TAR Campania, Sez. III, 7 settembre 2015, n. 4397

Testo completo:
TAR Campania, Sez. III, 7 settembre 2015, n. 4397
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1544 del 2013, proposto da:
ARCICONFRATERNITA DI SANTA MARIA DEL SUFFRAGIO, con sede legale in Torre Annunziata (NA), alla Via Nicolò D’Alagno, n. 20, in persona del legale rappresentante, Corcione Edoardo, rappresentata e difesa dall’Avv. Vincenzo Scolavino ed, agli effetti del presente giudizio, domiciliato presso la Segreteria del T.A.R. Campania in Napoli, alla P. zza Municipio, n. 64;
contro
COMUNE DI TORRE ANNUNZIATA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Francesco Cacace, con domicilio eletto presso Francesco Cacace in Napoli, Segreteria Tar;
per l’annullamento, previa sospensione
1) dell’ordinanza n. 10/EA, prat. n. 28/2012, datata 19 novembre 2012, notificata in data 8 gennaio 2013, con la quale il Dirigente del 5° Dipartimento – Ufficio Tecnico – Settore Urbanistica del Comune di Torre Annunziata ha ordinato ad Eduardo Corcione, quale Commissario Straordinario dell’Arciconfraternita di Santa Maria del Suffragio, quindi, nella qualità di proprietario e committente, la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi, in relazione alle opere edilizie abusive accertate in Torre Annunziata, alla Via Largo Cimitero, n. 1; 2) del verbale del Comando VV.UU. di Torre Annunziata, prot. n. 18/35/12 del 21 agosto 2012, con il quale si segnalavano le opere abusive edilizie di cui al precedente punto 1); 3) per quanto di ragione, dell’avviso di avvio del procedimento amministrativo del 17 settembre 2012); 4) di ogni ulteriore atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimato Comune;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista l’ordinanza n. 945 dell’8 gennaio 2015 di questa Sezione;
Uditi – Relatore alla Camera di Consiglio del 2 luglio 2015 il dr. Vincenzo Cernese – i difensori delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 9.3.2013 e depositato l’8.4.2013, l’Arciconfraternita Santa Maria del Suffragio, in persona del legale rappresentante, Corcione Edoardo, con sede legale in Torre Annunziata (NA), alla Via Nicolò D’Alagno, n. 20 – facente capo alla Diocesi di Nola (NA) e la cui fondazione, da datate fonte documentali, può farsi risalire al 1650, proprietaria di una cappella cimiteriale ubicata all’interno del cimitero comunale di Torre Annunziata alla quale si accede per il tramite dell’unico varco di ingesso del cimitero comunale, nonché praticando i viali interni, anch’essi ricadenti nella zona del complesso cimiteriale di proprietà comunale – impugnava, innanzi a questo Tribunale, l’ordinanza n. 10/EA, prat. n. 28/2012, datata 19 novembre 2012 in epigrafe, notificata in data 8 gennaio 2013, con la quale il Dirigente del 5° Dipartimento – Ufficio Tecnico – Sezione Urbanistica del Comune di Torre Annunziata, visto il verbale del Comando VV.UU. di Torre Annunziata prot. 18/35/12 del 21.8.2012, con il quale si segnalavano opere edilizie abusive in Via Largo Cimitero (cimitero) n° 1 con lavori in corso avente natura e consistenza come riportato nella medesima ordinanza, da parte (oltre che della ditta esecutrice) di Corcione Edoardo, Commissario Straordinario della Arciconfraternita di Santa Maria del Suffragio e considerato che dagli atti d’ufficio, non risultava rilasciata autorizzazione o permesso edilizio, relativo ai suddetti lavori, la cui esecuzione era, quindi, da ritenersi abusiva ai sensi di legge, richiamate la L. 28.1.1977, n. 10, la L. 12.2.1974, n. 64 e succ. modif. e intregr., la L.R. n. 9 del 1983, la L. 28.2.1985, n. 47, il T.U. D.P.R. 6.6.2001, n. 380, la L.R. n. 21/2003, ordinava ad Eduardo Corcione, nella qualità di proprietario e committente, la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi, a propria cure e spese, in relazione alle opere come in premessa individuate e descritte.
