Feretri 'over size' e loculi troppo piccoli

Premessa:

La circolare ministeriale 24 giugno 1993 n. 24 non fissa le dimensioni dei loculi in maniera rigida, ma riporta la dicitura ‘e’ preferibile’, quindi, le stesse , agli effetti concreti”possono essere anche differenti.

Il DPR 285/90 non affronta questo argomento, in quanto con l’Art 80 comma 4 si limita a demandare ai comuni la definizione degli ingombri massimi per urne cinerarie e cellette destinate alla tumulazione di queste ultime. Per i loculi l’unica norma positiva rilevabile e’ quella dell’Art. 76 in cui si dispone:

• La loro costruzione secondo criteri antisismici.
• Il carico di 250 Kilogrammi/metro quadrato che il piano d’appoggio deve riuscire a reggere.
• L’inclinazione del piano d’appoggio per contenere eventuali percolazioni.
• La tamponatura stagna del lato da cui si introduce il feretro.

Possiamo adesso esaminare questo caso di scuola nemmeno cosi’ peregrino come si potrebbe pensare ad una prima valutazione: un comune ha dato in concessione ad un cittadino loculi con larghezza di soli cm. 70 ed il concessionario, esercitando il suo jus sepulcrhi, vuole li’ traslare le spoglie del defunto marito ma il feretro, essendo “fuori misura” proprio non entra nel loculo , come si puo’ risolvere il problema?

Andiamo con ordine: l’Art. 93 comma 1 DPR 285/90 statuisce il principio della naturale capienza fisica del sepolcro, ragion per cui, con questa previsione, il diritto di sepolcro da potere certo diviene una mera aspettativa, poiche’ se non e’ agli atti una diversa suddivisione dei posti feretro tra gli aventi diritto (cui il comune rimane estraneo anche e soprattutto in caso di controversie o liti) “chi prima muore meglio alloggia”. La battuta potrebbe sembrare irriverent o quasi empia ma, di solito, l’uso delle sepolture private e’ proprio regolato dalla cronologia degli eventi luttuosi.

Un soggetto, in teoria, puo’ anche aver titolo per esser sepolto in un sepolcro famigliare, ma se non c’e’ materialmente posto o si fa cremare oppure deve ripiegare su un’altra tomba sino almeno alla raccolta delle sue ossa dopo il completo decorso del periodo legale di sepoltura, sempre che i resti siano davvero riducibili in cassetta ossario.

Attenzione: la Circolare Ministero della Sanita’ 24 giugno 1993 n. 24 stabilisce delle misure standard per i tumuli, ma una circolare ministeriale non e’ una fonte del diritto, e’ semplicemente un atto di indirizzo con cui il vertice della Pubblica Amministrazione Statale (in questo caso il Ministero della Sanita’) dotato di potesta’ normativa dirama ai enti territoriali subordinati le AASSLL) istruzioni su come applicare o eventualmente integrare la Legge.

Non e’ quindi obbligo giuridico seguire alla lettera il dettato dalla Circolare Ministero della Sanita’ 24 giugno 1993 n. 24, questo onere, se c’e’, vale solo per l’ASL.

Per la funzione eminentemente pubblica dei cimiteri, la costruzione di un camposanto, il suo ampliamento o la realizzazione di manufatti cimiteriali (corpo di loculi) e’ opera igienico-sanitaria.

A prescindere da chi costruisca un colombario o una batteria di loculi (potrebbe esser lo stesso comune o un privato che abbia avuto in concessione un’area del cimitero) l’art. 55 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 impone che i progetti di ampliamento dei cimiteri siano approvati a norma delle leggi sanitarie.

Occorre quindi una certificazione di collaudo e di conformita’, sia tecnica che igienico-sanitaria, quest’ultima di competenza dell’ASL (Art. 94 DPR 285/90), al progetto regolarmente approvato dal comune.

Tale atto costituisce presupposto e momento fondativo per la concessione di aree e per la successiva approvazione dei progetti di costruzione di manufatti sepolcrali (edicole o quant’altro, indipendentemente dalla denominazione) da erigere da parte dei privati che abbiano ottenuto la regolare concessione dell’area.

A lavori ultimati e prima di porre in uso tali edicole o manufatti, comunque denominati, dovra’ esserne accertata l’agibilita’ od usabilita’, comprendente anche il rispetto delle disposizioni tecnico costruttive previste per la tipologia di sepoltura per cui i manufatti sono stati eretti.

Le tumulazioni in dette edicole potranno avvenire solo una volta effettuato tale accertamento, spesso consistente in apposita certificazione di agibilita’.

