TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 29 ottobre 2018, n. 6326

TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 29 ottobre 2018, n. 6326

MASSIMA
TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 29 ottobre 2018, n. 6326

Il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici. Tale vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale. Il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti. La situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, quinto comma e l’art. 338, comma 5 T.U.LL.SS., r.d. 25/7/1934, n. 1235 e s.m., non presidia interessi privati e non può legittimare interventi edilizi futuri su un’area indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura.

NORME CORRELATE

Art. 338 R.D. 25/7/1934, n. 1265https://www.funerali.org/wp-content/uploads/File/Leggi/rd34-1265_338.htm

Pubblicato il 29/10/2018
N. 06326/2018 REG.PROV.COLL.
N. 04585/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4585 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Francesco D.M., rappresentato e difeso dagli avvocati Gherardo Marone, Raffaella Veniero, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Napoli, via Cesario Console n. 3;
contro
Comune di Orta di Atella, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Renato Labriola, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via A. De Gasperi n. 33;
Per l’annullamento
(con il ricorso introduttivo)
della nota prot. n. 11283 del 10/07/2012 recante l’annullamento in autotutela della concessione edilizia n. 80 del 05/05/2002 e della variante in corso d’opera rilasciata in data 16/05/2003;
di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente;
(con il ricorso per motivi aggiunti)
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
dell’ordinanza n. 15 del 4/2/2013 recante ingiunzione di demolizione delle opere realizzate in fascia di rispetto cimiteriale;
di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Orta di Atella;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 settembre 2018 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – D.M. Francesco è proprietario di un fabbricato per civile abitazione sito in Orta di Atella alla via San Francesco, composto da un piano terra adibito a parcheggio ed ulteriori tre piani ad uso abitativo.
L’edificio risulta assentito da:
– concessione edilizia n. 80/2002;
– variante in corso d’opera del 16/5/2003 relativa alla sopraelevazione di un piano;
– permesso di costruire in sanatoria n. 155/2004 avente ad oggetto le difformità realizzate in violazione rispetto a quanto assentito con la C.E. n. 80/2002.
1.1 – Con provvedimento prot. n. 11283/2012 in data 27/6/12, il Responsabile del Settore Politiche del Territorio del Comune di Orta di Atella – in dichiarata conclusione del procedimento di annullamento in autotutela dei tre suddetti titoli avviato con comunicazione del 2/3/12 – ha preannunciato l’emissione di un’ordinanza di demolizione delle opere abusive (con esclusione di quelle già oggetto del p.d.c. in sanatoria n. 155/2004), previo sopralluogo sul fabbricato.
In tale provvedimento si afferma che una porzione del fabbricato ricade in fascia di rispetto cimiteriale e che la documentazione allegata al progetto originario è risultata contraddittoria e lacunosa, al punto da aver “probabilmente” indotto in errore il responsabile della SUE sull’esistenza dei presupposti per il rilascio del primo titolo edilizio.
1.2 – Successivamente, con ordinanza n. 15/2013, il medesimo funzionario (richiamato il provvedimento prot. n. 11283/2012 di annullamento della C.E. n. 80/02 e della variante in corso d’opera) ha ingiunto al D.M. la demolizione delle opere realizzate sulla fascia di rispetto cimiteriale (precisando trattarsi della porzione di fabbricato a destra del vano scala prospiciente la strada).