All’uopo l’Arciconfraternita ricorrente premetteva, in fatto, che:
– dopo avere acquistato nel 1960 “una ulteriore zona di terreno per aggregarla a quella che attualmente possiede, adibita per uso del suo particolare cimitero, resasi insufficiente nel disimpegno dei di lei bisogni funebri”, all’attualità siffatta zona risulta occupata da un manufatto cimiteriale di sua proprietà di più recente edificazione (rispetto alla pregressa edificazione di una nuova cappella cimiteriale nell’area esterna alla cinta urbana, a confine tra i comuni di Torre Annunziata e Boscoreale), costituito da due livelli fuori terra ed un piano ammezzato e confinante sul lato nord con manufatto circostante alla cappella cimiteriale di sua proprietà, a sud con beni dell’Arciconfraternita dei Santi Agostino e Monica, ad est con le Strade Ferrate Secondarie Meridionali ad ovest con un viale di disimpegno dell’area cimiteriale comunale; il piano terra è costituito da fosse d’interro e i muri d’ambito sono adibiti a nicchiai, oltre ad una serie di cappelle gentilizie ed edicole funerarie edificate fra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecento;
– premesso che, nel Comune di Torre Annunziata, almeno sino all’anno 2006, l’accoglienza dei resti mortali è stata sempre esclusivamente demandata alle Arciconfraternite (essendo l’area cimiteriale comunale deputata ad ospitare cappelle gentilizie ed ad accogliere i resti di persone indigenti), divenuti insufficienti i locali già disponibili, l’Arciconfraternita esponente edificava all’interno del volume del piano terra un piano ammezzato adibito a nicchiai e, successivamente, sempre in considerazione del fabbisogno derivante dalla media dei decessi verificatisi nel Comune di Torre Annunziata, all’inizio degli anni ’90 dello scorso secolo, iniziava a realizzare un secondo livello di piano mediante edificazione sui lastrici solari del manufatto di che trattasi e detta sopraelevazione era completata alla fine del 2003, anche se, soprattutto per motivi di disponibilità finanziaria all’interno del volume di più recente edificazione, i nicchiai erano resi utilizzabili solo quando se ne rendeva necessario l’uso;
– nelle more, con delibera di Consiglio Comunale n. 38 del 29 aprile 1997, il Comune di Torre Annunziata approvava il Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria, il cui art. 30 prevedeva che, entro due anni dall’entrata in vigore dello stesso Regolamento il Consiglio Comunale fosse tenuto ad adottare un piano regolatore cimiteriale, strutturato in ragione della necessità del servizio da valutarsi in relazione ad un arco temporale non inferiore al decennio;
– tuttavia il Comune di Torre Annunziata, dopo avere approvato unicamente nel 2004 un regolamento cimiteriale avente, però, ad oggetto, la disciplina delle sole aree comunali, con esclusione delle aree private ove insistevano i manufatti delle Arciconfraternite ed, in data 4.4.2003, stipulato atto di concessione per la realizzazione e la gestione in esclusiva dell’ampliamento del Cimitero Comunale, assumeva un atteggiamento, se non di ostilità, di evidente disinteresse delle problematiche derivanti dalla esistenza di complessi cimiteriali di proprietà delle Arciconfraternite, restando insensibile alle ripetute richieste di relativa regolarizzazione.
Tanto premesso parte ricorrente conclude nel senso che, a fronte del su riferito disinteresse, l’impugnata ordinanza era stata emanata ed, ancor prima, il relativo procedimento sanzionatorio dei pretesi abusi edifici attivato, presumibilmente in conseguenza di esposti di privati cittadini ed all’esito del disposto sequestro del manufatto di più recente edificazione, sì come realizzato in assenza di titolo abilitativo (nonostante la struttura fosse in uso e regolarmente frequentata di cittadini assegnatari dei loculi) in occasione di un sopralluogo effettuato da Agenti di Polizia Municipale presso il complesso cimiteriale di proprietà dell’Arciconfraternita ricorrente.
L’intimato Comune si costituiva in giudizio genericamente chiedendo il rigetto del ricorso.
Con l’ordinanza in epigrafe questa Sezione disponeva incombenti istruttori.