L’ASL se i loculi sono di recente costruzione avrebbe dovuto gia’ segnalare l’inadeguatezza dovuta ad una larghezza insufficiente per accogliere una bara.

Loculi con cubatura inferiore rispetto agli standards consigliati dalla Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24 possono certamente esser dati in concessione (magari per ossarini ed urne cinerarie) ma nel contratto deve esser espressamente specificato l’handicap dovuto alle misure troppo anguste proprio come accade per edicole, tombe a sterro non dotate di vestibolo o di quel diretto accesso al feretro di cui all’Art. 76 comma 3 DPR 285/90 fatta sempre salva la possibilita’ di ricorrere alla procedura di deroga dell’Art. 106 DPR 285/90.

Prima di firmare un’autorizzazione bisognerebbe raccogliere tutti gli elementi necessari (l’istruttoria sere proprio a questo precipuo scopo).

Spesso sono le imprese funebri ad attivarsi con metro e block notes quando c’e’ il rischio di un morto troppo grande e grosso per entrare nella tomba, cosi’ da consigliare la clientela sulla forma di sepoltura migliore, altrimenti deve provvedere l’ufficio del cimitero.

Appare persino pleonastico ricordare come anche solo per guadagnare qualche prezioso centimetro si assolutamente vietato intaccare, o lesionare le strutture murarie dei tumuli.

Le soluzioni non sono molte: se il concessionario in questione non vuole retrocedere, attraverso rinuncia, il loculo troppo stretto si potrebbe pensare alla cremazione del feretro contenente le spoglie del marito.

Aprire la bara, squarciando il nastro di zinco, per trasferire il cadavere in una cassa piu’ piccola potrebbe essere azione di legittimita’ “border line” perche’ non e’ ancora trascorso il periodo di sepoltura legale (quando il resto mortale puo’ davvero esser racchiuso in un nuovo cofano di materiale piu’ leggero non necessariamente con le caratteristiche di una bara per cadaveri ai sensi del, paragrafo 2 Circolare Ministeriale 31 luglio 1998 n. 10 e della Risoluzione del Ministero della Salute n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23.03.2004) ed il rischio fuoriuscita di liquami e miasmi ammorbanti e’ molto alto.

In realta’ nessuna norma positiva permette o, tanto meno, vieta la sostituzione delle cassa, essa, pero’, si rende implicitamente necessaria quando un cadavere sia esumato per venir poi tumulato, siccome la tumulazione di un defunto, al contrario dell’inumazione, comporta sempre l’impiego di una cassa stagna con i requisiti costruttivi e di confezionamento di cui all’Art. 30 DPR 285/90 eccetto, forse il caso di resti mortali completamente privi di parti molli, per i quali non sussista piu’ il pericolo di percolazioni tale da giustificare la necessita’ della doppia cassa ermetica (paragrafo 3 Circ. in. 31 luglio 1998 n.10).

Dopo tutto lo stesso ‘avvolgimento’ con un involucro esterno di zinco delle bare interessate da fenomeni percolativi ci fa capire come il legislatore per tutelare la salute pubblica voglia limitare a pochissime e rarissime fattispecie la manomissione delle bare da tumulazione durante il periodo di sepoltura legale.

L’asportazione dei coperchi (con taglio di quello zincato) comunque e’ sempre possibile su istanza dell’Autorita’ giudiziaria, per dar corso a riscontro diagnostico, o ad prelevo di campioni biologici, oppure quando il cadavere debba esser incinerato dopo una prima sepoltura in tumulo e l’impianto di cremazione non sia dotato di opportuni filtri per abbattere le polveri sottili rilasciate dall’abbruciamento della cassa di zinco.

Si potrebbe, allora, sondare la disponibilita’ dell’ASL a consentire questa operazione, dopo tutto e’ l’ASL ex Art. 88 a vigilare sulle traslazioni e l’Art. 88 non fa nessun riferimento ad una nuova bara, ma solo alla sua alla sua sistemazione.

Ovviamente l’autorita’ da consultare e’ l’ASL, secondo il dettato del DPR 285/90 (Art. 51 comma 2) se nel frattempo non e’ intervenuta apposita norma regionale con cui si trasferisce al gestore del cimitero questa responsabilita’ di controllo e supervisione, tuttavia anche nelle regioni in cui il controllo sulle operazioni cimiteriali sia transitato in capo al comune l’ASl mantiene, comunque, un competenza esclusiva, e non altrimenti comprimibile, sulle questioni igienico-sanitarie.

