Casse per resti mortali provenienti da estumulazione ordinaria

Un elemento importante, emerso molto chiaramente anche nei diversi convegni e nei seminari organizzati recentemente, per un sincero rinnovamento di tutto il sistema funerario e cimiteriale, è la massima razionalizzazione delle procedure.
Proviamo a delineare qualche ambito d’intervento, fermo restando che è da applicare non nel periodo in cui valgono le restrizioni per il COVID-19.
Atteso che in via amministrativa (art. 87 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) ma pure sul versante penale del vilipendio, è tassativamente vietato porre in essere atti cruenti, volti a ridurre forzatamente i corpi dissepolti, e rinvenuti come non scheletrizzati, in contenitori di dimensioni più ridotte rispetto a quelle di una consueta bara, per lavoro (…naturalmente!) mi è capitato di sovrintendere ad un estumulazione:
quanto spreco di risorse, tempo ed energia…ma soprattutto quanti rifiuti prodotti! E allora è utile approfondire questa attività, alla luce sia delle norme di polizia mortuaria, sia ora degli ultimi dettami in materia di economia circolare e tenuto conto dell’indirizzo del DPR 254/2003 di riciclare ove possibile i rifiuti cimiteriali.
Gli unici trattamenti leciti per gli inconsunti sono quelli enumerati dalla Circ. Min. Sanità 31 luglio 1998 n. 10, dalla circolare Min. Sanità 24 giugno 1993, n. 24, lo stesso DPR 285/1990 e l’ordinanza del sindaco che regola esumazioni ed estumulazioni.
Oggi, spesso, per reali esigenze di logistica (mancano i posti salma e molti cimiteri sono prossimi al collasso) se, dopo il periodo legale di permanenza nel sepolcro, il cadavere non è scheletrizzato ed all’apertura del tumulo o della fossa si rinviene un esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo, si invia direttamente il resto mortale a cremazione, ai sensi dell’art. 3 D.P.R. 254/2003, e molti Comuni, specie nelle città metropolitane, prevedono anche cospicui incentivi economici per favorire questa pratica…de facto con una politica tariffaria molto accorta e lungimirante.
Perché, allora, se la destinazione dell’inconsunto cimiteriale estumulato è la cremazione, non usiamo, durante il trasporto sino all’impianto di cremazione, la stessa cassa in cui originariamente la spoglia fu racchiusa, il giorno del funerale?
Ridurremo così la quantità di rifiuti prodotti in ambito cimiteriale.
La modalità operativa non presenterebbe particolari difficoltà. Nella camera mortuaria, per la ricognizione sull’avvenuta o meno completa scheletrizzazione, si toglie il coperchio di legno della bara senza doverla, per forza, sfasciare, si dissalda lungo il labbro perimetrale il coperchio in lamiera, e si procede ad esplorazione sullo stato del cadavere.
Se si ha scheletrizzazione, si procede alla raccolta delle ossa. Diversamente siamo dopo venti anni di tumulazione si è in presenza di resto mortale. La verifica successiva da farsi è la valutazione della integrità della vasca di zinco, sollevandola e valutando se sia ancora in grado di garantire la impermeabilità. Se la verifica è positiva:
1) In presenza di parti molli si procede a risaldare il labbro dello zinco. Si richiude il coperchio ligneo della bara e il feretro è pronto per il trasporto del resto mortale in un crematorio autorizzato alla cremazione con zinco. Si seguono così le direttive della Circolare Ministero della Sanità n. 10 del 31/07/98 e della più recente risoluzione p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004. La sullodata risoluzione p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004 è molto chiara, per maggior completezza ne riportiamo un ampio stralcio: “[…] Il contenitore di resti mortali deve avere caratteristiche di spessore e forma capaci di contenere un resto mortale, di sottrarlo alla vista esterna e di sostenere il peso. Il contenitore di resti mortali, all’esterno deve riportare nome cognome, data di nascita e di morte; c) nel caso in cui la competente autorità di vigilanza (A.U.S.L. o Comune in funzione delle specifiche normative regionali o locali) abbia rilevato la persistenza di parti molli, è d’obbligo per il trasporto dei resti mortali, l’uso di feretri aventi le caratteristiche analoghe a quelle per il trasporto di cadavere“.
2) In assenza di parti molli, NON c’è bisogno di risaldare il coperchio di zinco, proprio per quanto spiegato dalla risoluzione ministeriale sopra riportata. Semmai, per sicurezza, si può abbattere eventuali cattivi odori con specifiche sostanze abbattiodore e garantire eventuali cessioni di liquidi inserendo dentro la cassa di zinco un prodotto SAP (polimeri super assorbenti). Ciò che conta è richiudere il coperchio di legno.
Se invece la verifica della tenuta della controcassa di zinco è negativa o se non vi sono nelle vicinanze crematori autorizzati a cremare con controcassa di zinco, è necessario estrarre controcassa di zinco con dentro il resto mortale, dalla bara. Inserire un elemento di impermeabilizzazione del fondo della bara lignea (di plastica biodegradabile, che se il tragitto per raggiungere il crematorio è superiore ai 100 Km. Deve essere anche autorizzato ex art. 31 DPR 285/1990) e poi estrarre dallo zinco il resto mortale per inserirlo nella bara lignea così predisposta. Questo vale sia in caso di presenza o assenza di parti molli.
Se anche la tenuta della cassa di legno non è garantita, per fessurazioni o disconnessioni che non ne garantiscano la funzionalità (ai sensi di legge) si sostituisce questa – nel solo caso di assenza di pari molli – con un contenitore di legno o altro materiale facilmente combustibile, capace di sostentare il resto mortale e altresì capace di celarne la vista all’esterno. Se si è in presenza di parti molli, invece, occorre sostituire la cassa lignea con altra rispondente alle norme per il trasporto al crematorio.
3) E’ inoltre possibile, ma di fatto ben poco praticato e non gradito ai crematori, usare avvolgimenti esterni del feretro per il periodo di trasporto (con contenitore impermeabile lavabile). Difatti, ina volta tolto l’avvolgimento esterno può restare il feretro in attesa di cremazione, con possibili cattivi odori o peggio perdite nei luoghi di deposito del crematorio.
La ratio di tutto questo modus operandi è quella di evitare per quanto possibile il trasbordo dell’indecomposto da un cofano ad un altro e l’utilizzo quando possibile della medesima cassa, senza costi aggiuntivi per nuovi cofani, ancorché grezzi e di lieve entità monetaria.
Per ottenere questo risultato bisognerebbe, però, con un certo pressing, convincere i gestori degli impianti crematori ad accettare l’inserimento nei forni anche di feretri confezionati a suo tempo con controcassa di zinco, sempre in ottemperanza alle normative vigenti sulle emissioni gassose in atmosfera. Peccato che ciò comporti costi per i crematori maggiori:
a) Per la durata superiore del tempo di cremazione di un resto mortale in cassa di zinco e per i consumi maggiori di gas per ogni cremazione
b) Per la necessità di costi impiantistici superiori, visto che i sistemi filtranti che garantiscano emissioni entro i limiti di legge per cremazioni con zinco costano parecchio di più
c) Per la maggiore manutenzione, dovuta a quantità di polveri maggiori che si depositano sui fasci tubieri dei sistemi di raffreddamento dei fumi
d) Per i divieti di installazione di crematori con possibilità di cremare con zinco (si veda ad es. la regione Lombardia)

