Operazioni in camera mortuaria, incompatibilità con l’osservazione delle salme.

La funzione edittale (cioè proprio quella fondamentale, “istituzionale”) della camera mortuaria cimiteriale è il deposito temporaneo, in attesa di definitiva sistemazione (trasporto in altra sede, sepoltura o cremazione), di feretri, contenitori per resti mortali (esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo ai sensi dell’Art. 3 comma 1 lett.) b DPR n. 254/2003), cassette ossario, casse contenenti, anche in forma massiva, parti anatomiche riconoscibili o prodotti abortivi, ed urne cinerarie, non certo per defunti “freschi” da esporre a cassa aperta, durante, cioè il periodo d’osservazione.

C’è, infatti, una sola condizione essenziale: tutti questi “recipienti mortuari” in cui è raccolto materiale biologico umano (dal cadavere… alle semplici ceneri!) debbono esser debitamente confezionati in rapporto alla loro destinazione ultima, cioè chiusi, per impedire furti, trafugamenti o atti di profanazione e così da evitare problemi igienico-sanitari (odori nauseabondi e dolciastri che attirano insetti, sversamento di liquami, pericolo di contaminazione dovuto a morbo infettivo diffusivo o a somministrazione di nuclidi radioattivi (queste norme sono rinvenibili negli Artt. 15 comma 1, 18, 25, 43 comma 4, 80 comma 5 DPR 10 settembre 1990 n. 285.

Le disposizioni che delineano la camera mortuaria quale luogo chiuso adibito al transito sono gli Artt. 64 e 65 DPR n. 285/1990, esse non sono del tutto esaustive; ad esempio in camera mortuaria, con interdizione di entrata ai visitatori, spesso specificata in apposita ordinanza sindacale con cui si disciplinano esumazioni ed estumulazioni), si eseguono anche apertura della cassa in seguito ad estumulazione ordinaria, oppure per estumulazione straordinaria su impulso dell’Autorità Giudiziaria (Art.116 comma 2 Decreto Legislativo 28/7/1989, n. 271), in camera mortuaria si provvede al “rifascio” del feretro ex Art. 88 DPR n. 285/1990 e paragrafo 4 Circ.Min. 31 luglio 1998 n. 10, si confezionano i contenitori per resti mortali di cui alla risoluzione Ministero della Salute, p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004, o, ancora, si procede alla sostituzione del cofano (esempio: se questo è gravemente lesionato o inadatto alla nuova sepoltura del defunto, siccome occorre una cassa ora con le caratteristiche di cui all’Art. 30 DPR n.285/1990, ora capace di rispondere ai requisiti di cui all’Art. 75 DPR n.285/1990…).

Una camera mortuaria così concepita è un locale (per fortuna confinato e protetto da sguardi indiscreti e “pettegoli”) in cui si lavora tanto e si tratta di operazioni pesanti, cruente o, comunque poco delicate.

Fiamme libere prodotte dai saldatori, acido muriatico per il decapaggio della lamiera, barrette di stagno, polveri assorbenti, sostanze enzimatiche con cui addizionare ex Circ.Min. n. 10/1998, i resti mortali da reinumare in campo indecomposti ai sensi degli Artt. 58 ed 86 comma 2 DPR 285/1990, perdite di liquami da smaltire secondo l’Art. 6 DPR n.254/2003, disinfettanti, attrezzi vari, siringe caricate con formalina per la puntura conservativa di per sè stessi non costituiscono un pericolo per le salme che siano ivi custodite durante il periodo d’osservazione, cioè, tanto per capirci, il morto (o…presunto tale) se si risveglia dallo stato catatonico di morte apparente non muore davvero (se non dalla paura) perchè, comunque, valgono le norme di cui all’Artt. 8 e 9 DPR n.285/1990 (vietato ogni trattamento irreversibile sino ad avvenuta visita necroscopica ed all’eventuale nulla osta dell’Autorità Giudiziaria (Art.116 comma 1 Decreto Legislativo 28/7/1989, n. 271)

Però, a dire il vero, un ambiente così non è idoneo, perché non soddisfa gli standards qualitativi del successivo e prevalente, rispetto al regolamento nazionale di polizia mortuaria, DPR 14 gennaio 1997 (servizio mortuario, sanitario, deposito d’osservazione, camere ardenti…).

La temperatura non è costante, (e, magari, manca pure l’impianto di condizionamento) perchè la porta è sempre aperta a causa del continuo via vai dei necrofori i quali, persi dentro ai fatti loro, magari inconsciamente, smoccolano, sacramentano e “smadonnano”, non curanti della sacralità del luogo, c’è rumore, spesso si sviluppa un olezzo fetido, e il personale di servizio, per ovvie carenze dell’organico, non può assicurare la sorveglianza continua, attendendo contemporaneamente alle proprie mansioni di necroforo-affossatore; ci sono, insomma, situazioni abbastanza scabrose, da nausea violenta, almeno per chi sta vegliando la salma. Però…la Legge è così (Art. 64 comma 3 DPR n.285/1990), certo è una disposizione anacronistica, per certi versi superata, però, se nessuno, a livello politico interviene non si può imputare a noi becchini tutto questo scandalo dell’eventuale scomodo condominio tra deposito d’osservazione/obitorio e camera mortuaria cimiteriale.

Per questi motivi di fondo, ad ogni modo, la struttura di cui all’art. 64 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, non può proprio essere utilizzata per assolvere le funzioni di cui all’art. 12, oppure 13, d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, né può aversi il contrario; ma ciò non esclude che nel cimitero (o, meglio, in uno dei cimiteri del comune, in caso di pluralità di cimiteri) si abbia un edificio, in cui siano presenti più locali, di diversa, e specializzata, destinazione.

