Tar Campania, Sez. II, 16 febbraio 2015, n. 381

Testo completo:
Tar Campania, Sez. II, 16 febbraio 2015, n. 381

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1535 del 2014, proposto da:
Parrocchia SS. Corpo di Cristo, rappresentata e difesa dagli avv. Vincenzo Giuffré, Vincenzo Calabrese e Angela Ferrara, con domicilio eletto in Salerno, via Agostino Nifo n. 2;
contro
Comune di Pagani, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Serritiello, con domicilio eletto in Salerno, p.zza S.Agostino n. 29, presso l’avv. Paolino;
Avvocatura dello Stato – Consulente Legale Giuridico Amministrativo del Comune di Pagani, Procuratore dello Stato Mariano Valente;
nei confronti di
Alfonso Giorgio;
per l’annullamento
del provvedimento prot. n. 00155155 del 14.5.2014, avente ad oggetto “annullamento permesso di costruire n. 929 del 17 giugno 2013”, della nota prot. n. 651 dell’11.2.2014, con la quale sono stati comunicati i motivi di revoca del suddetto permesso di costruire, di ogni atto connesso e presupposto
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pagani;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2015 il dott. Ezio Fedullo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Parrocchia ricorrente, riconosciuta quale ente ecclesiastico con d.m. dell’11.10.1986, espone di essere titolare, nell’ambito del cimitero di Pagani, della concessione dell’area cimiteriale indicata come lotto “E”, e di avere in tale veste ottenuto dal Comune di Pagani il permesso di costruire n. 531/2008 per la realizzazione sulla suddetta area di una cappella gentilizia.
Espone di aver successivamente presentato una ulteriore istanza ai fini della realizzazione di un intervento di sopraelevazione, in ordine alla quale si è espresso il Commissario ad acta nominato dal Presidente della Provincia di Salerno, cui la parte ricorrente si è rivolta per superare l’inerzia comunale, rilasciando il permesso di costruire n. 929 del 14.6.2013.
Allega che, con nota prot. n. 5895 del 21.2.2014, il Responsabile del Settore Edilizia Privata e Servizi Cimiteriali del Comune intimato ha comunicato l’avvio del procedimento di annullamento del citato titolo edilizio, sulla scorta dei plurimi motivi in esso enunciati: la ricorrente ha proficuamente controdedotto ai rilievi in essa contenuti, tanto che il Responsabile del Settore, con nota prot. n. 1137 del 14.3.2014, si è espresso nel senso che non dovesse essere adottato il preannunciato provvedimento di annullamento.
Lamenta quindi l’illegittimo del provvedimento di annullamento ugualmente adottato dal Comune di Pagani, fondato sul rilievo secondo cui “non verrebbe garantito il rispetto degli obblighi di sepoltura previsti dall’art. 93, comma 1, d.P.R. n. 285/1990 e dal comma 2 dell’art. 91 del Regolamento dei servizi funebri e cimiteriali”, alla luce del parere dell’avvocato dello Stato Mariano Valente reso in data 29.4.2014.
