Corte dei Conti, Lombardia, 17 dicembre 2013, n. 544

Norme correlate:
Capo 18 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990

Riferimenti: Cost. art. 117, comma 2, lett. l

Testo completo:
Corte dei Conti, Lombardia, 17 dicembre 2013, n. 544
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA
composta dai magistrati:
dott. Nicola Mastropasqua Presidente
dott. Giuseppe Roberto Mario Zola Consigliere
dott. Alessandro Napoli Referendario
dott.ssa Laura De Rentiis Referendario
dott. Donato Centrone Referendario (relatore)
dott. Francesco Sucameli Referendario
dott. Cristiano Baldi Referendario
dott. Andrea Luberti Referendario
nell’Adunanza del 26 novembre 2013
e nella camera di consiglio del 5 dicembre 2013
visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;
vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;
vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;
vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;
visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;
vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;
vista la legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 166 e seguenti;
visto l’art. 3 del d.l. n. 174/2012, convertito con legge n. 213/2012;
udito il relatore, dott. Donato Centrone
Premesso in FATTO
In sede di esame del questionario trasmesso dall’Organo di revisione del Comune di Assago (MI), relativo al rendiconto 2011, redatto ai sensi dell’articolo 1, commi 166-168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono emerse alcune criticità per le quali è stata avanzata richiesta istruttoria n. 2285 del 06/03/2013 in ordine a:
I. ammontare del risultato d’amministrazione che, indicato al quadro 1.4, in € 17.359.292,75, risulterebbe invece pari a € 22.017.659,33 sommando al fondo cassa (quadro 1.5) il saldo fra residui attivi e passivi (quadro 1.8.4);
II. motivazioni per le quali si registrano sensibili mancate riscossioni, con conseguente formazione di residui al 31/12/2011, relativamente alle entrate derivanti da recupero evasione tributaria (€ 1.671.562,41);
III. ragioni della mancata risposta al quesito 7.1.6, inerente il rispetto delle disposizioni dettate dall’art. 9 comma 21 del d.l. n. 78/2010, in tema di progressioni orizzontali;
IV. ragioni della sensibile discrasia esistente fra la mole complessiva dei residui passivi (€ 16.839.655,00), risultanti al 31/12/2011 (quadro 1.8.4), ed i debiti (€ 3.327.623,40) riportati nella situazione patrimoniale (quadro 9.2);
V. ragioni della sensibile discrasia esistente fra il riaccertamento di residui attivi (€ 12.991,29) e passivi (€ 4.353.975,57) derivanti dalla gestione in conto capitale;
VI. residui passivi di Titolo II, derivanti da esercizi anteriori al 2007 (€ 1.316.676), specificando se dovuti a mancato completamento delle opere programmate e/o a ritardo nei pagamenti degli stati d’avanzamento.
VII. mancata compilazione della parte del Questionario riferita agli “organismi partecipati”, pur avendone dichiarato la presenza alla domanda 2.12 e 2.13”.
Il revisore dei conti, con nota prot. n. 4567 del 14/03/2013 (acquisita dalla Sezione con prot. n. 2719 del 15/03/2013) e successiva risposta integrativa (prot. in entrata n. 10529 del 28/10/2013), ha fornito i dovuti chiarimenti relativamente ai punti I, III, IV, V, VI e VII, che sono stati di conseguenza archiviati. Con riferimento al punto II è emersa, invece, la necessità di approfondimenti in sede collegiale, come da proposta di deferimento al Presidente della Sezione del 18 novembre 2013.
La relazione di deferimento reca un’ulteriore situazione sottoposta all’esame del Collegio, appresa a seguito di comunicazione della Procura regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale per la Lombardia (prot. n. 8387/2013) e allegato esposto, sottoscritto da alcuni consiglieri comunali in data 02/05/2012, depositato presso l’ufficio della Procura in data 15/05/2012). Dall’indicata documentazione si desumerebbe la potenziale elusione dei vincoli di finanza pubblica, in particolare dei limiti imposti dal patto di stabilità interno per il 2011, con riferimento alla riscossione di € 514.000, a fine esercizio 2011,  a titolo di corrispettivo per la concessione di n. 3 cappelle gentilizie site nel cimitero di Assago, il cui procedimento, non conclusosi positivamente, ha dato luogo, nei primi giorni del 2012, alla restituzione del contributo ricevuto.
All’adunanza del 26/11/2013 sono intervenuti, in rappresentanza del Comune, il Sindaco, il segretario generale ed il responsabile del servizio economico e finanziario.
Considerato in FATTO e DIRITTO
La legge 23 dicembre 2005, n. 266, all’art. 1, comma 166, ha previsto che le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti svolgano verifiche ed accertamenti sulla gestione finanziaria degli Enti locali, esaminando, per il tramite delle relazioni trasmesse dagli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali, i bilanci di previsione ed i rendiconti.
La magistratura contabile ha sviluppato le indicate verifiche in linea con le previsioni contenute nell’art. 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131, quale controllo ascrivibile alla categoria del riesame di legalità e regolarità, che ha la caratteristica di finalizzare le verifiche all’adozione di effettive misure correttive da parte degli Enti interessati.
L’art 3, comma 1 lett. e) del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, ha introdotto nel TUEL l’art. 148-bis (intitolato “Rafforzamento del controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali”), il quale prevede che la Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esaminano i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell’osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, della sostenibilità dell’indebitamento, dell’assenza di irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti. Ai fini della verifica in questione la magistratura contabile deve accertare che i rendiconti degli enti locali tengano conto anche delle partecipazioni in società alle quali è affidata la gestione di servizi pubblici locali e di servizi strumentali.
In base all’art. 148 bis, comma 3, del TUEL, qualora le Sezioni regionali della Corte accertino la sussistenza “di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno”, gli Enti locali interessati sono tenuti ad adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione della delibera di accertamento, “i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio”, e a trasmettere alla Corte i provvedimenti adottati in modo che la magistratura contabile possa verificare, nei successivi trenta giorni, se gli stessi sono idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio. In caso di mancata trasmissione dei provvedimenti correttivi o di esito negativo della valutazione, “è preclusa l’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria”.
