Differenze tra “decadenza” e “revoca”

Una pronuncia del Consiglio di Stato (Sez. V., 15 luglio 2021, n. 5333 (reperibile, per gli Abbonati PREMIUM nella Sezione SENTENZE) affronta una pluralità di questioni attorno ai sepolcri privati nei cimiteri, in particolare considerando la natura ed il contenuto delle concessioni di aree cimiteriali, quella del manufatto sepolcrale su tale area eretto, l’ipotesi di cessione di questo ultimo iure privatorum, nonché il rapporto tra norme generali che regolano lo ius sepulchri e norme particolari del Regolamento comunale di polizia mortuaria; questioni tutte che, ancora una volta, sottolineano la complessità dei rapporti giuridici che operano in questi ambiti.
Per inciso, viene anche sollevata la questione degli effetti che possano avere eventuali cessioni di manufatti sepolcrali, senza precisare che la loro inopponibilità al comune concedente implichi o meno il titolo a fruire del manufatto ai fini della tumulazione delle persone appartenenti alla famiglia dell’acquirente: sussistendo l’art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., e stante la non opponibilità dell’alienazione (se non, preventivamente, autorizzata) del manufatto sepolcrale al comune concedente, la questione meriterebbe di essere definita.
Tuttavia, essa è importante per il fatto di fare chiarezza, ancora una volta e se occorra, sulla distinzione tra gli istituti della “decadenza” (quale atto dovuto, di natura dichiarativa) e quelli della “revoca” delle concessioni cimiteriali, per questo ultimo collegandolo alle disposizioni dell’art. 92 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (oltretutto, censurando l’ipotizzare istituto “intermedi”, quali la “revoca decadenziale”.
Altro aspetto del tutto importante è quello che riguarda il fatto che le concessioni cimiteriali, anche se risalenti, sono (o possono essere, se lo preveda il Regolamento comunale di polizia mortuaria) oggetto di regolazione nel corso della loro durata.
La giurisprudenza può anche non essere sempre condivisibile, ma ne va riconosciuta l’autorevolezza, cosa che non può argomentarsi in capo a chi la studi.
In ogni caso, si tratta di questioni che sottolineano la complessità e l’articolazione dell’operare nell’ambito delle gestioni cimiteriali.
La gestione cimiteriale non consiste nell’esecuzione di alcune operazioni materiali (es.: inumazioni, tumulazioni, esumazioni, estumulazioni, cura del verde e altre operazioni più o meno analoghe) per 3 o 5 anni, come alcuni sembrano ritenere, ma significa programmare e gestire rapporti giuridici complessi, agenti su archi temporali spesso superiori alla durata di quella che può definirsi “vita lavorativa” e, sempre, alle durante di pochi “mandati amministrativi”.

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Sereno Scolaro

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