Mediante le censure formulate in ricorso, al fine di conseguirne l’annullamento, viene dedotto che: 1) il firmatario dell’atto non è titolare del potere di annullamento, incidendo questo sul permesso di costruire rilasciato dal Commissario ad acta intervenuto in via sostitutiva ed essendo solo consentito all’amministrazione sostituita di impugnare il provvedimento commissariale dinanzi alla giurisdizione amministrativa; 2) non è stato rispettato l’obbligo di comunicare preventivamente l’avvio del procedimento di annullamento, atteso che la comunicazione di avvio è intervenuta tardivamente, quando cioè l’amministrazione già da tempo (ovvero dal mese di novembre 2013) stata svolgendo attività finalizzata all’esercizio del potere di autotutela, e solo dopo l’acquisizione del parere suindicato; 3) il provvedimento impugnato non esprime alcuna valutazione in ordine alle osservazioni procedimentali rese dalla parte ricorrente; 4) il provvedimento di ritiro è stato adottato in violazione del “termine ragionevole” di cui all’art. 21 nonies l. n. 241/1990, in dispregio dell’affidamento maturato in capo alla parte ricorrente ed in carenza di un interesse pubblico atto a giustificarlo; 5) il provvedimento di annullamento è stato adottato nonostante il parere contrario del Responsabile del Settore espresso con nota prot. n. 1137 del 14.3.2014; 6) le ragioni poste a base dell’annullamento esulano dall’ambito delle valutazioni di carattere edilizio; 7) l’art. 93 d.P.R. n. 285/1990 riconosce al concessionario la facoltà di richiedere l’autorizzazione alla tumulazione di salme di persone che “abbiano acquisito particolari benemerenze” nei suoi confronti, sebbene non iscritte alla Parrocchia: è quindi in sede di autorizzazione che l’ente comunale esercita il suo controllo, non potendo venire in rilievo la norma suindicata ai fini dell’annullamento del titolo edilizio; 8) la mancata indicazione dei “criteri di assegnazione” non è comunque imputabile alla parte ricorrente; 9) non si comprende la ragione per la quale il provvedimento richiama l’intero contenuto della comunicazione di avvio, benché superata dalle osservazioni prodotte dalla parte ricorrente e dalla citata nota prot. n. 1137/2014.
Il difensore del Comune si oppone all’accoglimento del ricorso, deducendone l’infondatezza.
Il ricorso quindi, all’esito dell’udienza di discussione, è stato trattenuto dal collegio per la decisione di merito.
DIRITTO
E’ controversa la legittimità dell’intervento di autotutela, sub specie di annullamento d’ufficio, posto in essere dal Comune di Pagani nei confronti del permesso di costruire n. 929 del 14.6.2013, rilasciato alla Parrocchia ricorrente dal Commissario ad acta nominato dal Presidente della Provincia di Salerno in forza dei poteri sostitutivi riconosciutigli dall’art. 4 l.r. n. 19/2001 per l’esecuzione dei lavori di sopraelevazione di una cappella gentilizia realizzata, in forza del permesso di costruire n. 531/2008, su area ad essa data in concessione nell’ambito del cimitero di Pagani.
Tanto sinteticamente premesso, ritiene in primo luogo il Tribunale di discostarsi dall’indirizzo, pur autorevole, espresso non recentemente dal Consiglio di Stato (cfr. C.d.S., sez. V, 6 ottobre 1999, n. 1332) ed attualizzato dalla pronuncia del T.A.R. della Campania, Napoli, Sez. II, n. 465 del 22.1.2014, nel senso della carenza in capo all’amministrazione sostituita del potere di intervenire in autotutela nei confronti del titolo edilizio rilasciato dal Commissario ad acta nominato dall’amministrazione investita dalla legge del potere sostitutivo.
Deve premettersi che il citato orientamento si fonda su considerazioni di carattere squisitamente dogmatico, inerenti la qualificazione della relazione che si instaura tra il Commissario ad acta nominato dal Presidente della Provincia ed il Comune sostituito, nel senso della sua natura intersoggettiva piuttosto che interorganica, come sarebbe confermato, tra l’altro, “dalla circostanza che il commissario non viene nominato per sostituirsi nell’esercizio di una competenza generale, in luogo di un organo di cui difetti radicalmente il funzionamento, ma per provvedere ad uno specifico atto (la determinazione sulla richiesta di rilascio di concessione edilizia), su impulso di un organo avente funzione di vigilanza”, nell’esercizio di un potere che “si attua in un rapporto intersoggettivo con il Comune sostituito e produce però nei confronti dei terzi i medesimi effetti che avrebbe prodotto il provvedimento comunale: sicché, mentre nei confronti dei terzi l’atto del commissario può essere considerato alla stessa stregua dell’atto comunale, nei confronti del Comune, l’atto rimane espressione di un potere esercitato da un centro di competenze autonomo ed il Comune è legittimato ad impugnarlo, contestandone la legittimità”, con il corollario che il Comune «intuitivamente, non potrà più esercitare i suoi poteri riferiti al singolo intervento edificatorio, con invadenza della sfera di azione del commissario, la cui competenza esclusiva è espressamente preservata dalla norma che sancisce la paralisi dei poteri sindacali».