Come precisato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 60/2013), l’art. 1, commi da 166 a 172, della legge n. 266 del 2005 e l’art. 148-bis del d.lgs. n. 267 del 2000, introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera e), del d. l. n. 174 del 2012, hanno istituito tipologie di controllo, estese alla generalità degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, finalizzati ad evitare danni agli equilibri di bilancio. Tali controlli si collocano, pertanto, su un piano distinto rispetto al controllo sulla gestione amministrativa di natura collaborativa, almeno per quel che riguarda gli esiti. Queste verifiche sono compatibili con l’autonomia di Regioni, Province e Comuni, in forza del supremo interesse alla legalità costituzionale finanziaria e alla tutela dell’unità economica della Repubblica (artt. 81, 119 e 120 Cost.).
Tali prerogative assumono ancora maggior rilievo nel quadro delineato dall’art. 2, comma 1, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che, nel comma premesso all’art. 97 Cost., richiama il complesso delle pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, ad assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.
Qualora le irregolarità esaminate dalla Sezione regionale non siano così gravi da rendere necessaria l’adozione della pronuncia di accertamento prevista dall’art. 148 bis, comma 3 del TUEL, siffatta funzione del controllo sui bilanci suggerisce di segnalare agli Enti anche irregolarità contabili non gravi, soprattutto se accompagnate da sintomi di criticità o da difficoltà gestionali, al fine di prevenire l’insorgenza di situazioni di deficitarietà o di squilibrio, idonee a pregiudicare la sana gestione finanziaria. In ogni caso, l’Ente interessato è tenuto a valutare le segnalazioni ricevute ed a porre in essere interventi idonei per addivenire al loro superamento.
I. Sensibili mancate riscossioni di alcune entrate rispetto agli importi accertati
L’esame del rendiconto relativo all’esercizio 2011 (cfr. quadro 1.6.4) ha messo in luce la presenza, al 31/12/2011, di un’elevata percentuale di residui attivi (€ 1.671.526,41) derivanti da accertamenti di entrate, a titolo di recupero evasione tributaria, iscritti nel corso del medesimo esercizio (per € 1.750.822), ma riscossi, a fine anno, nella sola misura di € 79.295,59 (con mancato incasso pari, in percentuale, al 95,47%).
Dal questionario sul rendiconto emerge, altresì, il sensibile scarto tra l’entità delle somme inizialmente inserite nel bilancio di previsione a tale titolo (pari a € 100.000), e quelle invece poi accertate (€ 1.750.822). Nelle note, il revisore ha chiarito che gli scostamenti rilevati sono stati verificati, a chiusura d’esercizio, con l’analisi degli avvisi di accertamento elaborati dal competente ufficio comunale.
Nella risposta istruttoria del 14/03/2013 il revisore dei conti ha ribadito che di aver verificato l’iscrizione di accertamenti per recupero evasione tributaria, riferentisi a periodi per i quali non era ancora intervenuta la prescrizione. In merito al mantenimento dei ridetti residui, ha evidenziato che, stanti i recenti interventi legislativi in materia di riscossione coattiva, i termini per la conclusione del procedimento risultano ampliati. Da ultimo, ha rappresentato come, per gli accertamenti sopra esposti, sono stati avviati alcuni contenziosi, ora pendenti in vari gradi del giudizio tributario.
Dall’esame documentale di altra fonte probatoria, in particolare dell’esposto pervenuto tramite la Procura regionale (indicato nelle premesse in fatto), si desumono ulteriori elementi in materia di stima previsionale ed accertamento delle predette entrate tributarie.
Nello specifico, delle maggiori entrate accertate rispetto a quelle previste, quasi un milione di euro non avrebbe costituito oggetto di notifica, alla data del 31/12/2011, nei confronti dei contribuenti. Inoltre, buona parte degli avvisi di accertamento notificati (indicati per circa 500 mila euro nel prospetto allegato all’esposto) sarebbero stati impugnati presso le competenti commissioni tributarie.
Nella memoria pre adunanza del 25/11/2013, il Sindaco ha confermato gli scostamenti (€ 1.671.526,41) fra accertamenti effettuati nel 2011 a titolo di recupero evasione tributaria (€ 1.750.822) e le relative riscossioni (€ 79.295,59), precisando che si tratta di posizioni creditorie incassate nel corso degli esercizi successivi o oggetto di contenzioso.
Dalla tabella esposta nella memoria, tuttavia, emerge come, alla data del 30/10/2013, gli incassi sono stati complessivamente pari a € 448.443,67 (meno del 30% degli accertamenti effettuati nel 2011), mentre risultano da incassare, sempre alla stessa data, € 815.739,17 (in parte oggetto di ricorso presso la competente Commissione tributaria).
Si evidenzia inoltre come i dati esposti nella memoria lascerebbero emergere una differenza, pari a circa 400 mila euro, fra accertamenti non riscossi al 31/12/2011 (€ 1.671.526,41) e la somma di riscossioni (€ 448.443,67) e residui attivi rilevati alla data del 30/10/2013 (€ 815.739,17). Si suppone si tratti di posizioni riaccertate in diminuzione nel corso degli esercizi 2012 e 2013, che confermerebbero la presenza di accertamenti assunti, verso la fine dell’esercizio 2011, a titolo di recupero evasione tributaria (notificati in parte nel 2012), in misura superiore all’effettiva ragione di credito vantata dal Comune (cfr. art. 179 TUEL).
I dati numerici esposti assumono un’importanza significativa non solo per la valutazione degli equilibri di bilancio complessivi dell’Ente (determinati dalla reale esigibilità dei residui attivi, che costituiscono, assieme alla cassa, la componente positiva del risultato d’amministrazione), ma anche ai fini dell’incidenza sul conseguimento degli obiettivi posti dal patto di stabilità, rispettato dal Comune nel 2011 per soli € 61.000 (pari alla differenza tra il saldo finanziario rilevante, € 21.000, e l’obiettivo programmatico rideterminato, € – 40.000).