Se il trasbordo del cadavere dalla cassa originaria ad una piu’ snella e piccola e’ autorizzato bisognera’ predisporre la camera mortuaria del cimitero per questo intervento, preparando anche deodoranti da nebulizzare e polvere assorbente o prodotti a base enzimatica per asciugare il fondo della vecchia cassa dal ristagno di fluidi post mortali prima di avviarla allo smaltimento in discarica secondo le procedure del DPR 254/2003.

Ai sensi dell’Art. 87 i resti mortali ed a maggior ragione i cadaveri non possono esser costretti con la forza entro contenitori eccessivamente piccoli o angusti, poiche’ soprattutto per i cadaveri si profilerebbe una sorta di vilipendio (sanzionato anche penalmente), pertanto quando il defunto in questione eccedesse le misure del loculo il semplice cambio del cofano, anche quando permesso, sarebbe un’ipotesi da accantonare.

Si puo’ subito rilevare una lacuna normativa: tutto il nostro ordinamento nazionale considera il problema dei feretri fuori misura solo con il paragrafo 16 della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24 quando detta alcune misure preventive di rinforzo per le bare da usare per le tumulazioni in deroga di cui all’Art. 106 del DPR 285/90.

E’quasi superfluo annotare come i necrofori durante questo lavoro per nulla simpatico dovranno come minimo indossare uno ‘scafandro’ ed esser catafratti con tute monouso, mascherine, occhiali, doppi guanti di gomma e maglia metallica in particolar modo per chi entra in contatto con la lamiera della bara per tagliarla.

Una volta saldata la nuova cassa bisognera’ disinfettare tutto l’ambiente.

Sono ora di rigore alcune riflessioni di natura giuridica:

Se il concessionario ha avuto in concessione il loculo con proposito ultimo ed esclusivo di traslarvi il feretro del marito e tale scopo e’ specificato nel contratto (decadrebbe cosi’ la collettivita’ del sepolcro di cui all’Art. 93 DPR 285/90) qualora vi sia l’impossibilita’ di procedere perche’ la cassa e’ troppo larga e l’ASL non autorizza l’apertura della bara per trasferire il cadavere in un cofano piu’ piccolo e non c’e’ la volonta’ di cremare il corpo (in quest’evenienza le difficolta’ svanirebbero) siamo dinnanzi ad mutamento del fine insito nel rapporto concessorio che, soprattutto per i loculi monoposto, comporta automaticamente la decadenza.

La decadenza e’ un provvedimento ricognitivo che deve esser pronunciato dal dirigente, se costui non adempie incorre nella responsabilita’ patrimoniale delineata dall’Art. 93 del Decreto Legislativo 267/2000.

La fattispecie in esame e’ quella della cosiddetta tomba “dedicata” con riserva di occupazione. Esempio: x acquista l’uso di un loculo per tumularvi solo ed esclusivamente la spoglia mortale di x, e questo vincolo e’ espressamente indicato nell’atto di concessione, la sepoltura di y, allora, e’ condizione costitutiva del rapporto concessorio, se essa vien meno (perche’ y li’ proprio non puo’ esser sepolto oppure i famigliari del de cuius hanno deliberato la traslazione verso una diversa destinazione) anche la concessione si estingue.

Se al feretro in tempi ragionevoli non verra’ assicurata stabile collocazione in una nuova sepoltura esso dovra’ necessariamente esser inumato con le prescrizioni di cui all’Art. 75 DPR 285/90 (temporanea rimozione del coperchio di legno per praticare tagli e squarci sulla superficie della bara metallica), per la legge italiana, infatti, la naturale tecnica di smaltimento dei cadaveri, nel silenzio delle parti interessate, e’ la loro inumazione in campo di terra (Art. 337 Regio Decreto 1265/1934). La tumulazione, infatti, presuppone sempre un atto di disposizione dei famigliari del de cuius che si estrinseca attraverso versamento del corrispettivo canone di concessione.

Il regolamento comunale di polizia mortuaria potrebbe anche contenere un meccanismo per regolarizzare queste posizioni anomale rispetto ai contratti tipo adottati oggi da quasi tutti i comuni, magari con una novazione dell’atto di concessione in cui inserire diverse clausole. Servirebbe, quindi, estinguere il rapporto giuridico sorto in origine e sostituendolo con altro nuovo, previo il versamento delle tariffe attualmente vigenti.

Il consiglio, poi, e’ di controllare sempre le norme del regolamento comunale di polizia mortuaria in tema di diritto di sepolcro, poiche’ l’inerzia prolungata sfocia nel “non uso” ed il “non uso’ in molti regolamenti comunali produce la decadenza.

Questa regola dovrebbe incentivare un impiego piu’ razionale degli spazi cimiteriali, evitando che molte tombe gia’ assegnate rimangano vuote.

