TAR Sicilia, Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 187

Testo completo:
TAR Campania, Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 187
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3815 del 2014, proposto da:
Francesco e Andrea Peria Giaconia, rappresentati e difesi, per procura in calce al ricorso, sia congiuntamente che disgiuntamente, dagli avv. Alberto Marolda e Sabina Raimondi, presso il cui studio in Palermo, via Notarbartolo, n. 44, sono elettivamente domiciliati;
contro
Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, in forza della determinazione di autorizzazione alla resistenza in giudizio n. 15 dell’8 gennaio 2015 e della procura in calce alla copia notificata del ricorso, dall’avv. Ezio Tomasello, elettivamente domiciliato presso l’ufficio legale comunale in Palermo, piazza Marina, n. 39;
per l’annullamento
– della determina dirigenziale n.rg. SDETDIR/955 del 29/10/2014, con la quale il Dirigente del settore Impianti cimiteriali del Comune di Palermo ha “preso atto che per effetto della DS n. 123 del 28.6.2006 si è determinata la revoca della concessione del lotto presso il Cimitero dei Cappuccini poichè nel manufatto su esso insistente non avvengono tumulazioni di salme da almeno 50 anni” ed ha conseguemente disposto “l’acquisizione al patrimonio comunale del lotto a a suo tempo concesso con tutto ciò che sullo stesso insiste e il riutilizzo della sepoltura ivi realizzata”;
– della nota prot. n. 881496 del 29/10/2014 con la quale il Dirigente del settore impianti cimiteriali ha comunicato che con la succitata determinazione il Comune aveva preso atto della revoca della concessione, procedendo all’acquisizione del lotto al patrimonio del Comune;
– della nota prot. 917804 dell’11/11/2014 con la quale il Dirigente del settore impianti cimiteriali ha respinto l’istanza di revoca in autotutela proposta dai ricorrenti, comunicando che, in data 10 dicembre 2014, sarebbero state effettuate le operazioni di estumulazione e riunione dei resti delle salme tumulate nel sepolcro in argomento;
– ove occorra, della presupposta Determina Sindacale n.123 del 28/6/2006 con la quale è stata disposta la revoca delle concessioni di durata eccedente i 99 anni “quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma e nel caso in cui si verifichi una grave situazione di insufficenza delle aree cimiteriali rispetto al fabbisogno del Comune”;
– di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e / o consequenziale non conosciuto e non notificato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto il decreto presidenziale n. 1015 dell’11 dicembre 2014
Vista l’ordinanza cautelare n. 69 del 16 gennaio 2015;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria del Comune di Palermo;
Vista la memoria dei ricorrenti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 18 dicembre 2015 il consigliere Aurora Lento e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato.
FATTO
Con ricorso, notificato il 5 dicembre 2014 e depositato il giorno 9 successivo, i signori Francesco e Andrea Peria Giaconia esponevano di essere due degli aventi causa del signor Enrico Giaconia, il quale era titolare di una sepoltura gentilizia presso il cimitero dei Cappuccini giusta concessione perpetua del 1872.
In data 27 settembre 2012, a distanza di 49 anni dall’ultima sepoltura, avevano chiesto al Servizio gestione impianti cimiteriali del Comune di Palermo l’autorizzazione alla riunione dei resti della salma di Enrico Giaconia al fine di recuperare lo spazio necessario per il successivo trasferimento di una salma, che si accingevano a richiedere.
In data 2 ottobre 2012, tale istanza era stata rigettata con la motivazione che le operazioni di riunione dei resti erano sospese per motivi igienico – sanitari.
Con determina dirigenziale n. 159 del 26 febbraio 2014 e nota prot. n. 171392 di pari data, l’ufficio impianti cimiteriali del Comune di Palermo aveva disposto la revoca della sepoltura in quanto non erano state eseguite tumulazioni da oltre cinquanta anni.
Con diffida e contestuale istanza di accesso e revoca in autotutela del 19 e del 24 marzo 2014, avevano, pertanto, rappresentato che la mancata tumulazione era stata causata dal diniego frapposto dal Comune all’istanza di riunione del 27 settembre 2012, che era stata formulata proprio per trasferire una salma nella sepoltura in questione.
Con determina dirigenziale n. 371 del 18 aprile 2014, il Comune aveva, pertanto, revocato in autotutela il precedente omologo atto n. 159 del 26 febbraio 2014; mentre con successiva PEC del 22 aprile 2014 aveva comunicato di avere disposto il ritiro “a condizione che nel termine di sei mesi … vengano effettuate nel sepolcro in oggetto operazioni cimiteriali ed eventuale trasferimento salme”.