Una sovrastima degli accertamenti di entrata (che, per le risorse ricavabili dal recupero dell’evasione tributaria, evidenzia una differenza sensibilmente superiore a quello rilevante ai fini del patto), può permettere il conseguimento dell’obiettivo pur in presenza di posizioni attive non fondate su reali e attendibili ragioni di credito da parte dell’Amministrazione.
Essendo gli obiettivi del patto di stabilità interno costruiti in termini di c.d. “competenza mista”, con rilevanza per le entrate correnti (quali quelle tributarie), dell’ammontare degli accertamenti (a prescindere dalle riscossioni), un eventuale artificioso aumento dei primi rileva comunque positivamente.
Quanto esposto assume rilevanza, in primo luogo, ai fini dell’adozione di corretti comportamenti di gestione da parte dell’Amministrazione comunale nel prossimo futuro.
Opportuno si presenta, nei casi in cui il Comune non sia in grado di avere stime precise sull’attendibilità delle entrate di competenza dell’esercizio, procedere all’imputazione a bilancio (accertamento) solo in seguito all’effettivo incasso delle somme dovute. Trattasi di modus operandi (accorpamento dei momenti dell’accertamento e della riscossione) che non rispetta, sul piano procedimentale, le distinzioni previste, per le fasi dell’entrata, dagli artt. 178 e seguenti del TUEL, ma appare maggiormente rispondente, nella sostanza, ai principi di veridicità e trasparenza del bilancio, nei casi in cui non si posseggano dati per una stima attendibile delle entrate annuali riscuotibili.
L’esigenza che l’accertamento sia iscritto a bilancio solo in presenza di fondate ragioni di credito (trattandosi di momento diverso rispetto alla previsione di entrata, effettuata in sede di bilancio di previsione o dei provvedimenti di variazione e assestamento), emerge dalla formulazione dell’art. 179 TUEL il quale richiede che, sulla base di idonea documentazione, sia possibile accertare (da parte del competente ufficio, come del responsabile del servizio economico e finanziario) la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico, individuare il debitore, quantificare la somma da incassare e fissare la relativa scadenza.
Tale esigenza è esplicitata altresì dai Principi contabili redatti dall’Osservatorio per la contabilità e la finanza per gli enti locali del Ministero degli Interni, che evidenziano come, in mancanza anche di uno soltanto dei requisiti indicati dall’art. 179 TUEL, non può farsi luogo ad accertamento.
In particolare, non rispetta il principio della veridicità, l’accertamento di somme ove non si siano perfezionate le condizioni per portare i crediti a conoscenza dei terzi nei modi che si rendono necessari per avere titolo alla loro riscossione (invece, in base ai prospetti forniti dal Comune, numerosi provvedimenti risultano notificati ai contribuenti interessati nel successivo esercizio 2012).
L’esigenza di avvicinare il momento dell’accertamento con quello della riscossione, sia per ragioni di trasparenza e attendibilità dei bilanci che per garantire un reale equilibrio nel tempo (attenuando il rischio di copertura di spese, ex art. 187 TUEL, mediante avanzi d’amministrazione non veritieri), è stato fatto proprio dal legislatore con il decreto legislativo sull’armonizzazione dei bilanci n. 118/2011, emanato in virtù della delega contenuta nella legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009.
L’allegato 1 “Principio della competenza finanziaria” al DPCM 28/11/2011, emanato in attuazione degli artt. 3 e 36 del d.lgs. n. 118/2011, prevede che tutte le obbligazioni giuridicamente perfezionate, attive e passive, che danno luogo a entrate e spese per l’ente, devono essere registrate nelle scritture contabili quando l’obbligazione è perfezionata, con imputazione all’esercizio in cui l’obbligazione viene a scadenza. L’accertamento costituisce la fase dell’entrata con la quale si perfeziona il diritto di credito relativo ad una riscossione e si imputa contabilmente all’esercizio finanziario nel quale il diritto di credito viene a scadenza.
In relazione al profilo specifico di potenziale elusione, a causa di sensibili percentuali di accertamenti non riscossi, degli obiettivi posti dal patto di stabilità interno, va ricordato come l’art. 31, commi 30 e 31, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012), nel disciplinare l’istituto per il triennio 2012-2014, ha introdotto misure volte proprio ad impedire comportamenti elusivi, che saranno esaminate, in riferimento alla fattispecie concreta, nel successivo paragrafo.
II. Elusione dei vincoli posti dal patto di stabilità interno Dall’esame della relazione redatta, ai sensi dell’art. 1, comma 166 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dal revisore del Comune di Assago, in ordine alle risultanze del rendiconto relativo all’esercizio 2011, il Patto di stabilità risulterebbe rispettato (cfr. tabella 5.3). A fronte dell’obiettivo programmatico 2011, rideterminato in € -40.000, il Comune dichiara, infatti, un saldo finanziario di € 21.000, con una differenza positiva di € 61.000.
Successive acquisizioni istruttorie, assunte a seguito della documentazione trasmessa dalla Procura di questa magistratura sulla base di un circostanziato esposto-denuncia depositato, in data 15/05/2012, da alcuni Consiglieri del comune di Assago, farebbero emergere invece il mancato conseguimento degli obiettivi posti dal patto di stabilità interno per il 2011. La violazione/elusione originerebbe dai fatti e atti, di seguito cronologicamente riportati, che, nella traduzione contabile, evidenzierebbero un rispetto solo formale della norma imperativa di finanza pubblica.
Con deliberazione di Giunta n. 212 del 19/10/2010, avente ad oggetto “Modifica del bando per la concessione delle cappelle gentilizie nel cimitero comunale di Assago”, veniva approvato un bando per la concessione di cappelle gentilizie, modificando alcuni articoli di quello precedentemente approvato con deliberazione di Giunta n. 119 del 21/05/2010.
Al termine dell’anno 2011, la società “Tecno’ 80 Società di Costruzioni Generali srl” chiedeva l’assegnazione della concessione prevista dal ridetto bando, per un numero di tre cappelle gentilizie, sottoscrivendo il modulo di impugnativa unilaterale (come da modello allegato all’indicato bando) e presentandolo, in data 30/12/2011, al competente ufficio comunale (con ricezione a protocollo n. 21060 nella medesima data).