Alla pubblica udienza del 2 luglio 2015 il ricorso era ritenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Con la prima censura è dedotta la violazione del principio di legalità, la violazione di legge (artt. 3, 42 e 97 Cost.; D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, anche in correlazione con la violazione degli articoli 54-62, nonché 94 e seguenti del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285: Regolamento di polizia mortuaria), oltre all’eccesso di potere (per carenza dell’istruttoria e dei presupposti, erroneità della motivazione, travisamento, illogicità ed ingiustizia manifesta) ed all’incompetenza per violazione dell’art. 2 del Regolamento di polizia mortuaria del Comune di Torre Annunziata, in relazione alla violazione dell’art. 51, D.P.R. n. 285/1990, al riguardo rilevandosi che:
– secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale, “l’attività edilizia in aree cimiteriali (poiché le relative costruzioni non comportano un carico urbanistico di tipo ordinario) è regolata in via primaria non dalla normazione urbanistica, ma dalle norme del Regolamento di Polizia Mortuaria (attualmente il D.P.R. 285/1990 che ha sostituito il D.P.R. 803/1975, a sua volta subentrato al R.D. 21.12.1942, n. 1880), nonché in via subordinata, non dalla normazione urbanistica, ma dal Piano cimiteriale, che, ai sensi degli artt. 34 e segg., ogni Comune è tenuto ad adottare, cosicché il privato non dovrebbe dotarsi di alcun autonomo titolo edilizio, essendo sufficiente all’uopo il provvedimento di approvazione previsto dall’art. 94 della citata normativa (Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 22 giugno 2009, n. 3428; T.A.R. Toscana, sez. II, 3 maggio 1994, n. 176; T.A.R. Sicilia, Catania, 18 febbraio 1981, n. 88) e ciò troverebbe conferma anche nella giurisprudenza penale per la quale l’attività edilizia all’interno dei cimiteri, essendo regolata in via primaria dal regolamento di polizia mortuaria e, in via secondaria, dal piano regolatore cimiteriale, non sarebbe compresa nell’ambito di applicazione della legge n. 10 del 1977 e successive modificazioni (Cfr. Cass. penale, sez. III, 2 giugno 1983, n. 5148);
– nella specie le opere edilizie assunte abusive sarebbero state realizzate all’interno del complesso cimiteriale di proprietà dell’Arciconfraternita ricorrente, ubicato su area privata e presenterebbero destinazione oggettivamente ed esclusivamente funzionale agli scopi di tutela del culto dei morti che l’Arciconfraternita eserciterebbe all’interno del complesso cimiteriale di sua proprietà;
– relativamente alle opere abusive consistite nell’ampliamento del complesso cimiteriale di proprietà dell’Arciconfraternita ricorrente, (peraltro con interventi edilizi eseguiti nel corso di circa un ventennio), secondo quanto precisato dall’art. 55, D.P.R. n. 285/1990, i progetti di ampliamento dei cimiteri esistenti e di costruzione dei nuovi dovrebbero essere preceduti da uno studio tecnico della località, specialmente per quanto riguarda l’ubicazione, l’orografia, l’estensione dell’area ecc., adottati dal consiglio comunale ed approvati a norma delle leggi sanitarie;
– pertanto, erroneamente, il Comune di Torre Annunziata avrebbe ritenuto che l’esecuzione dei lavori di ampliamento e manutenzione straordinaria del complesso cimiteriale di proprietà della ricorrente necessitasse di titolo edilizio, in mancanza del quale si sarebbero consolidati i presupposti fattuali e giuridici dell’illecito edilizio per l’effetto facendo applicazione delle norme sanzionatorie di cui al D.P.R. n. 380/2001, mentre la fattispecie in esame, in ragione della tipologia di opere eseguite, nonché ratione materiae, resterebbe soggetta all’applicazione del D.P.R. n. 285/1990;
– infine, come precisato dall’art. 2 (“Competenze”) del Regolamento di polizia locale del Comune di Torre Annunziata – approvato con deliberazione di C.C. n. 38 del 29 aprile 1997 – le funzioni di polizia mortuaria di competenza del Comune sarebbero esercitate dal Sindaco quale Ufficiale di Governo e Autorità Sanitaria Locale ai sensi dell’art. 51, legge 285/1990, con la conseguente incompetenza del Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Torre Annunziata ad adottare l’impugnata ordinanza.