Conseguentemente, con istanza del 3 ottobre 2014, avevano chiesto di essere autorizzati ad effettuare un’operazione cimiteriale consistente in una riunione resti. Tale istanza era stata riscontrata positivamente nella stessa data.
Ciononostante, con determinazione dirigenziale n. reg. SDETDIR/955 del 29 ottobre 2014, il nuovo Dirigente del settore impianti cimiteriali del Comune di Palermo aveva adottato un provvedimento sostanzialmente uguale a quello n. 159 del 26 febbraio 2014, ritirato in autotutela.
Preso atto, infatti, che, per effetto della determina sindacale n. 123 del 28 giugno 2006, si era determinata la revoca della concessione del lotto presso il Cimitero dei Cappuccini, poichè nel manufatto su esso insistente non avvenivano tumulazioni di salme da almeno 50 anni, aveva disposto l’acquisizione al patrimonio comunale del lotto a suo tempo concesso e il riutilizzo della sepoltura ivi realizzata.
Avevano, pertanto, chiesto la revoca in autotutela di tale determinazione, in quanto affetta da eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà con il precedente omologo atto n. 371 del 18 aprile 2014, dell’illogicità, della carenza di istruttoria e della falsa applicazione del regolamento comunale in materia, nonché l’accesso agli atti del procedimento.
Con nota prot. n. 917804 dell’11 novembre 2014, era stata accolta l’istanza di accesso, ma era stata respinta quella di revoca in autotutela, nonché comunicato che, in data 10 dicembre 2014, sarebbero state effettuate le operazioni di estumulazione e riunione dei resti delle salme tumulate nel sepolcro in argomento.
I ricorrenti hanno chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, dei provvedimenti impugnati per i seguenti motivi:
1) Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifesta. Violazione del principio di buon andamento della P.A..
La condotta del Comune sarebbe contraddittoria sotto vari profili: in primo luogo, in quanto la mancata tumulazione per oltre un cinquantennio sarebbe addebitabile alla mancata autorizzazione della riunione dei resti che era stata richiesta al fine di ricavare lo spazio necessario per la collocazione di una nuova salma; in secondo luogo, poiché la revoca della sepoltura disposta in precedenza era stata ritirata in autotutela a condizione che venisse effettuata una qualunque operazione cimiteriale, ivi compreso il trasferimento di una salma; in terzo luogo, in quanto la riedizione di un provvedimento ritirato in autotutela avrebbe dovuto essere adeguatamente giustificata.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 92, comma 2, del regolamento di polizia mortuaria di cui al DPR n. 285/1990, come recepito dall’art. 62, comma 4, del regolamento cimiteriale comunale. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento.
La determina sindacale n. 123 del 28 giugno 2006, costituente il presupposto della contestata determinazione dirigenziale di revoca della concessione, contrasterebbe con l’art. 92 calendato, in quanto il potere di ritiro doveva essere contenuto entro i limiti strettamente necessari a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente all’insufficienza dei posti cimiteriali esistenti e non protratto sine die in conseguenza dell’inerzia dell’Amministrazione nella risoluzione del problema.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 98 del DPR n. 285 del 10 settembre 1990.
In forza della norma calendata, le concessioni perpetue potrebbero essere revocate solo in caso di soppressione del cimitero.
Con decreto n. 1015 dell’11 dicembre 2014, è stata accolta l’istanza di misure cautelari provvisorie.
Con ordinanza n. 69 del 16 gennaio 2015, è stata concessa la sospensiva con la seguente motivazione: “il ricorso appare assistito da adeguato fumus boni juris avuto riguardo alla contraddittorietà della azione del Comune di Palermo che dapprima non ha consentito tumulazioni e successivamente ha revocato per non uso”.
Si è costituito in giudizio il Comune di Palermo, che ha depositato una memoria con la quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, poiché notificato tramite PEC. Ha, comunque chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese, rappresentando, tra l’altro, che l’unica operazione interruttiva del termine di 50 anni di cui all’art. 92 del DPR n. 285/1990 era costituita dalla tumulazione di una salma, la quale nella specie non era stata preclusa dalla mancata autorizzazione della richiesta riunione dei resti, in quanto nella sepoltuta vi erano due posti disponibili.
In vista dell’udienza, i ricorrenti hanno depositato una memoria con la quale hanno replicato alle deduzioni del Comune ed insistito nelle loro domande.
Alla pubblica udienza del 18 dicembre 2015, su conforme richiesta dei difensori delle parti presenti come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione.
Alla pubblica udienza del 2 luglio 2015 il ricorso era ritenuto in decisione.