L’atto in parola vincolava la società ad impegnarsi a stipulare, all’esito delle verifiche da parte dei competenti uffici dell’Ente, regolare contratto di concessione per n. 3 cappelle gentilizie presenti nel cimitero comunale (alle condizioni riportate nelle pregresse delibere di Giunta comunale n. 43/2009 e n. 119/2010).
In particolare, la società chiedeva la concessione per n. 1 cappella gentilizia di “categoria A per non residenti” (la cui tariffa è fissata, dal bando, in € 118.000) e n. 2 cappelle gentilizie di “categoria C per non residenti” (la cui tariffa è fissata in € 198.000).
Sempre in data 30/12/2011, la società istante provvedeva all’immediato versamento del complessivo onere di concessione (€ 514.800) presso il tesoriere dell’Ente.
L’entrata viene imputata dal Comune al titolo IV (entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti) del bilancio 2011 (risorsa 4300, “proventi per concessione cappelle cimiteriali”).
Senza tale versamento, riferiscono gli esponenti, il bilancio comunale non avrebbe conseguito gli obiettivi finanziari posti dal patto di stabilità interno (sforandoli per circa 450 mila euro).
Il procedimento amministrativo di esame dell’istanza di concessione ha inizio il primo giorno lavorativo utile successivo (il 02/01/2012), data in cui il responsabile dell’area edilizia pubblica del Comune invia alla società “Tecno’ 80 SCG s.r.l.” una missiva (prot. n. 59/2012), avente ad oggetto “Bando di assegnazione cappelle gentilizie del cimitero comunale Rif Vs Istanza del 30.12.2011 prot. n. 21060”, con richiesta di indicare i nominativi delle persone fisiche assegnatarie. La nota precisa che la mancata produzione di quanto richiesto determina l’impossibilità di concludere il procedimento di assegnazione.
Il giorno seguente (con nota assunta al protocollo dell’Ente, con n. 103, in data 04/01/2012), la società Tecno’ 80 srl riscontra la missiva, dichiarando di non aver alcun nominativo di persona fisica da fornire. In particolare, aggiunge che l’istanza di concessione (l’impegnativa unilaterale del 30/12/2011) era stata fatta al solo fine di un possibile investimento economico.
Pochi giorni dopo, il responsabile dell’Area edilizia pubblica, con ulteriore nota (prot. n. 227 del 09/01/2012), evidenzia alla società l’impossibilità di dar corso con esito positivo al procedimento amministrativo di assegnazione delle cappelle gentilizie (alla luce della qualità soggettiva dell’istante, una società di capitali, e del fine perseguito, di investimento, incompatibile con le regole di assegnazione delle ridette cappelle).
A sua volta, la società, nella medesima giornata del 09/01/2012 (nota assunta al protocollo dell’Ente il giorno 10/01/2012, con il n. 236), prendendo atto dell’impossibilità della conclusione del procedimento, chiede l’immediata restituzione (anche a causa delle difficoltà economiche in cui si troverebbe) dell’importo di € 514.000 versato nelle casse del Comune il 30/12/2011.
Gli esponenti evidenziano, in proposito, la contraddittorietà del comportamento della società istante che, dopo soli 10 giorni dal versamento di un cospicuo importo (peraltro, come si vedrà, nemmeno dovuto), afferma di versare in una situazione di difficoltà economica e, anche per tale motivo, chiede l’immediata restituzione di quanto corrisposto, pena l’applicazione degli interessi legali fino al momento del soddisfo.
La richiesta viene tempestivamente evasa dall’Amministrazione comunale che, il giorno seguente, con Determinazione n. 5 del 10/01/2012 (recante ad oggetto “Assegnazione cappelle gentilizie presso il cimitero Comunale alla Soc. Tecno’ 80 SGC srl, impossibilità di conclusione del procedimento amministrativo e rimborso somma versata”), rimborsa quanto dovuto alla società (€ 514.800, con imputazione all’ex cap 3300 RP 2011 “costruzione manufatti cimiteriali”).
Circa un mese dopo, in data 08/02/2012, i consiglieri comunali denuncianti, dopo aver rilevato il divieto di concessione di aree per sepolture private a persone o enti che mirino a farne oggetto di lucro o di speculazione (cfr. art. 92, comma 4, DPR n. 295/1990), inviano al Segretario comunale, al Responsabile dell’area finanziaria ed al Revisore dei conti (e, per conoscenza, al Sindaco, al Prefetto di Milano ed alla Procura della Corte dei conti), una richiesta di chiarimenti in merito al rispetto del patto di stabilità per il 2011, compendiata nei seguenti punti:
1. In quale capitolo del bilancio risultano collocate le somme versate dalla Tecno ’80 Società Costruzioni Generali Srl;
2. se l’entrata in questione sia stata presa in considerazione al fine del calcolo del Patto di stabilità ed in caso di risposta affermativa su quali presupposti giuridici è stata adottata tale scelta tenuto conto che la nullità dell’atto, per carenza dei presupposti soggettivi, non produce effetti conseguenti;
3. per quale ammontare risulta rispettato il patto di stabilità.
L’amministrazione comunale, in persona del responsabile dell’area finanziaria, del segretario comunale e del revisore dei conti, fornisce riscontro alla predetta istanza con la nota prot. n. 3473/12 del 6 marzo 2012, specificando che il versamento della somma di 514.800, effettuato presso la Tesoreria Comunale in data 30 dicembre 2011, è stato incassato con l’emissione del relativo ordinativo entro il termine della chiusura dell’esercizio finanziario, con imputazione alla risorsa 4300. La suddetta somma è stata valorizzata al fine del rispetto del patto di stabilità 2011 nel rispetto dei principi contabili vigenti.
Per quanto riguarda il rispetto del Patto di stabilità 2011 si allega il monitoraggio relativo al secondo semestre dal quale risulta il raggiungimento dell’obiettivo in 37.000 euro (tale importo, si precisa, è stato successivamente modificato in € 61.000, in sede di approvazione del rendiconto, avvenuta in data 23 aprile 2012).
Dalle circostanze sopra esposte i consiglieri firmatari l’esposto evincono che il rispetto del patto di stabilità per il 2011 sarebbe stato artatamente ottenuto al termine di un procedimento viziato in fatto e in diritto.
