Gli inconsunti, ovvero un secondo funerale

A Parma, in occasione delle esumazioni da campo comune, si è ritrovato un elevato numero di salme inconsunte (il 60% in base a quanto affermato nell’articolo pubblicato sull’avvenire del 31/5/2007, cui si rimanda e visionabile cliccando qui).

La lettera, ma anche la risposta del Direttore dell’Avvenire, fanno riflettere sul fatto che non sia nota all’opinione pubbica sia il sistema della inumazione in campo comune decennale, sia quello della esumazione ordinaria, ma anche quel che sta avvenendo da circa vent’anni a questa pare e cioé il ritrovamento di quantità elevate di salme inconsunte.

Che succederà quando si scoprirà che le estumulazioni a fine durata di concessione determineranno ancora più ingenti quantità (se non la quasi totalità) di salme inconsunte?

Che azioni porre in campo per informare adeguatamente la popolazione e che soluzioni individuare da parte dei gestori dei cimiteri?

Attendiamo commenti ….

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4 thoughts on “Gli inconsunti, ovvero un secondo funerale

  1. qualche “BUONTEMPONE” ha verificato il grado di combustione dei cofani in cellulosa con bordo in legno………rispetto ai cofani in legno??????? chiederei informazioni ai fabbricanti di forni crematori………
    per quanto riguarda il problema degli inconsunti che fine ha fatto il progetto dei loculi ad areazione forzata?????

  2. Gli stessi Decreti Autorizzativi adottati ai sensi dell’Art. 31 (a memoria D.M 7 febbraio 2002 e 9 luglio 2002 oggi sostituiti dai D.M. 7 febbraio 2007 e D.M. 28 giugno 2007) parlavano espressamente di una verifica da parte delle strutture cimiteriali “pubbliche” (ma in Italia, eccetto i campisanti particolari presistenti al Regio Decreto 1265/1934, esistono cimiteri…privati???) sull’effettiva compatibilità con il ciclo di naturale biodegradazione proprio dei campi d’inumazione.

    Nessuno, però, si è mai premurato di acquisire agli atti dettagliate tale documentazione.

    Il Ministero della Salute con i D.M. 7 febbraio 2007 e D.M. 28 giugno 2007 di cui sopra ha rinnovato la richiesta, incaricando di questa ricognizione le stesse ditte produttrici.

    Alcuni impresari lamentano l’eccessiva fragilità di questi dispositivi, perchè tenderebbero a strapparsi o bucarsi quando sfregano sul bordo non perfettamente levigato della cassa, per converso nei cimiteri il problema è l’opposto, in alcuni casi, infatti, si richiede un intervento dei necrofori per agevolare la dissoluzione della superficie plastica in cui il cadavere è avvolto, perchè da sola, a volte non riesce a disintegrarsi completamente.

    Tempo addietro qualche bontempone, giusto per complicare la vita…agli altri cominiciò a chiedere l’applicazione della valvola depuratrice anche nei feretri confezionati con il dispositivo impermeabilizzante in sostutuzione della controcassa metallica.

    E’aberrante! Come si possa montare un apparecchio invero pesante, piuttosto voluminoso e soprattutto rigido, perchè pensato per la lamiera, su di un tessuto flessibile senza provocare buchi o forature non è dato sapere. E poi la plastica biodegradabile non ha certo la stessa resistenza meccanica del nastro di zinco.

  3. Ovviamente si intende plastica biodegradabile.
    Attualmente vi sono 2 diversi tipi di plastica biodegradabile autorizzati con 2 distinti decreti ministeriali.
    Mentre però la norma prevede che si debba praticare una apertura alla cassa di zinco (se ad es. viene utilizzata per trasporti di lunga distanza) se il feretro viene inumato, nel caso di uso della plastica biodegradabile nessuno si è mai preoccupato di dettare analoga prescrizione.
    In effetti sarebbe bene, nel caso di involucri plastici sigillati, procedere ad un taglio di questi, altrimenti nell’interno del feretro inumato si creano condizioni di scarsissima ossigenazione e quindi anche problematiche di inconsunzione a lunga distanza.

  4. Con ogni probablità la quadra di terra interessata dalle esumazioni massive è satura ed ha perso nel tempo la propria capacità mineralizzante.

