TAR Sicilia, Sez. III, 9 gennaio 2017, n. 53

Testo completo:
TAR Sicilia, Sez. III, 9 gennaio 2017, n. 53
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 465 del 2016, proposto da:
Giuseppe Guliti e Donata Grespi, rappresentati e difesi dagli avv. Angelo Vassallo e Giuliana Sapienza, con domicilio eletto presso lo studio della seconda sito in Palermo, Via P.Pe Granatelli N.37;
contro
Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Ezio Tomasello, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale del Comune sito in Palermo, piazza Marina N.39;
Comune di Palermo Gestione Impianti Cimiteriali;
per l’annullamento
a) Della Determinazione Dirigenziale n. registro SDETDIR/172 del 12/02/2015 a firma del Dirigente Dott. Sergio Maneri, emessa dal Comune di Palermo – Settore Servizi alla Collettività – Impianti Cimiteriali – Unità Organizzativa Concessioni, avente ad oggetto ‘presa d’atto della revoca della concessione del lotto per effetto della D.S. n. 123 del 28/06/2006; acquisizione al Patrimonio Comunale con tutto ciò che sullo stesso insiste e riutilizzo della sepoltura ivi realizzata’ conosciuta dai ricorrenti soltanto in data 24 novembre 2015 tramite accesso agli atti del Comune;
b) Della Determinazione Sindacale n. 123/DS, emessa dal Comune di Palermo – Area Servizi alla Persona ed alla Famiglia – Ufficio Gestione Impianti Cimiteriali, il 28 giugno 2006 avente ad oggetto la ‘revoca delle concessioni di durata eventualmente eccedenti i 99 anni, rilasciate nei cimiteri comunali, anteriormente alla data di entrata in vigore del D.P.R. n. 803 del 21.10.1975 ai sensi dell’art. 92, comma 2 del D.P.R. n. 285 del 10.9.1990 recepito dall’art. 62, comma 4 del regolamento dei servizi cimiteriali, qualora siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, e nel caso in cui si sia verificata una grave situazione di insufficienza delle aree cimiteriali rispetto al fabbisogno del Comune’;
c) Ogni ed ulteriore atto e/o comportamento precedente, susseguente o comunque richiamato o connesso, nonché quelli adottati in esecuzione dei provvedimenti sub lett. a) e b), anche se allo stato ignoti negli estremi e nell’esatto contenuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Palermo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 novembre 2016 la dott.ssa Solveig Cogliani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I – Con il ricorso in epigrafe, l’istante – premesso che con atto del 7 maggio 1944, registrato in Palermo al n. 4757, volume 771, foglio 72, del registro degli atti civili in data 22 maggio 1944, il Comune di Palermo, nella persona del Sindaco, concedeva al Sac. Giuseppe Guliti l’area di “mq 18,45 di terreno di I categoria al Cimitero dei Cappuccini sez. 9 prospiciente nel viale n. 6 … per costruirvi una cappella gentilizia” – esponevano che la detta concessione veniva accordata “perennemente secondo l’art. 6 e seguenti del regolamento votato dal Consiglio Comunale nelle tornate del 31 gennaio e 15 marzo 1912, e successive modificazioni”.
Precisavano che deceduto il citato Sac. Giuseppe Guliti succedeva, quale unico erede, il fratello Ignazio Guliti che morendo lasciava tre figli Lucia, Francesca e Giuseppe.
A sua volta, Giuseppe Guliti ha avuto quattro figli, tra cui il sig. Ignazio Guliti, rispettivamente padre e marito degli odierni ricorrenti.
Quest’ultimo, nel 2005, a seguito di formale richiesta, otteneva dall’Assessorato Lavori Pubblici l’autorizzazione per la realizzazione di n. 4 loculi all’interno della cappella, tuttavia non potendo portare a termine i lavori per motivi legali alla propria salute.
Affermavano che dopo il passaggio dal Sac. Giuseppe Guliti al fratello (anch’egli chiamato Ignazio Guliti), la proprietà della cappella è stata trasmessa da padre in figlio mortis causa.
Da ciò discenderebbe, secondo la ricostruzione fatta da parte istante – che sia gli odierni ricorrenti sia il loro dante causa Ignazio Guliti hanno acquistato il diritto d’uso sulla cappella.