L’atto unilaterale di impegno (sulla cui base si è proceduto alla contabilizzazione dell’entrata di € 514.000), pervenuto al Comune alla fine del 2011, sarebbe illegittimo poiché violativo dell’art. 92, comma 4, del DPR n. 285/1992, ai sensi del quale non può essere fatta concessione di aree per sepolture private a persone o enti che mirino a farne oggetto di lucro o speculazione.
Inoltre, sarebbero sintomatici di comportamenti elusivi delle regole del patto di stabilità interno la tempistica degli atti (fine dicembre 2011–inizio gennaio 2012) e le complessive modalità dell’operazione posta in essere.
Le finalità lucrative della società “Tecno’ 80 srl”, società di capitali che ha nella ragione sociale la denominazione di “società di costruzioni generali”, sarebbero state, a detta degli esponenti, facilmente evincibili, sin dal ricevimento dell’atto unilaterale (30/12/2011), anziché essere oggetto di approfondimento e conseguente presa d’atto, da parte dell’Ente, solo dopo (02/01/2012) l’avvenuta riscossione del contributo di concessione. Del pari sorprende, sempre secondo gli esponenti, la sopraggiunta consapevolezza della società, dopo pochi giorni dal versamento del contributo di concessione, di uno stato di crisi economica, tale da vederla costretta a richiedere l’immediato rimborso delle somme pagate.
Di qui la conclusione circa l’elusività dei comportamenti indicati, strumentalmente volti all’ottenimento di un saldo finanziario rispondente all’obiettivo programmatico posto dal patto di stabilità 2011.
La disciplina normativa sanzionante l’elusione del patto di stabilità interno L’art. 31, commi 30 e 31, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità per il 2012), nel disciplinare il patto di stabilità per il triennio 2012-2014, hanno introdotto misure volte ad impedire, da parte degli Enti, comportamenti elusivi della ridetta norma di coordinamento della finanza pubblica.
In particolare, il comma 30 dispone, quale sanzione di tipo civilistico, la nullità dei contratti di servizio e degli altri atti, posti in essere dagli enti locali, che si configurino elusivi delle regole del patto (per le quali la Circolare RGS riporta alcuni possibili esempi).
Il comma 31, inoltre, nell’introdurre e disciplinare sanzioni pecuniarie per i responsabili di atti elusivi alle regole del patto, prevede che queste ultime possano essere comminate dalle Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti, qualora si accerti che il rispetto del patto di stabilità interno è stato artificiosamente conseguito mediante una non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio o altre forme elusive.
In base ai chiarimenti forniti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ragioneria Generale dello Stato, nelle Circolari n. 5 del 14/02/2012 e n. 5 del 07/02/2013, si configura una fattispecie elusiva ogni qualvolta siano attuati comportamenti che, pur legittimi, risultino intenzionalmente e strumentalmente finalizzati ad aggirare i vincoli di finanza pubblica. Ne consegue che risulta fondamentale valutare la finalità economico-amministrativa dei provvedimenti adottati dall’Ente e la conseguente rappresentazione in bilancio.
Come precisato dalla scrivente Sezione anche in sede consultiva (cfr., per esempio, deliberazione n. 405/2012/PAR), il legislatore ha individuato una modalità tipica di artificioso conseguimento, da parte dell’amministrazione, degli obiettivi finanziari posti dal Patto (la “non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio”), integrabile con svariati comportamenti, provvedimenti, atti e contratti.
Alla fattispecie tipica ha associato, quale clausola di chiusura, quella delle “altre forme elusive”, che, pur essendo di natura ampia e non tipizzabile, alla luce dell’obiettivo di carattere finanziario da perseguire (costruito sui risultati del rendiconto consuntivo), dovrà risolversi anch’essa, sul piano della rappresentazione in bilancio, in una “non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli”.
Questo termine, infatti, si riferisce ad una clausola generale volta ad individuare un insieme di condotte, di per sé lecite, ma che, collegate tra di loro, risultano finalizzate ad aggirare la legge per realizzare un determinato risultato illecito, vietato dalla norma (cfr. da ultimo Corte dei Conti, Sez. controllo Veneto, delibera n. 167/2013).
Clausole generali siffatte si trovano in vari rami dell’ordinamento. Nell’ambito del diritto civile, la giurisprudenza ha da tempo elaborato la figura dell’abuso del diritto, come clausola generale, fondata sul principio di buona fede, con riferimento, ad esempio, al comportamento di un soggetto che esercita i diritti, attribuitigli dalla legge o dal contratto, attraverso una serie di comportamenti non tipizzati, di per sé non illeciti, ma contrastanti con gli scopi propri del singolo istituto giuridico o, comunque, posti in essere per realizzare uno scopo diverso da quello per il quale questi diritti sono preordinati (Cass., sez. I, sent. 15482/2003; Cass., sez. III, 10182/2009; Cass. sez. III, sent. n. 28286/2011).
Un’esemplificazione di tale principio si riscontra, inoltre, nel diritto tributario. La giurisprudenza ha, infatti, anche qui riconosciuto l’esistenza di un generale principio antielusivo, in base al quale il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale. Idem nel caso in cui si proceda ad un’artificiosa scomposizione dell’operazione economica, al fine di fruire di agevolazioni fiscali, pur previste dall’ordinamento (Cass., SS.UU., sentenza n. 30055/2008).
In ambito contabile-finanziario, tali principi hanno permesso di riscontrare una forma elusiva al patto di stabilità interno ogniqualvolta “l’ente interessato, in modo preordinato, realizzi un’operazione che, pur legittima in sé, sia idonea ad occultare il peso finanziario, che tuttavia finirà, sia pure indirettamente, per gravare sulle poste debitorie dell’ente stesso”.
Questo, tramite un comportamento, contrario a buona fede, in base al quale l’ente “costruisce l’operazione nel modo che ritiene maggiormente opportuno in relazione alla normativa finanziaria ritenuta più vantaggiosa” (Sezione Regionale di controllo della Lombardia, deliberazione n. 405/2012/PAR).
