Attività necroscopica e sua natura giuridica. – Medico necroscopo e medico curante: diversità di funzioni.

Premessa: L’art. 4 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 individua la figura del medico necroscopo quale medico “nominato” dall’ASL, in via generale (comma 1), prevedendo altresì che negli “ospedali” le relative funzioni spettino al direttore sanitario o medico da questi delegato. Si rappresenta la distinzione linguistica, assai importante, sotto il profilo giuridico, tra “nomina” (comma 1) e “delega” (comma 2).

Per quanto attiene al termine “ospedali” occorre fare riferimento alla legge 12 febbraio 1968, n. 132, e il particolare al suo art. 2 che definiva come enti ospedalieri gli enti pubblici che istituzionalmente provvedono al ricovero e alla cura degli infermi.

 

Tale disposizione di legge non è stata formalmente abrogata, ma non è più, de facto, applicata a seguito della c.d. Riforma sanitaria (legge 23 dicembre 1978, n. 833), tuttavia può considerarsi, per la questione posta, come la definizione canonica di “ospedali”, seppur pre-esistente alla l. 23 dicembre 1978, n. 833, sia sempre quella quella individuata dalla legge 12 febbraio 1968, n. 132, anche in relazione all’art. 4 d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e succ. modif. con la logica conseguenza che, nell’impianto normativo nazionale almeno (qui si ripresenta l’annoso problema della polizia mortuaria disarticolata su più livelli, tra loro scoordinati e disarmonici), permane una netta distinzione tra “nosocomi pubblici” e case di cura private (D.M. 5 agosto 1977???), così come altre strutture residenziali (quali, ad esempio: case di riposo, residenze socio-assistenziali (R.S.A. di cui all’Art. 20 della Legge n.67/1988 ), comunità, o case protette, ecc.

Conseguentemente, l’attribuzione dei compiti di cui all’art. 4, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 opera unicamente nell’ipotesi di “ospedali” pubblici, quali tecnicamente definiti dall’art. 2 legge 12 febbraio 1968, n. 132 e non è, in alcun modo, estensibile ad altre tipologie di strutture sanitarie o assimilabili, salvo diversa e sempre possibile, norma regionale che a tal proposito, novelli, o superi la norma, dettata dal Regolamento Statale di Polizia Mortuaria, si veda a titolo meramente esemplificativo la normativa piemontese.

Giova ricordare che, come ha recentemente osservato la Suprema Corte di Cassazione Penale sez. V 7/11/2006 n. 36778, Il certificato necroscopico, rilasciato dal medico necroscopo, che agisce quale“delegato” dell’ufficiale dello stato civile, costituisce atto pubblico, mentre altrettanto non può dirsi del certificato rilasciato dal medico curante, che, a sua volta, assolve la funzione di incaricato di servizio di pubblica necessità ex Art. 359 Cod. Penale.

 


A questo punto, nell’evenienza di un decesso al di fuori dell’ambito ospedaliero:

1. chi ha l’obbligo giuridico di attivare l’intervento del medico necroscopo?
2. L’intervento del medico necroscopo può comunque avvenire anche su un segnalazione svolta dal privato (nella specie agenzia di pompe funebri)?
3. Il medico necroscopo sollecitato oltre le trenta ore ha ancora il dovere di redigere l’apposito certificato necroscopico? In caso di risposta negativa l’ufficiale dello Stato Civile può dunque autorizzare il seppellimento senza il relativo certificato? Risposta:

Risposta:

Va subito ricordato come la questione non sia nuova, essendo essa già stata registrata anche in un’altra regione, segnatamente la Lombardia, la quale per prima si è posta il problema di una riforma complessiva dell’attività necroscopica con la Legge Regionale n.22/2003 ora confluita nel Testo Unico Leggi Sanitarie Regionali n.33/2009.

Sulla responsabilità di informare tempestivamente l’ASL geograficamente competente (comune di decesso o comune in cui la salma, durante l’osservazione, sia stata trasportata “a cassa aperta”) , occorre ribadire come tale legittimazione sorga, in primis – almeno secondo un certo filone della dottrina – in capo al medico curante, che la famiglia deve far intervenire, indicativamente, prima di ogni contatto con esercenti l’attività funebre, operatori del post mortem del tutto estranei a questa prima fase (oppure può occuparsi di quest’incombenza legale la famiglia stessa del de cuius, ma questa eventualità è altamente improbabile per l’oscurità, al grande pubblico, delle procedure di polizia mortuaria).