DIRITTO
1. Oggetto del ricorso è il provvedimento con il quale il Comune di Palermo ha revocato, ai sensi dell’art. 92, comma 2, del regolamento di polizia mortuaria di cui al DPR n. 285/1990, la concessione cimiteriale dei ricorrenti, in quanto non vi erano state eseguite tumulazioni da oltre cinquanta anni.
2. Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso, in quanto notificato tramite PEC, sollevata dal Comune di Palermo, che è infondata alla luce dell’orientamento giursprudenziale secondo il quale nel processo amministrativo trova applicazione immediata la l. n. 53 del 1994 (e, in particolare, gli articoli 1 e 3 bis), nel testo modificato dall’art. 25 comma, 3, lett. a) della l. 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l’avvocato “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale […] a mezzo della posta elettronica certificata” (per tutte Consiglio di Stato, V, 22 ottobre 2015 n. 4863).
3. Sempre in via preliminare occorre fare un sintetico riferimento ai principali fatti di causa:
– in data 27 settembre 2012, a distanza di 49 anni dall’ultima sepoltura, i ricorrenti hanno chiesto al Servizio gestione impianti cimiteriali del Comune di Palermo l’autorizzazione alla riunione dei resti della salma del loro avo Enrico Giaconia per effettuare una nuova tumulazione;
– in data 2 ottobre 2012, tale istanza è stata rigettata con la motivazione che le operazioni di riunione dei resti erano sospese per motivi igienico – sanitari;
– con determina dirigenziale n. 159 del 26 febbraio 2014 e nota prot. n. 171392 di pari data, è stata disposta la revoca della sepoltura in quanto non erano state eseguite tumulazioni da oltre cinquanta anni;
– con diffida e contestuale istanza di accesso e revoca in autotutela del 19 e del 24 marzo 2014, i ricorrenti hanno rappresentato che la mancata tumulazione era stata causata dal diniego frapposto dal Comune all’istanza di riunione;
– con determina dirigenziale n. 371 del 18 aprile 2014, è stato ritirato in autotutela il provvedimento di revoca, e, con successiva PEC del 22 aprile 2014, è stato comunicato che il ritiro era sottoposto alla “condizione che nel termine di sei mesi … vengano effettuate nel sepolcro in oggetto operazioni cimiteriali ed eventuale trasferimento salme”;
– con istanza del 3 ottobre 2014, riscontrata positivamente in pari data, i ricorrenti hanno chiesto di essere autorizzati a una operazione di riunione dei resti;
– con determinazione dirigenziale n. reg. SDETDIR/955 del 29 ottobre 2014, è stata nuovamente revocata per non uso per oltre cinquanta anni la sepoltura in questione.
4. Ciò premesso, può procedersi all’esame del primo motivo con il quale si deduce che la condotta del Comune sarebbe contraddittoria sotto vari profili: in primo luogo, in quanto la mancata tumulazione per oltre un cinquantennio sarebbe addebitabile alla mancata autorizzazione della riunione dei resti che era stata richiesta al fine di ricavare lo spazio necessario per la collocazione di una nuova salma; in secondo luogo, poiché la revoca della sepoltura disposta in precedenza era stata ritirata in autotutela a condizione che venisse effettuata una qualunque operazione cimiteriale, ivi compreso il trasferimento di una salma; in terzo luogo, in quanto la riedizione di un provvedimento ritirato in autotutela avrebbe dovuto essere adeguatamente giustificata.
La doglianza è fondata.
L’art. 92, comma 2, del regolamento di polizia mortuaria di cui al DPR n. 285/1990, dispone testualmente che: “Le concessioni a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i 99 anni, rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803, possono essere revocate, quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, ove si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del comune e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero. Tutte le concessioni si estinguono con la soppressione del cimitero, salvo quando disposto nell’art. 98”.
La formulazione letterale della norma induce a concordare con l’interpretazione del Comune di Palermo secondo la quale solo un’operazione di tumulazione e non anche una di riunione dei resti può interrompere il termine di 50 anni previsto dall’art. 92.
Deve, però, rilevarsi che nella fattispecie in esame il Comune ha posto in essere un’attività contraddittoria che ha indotto in errore i ricorrenti e viziato il contestato provvedimento di revoca.
Dopo avere ritirato (una prima volta) la concessione cimiteriale dei ricorrenti, il Comune è, infatti, intervenuto in autotutela, prendendo atto della circostanza che la mancata tumulazione per oltre cinquanta anni poteva essere dipesa dalla mancata autorizzazione alla riunione dei resti di una salma presente nel sepolcro dagli stessa richiesta motivata con riferimento alla circostanza che tali operazioni erano state sospese a carattere generale per motivi igienico – sanitari .