Come esposto, questi principi sono stati, in materia, esplicitamente riconosciuti dal legislatore con l’art. 20, comma 12, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111 (e, di seguito, nell’art. 31, commi 30 e 31, della legge di stabilità per il 2012 n. 183/2011), dove si fa espresso riferimento all’ipotesi in cui il rispetto del patto di stabilità interno sia stato artificiosamente conseguito, mediante una “non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio” o mediante “altre forme elusive”. Le norme in questione non fanno altro che riconoscere espressamente il principio di correttezza e buona fede che deve presidiare anche gli atti del settore contabile-finanziario.
A fini esemplificativi, può ricordarsi come la giurisprudenza contabile riconduca alle forme elusive le ipotesi di evidente sottostima dei costi dei contratti di servizio tra l’ente e le sue articolazioni societarie o strumentali (con copertura rimandata agli esercizi futuri),
nonché l’illegittima traslazione di pagamenti realizzati, ad esempio, attraverso un utilizzo improprio delle concessioni e riscossioni di crediti a società partecipate.
Altra fattispecie elusiva può ricorrere nel caso di imputazione delle spese di competenza di un esercizio finanziario ai bilanci dell’esercizio successivo, ovvero quali oneri straordinari della gestione (emersione ex post di debiti fuori bilancio). Quest’ultimo fenomeno, qualora riguardi spese non impreviste, ma di cui l’ente era a conoscenza entro il termine dell’esercizio di riferimento (con obbligo giuridico di relativa contabilizzazione), può avere allo stesso modo effetti elusivi.
Per quanto interessa in particolare questa sede, si evidenzia come per la Circolare MEF-RGS n. 5/2013 una comune modalità di elusione è rappresentata dall’imputazione di poste in sezioni di bilancio non rilevanti ai fini del patto che, al contrario, avrebbero dovuto essere allocate altrove. Per esempio, l’iscrizione tra i servizi per conto terzi di poste che avrebbero dovuto trovare corretta imputazione in altri titoli di entrata o di spesa o viceversa (come, si vedrà, è stato effettuato dal Comune nel caso di specie).
Ulteriore esempio, presente nella citata Circolare MEF-RGS n. 5/2013, attiene all’ipotesi attinente i casi di sovrastima delle entrate correnti o di accertamenti effettuati in assenza dei presupposti indicati dall’articolo 179 del TUEL (fattispecie anch’essa rilevante ai fini delle conclusioni della presente deliberazione).
La valutazione degli atti e dei comportamenti tenuti dal Comune di Assago La scrivente Sezione regionale deve esaminare le risultanze del rendiconto 2011 in ossequio al criterio per cui le verifiche della Corte dei conti, dirette ad accertare il rispetto del Patto di stabilità interno, possono estendersi all’esame della natura sostanziale delle entrate e delle spese iscritte in bilancio, in applicazione del principio generale di prevalenza della sostanza sulla forma (cfr. Corte conti, Sez. reg. controllo Veneto, delibera n. 903/2012).
Sulla base dell’esposizione in fatto e delle motivazioni in diritto, la Sezione ritiene che l’entrata di € 514.800, riscossa dal tesoriere dell’Ente in data 30/11/2012, a titolo di tariffa per la concessione di cappelle gentilizie, sulla base di un atto unilaterale di impegno proveniente da società di capitali, e restituita dal Comune dopo circa dieci giorni, sulla base di un procedimento avviato il giorno lavorativo immediatamente successivo (02/01/2012) alla ricezione dell’atto unilaterale ed alla riscossione delle somme, non può essere contabilizzata ai fini del conseguimento degli obiettivi posti dal patto di stabilità per l’anno 2011.
Quanto sopra per una serie di motivazioni, di seguito esposte, che erano evidenti anche al medesimo Comune, come risulta dagli atti adottati, nel momento in cui ha redatto e trasmesso (entro il 31/03/2012, cfr. decreto MEF del 09/03/2012) il relativo prospetto al Ministero dell’Economia e delle Finanze ed al Ministero degli Interni.
Vari sono, infatti, gli indizi da cui la Corte trae il convincimento della violazione del Patto (cfr. Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Piemonte, sentenza n. 6/2013) o, in subordine, dell’elusività degli atti e comportamenti adottati dall’Amministrazione (cfr., per tutte, le Deliberazioni della Sezione n. 409/2012/PRSE, n. 410/2013/PRSP, n. 214/2013/PRSE, n. 515/2013/PRSP).
L’entrata oggetto di accertamento, e contestuale riscossione, presenta, in primo luogo vizi di legittimità, sia del procedimento amministrativo alla base (apparendo in contrasto sia con il bando comunale che, a monte, con l’art. 92, comma 5, del DPR n. 285/1990), che contabili (cfr. artt. 179 e 180 del TUEL). A causa di tali vizi, in particolare di quelli contabili (assorbenti nella valutazione della fattispecie), la riqualificazione dell’entrata lascia emergere un’ipotesi di violazione degli obiettivi posti dal patto di stabilità (cfr. Sezione giurisdizionale per il Piemonte, sentenza n. 6/2013).
La società istante procede, infatti, al versamento (in misura integrale) del contributo di concessione contestualmente alla mera presentazione dell’istanza (l’impegnativa unilaterale allegata al bando), pur apparendo evidente sulla base del tenore letterale dell’atto generale approvato dal Comune (cfr. delibera di Giunta n. 212/2010), che il richiedente debba essere una persona “residente” o “non residente” (art. 2), che l’istanza può essere presentata personalmente o tramite parenti, senza possibilità di concessione di più di una cappella per famiglia (art. 3), che quest’ultima è strettamente personale e può essere trasmessa solo agli eredi legittimi o testamentari (art. 4).
Medesime indicazioni si traggono dall’allegato A al sopra citato bando (contenente il odello di istanza), ove si fa riferimento ai dati anagrafici di un richiedente “persona fisica”, non di una persona giuridica, avente natura societaria o meno (l’istanza richiede di compilare i dati anagrafici dell’istante, completi di indirizzo e codice fiscale, nonché del proprio nucleo familiare).