Il suddetto orientamento, pur fondato su solidi presupposti teorici, confligge infatti con il principio di continuità dell’azione amministrativa, costituente espressione di quello più generale di buon andamento costituzionalmente consacrato, del quale uno strumento operativo è appunto rappresentato dall’istituto dell’autotutela, funzionale alla rimozione di provvedimenti ab origine illegittimi o inidonei a realizzare (per fatti originari o sopravvenuti) l’interesse pubblico affidato alla cura della pubblica amministrazione.
Invero, ove si ritenesse che il potere di autotutela esuli dal dominio dell’amministrazione surrogata, a causa della sua inerzia, nell’esercizio del potere primario, esso assumerebbe carattere adespota, non essendo individuabile l’organo deputato ad esercitarlo.
Tale non potrebbe essere, infatti, l’amministrazione (nella specie provinciale) cui la legge conferisce il potere sostitutivo, esplicabile nella forma della nomina del commissario ad acta, essendo la relativa potestà subordinata al presupposto tipico – nella specie non ricorrente – dell’inerzia dell’amministrazione comunale nell’esercizio del potere di rilascio del permesso di costruire.
Ma ad identica conclusione dovrebbe pervenirsi relativamente al commissario ad acta, sia in considerazione del carattere “chiuso” del suo mandato (funzionale all’esclusivo esame dell’istanza di permesso di costruire), sia perché, una volta esaurito il suo compito ed in virtù della sua estraneità alla cura istituzionale degli interessi pubblici in materia urbanistico-edilizia, sarebbe difficilmente ipotizzabile, anche da un punto di vista pratico, il suo intervento in autotutela nei confronti del titolo edilizio già rilasciato.
Consegue dai rilievi che precedono che le censure formulate in ricorso, intese a lamentare l’esercizio del potere di autotutela da parte di organo non legittimato, devono essere respinte.
Meritevoli di favorevole considerazione sono invece le doglianze con le quali viene lamentata l’insussistenza dei presupposti sostanziali per procedere all’esercizio del potere di autotutela.
Deve premettersi che il provvedimento di annullamento impugnato si fonda sull’assunto secondo cui la parte ricorrente, relativamente al permesso di costruire conseguito, non garantirebbe il rispetto degli obblighi di sepoltura previsti dall’art. 93, comma 1, d.P.R. n. 285/1990 e dall’art. 91, comma 2 (rectius, 94, comma 1), del Regolamento comunale dei Servizi Funebri e Cimiteriali, dovendo la sepoltura essere riservata unicamente ai soggetti contemplati nel rispettivo ordinamento, che nel caso di Enti è da intendersi “rispettivi membri, regolarmente iscritti, ai sensi dello statuto relativo”, e più in particolare per il caso in oggetto “i soggetti appartenenti al Clero e non certamente i privati cittadini del Comune di Pagani, sia pur fedeli e frequentanti la Parrocchia”.
Ai fini della compiuta intelligenza del contenuto motivazionale del provvedimento impugnato, si rende quindi necessario trascrivere le norme da esso richiamate, ovvero:
– art. 93, comma 1, d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria): “il diritto di uso delle sepolture private concesse a persone fisiche è riservato alle persone dei concessionari e dei loro familiari; di quelle concesse ad enti è riservato alle persone contemplate dal relativo ordinamento e dall’atto di concessione. In ogni caso, tale diritto si esercita fino al completamento della capienza del sepolcro”;
– art. 94, comma 1, del Regolamento comunale dei servizi funebri: “il diritto d’uso delle sepolture è riservato alla persona del concessionario ed a quelle della propria famiglia ovvero alle persone regolarmente iscritte all’ente concessionario”.