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0 thoughts on “Feretri 'over size' e loculi troppo piccoli

  1. X Roberto,

    1) la Legge Statale (Art. 76 DPR n. 285/1990) non fissa, in modo inequivoco le dimensioni minime dei loculi, ma demanda questo compito, invero così importante, ad una semplice circolare interpretativa (la 24 giugno 1993 n. 24) la quale, non essendo, per altro, fonte del diritto, ma semplice atto istruttivo, nel dettare le misure standard, almeno per i colombari di nuova costruzione, in regime di DPR n. 285/1990, esordisce con la formula linguistica “…è preferibile”, lasciando, in questo modo, un notevole margine di discrezionalità alle amministrazioni locali, magari attraverso lo strumento del piano regolatore cimiteriale. Non è, pertanto, obbligatorio, ma solo consigliabile seguire il dettato della Circ. Min. n.24/1993.

    2) Ad ogni modo, almeno in pieno regime di DPR 10 settembre 1990 n. 285, il progetto di costruzione di edifici sepolcrali e, di conseguenza, anche la loro cubatura debbono esser, comunque, approvati dall’Autorità Comunale, su conforme parere della commissione edilizia e soprattutto dell’AUSL, in questa sede si sarebbe dovuta sollevare la questione dei volumi troppo angusti per le celle sepolcrali di cui Lei mi parla, anche se quest’ultime sono state, da poco tempo, realizzate.

    3) Tutti i manufatti a sistema di tumulazione, soprattutto se destinati ad accogliere feretri (con relativi problemi igienico-sanitari dovuti all’eventuale perfusione, in ambiente esterno al tumulo di materiale putrefattivo) prima di esser usati debbono superare una prova tecnica di collaudo, condotta da personale AUSL, in cui si verificano determinati requisiti (spessori, inclinazione verso l’interno del piano d’appoggio della bara, perfetta impermeabilità delle pareti…). Dalla relazione (o dal verbale) di questo controllo preventivo dovrebbe emergere la non corrispondenza tra le misure effettive dei loculi e quelle, in qualche modo, istituzionali, dettate dalla Circ. MIn. n. 24/1993, da questa formale constatazione (i loculi sono troppo angusti) potrebbe originare anche una norma del regolamento comunale, in cui si vieti, per ovvi motivi di carenza di spazio, la tumulazione, assieme ad un ed un solo feretro, di più cassette ossario o urne cinerarie, come invece, consentito, almeno in linea teorica, dal paragrafo 13 della stessa Circ. MIn. n. 24/1993.

    4) Nutro molte perplessità sull’ opportunità di implementare la procedura di deroga di cui all’Art. 106 DPR n. 285/1990, meglio spiegata nel dettaglio, dall’Allegato 16 Circ. MIn. 24/1993. Essa, infatti, si applica solo al pregresso, ossia alla ristrutturazione di plessi o corpi di fabbrica cimiteriali preesistenti all’entrata in vigore dell’attuale regolamento nazionale di polizia mortuaria. Non è, però, solo una questione di ordine temporale: in effetti la cosiddetta procedura di deroga serve sostanzialmente a mitigare la cogenza di determinate prescrizioni del DPR n. 285/1990 (una su tutte Art. 76 comma 3 DPR n. 285/1990), legittimando, seppur con diverse correzioni di natura operativa, uno stato di fatto, così da recuperare, per il possibile, posti feretro altrimenti inutilizzabili, perché non a norma con le vigenti disposizioni di Legge. L’Art. 106 citato (oggi, dopo il DPCM 26 maggio 2000 di competenza regionale o addirittura comunale in forza di eventuale sub-delega ex Art. 3 comma 5 D.LGS n. 267/2000 va, quindi interpretato nell’ottica, tutta politica (ossia attinente al buon governo del camposanto!), di favorire un ottimale sfruttamento del patrimonio cimiteriale ereditato dal passato, senza per questo dover edificare all’infinito nuove batterie di tumuli. Se però, come in questo caso, i loculi sono materialmente troppo piccoli per ricevere un feretro, non esiste “lex umana vel divina” capace di dilatare d’imperio, i muri permettendo l’introduzione di una cassa, magari pure “fuori misura”. In questo frangente pure la procedura di deroga rappresenterebbe un’arma spuntata.