Soltanto nel mese di novembre del 2015, i ricorrenti, dunque, previo accesso agli atti in ragioni dell’ostacolo frapposto alla tumulazione del dante causa – accedevano al fascicolo della concessione del Sac. Giuseppe Guliti ed in quella occasione venivano a conoscenza delle delibere e determinazioni oggi impugnate e adottate dal Comune di Palermo in riferimento alla cappella per cui si agisce, con le quali il Comune – senza notificare alcun provvedimento ai ricorrenti – con determina dirigenziale n. 172 del 12/2/2015 ha deciso“di prendere atto che, per effetto della D.S. 123 del 28/06/2006 si è determinata la revoca della concessione del lotto presso il cimitero dei Cappuccini Sez./Lotto ex 9/ex viale 6 fascicolo n. 828 poiché nel manufatto su esso insistente non avvengono tumulazioni di salme da almeno 50 anni (ultima tumulazione il 12/05/1961); di disporre l’acquisizione al Patrimonio Comunale del lotto a suo tempo concesso con tutto ciò che sullo stesso insiste e il riutilizzo della sepoltura ivi realizzata” (cfr. doc. all.).
Pertanto proponevano ricorso per i seguenti motivi:
1) Illegittimità per violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli articoli 7 e 8 della Legge 8 agosto 1990 n. 241 e ss.mm.ii., e 8 della Legge Regionale 30 aprile 1991 n. 10 e ss.mm.ii. – Omessa comunicazione di avvio del procedimento.
2) Illegittimità per violazione e/o omessa e/o falsa applicazione di legge con riferimento all’articolo 64 del Regolamento cimiteriale del Comune di Palermo -Illegittimità del provvedimento sotto il profilo dell’eccesso di potere .
A riguardo la parte istante precisava che lo “ius sepulchri”, inteso come diritto, spettante al titolare di concessione cimiteriale, ad essere tumulato nel sepolcro, nasce da una concessione demaniale di un’area o di una porzione di edificio in un cimitero pubblico. Tale concessione, di natura traslativa, crea nel privato concessionario un diritto soggettivo perfetto di natura reale, assimilabile al diritto di superficie.
Nel sepolcro c.d. familiare o gentilizio, destinato dal fondatore “familiaeque suae”, hanno quindi diritto di inumazione soltanto il fondatore, il proprio coniuge, i suoi ascendenti, i suoi discendenti ed, i coniugi di questi ultimi. Il fondatore, però, può limitare soltanto ad alcuni soggetti il diritto al sepolcro, come avvenuto nel caso che ci occupa.
In siffatte ipotesi, quindi, il diritto alla sepoltura si acquista non già per trasmissione “iure ereditario”, ma “iure proprio”, ossia per il solo fatto di essere in rapporto di parentela o di coniugio con il de cuius o per essere stato designato dal fondatore. Infatti, per testuale locuzione utilizzata dall’art. 93 D.P.R. n. 285/1990, il diritto di far tumulare estranei nella tomba di famiglia appartiene al solo “concessionario”.
Con riferimento alla fattispecie in esame, peraltro, la parte ricorrente precisava che si verte nell’ipotesi in cui è venuto meno l’ultimo soggetto avente diritto, in quanto individuato dal fondatore, trasformandosi il diritto da familiare in ereditario( Cass., Sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957).
Tale principio troverebbe, peraltro, conferma nel Regolamento Cimiteriale del Comune di Palermo che, all’art. 64, comma 3 prevede che “Alla morte dell’ultimo beneficiario del diritto d’uso del sepolcro, come indicato nel comma precedente, la concessione cimiteriale si trasmetterà in capo agli eredi legittimi di costui, in analogia e secondo le norme che regolano la successione dei parenti, come disciplinata dal titolo II del libro II del codice civile”.
Nella fattispecie in esame, l’originario concessionario, Sac. Giuseppe Guliti, era l’ultimo beneficiario del diritto d’uso e del diritto al sepolcro e, conseguentemente, tale diritto si sarebbe trasmesso mortis causa all’unico erede legittimo che, stante l’assenza di figli discendenti del fondatore, era il sig. Ignazio Guliti quale fratello (nonno omonimo del congiunto dei ricorrenti).