2 – Con ricorso notificato il 23/10/12 e depositato il 2/11/12, il D.M. ha impugnato l’atto conclusivo del procedimento di autotutela deducendo:
– violazione dell’art. 21 nonies l. 241/90: il provvedimento di autotutela è intervenuto a distanza di oltre dieci anni dal rilascio del primo dei titoli abilitativi, senza tenere conto dell’affidamento ingenerato dal decorso del tempo e dai successivi atti di assenso – anche in sanatoria – e senza alcuna motivazione in merito alla prevalenza dell’interesse pubblico al ripristino dello status quo ante;
– violazione dell’art. 10 bis l. 241/90: l’atto non contiene alcun riferimento alle copiose memorie difensive presentate dal ricorrente;
– violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/90 – eccesso di potere per sviamento – illogicità – disparità di trattamento: l’atto non indica specificamente le norme violate e, anzi, taluni dei riferimenti normativi in esso contenuti sono addirittura errati (ad es., quello all’art. 36 d.P.R. n. 380/01 – non essendo stato rilasciato alcun provvedimento riconducibile a tale fattispecie normativa; quello alla tav. XI della variante al PRG, collocandosi l’immobile in area B2, in cui l’edificazione non è subordinata all’approvazione di strumenti attuativi);
– violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/90 – eccesso di potere per sviamento – illogicità – disparità di trattamento – violazione e falsa applicazione dell’art. 28 l. 166/02: il Comune ha fatto cattiva applicazione dell’art. 338 del R.D. n. 1265/34, dal momento che il vincolo cimiteriale impone una determinata distanza dai centri abitati e non dalle singole proprietà. Peraltro, tale norma – come innovata dalla l. n. 166/02 (in vigore allorquando sono stati rilasciati i titoli abilitativi al ricorrente) – ammette, a determinate condizioni, la riduzione della distanza legale dal confine del cimitero. Nei luoghi di causa – sempre in zona di rispetto cimiteriale – infine, insistono costruzioni che non sono state oggetto di procedimenti sanzionatori;
– eccesso di potere: violazione dell’art. 2 della Costituzione e dell’art. 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – mancata graduazione della sanzione: l’Amministrazione non ha provveduto a comparare l’interesse privato (ormai consolidatosi per effetto del decorso del tempo) con quello pubblico sotteso al ripristino della legalità, né ha tenuto conto della sanabilità dell’abuso mediante il pagamento di una sanzione pecuniaria (impossibile essendo una demolizione parziale del fabbricato, senza danneggiarne la parte legittimamente realizzata).
3 – Con successivo ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente ha gravato l’ingiunzione di demolizione n. 15 del 4/2/13, affetta a suo dire – oltre che in via derivata dai vizi già prospettati in relazione alla nota n. 11283/12 – dai seguenti vizi propri:
– violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/90 – carenza di istruttoria e di motivazione – disparità di trattamento – illogicità: il Comune ha omesso di indicare le norme violate e neppure ha descritto in modo puntuale l’abuso commesso, limitandosi all’uso di locuzioni generiche inidonee a soddisfare l’obbligo di motivazione imposto per legge. Neppure, poi, risulta effettuato il sopralluogo che avrebbe dovuto precedere l’emanazione dell’ingiunzione di demolizione, secondo quanto preannunciato nella nota conclusiva del procedimento di autotutela;
– eccesso di potere per violazione del giusto procedimento: non è possibile comprendere in base a quale criterio il Comune abbia proceduto nel caso in esame, dato che non consta l’adozione di provvedimenti repressivi nei confronti dei proprietari di altri immobili limitrofi, anch’essi ricadenti in fascia di rispetto cimiteriale.
4 – Il Comune di Orta di Otella ha resistito al gravame, deducendo in merito all’infondatezza della pretesa del ricorrente ed eccependo in via preliminare:
– l’irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti, siccome irritualmente notificato al Comune invece che al suo procuratore costituito, in tal modo violando il principio desumibile dagli artt. 43 del c.p.a. e 170 del c.p.c.;
– la consequenziale improcedibilità del ricorso principale, proposto avverso l’atto che costituisce il fondamento unico dell’impugnata demolizione.
5 – Con ordinanza n. 828/13 è stata accolta l’istanza cautelare formulata in relazione alla disposta demolizione.
6 – Alla pubblica udienza del 18/9/2018 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
7 – In limine litis, va scrutinata l’eccezione di irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti avverso l’ingiunzione di demolizione n. 15/13, stanti le ripercussioni sulla procedibilità del ricorso principale proposto avverso il presupposto provvedimento di annullamento in autotutela di due dei titoli edilizi rilasciati al ricorrente.
7.1 – L’eccezione è infondata. Ed invero, “pur ribadendosi la necessità che la notifica dei motivi aggiunti avvenga al domicilio eletto ai sensi dell’art. 170 c.p.c., può ritenersi ammissibile anche la notifica effettuata al domicilio reale, quando questa abbia raggiunto lo scopo e il contraddittorio sia stato di fatto instaurato” (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 25/1/2017 n. 297), circostanze entrambe riscontrabili nella fattispecie in esame.
