Emergenza Covid19: le riflessioni di Utilitalia-SEFIT sui conseguenti effetti nel sistema dei crematori italiani

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha riacceso l’interesse, non solo degli operatori del settore funerario, ma anche di alcuni soggetti istituzionali, sul tema della cremazione.
Per questo, nell’edizione 2021 di SEFIT10, il convegno di settore organizzato annualmente da Utilitalia-SEFIT, si è deciso di presentare alcune riflessioni sul comportamento dei gestori dei crematori italiani durante i due picchi pandemici, emerse dall’elaborazione statistica dei dati sulla cremazione (confronto tra 2019 e 2020).
Riflessioni che desideriamo riportare in questo articolo, presentando brevemente i risultati della raccolta di tali dati per poi soffermarci più diffusamente su alcune considerazioni, che portano ad individuare cosa ha funzionato e cosa no nel sistema dei crematori e nel sistema funerario in generale, e su possibili soluzioni operative.

Premessa
Nel corso del 2021 SEFIT ha effettuato una raccolta dei dati statistici relativi alle cremazioni (di cadaveri e di resti mortali) effettuate dal 1.1.2020 al 31.12.2020, periodo interessato dalla pandemia causata dal Co-vid-19, nonché a quelle effettuate nel 2019 (anno senza gli effetti del Covid-19), distinte per mese, in modo da consentire un confronto di dati e verificare il differenziale di cremazioni tra il 2020 e l’anno precedente, con l’intento di analizzare il comportamento dei gestori dei crematori durante le prime due ondate pandemiche.
All’indagine SEFIT per il 2020 hanno risposto 65 crematori, corrispondente in termini numerici al 74,7% del totale dei crematori in attività nello stesso anno (87).
Rinviando alla circolare SEFIT n. 1997 dell’11 gennaio 2022 per la visione e l’interpretazione di tali dati, sinteticamente, qui si evidenzia che nel 2020 si è registrato un incremento marcato delle cremazioni effettuate in Italia rispetto al 2019, pari al 25,2%; l’aumento complessivo del numero di cremazioni effettuate è stato di 46.022 cremazioni, con un incremento del numero di cremazioni di cadaveri del 30,4%, pari a 41.947 cremazioni.
Parallelamente si assiste ad un decremento delle cremazioni di resti mortali del 20%, pari a 6.693 in meno rispetto al 2019.
L’incremento anomalo di richieste di cremazioni di cadaveri ha infatti portato alla sospensione delle campagne di esumazione ordinaria e di tumulazione a scadenza, come conseguenza sia di scelte locali sia delle circolari del Ministero della Salute.
Pertanto, nel 2020, l’operatività per la cremazione di resti mortali è stata pari o superiore a quella del 2019 nei soli mesi di bassa o contenuta mortalità (gennaio, febbraio, luglio, agosto, settembre, ottobre).
Invece negli altri mesi, e cioè in piena ondata pandemica, le cremazioni mensili di resti mortali sono state significativamente inferiori ai corrispondenti mesi del 2019.

Alcune considerazioni sugli effetti dell’incremento di richieste di cremazione sulla gestione dei crematori
Dall’elaborazione dei dati raccolti, appare evidente come, in corrispondenza dei valori relativi ai mesi di massima incidenza del Covid-19 (in particolare, nella prima ondata, nei mesi di marzo e di aprile, e nella seconda, nei mesi di ottobre, novembre e dicembre), l’incremento di mortalità si sia tradotto in un aumento di richieste di cremazione.
Questo ha comportato situazioni di grandi difficoltà in alcuni crematori del nord Italia, in particolare in Lombardia, nei mesi di marzo e aprile 2020.
Si ricorda, infatti, che l’incremento della mortalità nella prima ondata era sostanzialmente concentrato in Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e parte di Liguria e Veneto, mentre nella seconda ondata si è distribuito su tutto il territorio nazionale, riducendo così la pressione su singoli crematori, ma con difficoltà diffuse per tutto il sistema dei crematori.

In particolare, nei fatti, si sono potuti osservare i seguenti effetti sul comportamento dei gestori dei crematori e sulla prestazione del servizio:
– Difficoltà di gestione per carenza di idonei spazi per il deposito temporaneo dei feretri in attesa di cremazione, per elevata numerosità in un lasso di tempo concentrato.
– Alterazione dell’ordinaria programmazione operativa (tra cremazione cadaveri e resti mortali).
– Necessità di ampliare gli orari di operatività degli impianti.
– Difficoltà causate anche delle limitazioni previste dalle vigenti A.U.A che, in alcuni crematori, va ricordato riguardano non solo l’utilizzo degli impianti nell’arco della giornata e/o della settimana, ma anche rispetto al numero massimo di cremazioni consentite.
– Riduzione o annullamento dei tempi di fermo impianto per le attività di manutenzione, con conseguente successiva inattività per svolgere lavori di manutenzione straordinaria.
– Difficoltà di gestione, in caso di fermo impianto per guasti per iperattività, con dirottamento feretri verso altri impianti.
– Allungamento dei tempi di attesa per la cremazione, con conseguente ritardo nella consegna ai parenti delle urne cinerarie.
– Ritardi nell’esecuzione dei servizi causati dalle decisioni di alcuni gestori di accogliere più feretri, provenienti prevalentemente da altre regioni, rispetto a quelli che sarebbero stati effettivamente in grado di gestire in tempi ragionevoli. A tal proposito giova ricordare che, quello della cremazione, è un servizio pubblico, prima che una attività economica.
– La necessità, nelle città in cui la situazione è risultata particolarmente grave, di individuare altri crematori sul territorio nazionale in grado di accogliere un ingente numero di feretri per la cremazione.