Inoltre, le ragioni dell’impugnata determinazione di autotutela si evincono più diffusamente dal parere del consulente legale della Commissione Straordinaria di cui alle note prot. n. 64 Ris. C.S. del 17.4.2014 e prot. n. 73 Ris. C.S. del 30.4.2014, laddove si assume che, non avendo indicato la Parrocchia ricorrente, all’atto della presentazione della domanda di permesso di costruire né successivamente (nonostante sia stata in tal senso compulsata), i criteri sulla base dei quali avrebbe proceduto all’assegnazione dei loculi, ma avendo anzi espressamente dichiarato che il diritto di sepoltura sarebbe stato riconosciuto ai fedeli ad essa appartenenti, l’annullato titolo edilizio consentirebbe all’ente ecclesiastico di concedere i loculi ai cittadini secondo la propria discrezionalità, ponendo gli appartenenti alla comunità parrocchiale in una condizione privilegiata rispetto agli altri cittadini aspiranti allo ius sepulchri.
Tanto premesso, deve in primo luogo osservarsi – anche perché siffatto principio sembra essere messo in discussione dall’amministrazione comunale, laddove in particolare osserva che la Parrocchia della Chiesa Madre del SS. Corpo di Cristo “non poteva essere beneficiaria” del diritto di sepoltura privata – che, da un punto di vista strettamente edilizio, la parte ricorrente era in possesso della legittimazione a richiedere il rilascio del titolo edilizio oggetto di annullamento: ciò in virtù, da un lato, della sua posizione di concessionaria, in forza della delibera di Giunta n. 25 del 31.1.2007, di un’area cimiteriale di mq. 102 nel settore “E” del cimitero di Pagani, dall’altro lato, della espressa inclusione degli “enti” tra i soggetti abilitati a richiedere l’assenso comunale per la costruzione della cappella gentilizia (cfr., in tal senso, l’art. 90, comma 1, d.P.R. n. 285/1990: “il comune può concedere a privati e ad enti l’uso di aree per la costruzione di sepolture a sistema di tumulazione individuale”).
Deve altresì osservarsi, sempre sul piano squisitamente edilizio, ovvero dal punto di vista dei presupposti per il rilascio del permesso di costruire de quo e di quello che l’ha preceduto (quindi, a contrario, per l’esercizio del potere di autotutela), che questi, di per sé, non consentono un uso della cappella gentilizia che ne costituisce oggetto secondo modalità incompatibili con le norme regolamentari che disciplinano, appunto, il diritto di uso delle sepolture private: basti osservare che essi non contengono sul punto alcuna specificazione, recando esclusivamente disposizioni di carattere numerico (quanto ai loculi) e dimensionale (con riguardo ai loculi medesimi ed all’opera nel suo complesso).
Inoltre, se da un lato la mancata precisazione nei titoli edilizi dei criteri di assegnazione dei loculi non può essere assunta a fattore di legittimazione dell’uso della sepoltura privata secondo modalità contrastanti con quelle regolamentari, dall’altro lato siffatta indicazione non risulta richiesta, a pena di illegittimità del titolo edilizio, da alcuna disposizione regolamentare.
Consegue dai rilievi che precedono che la disciplina (ed il controllo del suo rispetto) delle modalità d’uso dei loculi presenti nella cappella gentilizia attiene, come dedotto dalla parte ricorrente, ad una fase diversa e successiva a quella del rilascio del titolo edilizio, la quale non ne resta quindi influenzata (a meno che, a differenza di quanto riscontrabile nella fattispecie in esame, il titolo edilizio non contenga esso stesso prescrizioni espressamente incidenti su quella fase).