La prospettazione di parte ricorrente non è condivisibile.
Deve premettersi che l’impugnata ordinanza, dopo aver descritto la natura e consistenza dei lavori abusivi in corso per come segue: “Internamente all’Arciconfraternita alla destra dell’ingresso denominata Ala Sud”:
– Il secondo piano, risulta essere realizzato senza alcun titolo abilitativo. Occupante una superficie complessiva di circa 830 mq. composto da strutture in cemento armato e tompagnature in laterizio intonacato. All’interno della nuova volumetria sono stati realizzati circa 500 loculi.
– Al piano terra si è riscontrato una serie di opere edili riguardanti le orditure strutturali, in particolare si è accertato il ringrosso delle sezioni del filare di pilastri e travi del primo ordine, più ingrosso del secondo ordine di pilastri, mediante l’utilizzo di cls armato;
– Al primo piano si è rilevato la chiusura sul pavimento di n. 6 lucernai mediante travetti in calcestruzzo e laterizi. Si è altresì notato tra il primo e il secondo piano la presenza di ulteriore solaio sovrapposto a quello preesistente, è stato, all’evidenza, emanato ai sensi e per gli effetti dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 che, nel prevedere interventi di trasformazione del territorio con aumento di superfici e volumi eseguiti i eseguiti in assenza di permesso di costruire, li sanziona ingiungendo al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione.
Con riferimento all’attività edilizia in aree cimiteriale il Collegio è a conoscenza e condivide l’orientamento giurisprudenziale richiamato da parte ricorrente secondo cui la predetta attività è regolata in via primaria non dalla normazione urbanistica, ma dalle norme del Regolamento di Polizia Mortuaria (attualmente il D.P.R. 285/1990 che ha sostituito il D.P.R. 803/1975), nonché, in via subordinata, dal Piano cimiteriale, che ai sensi degli artt. 54 e segg. ogni Comune è tenuto ad adottare.
Tuttavia nel caso di specie ritiene che non sussistono i presupposti per farsi luogo all’applicazione della normativa avente carattere speciale invocata dalla ricorrente, secondo la quale, per le opere edilizie eseguite su area privata, con destinazione oggettivamente ed esclusivamente funzionale agli scopi di tutela del culto dei morti, il privato non dovrebbe dotarsi di alcun autonomo titolo edilizio, essendo all’uopo sufficiente il provvedimento di approvazione previsto dall’art. 94 del D.P.R. 10.9.1990, n. 285, recante l’approvazione del regolamento di polizia mortuaria, nel rispetto di quanto precisato dall’art. 55, D.P.R. n. 285/1990, secondo cui progetti di ampliamento dei cimiteri esistenti e di costruzione dei nuovi devono essere preceduti da uno studio tecnico della località, specialmente per quanto riguarda l’ubicazione, l’orografia, l’estensione dell’area ecc., adottati dal consiglio comunale ed approvati a norma delle leggi sanitarie.
All’esito dell’incombente istruttorio disposto da questa Sezione con l’ordinanza in epigrafe il resistente Comune, dopo aver rilevata l’inesistenza agli atti di idonea documentazione atta a poter identificare in modo univoco il regime giuridico del suolo, mentre “quello che viene tramandato dalla tradizione è che il suolo è di proprietà dell’Arciconfraternita”, ha prodotto in giudizio la deliberazione del Consiglio Comunale n. 38 del 29.4.1997 recante il Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria, aggiungendo che l’art. 58 di tale Regolamento (“Il patrimonio edilizio coperto e scoperto in uso alle Congreghe, in quanto ospitato in area comunale”) “farebbe pensare ad una concessione, ma non ci sono documenti che supportano tale tesi”.
Nota a tal punto il Collegio che in nessuna parte delle disposizione del predetto Regolamento di Polizia Mortuaria si prevede un’autonoma regolamentazione dell’attività edilizia in aree cimiteriali in modo tale da sottrarre queste ultima in via derogatoria alla normazione urbanistica ordinaria, rinvenendosi, invece elementi tali da potersi ritenere concretato un rinvio a siffatta normazione.
