Ancora due parole sulla decisione della Consulta

Della giustizia costituzionale ho un vago ricordo, la studiai nel lontano 1996 come parte integrativa, a sè stante, all’esame di diritto pubblico.  Onestamente, visto il far west regionale della polizia mortuaria, mi sarei aspettato una sentenza più coraggiosa, del tipo pronuncia di parziale accoglimento o rigetto (poco importa), ma interpretativa o fors’anche manipolativa. La Consulta ha una fantasia sfrenata nello sfornare queste formule: vale a dire: io Alta Corte, investita di una questione di legittimità, rilevo un bug nell’ordinamento, un vuoto, ragion per cui, spesso, per il principio di conservazione (detto altrimenti dell’horror vacui), siccome piuttosto dell’anarchia è meglio una cattiva legge, debitamente accomodata

a) ricostruisco sulle macerie di una norma, altrimenti incostituzionale, un mosaico regolamentativo ed un tessuto di principi della materia oggetto di giudizio, imponendo, quale pregiudiziale di costutuzionalità, l’applicazione della norma contestata solo in un certo modo, minacciando, altrimenti di cassarla tout court.

B) Spesso, poi, quale corollario, la stessa Consulta dichiarando la sua funzione di Giudice delle Leggi, incompatibile con quella legislativa, propria del Parlamento, esorta con veemenza il Legislatore ad assumersi finalmente la responsabilità di produrre diritto scritto.. C’è di peggio: il ricorso governativo non è, come erroneamente pubblicato da diversi organi d’informazione settoriale, stato respinto:è stato dichiarato INAMMISSIBILE (per carenza di motivazioni ragionevoli e ragionate, altrimenti perchè i Giudici Costituzionali avrebbero definito come apodittiche ed indimostrate certe asserzioni contenute nel ricorso, in un procedimento basato, innanzi tutto sulla ferrea logica giuridica, Ergo la Consulta non si è espressa nel merito dell’impugnativa, e noi tutti abbiamo perso un’altra occasione buona, per rimettere le cose a posto, dopo continue scorribande dei consigli regionali. Il D.P.R. n. 285/1990, come fonte del diritto, è subordinato alla legge regionale (questo si sapeva da circa 20 anni fa dopo la Legge di revisione costituzionale n.3/2001), ma i diritti della personalità sociali e civili, tra cui quelli del post mortem, ad esempio, sono di esclusiva competenza statale; come Voi ricorderete bene il …compianto DdL Vaccari, avrebbe esordito richiamando, appunto queste norme costituzionali dell’art. 117 lett. i, l,m) Cost. La Legge Suprema della Repubblica Italiana sancisce la titolarità della Regione a legiferare in maniera concorrente, non assoluta, in tema di tutela della salute. Il vero dilemma è il silenzio omissivo delle Camere che discutono all’infinito, senza mai varare questa benedetta legge quadro o di sistema, in cui potrebbero, poi, inserirsi le potestà normative delle Regioni, ma controllate, pilotate dall’alto. e non esorbitanti.

Con questo assetto costituzionale ambiguo del Titolo V è,  e se sarà sempre più difficile approntare una vera riforma del comparto funerario italiano, troppi appetiti occulti, per sfornare l’ennesima leggina malfatta ad hoc, e poi ci sono Regioni orgogliose della loro polizia mortuaria smembrata su base localistica, che mai e poi mai, vorrebbero perdere questa loro prerogativa di (mal)-governo dei servizi funerari.

Nella confusione generale di un ordinamento plurilegislativo ed acefalo (= allegra sarabanda, ove tutti possono allegramente cantar vittoria), dove la gerarchia rigida tra le fonti del diritto pare annichilita o c’è un forte intervento d’imperio dall’alto, giusto per ripristinare il postulato del monopolio statuale ed il principio di autorità verticistico (datemi pure del clerico-fascista, poco m’ importa, anche se non lo sono minimamente!) su temi d’importanza strategica NAZIONALE, o le Regioni proseguiranno nella loro orgia legislativa sconclusionata, sconnessa e ferale per chi lavori nell’ambito funerario.

 

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Carlo Ballotta

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