    La regione Emilia-Romagna con l’Art. 2 comma 3 del Regolamento regionale 23 maggio 2006 n. 4 ha introdotto interessanti modifiche per i campi di inumazione così da far recuperare loro almeno parte della vecchia efficienza in termini di scheletrizzazione.

    Non si tratta di soluzioni miracolistiche hic et nunc, esse debbono ancora andare pienamente a regime e la loro efficacia potrà esser direttamente verificata solo tra diversi anni (deve almeno trascorrere un turno di rotazione).

    I rimedi possono esser tanti, provo ad enumerarne qualcuno, senza la pretesa di esser esaustivo.

    1) Impiego di casse più “leggere” anche ricorrendo a cofani in materiale plastico ai sensi del D.M. 12 aprile 2007

    2) Correzione dei terreni troppo sfruttati con composti enzimatici o con riporti di altra terra

    3) Elevazione del piano di posa del feretro, così da favorire la percolazione delle acque meteoriche e dei liquidi cadaverici

    4) Adozione di elementi scatolari a perdere per aumentare l’areazione

    5) Divieto assoluto dello zinco nelle inumazioni (il taglio del nastro metallico ex Art. 75 comma 2 DPR 285/1990 quasi mai è sufficiente.

    6) Impiego di enzimi da inserire direttamente nella cassa, sotto l’imbottitura.

    7) Limitazione dei trattamenti antiputrefattivi a base di formalina (L’emilia Romagna è già intervenuta in questo senso)

    8) Cambio di destinazione d’uso per i terreni ormai inadatti (è una follia, già non c’è più posto così e nessuno quasi più si avventura nella costruzione di cimiteri nuovi).

    Al di là degli aspetti meramente tecnici c’è la vaga sensazione che gli Italiani dall’ultimo dopo guerra in poi abbiano ricevuto una cattiva educazione cimiteriale, e continuino a nutrire un’idea distorta dello spazio commemorativo, pretendendo la luna da un sistema ormai sovraccarico e snervato.

    Queste sono le conseguenze dolorose ma altamente prevedibili del “cimitero ad accumulo”.

    La bella cassa di legno massello ed il loculo garantito per legge (anche se giuridicamente non è proprio così) sono stati vissuti come una conquista sociale frutto del benessere diffuso e del boom economico.

    La politica del più loculi per tutti è stata disastrosa, in prospettiva futura (i rapporti già posti in essere non sono suscettibili di atti ablatori se si eccettua l’istituto della decadenza o dell’abbandono amministrativo,per altro ancora ben da codificare nei regolamenti comunali e nella prassi) l’unico rimedio è una forte campagna d’opinione per sensibilizzare l’opinione pubblica.

    Bisogna coinvolgere pienamente anche le imprese funebri, perchè sono proprio quest’ultime il soggetto con cui si relaziona il cittadino in occasione di eventi luttuosi.

    Se la cremazione non attecchisce e si afferma come scelta di massa in tutte le Regioni è perchè essa confligge pesantemente con il credo religioso (Santa Romana Chiesa la tollera, ma non la ama) e soprattutto con la psicologia di massa dell’Italiano Medio il quale ha la percezione della tomba tradizionale come di un “territorio” proprio, esclusivo ed incomprimibile da difendere a tutti i costi e se potesse si indebiterebbe pure con gli strozzini per garantirsi il sepolcro perpetuo.

    Emotivamente durante un funerale quando si decide la destinazione dei defunti nessuno pensa mai al “dopo” ossia a quando si esaurirà il periodo di sepoltura legale. Quali saranno gli effetti o le spiacevoli sorprese? E quali gli ulteriori oneri da sostenere?

    Paraddossalmente si è imposto il mito dell’incorruttibilità corporea anche nel post mortem, per garantire l’immortalità inerte ed incosciente delle spoglie arriviamo a blindare i morti in duplice cassa saldata e murata in cella a sua volta stagna. Non possiamo, poi, lamentarci se anche dopo tanti anni, all’apertura della tomba ritroviamo non semplice ossame, ma interi cadaveri perfettamente scampati alla vergogna della putredine.

    Era questo il nostro vero, inconfessabile scopo, non è vero?

    Ecco il maggior deficit della nostra cultura funeraria.

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