In particolare:
Art. 42 (“Autorizzazione e permessi di costruzione di sepolture private”): “1) I singoli progetti di costruzione di sepolture private debbono essere approvati in maniera conforme alla normativa vigente in materia urbanistica, edilizia ed ambientale;
(……..);
5) La costruzione delle opere deve essere contenuta nei limiti dell’area concessa e non deve essere di pregiudizio alle opere confinanti o ai servivi del Cimitero ;
6) In ogni caso, qualsiasi variante essenziale al progetto, anche in corso d’opera, deve essere approvato a norma del comma 1;
7) Per le piccole riparazioni di ordinaria manutenzione è sufficiente ottenere l’autorizzazione del Responsabile del servizio di P.M.;
8) Per le opere di manutenzione straordinaria, restauro e conservazione si applica la normativa vigente in materia (…..)”
Art. 58 (“Patrimonio Edilizio”): “Il patrimonio edilizio coperto e scoperto in uso alle Congreghe, in quanto ospitato in area comunale ed aperta al pubblico, deve offrire la massima garanzia di sicurezza e decoro.
In particolare:
a) le arciconfraternite provvedono a manutenzionare in ogni parte i loro manufatti.
L’ordinaria manutenzione avviene previa comunicazione al Responsabile di P.M.
Tutte le opere e i lavori avvengono nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 42 ;
b) in nessun caso è consentito eseguire aumenti di volume o nuove costruzioni senza le opportune concessioni edilizie”.
Orbene, nella fattispecie, non consta dell’approvazione del Piano cimiteriale da parte del Comune di Torre Annunziata (che ai sensi degli artt. 54 e segg. del D.P.R. n. 285/1990 ogni Comune è tenuto ad adottare), ed, in mancanza di un tale Piano, in grado di prevalere – alla stregua della su riferita giurisprudenza – sulla normazione urbanistica ordinaria, quest’ultima deve trovare piena ed incondizionata applicazione.
In tale situazione la strumentazione urbanistica generale vede riespandere la sua portata potenzialmente conformativa dell’intero territorio comunale con la conseguente necessità che ogni intervento di trasformazione dello stesso avvenga in maniera conforme alle prescrizioni della predetta strumentazione, per modo che, non potendo ritenersi con la ricorrente che “le relative costruzioni non comportano un carico urbanistico di tipo ordinario”, l’unico necessario titolo abilitativo legittimamente l’intervento de quo (anche a sanatoria) è da rinvenirsi nella licenza edilizia, la concessione e edilizia o il permesso di costruire, a seconda della normativa vigente all’epoca di realizzazione dell’intervento.
Il suddetto autonomo titolo edilizio non può essere surrogato, né dal provvedimento di approvazione del progetto di costruzioni di sepolture private previsto dall’art. 94 del D.P.R. n. 285/1990 che ha una valenza sotto il profilo igienico-sanitario, come comprovato dalla competenza all’approvazione del Sindaco, quale Autorità sanitaria (e non del responsabile dell’ufficio tecnico) e dal parere del coordinatore sanitario dell’unità sanitaria locale, né dallo uno studio tecnico delle località, specialmente per quanto riguarda l’ubicazione, l’orografia, l’estensione dell’area ecc., previsto dall’art. 55 del citato D.P.R. n. 285/1990, che, con finalità meramente conoscitive, deve precedere i progetti di ampliamento dei cimiteri esistenti e di costruzione dei nuovi, alla cui approvazione si procede pur sempre a norma delle leggi sanitarie.
D’altronde, nella fattispecie, la medesima Arciconfraternita ricorrente asserisce che l’Amministrazione comunale si dimostrava insensibile alle ripetute richieste di regolarizzazione, formulate in considerazione del fatto che i più recenti interventi di ampliamento di tali manufatti erano stati tutti realizzati senza alcun preventivo atto di assenso da parte dell’Amministrazione comunale, sebbene dalla stessa oggettivamente conosciuti e sostanzialmente tollerati per facta concludentia
Inoltre l’Arciconfraternita ricorrente, proprio nella consapevolezza della mancanza di un titolo posto a presidio delle opere in precedenza realizzate, evidenzia in ricorso la propria intenzione di porre in essere tutte le attività necessarie per ottenere la regolarizzazione de complesso cimiteriale de quo; all’uopo, infatti, in data 27.2.2013, prot. n. 146965, ha presentato alla Regione Campania “denuncia in sanatoria spontanea con lavori a farsi” onde ottenere autorizzazione per l’adeguamento sismico del fabbricato cimiteriale per cui vi è causa, In tal modo implicitamente ammettendo che la necessità di recupero alla legalità delle opere, ovviamente non solo sotto il profilo sismico.
