TAR Campania, Sez. II, 8 aprile 2016, n. 966

Testo completo:
TAR Campania, Sez. II, 8 aprile 2016, n. 966
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2621 del 2014, proposto da:
Giovanni Donnarumma, rappresentato e difeso dagli avv. Paola Vicidomini, Aristide De Vivo, con domicilio eletto presso Aristide De Vivo in Salerno, Via Marietta Gaudiosi, 6;
contro
Comune di Angri in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Pentangelo, con domicilio eletto presso Antonio Pentangelo in Salerno, c/o Segreteria Tar; Comune di Angri in Persona del Responsabile dell’U.O.C. Patrimonio;
per l’annullamento
del silenzio formatosi sull’istanza, notificata in data 05.09.2014,con cui il ricorrente diffidava il comune di Angri a concludere il procedimento relativo al rilascio della concessione del loculo cimiteriale n.291-zona porticato;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Angri;;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 febbraio 2016 il dott. Maurizio Santise e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso tempestivamente notificato all’amministrazione resistente e regolarmente depositato nella segreteria del Tar, il ricorrente ha adito il giudice amministrativo per l’accertamento del silenzio inadempimento formatosi sull’istanza del 5.8.2014 diretta al Comune di Angri e per la condanna di questi all’emanazione del relativo provvedimento oggetto di apposita istanza.
In particolare, il ricorrente ha chiesto l’accertamento della spettanza del bene della vita coincidente con il rilascio “ora per allora” della concessione cimiteriale perpetua senza nessun onere a carico degli aventi diritto.
Il Comune si è costituito in giudizio, evidenziando di aver emesso i provvedimenti dell’8.8.2014 e 28.10.2014, con cui è stata sostanzialmente respinta l’istanza e contestando, comunque, l’avverso ricorso e chiedendone il rigetto.
Questo Tribunale, quindi, ai sensi dell’art. 73, co. 3 c.p.a., ha rilevato l’esistenza di seri dubbi in ordine all’ammissibilità del ricorso sul silenzio, come proposto dal ricorrente, stante l’esistenza di provvedimenti espressi che sostanzialmente avevano concluso il procedimento, ancorché in maniera non satisfattiva per il ricorrente.
In seguito al deposito delle memorie da parte del ricorrente, il Tribunale, ai sensi dell’art. 32 c.p.a., ha disposto la conversione del rito, fissando l’udienza pubblica del 17 febbraio 2016, nell’ambito della quale la causa è stata trattenuta in decisione.
Tanto premesso in punto di fatto, ritiene il Collegio che il presente giudizio, pur originariamente introdotto con un ricorso per silenzio inadempimento, ai sensi degli artt. 31, commi. 1, 2 e 3, e 117 c.p.a., deve essere oggi inteso come ricorso di carattere impugnatorio in relazione ai provvedimenti emessi dal Comune in data 8.8.2014 e 28.10.2014; ricorso che deve ritenersi tempestivo, perché non vi è la prova in atti della data di notifica dei predetti provvedimenti al ricorrente.
Ciò premesso, ritiene, comunque, il Tribunale che il ricorso sia infondato.
Va precisato che la conversione del rito rende infondato il primo motivo di ricorso chino sulla natura silente del comportamento della p.a., in quanto, come detto, la p.a., anche se in ritardo, ha emanato i citati provvedimenti. Il superamento del termine di legge per la conclusione del procedimento amministrativo non è, peraltro, causa di illegittimità del provvedimento, ma di mera irregolarità.
In relazione al secondo motivo di ricorso, va chiarito che il ricorrente, in qualità di coerede del diritto d’uso del loculo cimiteriale n. 291 meglio descritto in ricorso, ha diffidato il Comune di Angri al rilascio di una concessione perpetua, in relazione all’istanza del 20.3.1962 con la quale Pauciulo Anna Carmela ha richiesto la concessione di un loculo nel cimitero e nominato Granato Antonietta, madre dell’attuale ricorrente, quale erede del loculo citato. Secondo il ricorrente, in quel periodo, le concessioni venivano rilasciate normalmente in perpetuo come si desumerebbe dalla delibera di Giunta n. 342 del 30.6.1971, con cui il Comune di Angri stabilì la perpetuità dei loculi cimiteriali.
Orbene, la ricostruzione fornita dalla parte istante, per quanto suggestiva, non può essere condivisa.