Allo stesso modo, l’allegato A1 al bando (contenente il modello di impegnativa unilaterale) fa riferimento ad un soggetto istante “persona fisica” (richiedendo nuovamente i dati anagrafici e fiscali, precisando che il diritto d’uso è riservato alla persona concessionaria e suoi familiari, che la concessione è alienabile ai soli eredi, etc.).
In sostanza il bando comunale, lex specialis del procedimento d’assegnazione, appare formulato in maniera più restrittiva rispetto all’ipotesi contemplata in via generale della normativa. L’art. 90, comma 1, del DPR n. 285/1990 prevede, infatti, che il comune può concedere a privati e ad enti l’uso di aree per la costruzione di sepolture. Nel caso di specie, il Comune, in conformità alla finalità della concessione, sembra limitare la platea dei soggetti ammessi a presentare domanda, circoscrivendola alle sole “persone fisiche” e non agli “enti”. La scelta appare supportata da razionalità amministrativa, alla luce della normativa che regola il procedimento e, comunque, non impugnata da eventuali controinteressati.
In sostanza, la società istante, sulla base di una mera lettura del breve bando e dei relativi allegati (sottoscritti a titolo di presentazione della domanda) poteva rendersi conto dell’assenza dei presupposti necessari per poter partecipare alla procedura di assegnazione.
I ridetti presupposti difettavano, inoltre, come fatto presente dai consiglieri comunali presentanti l’esposto, in punto di assenza, in capo alla società richiedente, del fine di lucro o di speculazione (cfr. art. 92, comma, 4 DPR n. 285/1990), requisito in diritto che, prima di essere oggetto di accertamento da parte del Comune, doveva essere noto alla società richiedente.
Sul piano della contabilizzazione dell’entrata, poi, va evidenziato come lo stesso bando allegato alla deliberazione di Giunta n. 212/2010, dispone chiaramente che “all’atto della presentazione della domanda, il richiedente la concessione non dovrà fare alcun versamento”, precisando, altresì, che “successivamente l’amministrazione comunale, dopo aver proceduto alla verifica delle domande pervenute, ed espletate le relative formalità, procederà a comunicare l’assegnazione della cappella”.
Pertanto, solo dopo la formalizzazione del provvedimento di assegnazione, il richiedente, divenuto concessionario, deve provvedere al pagamento della tariffa prevista. Il bando, a tal fine, prevede che la rata di acconto, pari a 50% dell’importo, sia versata entro 15 giorni dalla data di presentazione della domanda, mentre la rata di saldo, pari all’ulteriore 50%, sia corrisposta entro 4 mesi, sempre decorrenti dalla data di presentazione della domanda di prenotazione della cappella.
Sulla base del chiaro dettato del bando che, espressamente, invita il richiedente a non effettuare alcun versamento prima che l’Amministrazione proceda alla verifica delle domande pervenute (o comunque prima che decorra il termine di 15 giorni stabilito dal bando), non risulta conforme alla ridetta lex specialis, ma soprattutto non spiegabile in termini di razionalità economica, il comportamento della società richiedente che, invece, contestualmente alla presentazione della domanda, procede al pagamento, per intero, della tariffa di concessione.
Si potrebbe ritenere che la società possa essere stata indotta in errore dalla differente formulazione del modello di impegnativa unilaterale (allegato A1 al bando), nel quale l’invito a non effettuare alcun versamento, prima della verifica da parte dell’amministrazione, non è riprodotto. Tuttavia, quest’ultimo modello, sottoscritto dal rappresentante legale della società, riporta chiaramente l’indicazione di versare, nel termine di 15 giorni dalla presentazione della domanda, il solo 50% della tariffa complessiva (mentre per il saldo sussiste il più ampio termine dilatorio di 4 mesi). Invece, non osservando la predetta indicazione, nonché ordinari comportamenti di razionalità economica già richiamati, la società Tecno’ 80 srl versa l’intero importo del corrispettivo di concessione.
Va ricordato, a tal proposito, che l’obiettivo finanziario posto dal patto di stabilità per il 2011 è stato conseguito dal Comune di Assago per soli € 61.000 e che nel caso in cui, come da indicazioni di bando e impegnativa, la società istante si fosse limitata al versamento del 50% del ridetto contributo (pur immediatamente, in luogo del termine di 15 giorni previsto dal bando), il Comune non avrebbe conseguito gli obiettivi posti dal patto di stabilità.
I descritti comportamenti della società appaiono rilevanti, assieme agli altri elementi descritti o che si esporranno in seguito, al fine di accertare il comportamento elusivo degli obiettivi posti dal patto di stabilità tenuto dal Comune.
Tuttavia, la modalità di contabilizzazione della ridetta entrata, come già accennato, pare già di per sé, evidenziare la violazione diretta del patto. L’Amministrazione, infatti, incassata dal tesoriere la somma in discorso, la contabilizza come un’entrata ormai acquisita al bilancio comunale (e, come tale, la riporta nel prospetto dimostrante il rispetto del patto di stabilità), quando, invece, in base agli stessi comportamenti e atti adottati dal Comune nell’immediatezza dei fatti (prima dell’effettuazione delle operazioni di chiusura dell’esercizio, della redazione del prospetto rilevante e dell’approvazione del conto consuntivo), era già evidente l’assenza di un idoneo titolo giuridico alla relativa riscossione (e, a cascata, la necessità di una pertinente, differente, contabilizzazione).
Già in data 02/01/2012 (nota prot. n. 59), infatti, primo giorno utile lavorativo, il competente ufficio del Comune chiede alla società istante di comunicare i nominativi delle persone fisiche beneficiarie della concessione e, ricevuta risposta due soli giorni dopo (prot. in entrata n. 103 del 04/01/2012), procede a restituire le somme incassate (determinazione n. 5 del 10/01/2012). Il tutto dopo soli 12 giorni (di cui 7 lavorativi) dal versamento del contributo di concessione da parte della società presso il tesoriere dell’Ente.
Al procedimento amministrativo ha fatto parallelo seguito quello contabile, con l’emissione di una reversale di incasso, a regolarizzazione del versamento effettuato dalla società presso il tesoriere (con attribuzione della medesima data del 30/12/2011).
