita, la quale può essere raggiunta «anche attraverso associazioni tra comuni, convenzioni, unioni di comuni». Al riguardo la deduce di avere ideato e progettato l’impianto per un bacino di utenza di 2.177.097 abitanti, comprensivo della popolazione residente «nei comuni (oltre a quello di Piobesi Torinese) per i quali l’impianto crematorio è più velocemente raggiungibile», per un numero di decessi ammontante a 23.947 all’anno. Secondo la società controinteressata il Tribunale avrebbe errato sul punto nel ritenere non computabile l’intero territorio sovracomunale e il bacino di utenza ad esso relativo, laddove manchi – come nel caso di specie – una delle forme associative previste dal piano regionale poc’anzi richiamate, dal momento che il ricorso a queste ultime è oggetto di una facoltà e non invece di un obbligo.
16. Inoltre la sostiene sul punto che l’interpretazione data dal giudice di primo grado alla disposizione di piano regionale in esame sarebbe irragionevole rispetto alle finalità cui essa è informata, di consentire economie di spesa agli enti locali, già ottenute, senza alcun bisogno di modelli aggregativi, sulla base dei contenuti della propria proposta di project financing per l’impianto di cremazione di Piobesi Torinese, i cui costi sono previsti interamente a carico del promotore privato.
L’opposta lettura della previsione di piano regionale in termini di facoltà e non di obbligo – soggiunge la – sarebbe anche l’unica compatibile con i principi costituzionali di autonomia dei comuni e di garanzia della libera iniziativa economica privata (artt. 118 e 41 Cost.); oltre che con le norme liberalizzatrici e di contrasto ad assetti di mercato anticoncorrenziale (artt. 101 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea); ed inoltre si tradurrebbe in un danno per la salute dei cittadini, con conseguente violazione dell’art. 32 della Costituzione.
La censura inoltre il ragionamento seguito dal Tribunale nel ritenere violato il criterio del bacino di utenza dell’impianto di cremazione, perché inteso, senza alcun fondamento di carattere testuale evincibile dal piano regionale, in rigida correlazione con la popolazione residente anziché con riferimento ai tempi di percorrenza per raggiungere l’impianto, come ipotizzato da essa appellante.
17. Ulteriori censure riguardano il criterio dell’efficienza, parimenti ritenuto violato dal giudice di primo grado.
Sul punto, la ribadisce la propria stima per l’impianto in Piobesi Torinese di 1700 cremazioni annue, superiore al minimo previsto dal piano regionale di 1200/1300 cremazioni, e critica la sentenza appellata laddove il Tribunale ha ritenuto tale criterio «direttamente correlato alla consistenza numerica della popolazione ricompresa nel bacino di riferimento», e pertanto automaticamente violato in conseguenza del mancato rispetto di quest’ultimo criterio.
18. Le censure così sintetizzate sono infondate.
19. Esse muovono dalla non corretta premessa – ribadita anche all’udienza di discussione del 28 febbraio 2019 – che l’attività di cremazione delle salme si sostanzi nell’esercizio di un’impresa liberamente esercitabile da chiunque e soggetta alle dinamiche del mercato. Si è in precedenza esposto che si tratta invece di un servizio pubblico, amministrativamente regolato sulla base delle disposizioni della legge n. 130 del 2001, in funzione del perseguimento degli interessi di carattere generale connaturati ad un’attività orientata a bisogni essenziali della persona.
Da questo inquadramento giuridico si trae un primo corollario, in base al quale le norme costituzionali e sovranazionali relative alle libertà economiche non sono immediatamente applicabili, nella misura in cui le stesse presuppongono un mercato formatosi per effetto dello spontaneo agire delle forze in esso presenti e sono quindi preordinate ad impedire assetti anticoncorrenziali dello stesso (la c.d. concorrenza nel mercato), laddove rispetto ad attività qualificabili come servizi pubblici – come si desume anche dall’art. 106, comma 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – la regolazione amministrativa ad essi relativa deve invece limitarsi ad assicurare che l’affidamento degli stessi ad operatori economici avvenga in condizioni di trasparenza, imparzialità, parità di trattamento e non discriminazione (la c.d. concorrenza per il mercato, che si attua principalmente attraverso il rispetto dei modelli di evidenza pubblica allorché per la gestione dei servizi pubblici l’amministrazione titolare ricorra ad affidamento a privati: si rinvia al riguardo alla sentenza della Corte costituzionale del 23 novembre 2007, n. 401). Nel settore dei servizi pubblici l’offerta per la relativa gestione ed il mercato che da essa si sviluppa è dunque esogena rispetto alle ordinarie dinamiche economiche, in quanto proveniente da una scelta discrezionale dei pubblici poteri di carattere organizzatorio, orientata ad interessi di carattere generale, rispetto alla quale non si pongono questioni di strumenti di contingentamento dell’offerta tipiche delle attività economiche liberalizzate.