Con la seconda censura è dedotta la violazione di legge (artt. 3, 42 e 97 Cost.; artt. 54 e seguenti del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285: Regolamento di polizia mortuaria; art. 9, L.R. Campania 24 novembre 2001, n. 12) – Violazione del Regolamento di polizia mortuaria del Comune di Torre Annunziata), oltre alla violazione del principio di proporzionalità ed all’eccesso di potere (per illogicità ed ingiustizia manifesta, sviamento, contraddittorietà), al riguardo rilevandosi che:
– l’art. 56 del Regolamento di Polizia Mortuaria approvato con deliberazione di G.C. n. 38 del 29 aprile 1997, dopo aver riconosciuto che nel cimitero di Torre Annunziata troverebbero spazio e opererebbero le Arciconfraternite, al successivo art. 57 prevederebbe la redazione di uno specifico contratto disciplinare che tra l’Amministrazione Comunale e le suddetta congreghe al fine di regolamentare il rapporto tra le parti ed, in particolare, i benefici economici che la P.A. dovrebbe ricevere dall’esistenza delle stesse e la convenzione di cui al comma 1 dovrebbe essere stipulata entro 6 mesi dall’approvazione del regolamento;
– tuttavia, nella specie, il Comune non avrebbe dato mai seguito alle richiamate norme regolamentari, omettendo di curare la predisposizione e la sottoscrizione del contratto disciplinare recante a regolamentazione del rapporto con le Arciconfraternite la cui presenza all’interno del cimitero comunale pure sarebbe stata riconosciuta e legittimata a mezzo delle medesime disposizioni regolamentari;
– per altro verso l’art. 54; D.P.R. 285/1990, stabilirebbe che gli uffici comunali o consorziati dovrebbero essere dotati di una planimetria in scala 1: 500 dei cimiteri esistenti nel territorio del comune, estesa anche alle zone circostanti comprendendo le relative zone di rispetto cimiteriali e la planimetria dovrebbe essere aggiornata ogni cinque anni;
– nel recepire le norme del D.P.R. n. 285/1990, il Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Torre Annunziata avrebbe obbligato il Consiglio Comunale ad adottare, entro due anni dalla entrata in vigore dello stesso regolamento, un piano regolatore cimiteriale finalizzato a soddisfare “la necessità del servizio nell’arco di almeno 10 anni”, a tale ultimo scopo tenendo conto, tra l’altro,” della valutazione della struttura esistente, distinguendo le dotazioni attuali di posti salma per sepoltura a sistema di inumazione e di tumulazione” e l’obbligo per i comuni di dotarsi di un piano cimiteriale sarebbe stato, quindi, ribadito dall’art. 9, L.R. Campania n. 12/2001, restando confermato che la pianificazione comunale dovrebbe in ogni caso comprendere “a) la presentazione dello stato di fatto quale base di partenza per la valutazione di piano”;
– il Comune di Torre Annunziata, dopo avere per decenni tollerato l’esistenza e l’uso del complesso cimiteriale di proprietà dell’Arciconfraternita, di fatto, rimediando con lo stesso alle deficienze comunali del cimitero comunale (da solo non in grado di potere garantire il soddisfacimento di un servizio obbligatorio per la cittadinanza), senza avere mai contestato la natura abusiva del complesso cimiteriale de quo, meno che mai avrebbe adottato provvedimenti sanzionatori finalizzati a reprimere qualsivoglia abuso, non potrebbe oggi contraddittoriamente ed illogicamente contestare la natura abusiva di quota parte del cimitero di proprietà della ricorrente, (edificato su suolo privato, ma destinato alla fruizione della pubblica utenza) anche in considerazione del fatto che, violando le predette norme di legge e regolamentari, la medesima Amministrazione avrebbe omesso di adottare gli atti amministrativi che, sì come di competenza comunale, avrebbero comunque assicurato la piena legittimazione amministrativa dell’intero complesso cimiteriale c.d. del Suffragio, anche attraverso la consequenziale sottoscrizione del “contratto disciplinare” di cui all’art. 57 del Regolamento comunale di Polizia Mortuaria;