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Carlo Ballotta

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5 thoughts on “Operazioni in camera mortuaria, incompatibilità con l’osservazione delle salme.

  1. X CARLO
    SALVE CARLO HO LETTO IL DPR 14/GENNAIO 1997 MA PARE NON Fà LA DIFFERENZA TRA STRUTTURA PRIVATA O ACCREDITATA. DETTA SOLO I REQUISITI MINIMI STRUTTURALI CHE DEVE AVERE LA STRUTTURA SANITARIA E NON SPECIFICA SE DEVE AVERE IL PERSONALE IN DOTAZIONE (SORVEGLIANAZA)
    SALUTI

    1. X Franco,

      ai sensi dell’art. 12 comma 2 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria ogni luogo purchè chiuso e confinato (abitazione privata, servizio mortuario sanitario, camere ardenti ospedaliere) deputato all’osservazione dei defunti, deve esser dotato di apposito servizio di vigilanza comprensivo di personale appositamente formato.

      Non dimentichiamo, poi, come le qualificazioni strutturali, organizzative e gestionali previsti per gli ospedali di cui alla Legge n. 132/1969 art. 19 lett.m) siano stati estesi e rideterminati per le case di cura private (D.M. 5 agosto 1977), in attuazione dell’art. 51 citata L. 12 febbraio 1969, n. 132, con cui si subordina l’autorizzazione all’apertura delle case di cura private da parte delle Regioni al possesso di determinati servizi e requisiti, tra cui un servizio mortuario (art. 16, comma 2, lettera i ) che deve rispondere ad alcune caratteristiche (art. 25, comma 1 lettera e) , poichè si prevede consista di locali esclusi alla vista dei degenti e dei visitatori, con separato accesso dall’esterno, destinati all’osservazione, al deposito ed alla esposizione delle salme, nonché ad eventuali riscontri diagnostici anatomo-patologici, ai sensi della legge 15 febbraio 1961, n. 83.

      Situazione analoga a quella delle case di cura private si ha per le residenze sanitarie assistenziali (R.S.A.), istituite dall’art. 20, comma 1 L. 11 marzo 1988, n. 67, per le quali con il D.P.C.M. 22 dicembre 1989 sono stati dettati le prescrizioni sulle tipologie e sui requisiti, anche dimensionali, individuati in apposito allegato A, nel quale si precisa (Criterio 9) l’esigenza dell’articolazione delle strutture delle R.S.A. per servizi e, nello specifico, tra i locali ausiliari in quanto in funzione dell’intera R.S.A., la camera mortuaria. Le norme sopra richiamate, vigenti, vanno valutate oggi alla luce sia del D.P.R. 14 gennaio 1997, sia del D.P.C.M. 28 novembre 2001 oggi abrogato dal più recente DPCM 12 gennaio 2017 “ Definizione dei livelli essenziali di assistenza ”.

      Ne deriva che nel caso di decesso in queste strutture, le funzioni di osservazione e, successivamente, di conservazione temporanea della salma, nonché i trattamenti necessari sulla stessa (eventuale ricomposizione, vestizione, collocamento nel feretro, ecc.) costituiscono servizi propri della struttura al pari dell’allestimento e funzionamento della camera ardente e tributo delle onoranze al feretro, in cui rientrano, tra l’altro, l’officio di eventuali riti religiosi o civili di commiato richiesti dalla famiglia.

      La soluzione è molto semplice: se non può esser garantita la sorveglianza dei locali adibiti a camera ardente (dove, notoriamente, i defunti sostano per la veglia funebre a cassa aperta) trascorso integralmente il periodo d’osservazione e, com’è ovvio dopo la visita necroscopica, si procede al confezionamento della bara in rapporto alla tipologia di trasporto e sepoltura prescelta.

      In estrema sintesi: i morti non possono esser abbandonati, specie se stazionano a cassa aperta.

  2. X Franco,

    se l’hospice è privato, o comunque, non convenzionato (strutture pubbliche o accreditate?) non si applica, per i requisiti funzionali e strutturali della camera ardente il D.P.R. 14 gennaio 1997.

    Il prefato locale adibito a servizio mortuario sanitario,, se, però, svolge anche la funzione di deposito d’osservazione sarà comunque sottoposto alle disposizioni di cui all’art. 12 comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – recante l’approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria il quale impone la vigilanza continua per:

    a) evitare atti di profanazione sulle salme.
    b) rilevare tempestivamente eventuali manifestazioni, ancorchè flebili di vita.

    La camera mortuaria ospedaliera, pertanto, non può esser priva delle ordinarie attività supervisione e controllo continuo, si tratta di una grave omissione.

  3. X REDAZIONE
    SALVE HO UN QUESITO DA RIVOLGERVI.
    PUO UNA CAMERA MORTUARIA DI UN HOSPICE (NON PUBBLICO)ESSERE LASCIATA INCUSTODITA??

  4. Argomenti molto interessanti purtroppo manca un regolamento aggiornato sulla figura professionale del tecnico sanitario autoptico che collabora con il medico legale e /o l’anatomopatologo durante l’attività settoria autopsie giudiziarie o riscontri diagnostici in Italia esistono infermieri legali forensi soecializzati in tecnica sanitaria autoptica ormai formati dal 2006 perché non trovano opportunità lavorative? Forse perché si preferisce avvalersi di personale volonteroso ma senza nessuna formazione di tipo sanitario vedi personale comunale necrofori definiti OBITORIALI o persone di varia estrazione infermieri generici OSS ecc ecc

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