Dall’esame delle difficoltà rilevate nella gestione dei crematori, durante le due ondate pandemiche del 2020, abbiamo potuto fare delle considerazioni su quello che nel sistema dei crematori (e funerario in generale) non ha funzionato e quindi presentare delle possibili proposte di soluzioni.

Cosa non ha funzionato
– Interazione tra cimiteri e crematori: la cremazione non è l’unica soluzione in caso di decesso per Covid-19; sono infatti praticabili anche le altre pratiche funerarie dell’inumazione e della tumulazione, immediatamente utilizzabili in quelle aree del Paese dove l’aumento della cremazione ha lasciato ampia disponibilità di loculi e campi per sepoltura a terra.
– Mancanza di una normativa emergenziale: avrebbe consentito il funzionamento della rete dei crematori alla massima potenzialità, ma sempre nei limiti delle capacità tecnologiche, in deroga a molte limitazioni (normative, amministrative e contrattuali) oggi esistenti.
– Pianificazione regionale sulla dislocazione territoriale dei crematori, prevista dalla L. 130/2001: risulta disattesa dalla maggioranza delle Regioni o non adeguata.
– Assenza di una rete di crematori convenzionati tra loro, al fine di dare un veloce e reciproco sostegno in caso di eccessiva domanda di cremazione. In parte, si ricorda che una soluzione nei momenti di maggiore difficoltà durante la prima ondata è stata offerta dalla c.d. Rete di coordinamento tra crematori: durante il primo picco pandemico, in accordo con la Protezione Civile nazionale e SEFIT Utilitalia, è stato attivato un portale online di coordinamento tra i crematori italiani per trasferire parte della domanda di cremazioni da alcune zone del nord Italia verso altre con capacità crematoria residua.
– Mancanza di armonizzazione delle procedure e degli orari di lavoro tra servizi cimiteriali, stato civile e crematori.

Possibili proposte di soluzioni
– Pianificazione nazionale dei crematori: l’emersa inadeguatezza, per gran parte del territorio italiano, della programmazione regionale delle installazioni di crematori, porta a proporre il passaggio ad una programmazione di scala nazionale delle installazioni di crematori, sulla base di norme di settore che da un lato salvaguardino giustamente l’ambiente, ma che al tempo stesso permettano di operare sia in situazioni ordinarie che straordinarie. Poiché nessun sistema può essere tarato su livelli emergenziali, occorre progettare la rete in maniera da assorbire una predominata quantità di shock locali e intervenire con impianti localizzati in container nei territori dove effettivamente c’è la necessità.
– Normativa emergenziale per il settore funerario: l’emergenza sanitaria ha prodotto una serie di strumenti ed indicazioni ministeriali che ben potrebbero confluire, con tutti gli aggiornamenti e riadattamenti del caso, in una sorta di testo unico da applicarsi in situazioni straordinarie che causino picchi di mortalità.
– Normativa tecnica sui crematori: prevista dalla L. 130/2001 ma non è mai stata adottata in tutti questi anni. Visto l’incremento della scelta della cremazione, si avverte sempre di più l’opportunità di tale normativa che disciplini gli aspetti tecnici degli impianti di cremazione, da farsi a livello statale onde evitare anche ulteriori interventi regionali che comportino critiche disomogeneità.
– Fare luce sul reale inquinamento degli impianti di cremazione: questo inciderebbe positivamente sul c.d. effetto nimby e sulle politiche ostruzionistiche che, negli anni, hanno prodotto effetti negativi anche sulla pianificazione dei crematori.
– La possibilità di utilizzare crematori facilmente trasportabili ed installabili (c.d. containerizzati), in modo da poterli dislocare laddove risulti necessario ed urgente aumentare la potenzialità crematoria o dove non ci sia un impianto di cremazione.
– Istruzioni operative SEFIT per una corretta gestione dei crematori redatte da SEFIT-FIC: sono strumenti di autoregolamentazione e nascono appunto con l’intenzione di dare una risposta parziale alle mancanze derivate dall’inerzia del legislatore nazionale. Rappresentano, quindi, un sistema di regole comportamentali e anche etiche che garantisce trasparenza, qualità, tracciabilità e sicurezza ai gestori, alle imprese funebri e agli utenti del servizio.
Si richiamano queste istruzioni per ricordare che la cremazione è un processo molto delicato che comprende, non solo l’adempimento meramente tecnico di una serie di atti formali (es. autorizzazioni, verbali, ecc.) e di aspetti operativi, ma anche il rispetto di regole etiche e comportamentali per quello che rappresenta l’ultimo saluto alla persona cara defunta.
E funzione tecnica e funzione sociale non possono essere disgiunte, almeno fin quando si vuole rappresentare il crematorio come un luogo di erogazione di un servizio etico e sociale dove si possono svolgere riti funebri che, grazie alla loro dimensione comunitaria, funzionano come catalizzatori dell’elaborazione del lutto.
– Strumenti in grado di simulare una situazione di stress test: servono per poter conoscere la possibile risposta del crematorio, in termini di capacità produttiva (che, lo si ricorda, è condizionata da limitazioni relative al numero di feretri che è possibile cremare, data la potenzialità dell’impianto, nel numero di ore di funzionamento previsto e date le altre limitazioni normative, amministrative, contrattuali e strutturali dell’impianto stesso), a picchi di domanda così da poter effettuare valutazioni che prevengano, per quanto possibile, il verificarsi di criticità impattanti sul servizio e sulle famiglie interessate.
Parallelamente, in un’ottica di interazione tra crematori e cimiteri, stessi strumenti di simulazione di stress test possono essere utili per la programmazione cimiteriale, in termini di disponibilità delle sepolture, in modo da valutare la capacità ricettiva della struttura cimiteriale e poter reagire per tempo.
– Per un corretto calcolo degli stress test: a tal fine si fa notare che la scelta di analizzare il dato mensile delle cremazioni effettuate è stata utile, ma sarebbe stato ancor più utile valutare l’andamento settimanale delle cremazioni di ogni impianto, se non addirittura giornaliero, rapportando tali dati al numero di linee operative dei crematori oggetto di indagine. Analisi e simulazioni che può ben svolgere ogni gestore di crematorio che può disporre di tali dati analitici di dettaglio, che sono invece di difficile reperimento su scala nazionale.

