TAR Lazio, Roma, Sez. III-ter, 5 dicembre 2018, n. 11812

TAR Lazio, Roma, Sez. III-ter, 5 dicembre 2018, n. 11812

MASSIMA
TAR Lazio, Roma, Sez. III-ter, 5 dicembre 2018, n. 11812

Nel caso di introduzione di cadavere dall’estero, qualora non si abbiano dubbi sull’identità della persona defunta e sull’avvenuto rilascio da parte delle autorità locali del certificato di morte, non sussistono le condizioni di intervento della rappresentanza diplomatica o consolare italiana all’estero.

(conferma: Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 gennaio 2020, n. 750)

NORME CORRELATE

Art. 28 DPR 10/9/1990, n. 285

Pubblicato il 05/12/2018
N. 11812/2018 REG.PROV.COLL.
N. 08256/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8256 del 2018, proposto da:
Francesco E., rappresentato e difeso dall’avv. Mikaela Katarina Maria Hillerstrom, presso il cui studio in Roma, l.go Messico, 7, ha eletto domicilio;
contro
Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, è domiciliato;
per l’accertamento
dell’obbligo di provvedere e conseguentemente dell’illegittimità del silenzio serbato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sull’istanza del 18.3.2018 diretta a ottenere l’“attivazione di procedura di riconoscimento di cittadino italiano all’estero con valore legale per il rilascio del passaporto mortuario” e l’esecuzione della “procedura ministeriale per il riconoscimento all’estero” della salma della madre, con “rilascio di idonea attestazione d’identità avente valore legale in Italia”;
e per la condanna
dell’amministrazione a emanare i relativi provvedimenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 7 novembre 2018 il cons. M.A. di Nezza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Rilevato:
– che con ricorso spedito per la notificazione a mezzo del servizio postale il 6.7.2018 (dep. il 10.7) il sig. E., nel dedurre di essere impossibilitato a ottenere il rimpatrio della salma della madre, deceduta il 3.1.2018 nel territorio del Bedford Borough Council in Gran Bretagna, a causa del mancato rilascio da parte di questo ente della necessaria documentazione (certificato di morte; referto medico attestante la morte e le relative cause, con particolare riferimento, ai sensi del d.P.R. n. 285/1990, all’esclusione della riconducibilità del decesso a malattie infettive o diffusive; passaporto o carta d’identità), e di avere infruttuosamente rivolto all’amministrazione degli Affari esteri richiesta di assistenza e tutela nei confronti delle autorità comunali di Bedford (dapprima con nota del 30.1.2018 indirizzata alla Direzione generale per gli italiani all’estero, poi con nota del 21.2.2018 al Consolato generale d’Italia a Londra), ha chiesto l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dalla stessa amministrazione sull’istanza del 18.3.2018, volta a ottenere il “riconoscimento di cittadino italiano all’estero con valore legale per il rilascio del passaporto mortuario”, denunciando Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 97 Cost., degli artt. 1, 2 e 2-bis l. n. 241/1990, del d.P.R. 19 maggio 2010, n. 95 (in particolare art. 5, co. 7 lett. b), del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18 (in particolare art. 37, co. 1, e art. 45, co. 1), della l. n. 804/1967, Ratifica ed esecuzione delle Convenzioni sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari, e dei Protocolli connessi, adottate a Vienna rispettivamente il 18 aprile 1961 e il 24 aprile 1963 (in particolare art. 3 Conv. relazioni diplomatiche e art. 5 Conv. relazioni consolari); violazione dei principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa e del principio del giusto procedimento;
– che l’amministrazione si è costituita in resistenza, instando per la reiezione del ricorso e per la declaratoria di cessazione della materia del contendere (avendo l’ente locale britannico rilasciato il certificato di morte);
– che all’odierna camera di consiglio il giudizio è stato trattenuto in decisione;
Considerato:
– che con l’istanza del 18.3.2018 – il cui eccepito non rinvenimento agli atti del Ministero (v. nn. 1.8 e 1.9 mem. 3.10.2018 amm.) è irrilevante, avuto riguardo alle puntuali allegazioni della parte privata sull’avvenuta ricezione dell’atto (trasmesso a mezzo pec, come da documentazione depositata il 2.11.2018) – il ricorrente ha chiesto l’attivazione della “procedura ministeriale per il riconoscimento all’Estero della salma” (della madre) e “il rilascio di idonea attestazione d’identità avente valore legale in Italia”; ciò al fine di poter “successivamente provvedere a far richiesta di passaporto mortuario atto al rimpatrio della stessa”;
– che a riprova dell’esistenza di un obbligo di provvedere egli ha invocato:
— l’art. 5, co. 7, lett. b), d.P.R. 19 maggio 2010, n. 95, ai sensi del quale la Direzione generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale “provvede ai servizi di tutela e assistenza a favore degli italiani nel mondo”;
— gli artt. 37, 1° co., e 45, 1° co., d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, secondo cui, rispettivamente, la “Missione diplomatica” e l’“ufficio consolare” svolgono “nell’ambito del diritto internazionale, funzioni consistenti principalmente nel: proteggere gli interessi nazionali e tutelare i cittadini e i loro interessi; […]”;
— gli artt. 3, par. 1, Convenzione sulle relazioni diplomatiche e 5 Convenzione sulle relazioni consolari (adottate a Vienna rispettivamente il 18 aprile 1961 e il 24 aprile 1963, di cui è stata autorizzata la ratifica e disposta l’esecuzione con l. 9 agosto 1967, n. 804), sulle funzioni delle missioni diplomatiche e consolari, tra cui quelle di proteggere nello Stato estero gli interessi dei cittadini (dello Stato “accreditante” o “d’invio”) e di “prestare […] assistenza ai cittadini” stessi;
— l’orientamento giurisprudenziale alla stregua del quale dai principi di imparzialità, legalità e buon andamento dell’azione amministrativa discenderebbe, “indipendentemente dall’esistenza di specifiche norme che impongano ai pubblici uffici di pronunciarsi su ogni istanza non palesemente abnorme dei privati”, la sussistenza di un obbligo di provvedere “ogniqualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongano l’adozione di un provvedimento espresso […], in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un’esplicita pronuncia”;
– che questi riferimenti non consentono di ritenere configurato in capo alla parte pubblica l’asserito obbligo di provvedere;
– che a tale proposito occorre anzitutto precisare:
— come l’art. 2, co. 1, 1° per., l. n. 241/90 – “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso” – con l’utilizzo dell’avverbio “obbligatoriamente” abbia inteso delimitare il campo applicativo della previsione alle sole ipotesi in cui l’avvio del procedimento (a istanza di parte) sia doveroso sulla base di una norma di legge (v. Cons. Stato, sez. IV, n. 4352/2009, che fa menzione anche delle norme regolamentari);
— come la giurisprudenza abbia peraltro esteso la sfera di operatività della norma, affermando che l’obbligo sussiste “oltre che nei casi previsti dalla legge, nelle ipotesi che discendono da principi generali, ovvero dalla peculiarità della fattispecie, e, ai sensi dell’art. 2 della l n. 241 del 1990, allorché ragioni di giustizia ovvero rapporti esistenti tra Amministrazioni ed amministrati impongano l’adozione di un provvedimento, soprattutto al fine di consentire all’interessato di adire la giurisdizione per la tutela delle proprie ragioni”; in tali ipotesi, “per giungere a configurare un obbligo della p.a. di provvedere, in mancanza di apposita previsione normativa, è indispensabile che il privato istante sia titolare di una situazione giuridica protetta, qualificata come tale dall’ordinamento, e differenziata da quella della collettività” (v. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 19 aprile 2018, n. 2378, che precisa, ancora, come l’affermazione del principio in esame sia “frequente in situazioni nelle quali la p.a. è chiamata al compimento di atti o comportamenti dovuti in forza di poteri inibitori o sanzionatori riconosciuti per legge”);
– che, venendo al caso di specie, con l’istanza del 18.3.2018 il ricorrente ha chiesto (giova ribadire) l’avvio della procedura di “riconoscimento all’Estero” della salma della madre e il “rilascio di idonea attestazione d’identità avente valore legale in Italia”, al fine di poter ottenere il “passaporto mortuario”;
– che l’oggetto della richiesta, così come definito dall’interessato, rende palese l’ininfluenza delle invocate disposizioni normative, dirette a individuare le generali attribuzioni delle articolazioni estere dell’amministrazione resistente;
– che non risulta nemmeno applicabile l’indirizzo giurisprudenziale di cui si è dato conto (indipendentemente dall’eventuale adesione alla linea di pensiero a esso sottesa) perché la specifica situazione in cui versa il ricorrente, il quale in ultima analisi dichiara di volere assicurare il rimpatrio della salma della propria congiunta, risulta disciplinata dal regolamento di cui al d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (“Approvazione del regolamento di polizia mortuaria”);
– che il regolamento appena menzionato distingue due ipotesi, a seconda che il trasporto debba avere luogo da uno degli Stati aderenti all’“accordo internazionale” stipulato a Berlino il 10 febbraio 1937 (approvato e reso esecutivo con r.d. 1° luglio 1937, n. 1379) ovvero da uno Stato a esso non aderente:
— nel primo caso rileva l’art. 27, ai sensi del quale i trasporti in questione “sono soggetti alla osservanza delle prescrizioni sanitarie” previste dall’accordo stesso, con la precisazione che le salme “debbono essere accompagnate dal passaporto mortuario” ivi parimenti previsto (co. 1; v. anche il co. 2, secondo cui il passaporto è “rilasciato dalla competente autorità del luogo da cui la salma viene estradata”);
— nell’altra ipotesi (“introduzione nel Paese di salme provenienti da uno degli Stati non aderenti alla convenzione internazionale di Berlino”) l’art. 28 stabilisce che l’interessato “deve presentare all’autorità consolare italiana apposita domanda corredata: a) di un certificato della competente autorità sanitaria locale, dal quale risulti che sono state osservate le prescrizioni di cui all’art. 30; b) degli altri eventuali documenti e dichiarazioni che il Ministero della sanità dovesse prescrivere in rapporto a situazioni determinate” (co. 1) e che “L’autorità consolare italiana, constatata la regolarità della documentazione presentata, trasmette la domanda corredata dai documenti […] e contemporaneamente trasmette i documenti, tramite il Ministero degli affari esteri, al prefetto della provincia, dove la salma è diretta, che concede autorizzazione informandone la stessa autorità consolare, tramite il Ministero degli affari esteri, e il prefetto della provincia di frontiera attraverso cui la salma deve transitare” (co. 2; v. anche il punto 8.3 della circolare Min. sanità 24 giugno 1994, n. 23, pubbl. nella GU n. 158 dell’8.7.1993, che individua l’ulteriore documentazione da presentare: estratto dell’atto di morte in bollo; certificato dell’autorità sanitaria del Paese straniero dal quale risulti che sono state osservate le prescrizioni previste dagli artt. 30 e 32 d.P.R. n. 285/1990; autorizzazione alla sepoltura rilasciata dall’autorità competente del Paese di estradizione; certificato medico dal quale risulti la causa di morte);
– che dall’istanza in esame non si evincono le ragioni della necessità tanto del “passaporto mortuario” (richiesto, come si è visto, per le ipotesi di rimpatrio da un Paese aderente all’accordo di Berlino del 1937) quanto (e a maggior ragione) del “riconoscimento all’Estero della salma” e del “rilascio di idonea attestazione d’identità avente valore legale in Italia”, specialmente alla luce delle deduzioni dell’amministrazione circa l’assenza di dubbi sull’identità della madre del ricorrente e in ordine all’avvenuto rilascio da parte delle autorità locali di Bedford del certificato di morte (poi anche legalizzato; cfr. all. 12 amm. e nota 24.9.2018, all. 14 amm.);
– che lo stesso Ministero ha da ultimo escluso la necessità del proprio intervento alla luce delle inerenti disposizioni in materia di stato civile (artt. 15, “dichiarazioni rese all’estero”, e 20, “certificazione sostitutiva”, d.P.R. n. 396/2000, secondo cui è onere dell’interessato inviare all’autorità consolare “copia dell’atto” di stato civile formato all’estero, potendo detta autorità rilasciare una “certificazione sostitutiva” solo nel caso in cui essa non sia “in grado di ottenere dalle autorità locali copie degli atti di stato civile formati all’estero, che devono essere trascritti in Italia”), tenuto conto della situazione in concreto rilevante;
– che infatti non risultano contestate le ulteriori allegazioni dell’amministrazione, basate essenzialmente sul tenore del ridetto certificato di morte (all. 12 amm. cit.), circa l’insussistenza degli estremi per un intervento dell’autorità consolare (potendo il riconoscimento di un connazionale deceduto all’estero “avvenire eccezionalmente nel caso in cui i documenti d’identità dell’interessato siano andati perduti e non possano in alcun altro modo essere prodotti” e dovendo ricorrere “circostanze eccezionali” per il rilascio del passaporto mortuario in mancanza della documentazione, come a es. nel caso di “mancato rilascio del certificato di morte da parte della struttura ospedaliera o altre circostanze oggettive o inazioni da parte dell’Autorità locale che producano un ingiustificato inadempimento a sfavore del connazionale richiedente”);
Considerato in conclusione:
– che il ricorso è infondato e va pertanto respinto;
– che le spese possono essere compensate in ragione della novità della questione;
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. III-ter, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Mario Alberto di Nezza, Presidente FF, Estensore
Antonino Masaracchia, Consigliere
Luca De Gennaro, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Mario Alberto di Nezza
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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