20. Se pertanto in base ai rilievi finora svolti i richiami alle norme costituzionali e dei trattati europei operati dall’appellante non sono pertinenti al caso di specie, il secondo corollario ritraibile dai medesimi rilievi è che non può essere considerata irragionevole l’interpretazione che il Tribunale ha dato del criterio per l’apertura nella Regione Piemonte di nuovi impianti di cremazione relativo al bacino di utenza ottenibile mediante forme aggregative di comuni interessati (ai sensi del paragrafo 6 «Requisiti e caratteristiche dei nuovi crematori» del capitolo III «Nuovi cimiteri e crematori» del piano di settore regionale).
Nel fare riferimento ad «almeno cinquemila decessi anno (equivalente a una popolazione di circa cinquecentomila abitanti)» e nel prevedere che questo requisito minimo possa essere raggiunto «anche attraverso associazioni tra comuni, convenzioni, unioni di comuni, ecc.» (lett. b del citato cap. III, par. 6), il piano regionale ha inteso evidentemente introdurre una possibilità ulteriore rispetto a quella di base dell’impianto a servizio della popolazione di un singolo comune. Se è quindi vero – come sostiene l’appellante – che si tratta di una facoltà, è tuttavia altrettanto vero che questa facoltà presuppone un’iniziativa delle amministrazioni locali interessate, in coerenza con la titolarità ad esse spettante di ogni decisione concernente l’istituzione e l’organizzazione di un servizio pubblico. Sotto questo profilo la ricostruzione operata dal giudice di primo grado nella disposizione di piano regionale in esame è dunque corretta laddove si è accertato che per l’impianto di cremazione di Piobesi Torinese una simile iniziativa a livello sovracomunale non è stata mai assunta.
21. Da ciò si desume pertanto che il rispetto dei 5.000 decessi annui per una popolazione di «circa cinquecentomila abitanti» presuppone che tale consistenza demografica e il dato statistico di decessi annui ad essa correlato sia ottenuto, laddove non raggiunte dal singolo comune, mediante le forme aggregative previste dal piano regionale.
Nel caso di specie ciò non è avvenuto e per raggiungere il dato in questione la nel proprio progetto di impianto di cremazione per il Comune di Piobesi Torinese ha dovuto ampliare il bacino di riferimento alle popolazioni residenti non solo nella Città di Torino e relativa provincia, ma anche nelle province di Cuneo, Asti e Biella. Il correttivo a tal fine previsto, volto a limitare il bacino di utenza alla sola popolazione in grado di raggiungere l’impianto entro un’ora, per un totale di 2.177.097, è in ogni caso inficiato dal fatto – non contestato dall’appellante, che per le medesime popolazioni sono già a disposizione altri impianti analoghi, tra cui quelli situati nei comuni di Piscina, Magliano Alpi e Valenza gestiti dalle società originarie ricorrenti, cui vanno aggiunti quelli di Bra, Mappano e Torino previsti nello stesso progetto elaborato dalla (tabella a pag. 14).
Deve quindi concludersi nel senso che l’impianto di quest’ultima interferisce con i bacini di utenza di quelli preesistenti e dunque non è conforme al pertinente criterio previsto a livello di pianificazione regionale.
22. Del pari deve ritenersi non rispettato il criterio relativo all’efficienza di «almeno 1200/1300 cremazioni/anno per impianto o per linea», posto che nel progetto della il dato di 1762 cremazioni attese a Piobesi Torinese è ricavato dal bacino di utenza sovra-provinciale come poc’anzi descritto. Pertanto, lungi dal fornire un’interpretazione errata dei criteri previsti dal piano regionale, il giudice di primo grado si è posto nella corretta prospettiva di verificare sulla base dei dati forniti dalla stessa società se i medesimi criteri erano stati rispettati, per pervenire alla logica soluzione negativa.
23. Con il quarto ed ultimo motivo d’appello la si duole che dalla cronologia degli eventi relativi alla presentazione della proposta di project financing per la realizzazione dell’impianto in Piobesi Torinese e l’indizione della gara per l’affidamento della relativa concessione il Tribunale abbia desunto una sua volontà di sottrarsi strumentalmente all’applicazione del piano regionale di coordinamento degli impianti crematori. L’appellante contesta le conclusioni cui il giudice di primo grado è giunto, evidenziando che il procedimento è stato avviato circa 6 mesi prima dell’entrata in vigore del piano.
24. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse.
25. Il convincimento espresso sul punto dal Tribunale, svolto successivamente all’esame dei motivi di impugnazione, può di certo ritenersi inopportuno, perché consistito nel manifestare un’opinione non utile a sostenere la decisione di accoglimento del ricorso e per giunta – come deduce l’appellante – non ricavabile dagli atti di causa. Nondimeno, proprio perché si tratta di un’affermazione eccedente le esigenze della decisione sul ricorso avversario la non vanta alcun interesse giuridico alla sua riforma, ulteriore a quello di carattere morale volto ristabilire la propria immagine professionale.
26. L’appello deve pertanto essere respinto.
Le spese possono nondimeno essere compensate tra tutte le parti, per la complessità delle questioni controverse.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese di causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Umberto Realfonzo, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere
Angela Rotondano, Consigliere
L’ESTENSORE (Favio Franconiero)
IL PRESIDENTE (Carlo Saltelli)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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