Sollevata questione avanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea in materia di affidamenti di servizi

Essendo, ormai, alla fine dell’anno sarebbero di rito formule augurali. Le evitiamo perché il 2020 è stato un anno eccezionale, principalmente per gli effetti della pandemia, che, inizialmente, è stata affrontata come una situazione di breve periodo, trascurando gli effetti di lungo periodo e, soprattutto, sottovalutandone la durata.
Nulla sarà come prima, non ignorando che i suoi effetti non siano “nazionali”, quanto mondiali.
È stato anche l’anno in cui è stata decisa, decisione indipendente dalla pandemia, la cessazione delle pubblicazioni della Rivista I Servizi Funerari, già “Nuova Antigone”, prima ancora “Antigone”, sorta attorno ad un gruppo di volonterosi appassionati.
Molti dei collaboratori di I Servizi Funerari hanno accolto l’opportunità di “traslocare” in www.funerali.org, cosa che (si spera) rafforzi questo portale, accrescendone gli accessi, non pochi.
Ma vi è un aspetto che merita di essere comunque preso in considerazione, cioè il framework che emerge dall’ordinanza n. 7161 della Sez. IV del Consiglio di Stato emessa il 18 novembre 2020 (al solito, reperibile, per gli Abbonati PREMIUM nella sezione SENTENZE), con cui si rinvia (ex art. 267 T.G.U.E.), alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, per ottenere dichiarazione se una certa situazione sia compatibile con l’ordinamento giuridico dell’Unione stessa.
Al di là del quesito oggetto di rinvio, dall’ordinanza emerge la complessità degli affidamenti di servizi pubblici locali a “soggetti” in house, con excursus delle norme succedutesi nel tempo, a partire dall’art. 113 T.U.E.L., con particolare riferimento alle situazioni che si determinano, o possono determinare, quando gli “operatori economici” coinvolti siano oggetto di trasformazioni, aggregazioni, fusioni (per non dire come, nelle fattispecie, soggetti sorti localmente siano “cresciuti” e, in molti casi, siano oggi società quotate).
Se si raffronta la complessità delle questioni che possono aversi, con quelle che possono afferire ad “operatori economici” aventi natura diversa, casi nei quali, per un eventuale affidamento di servizio, è sufficiente un’ordinaria gara ad evidenza pubblica, si può ben cogliere come non vi siano più, e da tempo, le condizioni per usare categorie del passato.
Cioè, il parlare di “pubblico” e di “privato”, magari anche contrapponendo le due posizioni soggettive, non ha senso alcuno.
La vera discriminante è se l'”operatore economico” sia o meno un’impresa, nel senso datone dall’art. 2082 C.C., indipendentemente da chi detenga il capitale sociale. Oppure, si accetta una miopia, con gli effetti che ne conseguono.
Infine, andrebbe anche considerato come ogni regolazione di un’attività economica non possa prescindere dall’ordinamento giuridico dell’Unione europea, nonché introdurre riserve: regolare non è acquisire posizioni apoditticamente tutelate.

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Sereno Scolaro

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