Ha, pertanto, sottoposto il ritiro della revoca e, conseguentemente, la reviviscenza della concessione alla condizione che si provvedesse a “effettuare operazioni cimiteriali ed eventuale trasferimento di salme” (in tal senso la proposta del responsabile del servizio concessioni cimiteriali approvata con determina dirigenziale n. 371 del 18 aprile 2014).
La formulazione della determinazione era tale da fare pensare che anche la riunione dei resti (in quanto finalizzata alla successiva tumulazione di una nuova salma) avrebbe interrotto il termine di cui al succitato art. 92 e impedito la realizzazione dei presupposti per la revoca della concessione.
Contraddittoria appare, pertanto, la condotta del Comune che successivamente, con la determina dirigenziale n. SDETDIR/955 del 29 ottobre 2014, ha nuovamente revocato la concessione senza porsi il problema dell’affidamento incolpevole riposto dai titolari sulla sufficienza di una qualunque operazione cimiteriale, come sembrava essere stato indicato nel precedente provvedimento (al quale non si fa, peraltro, alcun cenno).
Deve, pertanto, ritenersi contraddittoria l’azione posta in essere dal Comune e illegittima la revoca di cui al provvedimento impugnato.
5. Con il secondo motivo si deduce che la determina sindacale n. 123 del 28 giugno 2006, costituente il presupposto della contestata determinazione dirigenziale di revoca della concessione, contrasterebbe con l’art. 92 comma 2, del regolamento di polizia mortuaria di cui al DPR n. 285/1990, come recepito dall’art. 62, comma 4, del regolamento cimiteriale comunale calendato, in quanto il potere di ritiro doveva essere contenuto entro i limiti strettamente necessari a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente all’insufficienza dei posti cimiteriali esistenti e non protratto sine die in conseguenza dell’inerzia dell’Amministrazione nella risoluzione del problema.
La doglianza è infondata.
L’art. 92 succitato prevede la possibilità di revocare le concessioni cimiteriali qualora “si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del Comune e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero”.
La norma ancora la revoca a una circostanza in fatto (i.e. impossibilità di provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di un nuovo cimitero) la quale (seppur imputabile a inerzia del Comune) ricorreva nella specie e giustificava l’adozione della determinazione contestata.
A diversa conclusione non può addivenirsi sulla base del riferimento fatto ai precedenti giurisprudenziali della sezione relativi ai provvedimenti contigibili e urgenti adottati dal Sindaco di Palermo per fronteggiare il problema della mancanza di posti per le nuove tumulazioni, in quanto relativi a differenti fattispecie di esercizio di potere extra ordinem.
6. Parimenti infondato è il secondo motivo, con il quale si deduce che le concessioni cimiteriali perpetue rilasciate in data antecedente a quella di entrata in vigore del DPR n. 803/1975 (qual è quella in questione) si estinguerebbero solo con la soppressione del cimitero e non potrebbero (diversamente da quelle a tempo determinate) essere revocate.
Come noto, in ordine alla questione si registrano in giurisprudenza orientamenti contrastanti, in quanto in alcune pronunce si esclude la revocabilità delle concessioni perpetue (vedi sentenza della sezione n. 9197/2010, ma anche TAR Sardegna, II, 28 ottobre 2013, n. 679; Consiglio di Stato, V, 8 ottobre 2002, n. 5316), mentre in altre la si ammette (sentenza della II sezione di questo TAR n. 812/2011, ma anche TAR Basilicata, I, 26 luglio 2010, n. 531; Consiglio di Stato, V, 11 ottobre 2002, n. 5505).
Il collegio, dopo attenta riflessione, ritiene di aderire al secondo orientamento, ribadendo quanto affermato dalla sezione nella sentenza n. 2732 del 7 novembre 2014 (ma anche in quella n. 2175 del 12 agosto 2014), ovverosia che l’art. 842, comma 3, del codice civile include espressamente i cimiteri nel demanio comunale e la concessione da parte del Comune di aree o porzioni di un cimitero pubblico è soggetta al regime demaniale dei beni, indipendentemente dalla eventuale perpetuità del diritto di sepolcro; conseguentemente vanno ritenuti legittima gli atti di revoca delle concessioni perpetue, non potendosi configurare atti dispositivi, in via amministrativa, senza limiti di tempo a carico di elementi del demanio pubblico.
Concludendo, per le ragioni suesposte, il ricorso è fondato e va accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune di Palermo al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del presente giudizio liquidate in € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori come per legge e rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Calogero Ferlisi, Presidente
Aurora Lento, Consigliere, Estensore
Lucia Maria Brancatelli, Referendario
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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