In pratica un costo a cremazione che potrebbe essere dell’ordine di un 30% in più di quello se la cremazione fosse volta in una cassa di legno solamente o di cassa di cellulosa, rischia di vanificare proprio i risparmi che abbiamo evidenziato sopra. Ma nel complesso, si produrrebbero meno rifiuti cimiteriale e vi sarebbero meno pericoli sul lavoro per gli operatori cimiteriali. Difatti i rifiuti derivanti dalle operazioni cimiteriali (zinchi, assi lignee, stracci, residui di veli ed imbottiture…) devono comunque esser smaltiti, secondo le procedure contemplate dal D.P.R. n. 254/2003.
Introducendoli, invece, assieme al resto mortale nel forno crematorio significherebbe risparmiare diverse fasi (stoccaggio e trasporto), con qualche vantaggio monetario per il cittadino e la stessa direzione del cimitero, a fronte di un maggior costo di cremazione.
Le casse zincate, poi, per esser riciclate davvero necessitano di un previo ed ovvio passaggio in fonderia. La stessa fusione necessita che il nastro di zinco debba esser prima ripulito e deterso dai sedimenti di materiale putrefattivo.
Diversamente questi residui della decomposizione organica, se immessi nel crogiolo, altererebbero la stessa struttura chimico-fisica del metallo, riducendone la qualità e la resistenza.
Si tratta al fine di fare un bilancio tra vantaggi e svantaggi.

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Carlo Ballotta

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