– l’impugnata ordinanza sarebbe stata emanata in violazione del principio di proporzionalità di derivazione comunitaria, ormai recepito anche nel nostro ordinamento dall’art. 1, comma 1, della legge n. 241/1990, nel testo novellato dalla legge n. 15/2005 ed in forza del quale nel perseguimento dell’interesse pubblico l’Amministrazione dovrebbe privilegiare la misura più mite che consentirebbe di raggiungere l’obiettivo voluto con il minor sacrificio possibile dell’interesse privato; la scelta del Comune di contestare l’abusività – peraltro parziale – del complesso cimiteriale della ricorrente facendo ricorso a radicali misure sanzionatorie, nonché obliterando completamente l’esistenza di norme regolamentari comunali che, se applicate, avrebbero potuto condurre alla piena legittimazione amministrativa dei beni dell’Arciconfraternita (anche in ragione della sostanziale destinazione pubblica che questi avrebbero finito per assumere), connoterebbe la palese violazione del principio di proporzionalità, anche in ragione del fatto che il Comune di Torre Annunziata non avrebbe mai preso in considerazione le richieste di regolarizzazione che le congreghe avrebbero ripetutamente avanzato.
Pertanto nella specie difetterebbero la “necessarietà” della procedura sanzionatoria (disattesa proprio dal comportamento (di assoluta conoscenza/tolleranza/sfruttamento indiretto) tenuto dall’Amministrazione resistente dal 1960 ad oggi, nonché l’”idoneità” e l’”adeguatezza” della predetta procedura, atteso che l’intimato Comune, applicando le norme regolamentari, avrebbe potuto comunque regolarizzare la condizione del complesso cimiteriale per cui è causa, tanto più in considerazione del fatto che la fruizione pubblica dello stesso lo renderebbe necessario per il soddisfacimento di un pubblico interesse.
L’ordine di idee di parte ricorrente non è condivisibile.
Parte ricorrente, consapevole della necessità di regolarizzare la condizione del complesso cimiteriale in titolarità delle Arciconfraternite, ospitate ed operanti nel cimitero di Torre Annunziata, si duole essenzialmente per la circostanza che ciò non sarebbe avvenuto a causa dalle omissioni e di ritardi del medesimo Comune; in particolare l’art. 57 del Regolamento di Polizia Mortuaria prevederebbe la predisposizione e la sottoscrizione di uno specifico contratto disciplinare che tra l’Amministrazione Comunale e le suddetta congreghe al fine di regolamentare il rapporto con le Arciconfraternite e la relativa convenzione di cui al comma 1 avrebbe dovuto essere stipulata entro 6 mesi dall’approvazione del regolamento; l’art. 54; D.P.R. 285/1990, stabilirebbe che gli uffici comunali o consorziati dovrebbero essere dotati di una planimetria in scala 1: 500 dei cimiteri esistenti nel territorio del comune, da aggiornarsi ogni cinque anni ed, infine, nel recepire le norme del D.P.R. n. 285/1990, il Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Torre Annunziata avrebbe obbligato il Consiglio Comunale ad adottare, entro due anni dalla entrata in vigore dello stesso regolamento, un piano regolatore cimiteriale finalizzato a soddisfare “la necessità del servizio nell’arco di almeno 10 anni”.
Tuttavia in contrario deve rilevarsi che non possono essere certo le suddette inadempienze (in ogni caso sanzionabili in altre sedi) ed, in particolare la mancanza di un’autonoma di disciplina urbanistico – edilizia nel Regolamento di Polizia Mortuaria (che, sul punto, all’art. 42, rinvia alla “normativa vigente in materia urbanistica, edilizia ed ambientale), ed in via subordinata, di un Piano cimiteriale ex artt. 34 e segg. del citato D.P.R., a precludere l’applicazione della ordinaria normativa urbanistica-edilizia la quale, anzi, riprende vigore e si riespande proprio per la mancanza di una compiuta disciplina speciale derogatoria.