Se proprio la famiglia ha, abbastanza indebitamente, preso già contatti con l’impresa funebre, e ciò sia in modo espresso indicato nel contratto di mandato, necessariamente scritto, conferito a tale soggetto, si può anche ammettere che il medico necroscopo sia avvisato del decesso dalla ditta di onoranze funebri anche se vanno espresse perplessità non di poco conto, in quanto tale soggetto non istituzionale, comunque, non è in alcun caso autorizzato ad accedere a dati sensibili (o a conoscerli) quali quelli attinenti alla salute del defunto e/o a malattie od altro), anche se la famiglia abbia conferito, nella forma scritta anzidetta, il potere di informare il medico del decesso. In ogni caso, non rientrerebbe proprio nelle funzioni dell’Ufficiale dello stato civile richiedere l’intervento del medico necroscopo ai fini dell’accertamento del decesso.
Per converso, secondo altri studiosi del diritto funerario, parimenti autorevoli, un vero e proprio vincolo giuridico nel richiedere ed ottenere la visita necroscopica andrebbe, invece, individuato, per altro in linea teorica e molto “scolastica”, proprio nell’ufficiale dello stato civile cui viene resa la dichiarazione di morte entro 24 ore dall’exitus, anche se, invero, non esiste, nell’Ordinamento Statale, una norma positiva e cogente in tal senso (mentre, ex Artt. 253 e 254 TULLSS, un tale comando legislativo vale unicamente per il caso delle morti dovute a malattie infettive-diffusive di cui al D.M. 15 dicembre 1990.)

In realtà, nel circuito informativo della polizia mortuaria, non vi è un soggetto titolare di un vero e proprio obbligo d’informazione, così nulla vieta che la notizia della morte all’ASL per l’effettuazione della vista necroscopica sia data dalla parte più diligente (familiari, medico curante, titolare o dipendente di impresa di onoranze funebri, ecc.), di tutto l’iter autorizzativo del post mortem; questo comportamento codificato ormai nella prassi, in larga parte dominante, conduce i comuni e le stesse AA.UU.SSLL., correttamente o meno, a non dotarsi di una specifica procedura scritta per l’attivazione del medico necroscopo.

In particolare, va rilevato come in sede di richiesta dell’autorizzazione di pubblica sicurezza (art. 115 del relativo testo unico, ) molte imprese di onoranze funebri indichino, tra le prestazioni per cui richiedono l’autorizzazione, anche questa attività, con ciò assumendo l’obbligo giuridico di adempiervi in nome e per conto del cliente, al punto che l’inosservanza di questa obbligazione così contratta, non rileverebbe solamente dal punto di vista contrattuale, ma anche dell’attività di vigilanza e di controllo che le autorità di pubblica sicurezza esercitano sui titolari di licenze amministrative di PS e potrebbe portare anche alla sospensione, nei casi più gravi, alla revoca dell’autorizzazione stessa.

Poiché il dies ad quem delle 30 ore risulta il termine finale (quello iniziale si colloca a 15 ore dopo la morte) per l’effettuazione della visita necroscopica, il caso non dovrebbe verificarsi, almeno in astratto; ma, nella fattispecie effettuale, possono comunque presentarsi ritardi a catena, dovuti a i motivi più disparati, seppur abbastanza rarefatti nella quotidiana esperienza di chi lavora nel settore funerario.

Laddove questo anomalo allungamento nei tempi, malauguratamente, avvenisse, comunque, la visita necroscopica deve essere eseguita, in quanto l’ufficiale dello stato civile non può rilasciare il permesso di seppellimento, non solo dopo le 24 ore, ma anche dopo che si sia accertato della morte attraverso la certificazione dell’avvenuta vista necroscopica ai sensi dell’Art. 74 DPR n.396/2000, il quale produce ex se i propri effetti, prescindendo anche da altri provvedimenti, quali, ad esempio, il Nulla Osta ex Art. 116 D.Lgs n. 271/1989, dell’Autorità Giudiziaria.
Tale ispezione sui signa mortis (ma non si dimentichi la rilevazione strumentale con il c.d. tanatogramma), come tutta l’azione di medicina necroscopica, ha la funzione di acclarare l’effettiva incontrovertibilità della morte e non altro, anche se circolano da tempo, moduli, pure approvati dalle Regioni o dalle singole AUSL, sulla certificazione di avvenuto esame necroscopico, i cui contenuti richiesti eccedono le informazioni, minime, strettamente necessarie, con grave nocumento per la privacy.

