Concessioni cimiteriali e fruizione dei servizi e parti comuni del cimitero – 4/4

Canone o partecipazione agli oneri?
La sopra citata disposizione dell’art. 4, comma 6 reg. reg. (Emilia-Romagna) 23 maggio 2006, n. 4 considera “le modalità di partecipazione da parte degli aventi diritto agli oneri di manutenzione delle parti comuni od ai costi di gestione del complesso cimiteriale“, mentre l’art. 4, comma 2 D. M. (Interno) 1° luglio 2002 fa ricorso al termine di “canone“.
Quest’ultimo ha, nel contesto, un unico, quanto inequivoco significato, quello di costituire un (il?) corrispettivo periodicamente versato come controprestazione per l’utilizzo di un bene. Si potrebbe dire che la “partecipazione agli oneri” se ne distingua per il fatto di poter essere determinata in misura inferiore al corrispettivo, mentre il canone, in senso proprio, potrebbe riguardare l’integrale copertura degli stessi.
Tuttavia, si tratta di una questione che, nella sua sostanza, appare essere del tutto nominalistica, quanto di poco frutto. Per altro, risulta che la regione, affermato un proprio potere d’indirizzo, abbia espresso (nota del 9 aprile 2014, n. 108947, richiamata in atto del 1° giugno 2017 n. 27417 in risposta di interrogazione da parte di consigliere regionale) l’orientamento per cui tale onere non si configuri come un canone di concessione quanto quale corrispettivo di un servizio pubblico reso dal comune ai titolari di concessioni perpetue o di durata superiore ai 99 anni (quando la norma di riferimento parla di “presenti”, così da includere anche concessioni di diversa durata rispetto a queste, incluse quelle pari od inferiori alla durata massima attualmente ammessa), aggiungendo che questa “controprestazione” (che si utilizza per superare la questione nominalistica) sia ammissibile solo quando sia necessario provvedere alla manutenzione straordinaria delle parti comuni, laddove si riscontrino condizioni di degrado.
Anche su queste indicazioni parrebbe (sia permesso) che ci si allontani dalla previsione regolamentare, che considera invece la manutenzione delle parti comuni od ai costi di gestione del complesso cimiteriale, cioè attività, prestazioni, servizi anche (o solo?) di carattere ordinario, di funzionamento del servizio cimiteriale.
E la formula “costi di gestione del complesso cimiteriale” richiama quel “recupero delle spese gestionali cimiteriali”, presente nell’art. 4, comma 2 D. M. (Interno) 1° luglio 2002, con l’osservazione, incidentale, che “recupero” implica/implicherebbe la ripetizione integrale delle spese gestionali cimiteriali.
Sarebbe stato contestato, altresì, che la motivazione di partecipazione alle spese di manutenzione delle “parti comuni del cimitero” sia priva di fondamento giuridico, in quanto il concessionario non acquista alcun diritto sulle parti comuni del cimitero e, pertanto, non può avere alcun obbligo distinto e diverso dalla generalità dei cittadini; se sia condivisibile l’assunto per cui non vi è acquisto di alcun diritto sulle parti comuni del cimitero in capo ai singoli concessionari di sepolcri privati nel cimitero, questa asserzione appare fuorviante, o fuorviata, dal momento che vi è – comunque – una fruizione delle parti comuni, nonché dei servizi cimiteriali, come già evidenziato in precedenza.
A questo punto, meritano di essere citate alcune pronunce, la prima, in ordine cronologico, quella del T.A.R. per la regione Campania, Napoli, Sez, I^, 10 settembre 2018, n. 5436 e la seconda del Consiglio di Stato, Sez. V^, 6 ottobre 2018, n. 5746.
Con la prima (che, per alcuni aspetti, porta a richiamare la precedente del T.A.R. per la regione Puglia, Bari, Sez. III^, 25 febbraio 2012, n. 404) si opera una distinzione tra tributi e sistemi tariffari costituenti corrispettivi di servizi, con la seconda si da atto che servizi, anche meramente amministrativi, riguardanti attività cimiteriali ben possono legittimamente prevedere corrispettivi per la copertura degli oneri che ne conseguono.

Una situazione, del tutto distinta e non assimilabile
In alcuni cimiteri, non è presente solamente la concessione di area, ai fini della costruzione, da parte del soggetto concessionario, di manufatto sepolcrale a sistema di tumulazione, ma sono presenti (molto varia da realtà a realtà) manufatti sepolcrali, spesso realizzati dallo stesso comune, in cui l’oggetto della concessione non è il diritto d’uso (nei termini di cui sopra) dell’area, quanto il diritto d’uso del sepolcro, sia esso mono-posto che pluriposto, cosicché la manutenzione (ordinaria o straordinaria che sia) del complesso del manufatto sepolcrale a sistema di tumulazione non è immediatamente, direttamente ed unicamente riferibile al manufatto che integra la concessione, ma riguarda il complesso costruttivo.
Nel diritto privato si può richiamare la figura del condominio negli edifici laddove la superficie su cui l’edificio è eretto “sparisce” inglobandosi, per così dire, idealmente nella proprietà delle singole unità immobiliari.
Si tratta di situazioni del tutto radicalmente differenti da quelle precedenti: se in queste ultime, il comune abbia, quale “proprietario” del manufatto sepolcrale a sistema di tumulazione, l’onere della manutenzione (anche qui l’analogia col condominio negli edifici costituisce un riferimento, per quanto sorga la difficoltà di enucleare la distinzione tra manutenzione straordinaria e manutenzione ordinaria, maggiormente agevole (e codicisticamente regolata specie nel caso della locazione di unità immobiliari), aspetto che, per mere ragioni di brevità espositiva, non si affronta).
Tuttavia, appare del tutto sostenibile che il comune, quale proprietario del manufatto sepolcrale, possa in sede di stipula del regolare atto di concessione (avente ad oggetto il mero uso di uno o di più posti feretro, per la durata stabilita) e sulla base di norma regolamentare, precedere che i concessionari (del solo diritto d’uso di questi “spazi”) possa prevedere che i concessionari (e, intenzionalmente, lo si ripete, allo scopo di evidenziare il tutto) concorrano con una prestazione economica periodica (comunque la si denomini, anche se parrebbe maggiormente pertinente il termine di “canone”) alla copertura degli oneri.
In particolare, quando i singoli diritti d’uso di uno o di più posti feretro non consentano una “separazione” rispetto all’insieme complessivo del manufatto sepolcrale. Si tratta di statuizioni che ben possono essere fissate in sede di stipula del regolare atto di concessione. Nulla di più, nulla di meno.
Ma, lo si ripete ulteriormente, questa prospettiva ha riguardo a situazioni differenti, distinte (e lontane) rispetto alle situazioni considerate (nel caso) dall’art. 54, comma 6 reg. reg. (Emilia-Romagna) 23 maggio 2006, n. 4.

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Sereno Scolaro

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