In prima analisi, il ricorrente fonda le proprie ragioni su di una presunzione: poiché la concessione è stata rilasciata in un momento storico in cui le concessioni cimiteriali venivano rilasciate (anche) in via perpetua, probabilmente la concessione in contestazione condivide la stessa natura. Tale presunzione, tuttavia, si fonda su una regola errata, in quanto non è affatto provato che le concessioni all’epoca venissero “tutte” rilasciate in perpetuo, come è dimostrato dallo schema prestampato di concessione, che lo stesso ricorrente ha prodotto nel proprio fascicolo (cfr., allegato n. 6). Tale schema di concessione cimiteriale reca nella prima pagina il riferimento al loculo per cui è contestazione e, all’ultima pagina, la firma di Granato Antonietta, de cuius del ricorrente.
Secondo quest’ultimo, l’atto sarebbe nullo perché non firmato dal Sindaco e, comunque, non completato nelle parti che si riferiscono al concessionario. Ritiene il Collegio che, anche a voler considerare tale atto nullo per mancanza della firma del Sindaco, non può negarsi che, in assenza del reperimento dell’atto di concessione, il documento prodotto dal ricorrente faccia, comunque, venir meno la presunzione di perpetuità della concessione, in quanto la de cuius del ricorrente ha firmato un atto in cui la durata della concessione è trentennale. Anche poi a voler ritenere la firma della de cuius falsa o non veritiera, come sembra velare il ricorrente, la produzione del documento da parte dello stesso ricorrente dimostra che la regola della perpetuità delle concessioni di certo all’epoca non era assoluta, nè affatto seguita.
Ritiene poi il Collegio che al di là di tale valutazione è tranciante la considerazione che, in ogni caso, il ricorrente non ha fornito alcun elemento per ritenere che la concessione originariamente rilasciata rientrasse proprio tra quelle perpetue. Depone in senso contrario anche la circostanza che, in data 18.1.1972, la Giunta ha approvato la delibera n. 1, stabilendo il vincolo trentennale per le concessioni dei loculi cimiteriali, come sottolinea lo stesso ricorrente.
Inoltre, non può essere sottaciuto che già dal 1975 il legislatore aveva introdotto la necessità della fissazione del termine massimo di durata per le concessioni cimiteriali. In particolare, l’art. 93 del d.p.r. 803/1975, poi trasfuso nell’art. 92 del d.p.r. 285/1990, ha stabilito che le concessioni previste dall’art. 90 sono a tempo determinato e di durata non superiore a 99 anni, salvo rinnovo. La norma poi prosegue, precisando che le concessioni a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i 99 anni, rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803, possono essere revocate, quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, ove si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del comune e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero.
Ne deriva, quindi, che già dal 1975 era stato introdotto per legge un termine alle concessioni in linea con il tradizionale sfavore che l’ordinamento nutre nei confronti dei vincoli perpetui. Inoltre, anche le concessioni di natura perpetua fatte salve possono, comunque, essere revocate dall’amministrazione.
Ritiene, quindi, il Tribunale che, in mancanza di una chiara prova fornita dal ricorrente, la concessione rilasciata originariamente non può interpretarsi come perpetua, dovendo emerge elementi chiari univoci in tal senso. Nel dubbio, non può che interpretarsi la concessione come limitata nel tempo, in quanto la concessione perpetua impone un vincolo per l’amministrazione eccessivo che va espressamente definito, alla luce anche del tradizionale sfavore che l’ordinamento nel suo complesso dimostra per i vincoli perpetui.
Parimenti infondato è il terzo motivo di ricorso, in quanto il silenzio assenso può formarsi in relazione a istanze complete e precise in tutti gli aspetti e non di certo quando sono in discussione gli elementi fattuali posti a base della stessa. Il ricorrente ha, peraltro, presentato un quadro generale della vicenda non corrispondente alla realtà; per ciò solo il silenzio assenso non avrebbe potuto formarsi.
Ne deriva, pertanto, che il ricorso va respinto.
Le ragioni che hanno condotto alla presente decisione giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di lite tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Riccio, Presidente
Giovanni Grasso, Consigliere
Maurizio Santise, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE, IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/04/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Written by:

Meneghini Elisa

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