Ubicazione delle rimesse di carri funebri

L’art. 21 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. è dedicato alle rimesse di carri funebri, prevedendo (comma 2) le loro dotazioni e (comma 3) l’accertamento di idoneità (sia delle attrezzature, sia delle rimesse in quanto tali), ferme restando l’osservanza delle disposizioni dell’autorità di P.S. (aspetto questo che, sembra, sia scarsamente considerato [1] ) e del servizio antincendio.

Il comma 1 prevede che: “Le rimesse di carri funebri devono essere ubicate in località individuate con provvedimento del sindaco in osservanza delle norme dei regolamenti locali., in altre parole regola i criteri pertinenti all’ubicazione di queste strutture, rinviando ad apposito provvedimento di individuazione delle località (cosa che rileva sotto il profilo del procedimento [2 ] e – soprattutto – rinviando, sotto il profilo delle fonti del diritto, alle norme dei regolamenti comunali.

Ora il fatto che l’art. 21, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. potrebbe indurre osservatori superficiali, o sprovveduti, a ritenere che un tale rinvio consideri il Regolamento comunale di polizia mortuaria, il ché proprio non è!
Detto in altre parole ed in modo del tutto esplicito, i “regolamenti locali” cui fa rinvio, richiamo l’art. 21, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 e s.n. non sono i Regolamenti (comunali) di polizia mortuaria. I regolamenti locali (o, comunali) qui considerati sono piuttosto, ratio materiae gli strumenti urbanistici, a partire dal P.R.G. fino ad arrivare al Regolamento edilizio comunale (art. 4 citato testo unico di cui D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), dal momento che spetta agli strumenti urbanistici individuare le diverse destinazioni delle aree ai fini della disciplina delle attività edilizie, ad esempio distinguendo le zone a vocazione residenziale, commerciale, produttiva, a prestazioni di servizi, ecc.
È in questi contesti che vanno individuate a priori, secondo la rispettiva vocazione in termini di destinazione urbanistica, le zone in cui possono essere ubicate le rimesse di carri funebri.

Il solo fatto che la previsione sia presente nel Regolamento (nazionale) di polizia mortuaria, non comporta proprio che le “norme dei regolamenti comunali” così richiamate siano riferibili ad un regolamento speciale (o, specifico), ma occorre sempre fare riferimento a “regolamenti comunali” che hanno portata generale e, nella fattispecie, afferiscono al c.d. “governo del territorio”.

Considerazioni analoghe possono, e debbono, farsi per l’ubicazione di altre “strutture”, per quanto prossime alla specifica materia della polizia mortuaria, come può essere il caso, in relazioni a queste o quelle norme regionali, dell’ubicazione di case funerarie e/o sale del commiato, poiché anche queste non possono sottrarsi al rispetto delle previsioni proprie degli strumenti urbanistici.
Non sono mancate, qui o là, situazioni in cui persone argomentanti una propria condizione di vicinitas abbiano contrastato la realizzazione di queste tipologie di “strutture”, magari anche argomentando che queste comporterebbero che questa realizzazione imprimerebbe alla piccola e centrale via -OMISSIS- ed al quartiere un’impronta di mestizia (sic!) (ex plurimis: Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 giugno 2021, n. 4645).
Si tralascia il cenno sull’”impronta di mestizia”, ma è abbastanza chiaro come l’ubicazione di tali strutture attenga ad aspetti che sono, in via prioritaria, di natura urbanistica.

[1] – Art. 86 T.U.LL.P.S., approvato con R. D. 18 giugno 1931, n. 773 e s.m., nonché art. 196 Regolamento di esecuzione del T.U.LL.P.S., approvato con R. D. 6 maggio 1940, n. 635 e s.m. (questo ultimo abrogato dal D.P.R. 19 dicembre 2001, n. 480 “Regolamento recante semplificazione del procedimento di autorizzazione per l’esercizio dell’attività di rimessa di veicoli e degli adempimenti richiesti agli esercenti autorimesse.”).
[2] – La previsione, nel testo, di un “provvedimento del sindaco” ripropone, oggi (dopo la L. 8 giugno 1990, n. 142, oggi “confluita e trasfusa” nel testo unico di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m.), la questione della competenza, cioè se questa spetti al sindaco, oppure debba spettare necessariamente a figura dirigenziale o che ne assolva alle funzioni.
Stante la natura del provvedimento, non può che conseguire se non la necessaria, ed inderogabile, competenza dirigenziale.
Oltretutto, tale provvedimento ha a proprio oggetto e contenuto aspetti che lo assimilano al certificato di destinazione urbanistica (C.D.U.) di cui all’art. 30, comma 3 del testo unico di cui D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m., il cui rilascio spetta inequivocabilmente al dirigente.

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Sereno Scolaro

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