7.2 – Peraltro, “la giurisprudenza ha rilevato che i motivi aggiunti, allorché siano rivolti contro provvedimenti diversi da quelli impugnati con il ricorso principale, “possono non essere ritenuti inammissibili, quand’anche notificati al domicilio reale e non al domicilio eletto, a condizione che possiedano tutti i requisiti formali e sostanziali di un autonomo ricorso, e quindi che siano stati proposti sulla base di un nuovo mandato al difensore (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, sez. I di Bologna, 13/10/2014, n. 963; T.A.R. Valle d’Aosta, sez. I, 10 luglio 2013, n. 46) e che presentino una compiuta esposizione delle censure, non bastando una reiterazione delle stesse mediante un generico richiamo al ricorso introduttivo” (T.A.R. Sicilia Catania, sez. III – 9/8/2016 n. 2124 e la giurisprudenza ivi citata)” – T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 27/2/17 n. 274.
L’assunto è certamente applicabile al caso de quo, in cui risulta il conferimento di un mandato ad hoc per la proposizione del ricorso per motivi aggiunti e l’articolazione di specifici motivi di illegittimità propria e derivata dell’atto gravato.
7.3 – Il rigetto della scrutinata eccezione consente di superare la successiva (e condizionata) eccezione di improcedibilità del ricorso introduttivo, nonché la (subordinata) richiesta di stralcio del ricorso per motivi aggiunti formulata da parte ricorrente nella memoria del 27/11/13.
8 – Quanto al merito, giova preliminarmente evidenziare che – come correttamente supposto da parte ricorrente – il provvedimento impugnato può qualificarsi come atto di annullamento in autotutela della C.E. n. 80/2002 e della successiva variante in corso d’opera del 16/5/03 (non anche – come ivi precisato – del p.d.c. in sanatoria n. 155/04). Nonostante, infatti, l’atto difetti dell’esplicita dichiarazione di “annullamento in autotutela” dei titoli in precedenza rilasciati, che tale sia il suo oggetto è agevolmente ricavabile da una pluralità di univoci dati testuali:
– il richiamo alla comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela;
– l’elencazione delle illegittimità inficianti i titoli edilizi rilasciati al ricorrente;
– la dichiarata conclusione del procedimento (che non può che essere quello del cui avvio l’atto ha precedentemente dato conto);
– la preannunciata emissione dell’ordinanza di demolizione per le opere abusivamente realizzate in fascia di rispetto cimiteriale, che presuppone il preventivo annullamento dei titoli edilizi illegittimi.
8.1 – Tanto premesso, il gravame proposto avverso il provvedimento di annullamento in autotutela della C.E. n. 80/02 e della variante in corso d’opera del 16/5/03 si palesa infondato.
È, infatti, incontestato da parte del ricorrente che una porzione del fabbricato ricada nella fascia di rispetto cimiteriale: tale circostanza è da sola idonea a sostenere la motivazione del gravato provvedimento di autotutela.
Ed invero, l’art. 338, comma 1 del regio decreto n. 1265/1934 così recita: “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste nella legge”.
Orbene, “al riguardo la giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, si è da tempo orientata verso il principio per cui “il vincolo cimiteriale di inedificabilità viene ad imporsi ex se, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla esistenza o sui limiti di tal vincolo”, ed ancora: “Il vincolo imposto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall’art. 57 D.P.R. n. 285/1990 è un vincolo assoluto di inedificabilità ex lege, tale da prevalere addirittura anche su eventuali disposizioni urbanistiche contrarie (cfr. T.A.R. Toscana Firenze, Sez. III, 2 febbraio 2015, n. 181). Trattasi di un vincolo assoluto di inedificabilità, che non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 14 novembre 2014, n. 5942). Sul punto la giurisprudenza è costante (cfr. Cons. Stato, V, 14 settembre 2010, n. 6671, 30 maggio 2007, n. 1935), nell’affermare pure che esso è tale da precludere il rilascio della concessione, anche qualora essa sia richiesta in sanatoria, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell’opera con i valori tutelati dal vincolo (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 9 marzo 2016, n. 949 cit., T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 2 febbraio 2015, n. 184, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 18 gennaio 2012, n. 77)” – T.A.R. Campania – Napoli, sez. VIII, sent. 3/1/17 n. 59.
8.1.1 – Discende, da quanto innanzi evidenziato, l’infondatezza della tesi del ricorrente secondo cui l’atto non rispetterebbe l’onere di motivazione imposto dall’art. 21 nonies l. n. 241/90.