Sicuramente risulta immediatamente evidente che le proposte presentate richiedono l’impegno dei rappresentanti del settore funerario e il coinvolgimento delle istituzioni e quindi tempi non brevi, ma è altrettanto chiaro che, almeno su alcune evidenze, come quelle della corretta pianificazione territoriale dei crematori e dell’importanza di un’adeguata normativa tecnica, l’emergenza sanitaria ha fatto luce sulla loro necessità.
Infine, prima di avviarci alle conclusioni, si vuole sottolineare una considerazione per niente scontata, vale a dire che le valutazioni fatte fino ad adesso presuppongono un dato di fatto, e cioè che il sistema funerario italiano, sebbene con difficoltà, ha retto.
Il nostro sistema è, infatti, dotato di risposte adeguate anche a questa emergenza, ricorrendo non solo alla cremazione ma anche alla disponibilità di aree per l’inumazione e per sepolture in loculi.
È inoltre necessario osservare come non sia sensato che il sistema cimiteriale e di cremazione venga impostato per essere sempre “al massimo”, ma sia adeguato a fronteggiare situazioni normali e – solo come eccezione – ad assorbire situazioni straordinarie.
Le attrezzature nei cimiteri in buona parte già esistono, devono solo essere adottati i giusti strumenti normativi, amministrativi ed operativi per attrezzarsi preventivamente al bisogno.
Ecco perché si ribadisce la necessità di colmare la lacuna di programmazioni cimiteriali su tempi lunghi e di programmazione territoriale dei crematori.

Conclusioni
L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha evidenziato che il sistema dei crematori attuale non può essere sostitutivo dell’accoglienza cimiteriale, anche emergenziale, ma che è semplicemente integrativo.
La potenzialità del sistema, pur stressato per portarlo alla massima operatività (con tutte le problematicità conseguenti), non può essere in grado di assorbire fuori scala territoriali di mortalità e il mutuo aiuto di impianti viciniori può intervenire su scale emergenziali di limitata intensità, al fine di evitare di determinare l’esportazione dell’emergenzialità in altri territori.
Ha poi anche sottolineato come sia apparso estremamente preoccupante il ritardo del Paese nella pianificazione delle installazioni di crematori, carenti in molte regioni del Centro Sud e Isole e l’opportunità di una pianificazione a livello nazionale.
Ecco allora che dobbiamo prendere atto di questi insegnamenti e porli come premesse, come fari, per impegnarsi – insieme alle istituzioni – al fine di dotare il sistema funerario di una disciplina complessiva, volta a ridurne le decennali criticità che la pandemia ha fatto inequivocabilmente emergere.

Valeria Leotta (Responsabile attività nazionale e internazionale SEFIT)
Fabrizio Gombia (Direttore Generale Società per la Cremazione di Torino e Coordinatore TTL Crematori SEFIT)

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