3) Illegittimità per violazione e/o falsa e/o omessa applicazione di legge con riferimento agli articoli 92 e 98 del d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 62 del Regolamento Cimiteriale del Comune di Palermo – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 93 del d.P.R. 21 ottobre 1975 n. 803 – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, e art. 25 della Costituzione. Illegittimità per violazione dell’art. 1 della Legge 8 agosto 1990 n. 241 e ss.mm.ii., e 8 della Legge Regionale 30 aprile 1991 n. 10 e ss.mm.ii. – Illegittimità del provvedimento sotto il profilo dell’eccesso di potere – Mancanza dei presupposti necessari per la revoca delle concessioni (mancata decorrenza del termine cinquantennale), infatti, dalla chiara lettera della legge e dal confronto delle due disposizioni prima richiamate si evincerebbe che le concessioni perpetue non rientrano tra quelle disciplinate dal 2° comma dell’art. 92 del D.P.R. n. 285/90 e 4° comma dell’art. 62 del Reg. Cim., il quale riguarda esclusivamente le concessioni cimiteriali a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i 99 anni, ma sono disciplinate dal successivo art. 98, comma 1, che prevede come unica possibilità di revoca la soppressione del cimitero.
4) Illegittimità per violazione dei principi del buon andamento dell’azione della P.A. e dell’affidamento del privato. Illegittimità per violazione dell’art. 1 della Legge 8 agosto 1990 n. 241 e ss.mm.ii., e della Legge Regionale 30 aprile 1991 n. 10 e ss.mm.ii. – Eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, arbitrarietà ed ingiustizia.
5) Violazione dell’art. 3 Legge n. 241 /1990 e successive modificazioni ed integrazioni recepito dalla Legge Regionale 30 aprile 1991 n. 10 e ss.mm.ii. – Eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione. Illegittimità per violazione dell’art. 21 quinquies della Legge 8 agosto 1990 n. 241 e ss.mm.ii. così come modificato dall’art. 25 comma 1 lettera b ter della Legge n. 164 del 2014 – Omessa previsione di un indennizzo
6) Illegittimità per eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità e/o erroneità nei presupposti, per travisamento e per difetto di istruttoria.
Svolgevano, ulteriormente la richiesta di risarcimento dei danni materiali e morali subiti dai ricorrente in occasione della vicenda de qua, in particolare con riferimento all’impedimento della tumulazione del congiunto Ignazio Guliti, e delle spese sostenute a proposito (complessivi € 5.434,36, come da allegata documentazione).
Si costituiva l’amministrazione eccependo, in via preliminare la tardività del gravame, poiché i ricorrenti avrebbero avuto conoscenza degli atti in data 24.11.2015, e provveduto alla notifica del ricorso solo in data 25.1.2016 ed, inoltre l’inammissibilità del gravame per mancata impugnazione dell’atto presupposto (di quello esecutivo impugnato la Determinazione Dirigenziale n. registro SDETDIR/172 del 12.02.2015 ) , a carattere generale, costituito dall’ordinanza sindacale n.123/2006, con la quale l’Amministrazione, dovendo fare fronte ad una particolare situazione di emergenza dovuta alla mancanza di spazi cimiteriali, ha previsto espressamente la possibilità – in presenza di precise condizioni – di revocare le concessioni c.d. perpetue. Tale atto risulta pubblicato nell’albo pretorio ai sensi delle disposizioni di legge (art.124 D.Lgs. n.267/2000; art.8 L.R. n.39/1997), nonché in forza di previsioni statutarie e regolamentari (cfr. anche, per il comune di Palermo, nota del Segretario Generale prot.5497 del 22.06.1998). Nel merito chiedeva il rigetto, stante peraltro la doverosità dell’operato della p.a..
Con ordinanza n. 366 del 2016 era accolta l’istanza cautelare proposta.
All’udienza di discussione la causa è stata trattenuta in decisione.
II – Osserva preliminarmente il Collegio che devono essere superate le eccezioni di irricevibilità ed inammissibilità proposte da parte resistente, in primo luogo poiché la difesa dell’amministrazione non ha considerato nel conteggio del termine lo scadere nel giorno di domenica, che non può essere considerato dunque ai fini del termine di decadenza; in secondo luogo, perché i ricorrenti hanno correttamente impugnato l’atto concretamente lesivo, unitamente alla determina presupposta del 2006, nel momento in cui si è verificato il fatto incidente sulla loro posizione giuridica.