In ogni caso, anche a voler attribuire rilievo all’espressa indicazione, contenuta nell’istanza di permesso di costruire per la sopraelevazione della cappella, secondo cui i loculi da realizzare nella stessa sarebbero stati destinati ai “fedeli della Parrocchia”, deve osservarsi che essa non contiene elementi sintomatici di un futuro uso dell’immobile cimiteriale secondo modalità contrastanti con le citate previsioni regolamentari.
Deve in proposito osservarsi che il citato art. 91, comma 1, d.P.R. n. 285/1990, nel disporre che “il comune può concedere a privati e ad enti l’uso di aree per la costruzione di sepolture a sistema di tumulazione individuale”, aggiunge la significativa (per i presenti fini) precisazione “per famiglie e collettività”.
Il riferimento normativo consente una prima fondamentale considerazione: la comunità parrocchiale, in quanto “collettività” contemplata dalla norma, è, in persona dei suoi singoli componenti, uno dei possibili beneficiari del diritto di uso della sepoltura privata realizzata dal relativo ente esponenziale (la Parrocchia).
Non meno privo di rilevanti implicazioni, ai fini del decidere, è poi l’art. 93, comma 1, d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, richiamato dallo stesso provvedimento impugnato, ai sensi del quale “il diritto di uso delle sepolture private (…) concesse ad enti è riservato alle persone contemplate dal relativo ordinamento (regolarmente iscritte, precisa il Regolamento comunale) e dall’atto di concessione”.
Chiarito che la comunità parrocchiale integra una delle possibili collettività i cui componenti possono aspirare a beneficiare del diritto di uso della cappella costruita dall’ente concessionario, non vi è dubbio che la formula normativa debba adattarsi alla specificità della sua composizione, legittimando l’assegnazione in uso dei loculi ai membri (rectius, ai fedeli) della Parrocchia, a prescindere dalle modalità più o meno formali e solenni della loro adesione: ciò, del resto, in piena coerenza rispetto al contenuto del diritto di concessione attribuito con la citata delibera di Giunta n. 25/2007, il quale espressamente contempla come sua finalità quella di consentire alla Parrocchia concessionaria la “costruzione di una cappella cimiteriale da mettere a disposizione della Comunità parrocchiale” ed al quale, secondo il citato art. 93, comma 1, d.P.R. n. 285/1990, deve parametrarsi il diritto di uso delle sepolture private.
Né potrebbe pervenirsi a diversa conclusione sulla scorta del semplice rilievo della ampia composizione numerica della comunità parrocchiale, trattandosi di dato meramente fattuale che non inficia la possibilità di differenziazione dei componenti della Parrocchia rispetto alla platea più generale ed indistinta dei cittadini del Comune di Pagani.
In conclusione, la proposta domanda di annullamento deve quindi essere accolta, mentre possono essere assorbite le censure non esaminate, a cominciare da quelle intese a contestare gli ulteriori rilievi (di illegittimità) contenuti nella comunicazione di avvio del procedimento di annullamento: invero, sebbene siano formalmente richiamati dal provvedimento impugnato, questo non formula alcuna autonoma valutazione riguardo ad essi (alla luce delle controdeduzioni formulate in sede procedimentale dalla parte ricorrente) né li recepisce espressamente tra i suoi motivi giustificativi, attesa l’esistenza dell’”ostacolo insormontabile” rappresentato dal (ritenuto) mancato rispetto delle disposizioni regolamentari in precedenza menzionate.
Sussistono infine, attesa l’originalità dell’oggetto della controversia, giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio sostenute dalle relative parti, fermo il diritto della parte ricorrente al rimborso del contributo unificato a carico del Comune di Pagani.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1535/2014, lo accoglie ed annulla per l’effetto il provvedimento di autotutela impugnato.
Spese compensate, fermo il diritto della parte ricorrente al rimborso del contributo unificato a carico del Comune di Pagani.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Giovanni Sabbato, Presidente FF
Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore
Maurizio Santise, Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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