Sussistendo, infatti, il qui esaminato vincolo cimiteriale, va osservato che se è vero che “il decorso del tempo onera l’amministrazione che intenda procedere all’annullamento in autotutela di un titolo edilizio illegittimo di motivare puntualmente in ordine alle ragioni di interesse pubblico sottese all’annullamento e alla valutazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. E’ parimenti vero, però, che tale onere motivazionale non muta il rilievo relativo da riconoscere all’interesse pubblico e la preminenza che deve essere riconosciuta al complesso di interessi e valori sottesi alla disciplina edilizia e urbanistica. Si pensi (e solo a mo’ di esempio) al titolo edilizio illegittimamente rilasciato in area interessata da un vincolo di inedificabilità assoluta o caratterizzata da un grave rischio sismico: in tali ipotesi la motivazione dell’atto di ritiro potrà essere legittimamente fondata sul richiamo all’inderogabile disciplina vincolistica oggetto di violazione, ben potendo tale richiamo assumere un rilievo preminente in ordine al complesso di interessi e di valori sottesi alla fattispecie. Nelle ipotesi di maggiore rilievo, quindi (e laddove venga in rilievo la tutela di preminenti valori pubblici di carattere – per così dire – ‘autoevidente’), l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate le quali normalmente possano integrare le ragioni di interesse pubblico che depongono nel senso dell’esercizio del ius poenitendi” (Consiglio di stato, A.P. n. 8/2017).
8.2 – Alla luce delle considerazioni che precedono, perdono consistenza le censure recate dai motivi n. 2 e n. 3 del ricorso introduttivo, risultando la motivazione incentrata sulla violazione del vincolo cimiteriale (per un verso) non superabile dalle osservazioni presentate dal ricorrente e (per altro verso) “assorbente” rispetto ad ulteriori violazioni asseritamene oggetto di erronei riferimenti normativi.
8.3 – Né può assumere – nella fattispecie – rilievo dirimente l’esigenza di tutela del legittimo affidamento, dal momento che non può ritenersi “incolpevole” (e, quindi, tutelabile) l’affidamento di chi abbia consapevolmente edificato in zona vincolata, violando le relative prescrizioni. Non può essere sottaciuto, infine, che nessuna controdeduzione si rinviene in ricorso in ordine alle carenze/incongruenze documentali della pratica edilizia prospettate nel provvedimento.
8.4 – Quanto, infine, al dedotto eccesso di potere per disparità di trattamento, è sufficiente osservare che eventuali omissioni e/o carenze in relazione all’operato dell’Amministrazione non valgono – in ogni caso – a giustificare e, tanto meno, a imporre ulteriori carenze e/o omissioni, e che non giova, in ogni caso, al ricorrente prospettare la comparazione con situazioni (eventualmente) parimenti immeritevoli di tutela.
9 – Anche il ricorso per motivi aggiunti avente ad oggetto l’ingiunzione di demolizione si rivela infondato.
9.1 – In relazione ai prospettati vizi “derivati”, si richiama integralmente quanto argomentato nei punti che precedono.
9.2 – Quanto ai dedotti vizi propri dell’ingiunzione, invece, osserva il Collegio che non sussiste la prospettata carenza motivazionale in relazione all’interesse pubblico sotteso alla demolizione, non essendo revocabile in dubbio la natura doverosa della misura repressiva, all’esito dell’annullamento dei titoli edilizi che hanno consentito l’edificazione di una porzione del fabbricato del ricorrente sulla fascia di rispetto cimiteriale (porzione specificata nell’atto).
9.2.1 – Né la genericità dei richiami normativi osta all’esatta comprensione delle illegittimità riscontrate, esplicitate nella premessa del provvedimento e, comunque, agevolmente ricavabili dalla nota prot. 11283, oggetto di plurimi richiami.
9.2.2 – Infine, tralasciando in questa sede di scrutinare la natura formale o sostanziale (ed in questo caso, emendabile o meno) del vizio che ha determinato l’annullamento dei titoli edilizi per i quali è causa, va osservato che la invocata “sanabilità” delle opere mediante il pagamento di una sanzione pecuniaria costituirebbe, in ogni caso, oggetto di una valutazione da compiere nella fase esecutiva dell’ordinanza, implicante l’accertamento dell’effettiva impossibilità tecnica della disposta demolizione.
10 – Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso principale e quello per motivi aggiunti.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune di Orta di Atella, che liquida in euro 2.000,00 oltre accessori come per legge, con distrazione in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Michelangelo Maria Liguori, Presidente FF
Rosalba Giansante, Consigliere
Viviana Lenzi, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE (Viviana Lenzi=
IL PRESIDENTE (Michelangelo Maria Liguori)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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