    5) Come recita l’Art. 93 comma 1 II Periodo DPR n. 285/1990 lo jus sepulchri, come diritto alla tumulazione, si esercita sino al raggiungimento della massima capacità ricettiva del sepolcro stesso, pertanto, oltre i limiti della fisica nessuno può spingersi (oggi so di esser lapalissiano e sin anche banale, ma è bene ribadire questo concetto) e se proprio il feretro non entra nel loculo lo jus sepulchri non si esercita e si estingue naturalmente. Poi è altrettanto vero che la spoglia mortale se non come feretro potrà esser ospitata in quel dato sepolcro sotto forma di ossa, ceneri o resti mortali, vale a dire tutte le trasformazioni di stato, definitive o intermedie, in cui un corpo umano privo di vita possa degradare.

    6) So di asserire un’ovvietà, e mi ripeto per l’ennesima volta: è assolutamente vietato trasbordare il morto in una cassa più stretta o corta, in quando si violerebbero l’Art. 349 Cod. Penale e l’Art. 87 DPR n. 285/1990, il quale, tra l’altro, rinvia alla norma incriminatrice del vilipendio di cadavere.

  2. Salve,
    in una tomba di famiglia di recente costruzione, dove i loculi hanno misure di pochi centimetri inferiori alle misure stabilite dalla circolare ministeriale n° 24 , com’è possibile ottenere l’agibilità in deroga dei suddetti loculi ?

  3. X Barbara,

    in buona sostanza le questioni sono due, ossia:

    a) a chi competa concedere in uso un manufatto sepolcrale

    b) quale sia la procedura corretta per verificare l’idoneità dei loculi in oggetto all’accoglimento dei feretri.

    Parto, per comodità dalla prima domanda, cioè dalla più semplice: adozione e sottoscrizione del provvedimento amministrativo da cui sorge quel “regolare atto di concessione” di cui all’Art. 98 DPR n.285/1990, quale titolo per poter legittimamente vantare da parte del privato diritti personalissimi ed anche di natura reale e patrimoniale su area o porzione di fabbricato cimiteriale è il dirigente di cui all’Art. 107 comma 3 lett. f) D.Lgs n. 267/2000. Si veda, per maggior completezza anche l’articolato del D.Lgs n. 165/2001. Dall’entrata in vigore della Legge n. 142/1990 poi abrogata dalla cosiddetta Legge Bassanini Bis a sua volta confluita nel D.Lgs n. 267/2000 il legislatore nel dettare norme sul diritto degli enti locali ha nettamente separato l’indirizzo politico-amministrativo proprio degli organi elettivi (Sindaco, Giunta, Consiglio comunale…) dagli atti meramente gestionali, come appunto la formazione ed il perfezionamento degli atti concessori affinché il privato cittadino divenga titolare dello jus sepulchri su suolo cimiteriale attraverso, appunto, l’istituto della concessione amministrativa (Capo XVIII DPR n. 285/1990). Ai sensi dell’Art. 5 Legge n.241/1990 il dirigente, essendo in ultima analisi titolare della funzione dispositiva verso i dipendenti comunale suoi subordinati, può individuare all’interno del proprio ufficio un soggetto cui affidare l’istruttoria (= raccolta dati e fase preliminare) del procedimento, ma rimane personalmente responsabile dell’atto adottato. Il dirigente, cioè non può, delegare, nel senso tecnico del termine, mansioni sue proprie previste esplicitamente per legge (Art. 107 comma 5 D. Lgs n. 267/2000), ma per snellire l’azione amministrativa della macchina comunale può materialmente affidare ad un lavoratore suo sottoposto la firma dell’atto di cui egli stesso, per il principio d’imputazione , pur sempre risponde, ed è bene rimarcare questo concetto.

    ********

    Considerando come l?’art. 55 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 preveda che i progetti di ampliamento dei cimiteri siano approvati a norma delle leggi sanitarie, si può ritenere che l?’ampliamento non richieda in sé alcuna esigenza di ottenerne l?’agibilità, dovendo essere sufficiente la certificazione di collaudo e di conformità, sia tecnica che igienico-sanitaria, quest?ultima di competenza dell?ASL, al progetto regolarmente approvato. Tale atto costituisce presupposto condizione per la concessione di aree e per la successiva approvazione dei progetti di costruzione di manufatti sepolcrali (edicole o quant?’altro, indipendentemente dalla denominazione) da erigere da parte dei privati che abbiano ottenuto la regolare concessione dell?area. A lavori ultimati e prima che tali edicole o manufatti, comunque denominati, possano essere posti in uso, dovrà esserne accertata l?’agibilità od usabilità, comprendente anche il rispetto delle disposizioni tecnico costruttive previste per la tipologia di sepoltura per cui i manufatti sono stati eretti. Le tumulazioni in dette edicole possono avvenire una volta effettuato tale accertamento, spesso consistente in apposita certificazione di agibilità.

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