III – Per quanto concerne il merito, vanno esaminate per sinteticità, congiuntamente le censure di cui ai motivi dal terzo, quinto e sesto, in considerazione dell’ordine logico. Esse si appalesano infondate alla luce della giurisprudenza di questo Tribunale. Infatti, va rilevato che questo Tar con sentenza 187 del 2016 ha precisato che seppure l’art. 92 DPR 285 del 10.9.1990 recepito dall’art. 62 comma 4 del regolamento comunale si riferisce alle concessioni temporanee, poichè l’art. 842, comma 3, del codice civile include espressamente i cimiteri nel demanio comunale e la concessione da parte del Comune di aree o porzioni di un cimitero pubblico è soggetta al regime demaniale dei beni, indipendentemente dalla eventuale perpetuità del diritto di sepolcro, vanno ritenuti legittimi gli atti di revoca delle concessioni perpetue, non potendosi configurare atti dispositivi, in via amministrativa, senza limiti di tempo a carico di elementi del demanio pubblico (in terminis, 321/2015).
Peraltro, l’art. 92 succitato regolamento prevede la possibilità di revocare le concessioni cimiteriali qualora “si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del Comune e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero”.
La norma ancora la revoca a una circostanza in fatto ( impossibilità di provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di un nuovo cimitero) la quale (seppur imputabile a inerzia del Comune) ricorreva nella specie e giustificava l’adozione della determinazione contestata.
A diversa conclusione non può addivenirsi sulla base del riferimento fatto ai precedenti giurisprudenziali della Sezione relativi ai provvedimenti contigibili e urgenti adottati dal Sindaco di Palermo per fronteggiare il problema della mancanza di posti per le nuove tumulazioni, in quanto relativi a differenti fattispecie di esercizio di potere extra ordinem.
IV – Nessun affidamento peraltro può ritenersi ingenerato da parte dell’amministrazione con la citata autorizzazione del 2005, antecedente alla determina del 2006. Come peraltro affermato da questo Tar in altre fattispecie ( n. 2732/2014).
Tuttavia, appare fondata la dedotta violazione degli oneri procedimentali di comunicazione alle parti, in quanto deve ritenersi che non può essere invocata da parte dell’Amministrazione, in sede di autotutela, la doverosità dell’operato, anche alla luce dei principi da ultimo affermati specificamente con riguardo all’esercizio del potere di annullamento da esercitarsi entro un tempo determinato, che il Consiglio di Stato ha individuato come regola di portata generale dell’agire in secondo grado della p.a. (Cons. St., comm. spec., 30 marzo 2016, n. 839 e 4 agosto 2016, n. 1784).
Ne discende che sotto tale profilo il ricorso è fondato e deve essere accolto e per l’effetto deve essere annullato il provvedimento di revoca del 2015 gravato, mentre non sussistono motivi di illegittimità per l’annullamento dell’atto presupposto.
Ne discende che risulta irrilevante l’esame dell’eccezione svolta da parte ricorrente in ordine alla costituzione in giudizio dell’Amministrazione.
IV – Da quanto si qui evidenziato deve procedersi alla disamina della domanda di risarcimento dei danni. Quanto alla richiesta di rimborso per le spese di tumulazione, va rilevato che esse non discendono direttamente dal provvedimento gravato, ma dal diniego di tumulazione del congiunto, che esula dalla presente controversia. Ancor di più risulta inammissibile la domanda risarcitoria con riferimento al danno morale conseguente, non essendo peraltro fornito alcun supporto probatorio.
Concludendo, per le ragioni suesposte, il ricorso va accolto nei limiti sopra esposti. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, Accoglie in parte come specificato in motivazione e per l’effetto annulla la determina impugnata.
Condanna il Comune al pagamento delle spese di giudizio determinate in euro 1000 da distrarsi in favore degli avvocati nominati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Solveig Cogliani, Presidente, Estensore
Nicola Maisano, Consigliere
Aurora Lento, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Solveig Cogliani
IL SEGRETARIO

Written by:

Meneghini Elisa

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