Eventualmente, l’inefficienza nella segnalazione del decesso alle unità di medicina necroscopica, potrebbe essere valutata in termini di infrazione al DPR n.285/1990,, imputabile anche al privato che se ne sia assunto l’onere (ad esempio, se ciò risulti dal mandato ricevuto dai familiari o lo svolgimento di tale attività risulti dalle operazioni cui sia legittimato sulla base dell’autorizzazione di PS di cui all’art. 115 testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, così come modificato dall’Art. 13 Legge 4 aprile 2012 n. 35), e sanzionabile, in via residuale, ai termini dell’art. 358, comma 2 testo unico delle leggi sanitarie (sanzione, oggi, aggiornata nell’importo dall’art, 16 D.Lgs: 22 maggio 1999, n. 196 e da elevare secondo modalità e procedure di cui alla Legge n.689/1981), si ricorda infine come l’attuale DPR n. 396/2000 recante il regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento di stato civile, essendo appunto, fonte regolamentare, sia privo (norma minus quam perfecta???) di un proprio sistema di diritto punitivo e questa sua peculiarità, almeno per i puristi del diritto, costituisce un grave limite alla sua endogena imperatività.

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Carlo Ballotta

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3 thoughts on “Attività necroscopica e sua natura giuridica. – Medico necroscopo e medico curante: diversità di funzioni.

  1. X Necroforo (…evidentemente siamo colleghi, almeno nel nickname!)

    Art. 74 comma 1 D.P.R. n. 396/2000: la dichiarazione di morte è fatta non oltre le 24 ore dall’exitus e anche ai sensi del paragrafo 2.2 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24 può esser presentata da chiunque sia informato del decesso, anche dalla stessa impresa di onoranze funebri, tutto ventaglio di ipotesi è funzionale a porre l’ufficiale di stato civile nelle condizioni operative di:

    a) formare l’atto di morte
    b) attivare il medico necroscopo.

    A differenza del vecchio ordinamento di stato civile di cui al regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238 il D.P.R. n. 396/2000 ha natura regolamentare seppur rafforzata (discende direttamente dalla L. n. 127/1997) è, quindi un regolamento di delegificazione (L. n. 400/1988 e s.m.i?) e come tale non è dotato di un proprio autonomo sistema di diritto punitivo in caso di inadempienze (Il R.D. n.1238/1939 è stato, infatti, abrogato nel suo specifico titolo dedicato appunto alle sanzioni).
    Se dovesse verificarsi un inspiegabile ritardo o peggio ancora omissione nella comunicazione formale della morte di una persona, creando, così una notevole impasse procedimentale, l’unica soluzione possibile e praticabile, perchè di un qualche effetto, sarebbe una segnalazione alla Procura della Repubblica.

    L’allegazione ex post all’atto di morte del certificato di avvenuta visita necroscopica, si veda anche il D.M. 27 febbraio 2001 (cioè: l’accertamento da parte del medico pubblico incaricato delle funzioni di necroscopo direttamente sulla salma per constatarne l’incontrovertibilità del decesso e fugare, così, anche il solo dubbio di morte apparente) è momento imprescindibile di valutazione tecnico-strumentale affinchè lo stato civile possa rilasciare distintamente le autorizzazioni alla tumulazione o all’inumazione (la cremazione, invece, prevede un percorso più strutturato con diversi filtri di legittimazione, tra cui spiccano la manifestazione di volontà ed una ricerca più approfondita di eventuali elementi di reato)

    EX art. 74 D.P.R. n. 396/2000, in prima istanza compete, visto anche l’art. 365 Cod. Penale, proprio al medico necroscopo la valutazione di ipotetici fatti criminosi tali da aver provocato la morte di un soggetto.

    Il decorso del semplice periodo d’osservazione non è, di per sè, sufficiente al fine di procedere alla chiusura della cassa, al trasporto ed alla conseguente sepoltura.

  2. Due quesiti di natura temporale.
    1)Se sono trascorse 24 ore di periodo di osservazione senza che il presunto cadavere abbia dato segni di vita non c’è più bisogno di fare la visita necroscopica?
    2)Mettiamo il caso che un mio congiunto cada dalle scale e muoia. Se io faccio la dichiarazione di morte dopo 24 ore, si iniziano a conteggiare da quel momento le 15 ore che devono passare per poter fare la visita necroscopica, dico bene? (e quindi la visita necroscopica avrà luogo dopo 39 ore)

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