Relativamente al profilo di censura, con cui si lamenta che il Comune di Torre Annunziata, dopo avere per decenni tollerato l’esistenza e l’uso del complesso cimiteriale di proprietà dell’Arciconfraternita, senza avere mai in precedenza sanzionato la contestata natura abusiva del complesso cimiteriale de quo, non potrebbe oggi contraddittoriamente ed illogicamente contestare la natura abusiva di quota parte del cimitero di proprietà della ricorrente, in contrario, basterà rilevare che, secondo quanto in precedenza statuito da questa Sezione: “In tema di attività sanzionatoria degli abusi edilizi, è irrilevante il decorso del tempo e l’eventuale affidamento riposto dal privato, che non può confidare sul mantenimento di una situazione contraria alla legge, non essendo inoltre richiesta una specifica motivazione né la valutazione sull’interesse pubblico, che in re ipsa” (T.A.R. Campania, sez. III, 3.2.2015, n. 634) ed una siffatta impostazione consegue a pacifica giurisprudenza, per la quale: “In materia di abusi edilizi l’ordine di demolizione è atto vincolato il quale non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente che il tempo non può legittimare in via di fatto” (T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 13 dicembre 2013, n. 2480; T.A.R. Basilicata, sez. I, 6 dicembre 2013, n. 770); ed, ancora: “L’attività sanzionatoria della p.a. sull’attività edilizia abusiva è connotata dal carattere vincolato e non discrezionale. Infatti, il giudizio di difformità dell’intervento edilizio rispetto al titolo abilitativo rilasciato, che costituisce il presupposto dell’irrogazione delle sanzioni, non è connotato da discrezionalità tecnica, ma integra un mero accertamento di fatto e, pertanto, l’ordine di demolizione di opere abusive, non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sull’interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può mai legittimare” (C. di S., sez. V, 11 giugno 2013, n. 3235); infine: “La norma di cui all’art. 27, D.P.R. n. 380 del 2001, tanto più quanto riferita alla repressione di abusi su beni vincolati, non appare contrastare con il principio di ragionevolezza in quanto l’esigenza di ripristinare i valori urbanistici e paesaggistici violati giustificano il ripristino anche a distanza di tempo. Per lo stesso motivo, non si ravvisa alcun contrasto con il principio dell’affidamento, stante la preminenza dell’esigenza del ripristino a fronte della permanenza della situazione di illecito e di pregnanza del bene tutelato” (T.A.R. Campania, sez. IV, 8 settembre 2014, n. 4745); ed, infine: “Il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato, che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare e non potendo l’interessato dolersi del fatto che l’Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi” (C. di S., sez. VI, 5.1.2015, n. 13 e T.A.R. Campania, sez. III, 10.1.2015, n. 100).
Inoltre, preso atto che le sanzioni edilizie ed urbanistiche vengono irrogate all’esito di attività rigorosamente vincolata all’accertamento di presupposti, alcun spazio può esservi per lamentare una presunta violazione del principio di proporzionalità implicante una scelta discrezionale del mezzo più idoneo al il soddisfacimento dell’interesse pubblico con il minor sacrificio possibile per l’interesse privato, con la conseguente infondatezza anche del profilo di censura all’uopo sollevato.
Nella fattispecie in esame con l’impugnata ordinanza di demolizione il Comune ha sanzionato opere comportanti la creazione di nuovi volumi e superfici, con una trasformazione stabile, significativa e duratura dell’assetto urbanistico ed edilizio del territorio, riconducibile alla categoria giuridica di nuova costruzione per la quale, ai sensi del 31 del D.P.R. n.380 del 2001, necessita il previo rilascio di un permesso di costruire.
In definitiva, preso atto che, da una corretta valutazione della tipologia dell’abuso commesso, scaturiva con carattere vincolato l’ordine di demolizione, il ricorso è infondato e va, dunque, respinto.
La novità delle questioni trattate suggerisce di compensare integralmente fra le parti le spese giudiziali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 1544/2013 R.G.) proposto da Arciconfraternita di Santa Maria del Suffragio, lo respinge.
Compensa fra le parti le spese, le competenze e gli onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Donadono, Presidente
Vincenzo Cernese, Consigliere, Estensore
Gianmario Palliggiano, Consigliere
L’ESTENSORE, IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/09/2015

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