In proposito va evidenziato che, eccettuato il caso in cui il tesoriere sia stato talmente diligente da comunicare in tempo reale l’avvenuta riscossione della predetta somma e, altrettanto in tempo reale, abbiano operato i due uffici interni competenti ai fini della regolarizzazione del versamento in sospeso (l’area edilizia pubblica ed il servizio economico finanziario), l’operazione di regolarizzazione, pur avendo numero e data del 2011, è stata effettuata nei primi giorni del 2012, come ordinariamente avviene in sede di operazioni di chiusura del bilancio (funzionale ad ottenere la necessaria collimazione fra scritture interne e conto del tesoriere ed, in seguito, alla successiva redazione del rendiconto consuntivo).
In sostanza, l’operazione di imputazione al bilancio, mediante l’emanazione dell’ordinativo di incasso, è stata presumibilmente effettuata in un momento in cui l’Ente aveva già avviato il procedimento di verifica amministrativa (iniziato, come esposto, il primo giorno lavorativo utile, il 02/01/2012) o magari già concluso quest’ultimo (il 10/01/2012).
Appare pertanto evidente come il Comune, dovendo seguire nella contabilizzazione le risultanze del procedimento amministrativo o del rapporto contrattuale alla base, era già nelle condizioni, al momento della regolarizzazione dell’entrata, di procedere alla corretta imputazione della ricevuta riscossione nel bilancio 2011, che, come si avrà modo di esporre, non è al titolo IV dell’entrata (rilevante ai fini del patto di stabilità), ma al titolo VI, fra i servizi in conto terzi (non rilevanti ai fini del patto), trattandosi di riscossione assimilabile alle entrate conseguite a titolo di “deposito cauzionale”.
Si ricorda come l’accertamento, ai sensi dell’art. 179 TUEL, costituisce la (prima) fase del procedimento di entrata, in cui, sulla base di idonea documentazione, viene verificata la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico.
Nel caso di specie, difetta, alla luce della legge speciale regolatrice il procedimento amministrativo di concessione, la presenza dei presupposti della “ragione del credito” e della “sussistenza di un idoneo titolo giuridico”, dato che il versamento effettuato dalla società “Tecno’ 80 SCG srl” trae fonte da una tariffa di concessione che, come espressamente previsto dal bando, non doveva essere corrisposta, se non dopo l’effettuazione delle prescritte verifiche da parte dell’Amministrazione.
Pur volendo ritenere che anche l’amministrazione concedente sia stata involontariamente tratta in inganno dalla differente formulazione dell’impegnativa unilaterale, allegata al bando, comunque quest’ultimo modello richiede il versamento (fra l’altro entro 15 giorni e non in maniera contestuale) del solo 50% dell’ammontare complessivo (mentre per il saldo, dopo l’effettuazione delle verifiche amministrative, concede un termine di 4 mesi). Anche in questo caso, inoltre, si tratta di acconto soggetto a restituzione in ipotesi di successiva verifica, in senso negativo all’istanza, da parte dell’amministrazione.
Inoltre, alla luce di quanto riportato sia nell’art. 2 del bando allegato alla deliberazione n. 212/2010, che nel più volte citato modello di impegnativa unilaterale, l’acconto medesimo deve essere oggetto di restituzione, da parte dell’Amministrazione, in caso di “rinuncia espressa” da parte del richiedente.
In definitiva, la somma versata dalla società Tenco’ 80 srl (come da parte di qualunque altro istante) risulta sottoposta, in base al bando predisposto dal Comune, ad una duplice condizione risolutiva, una rimessa alla valutazione dell’amministrazione (che, verificando i presupposti della richiesta ed i relativi requisiti, può rifiutare il rilascio della concessione), l’altra, addirittura, ad un mera potestà del richiedente (che può espressamente e liberamente rinunciare, rectius ritirare la domanda).
Alla natura del pagamento effettuato dalla società (come da altro eventuale soggetto richiedente) consegue il trattamento contabile da assegnare. La somma in questione, infatti, per il suo carattere di non definitiva acquisizione al patrimonio dell’Amministrazione, è assimilabile ai pagamenti effettuati a titolo di deposito cauzionale nel corso delle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici (cfr. artt. 75 e 113 d.lgs. n. 163/2006) o degli altri contratti attivi o passivi di cui è parte l’amministrazione pubblica (cfr., per esempio, l’art. 73 RD n. 2443/1923 o gli artt. 54 e 56 del RD n. 827/1924).
Infatti, non solo l’acquisizione al patrimonio del Comune di Assago è subordinata, dal bando, alla conclusione del procedimento di assegnazione delle cappelle cimiteriali (invitando, a tal fine, il richiedente a non corrispondere nulla o, al massimo, il 50% del dovuto), ma sussiste, altresì, la possibilità che il medesimo richiedente, presentata l’istanza, ed effettuato il versamento della prima rata, ritiri la domanda (divenendo in tal modo creditore della somma versata come acconto). Nello specifico, infine, la quota eccedente il 50% (decisiva anch’essa, come visto, ai fini del conseguimento degli obiettivi posti dal patto di stabilità non risultava fondata su alcun titolo). L’art. 168 del TUEL disciplina le entrate e le spese relative ai servizi per conto di terzi, che, come noto, comprendono quelle partite finanziarie che costituiscono al tempo stesso un debito ed un credito per l’ente. I modelli di bilancio per gli enti locali, allegati al DPR n. 194/1996, prevedono che l’entrata per “depositi cauzionali” sia iscritta al titolo VI (entrate da servizi per conto terzi) e la “restituzione dei depositi cauzionali” al corrispondente titolo IV (spese per servizi per conto terzi).
Relativamente alla tipologia di entrate e spese iscrivibili nei capitoli di bilancio relativi ai servizi per conto terzi, si esprimono anche i Principi contabili redatti dall’Osservatorio per la contabilità e la finanza degli enti locali, che, nella versione aggiornata del 12/03/2008, elenca fra queste ultime sia i “depositi cauzionali” (ad esempio su locazioni di immobili, sia quelli a favore dell’ente sia quelli che l’ente deve versare ad altri soggetti), che i “depositi e la loro restituzione per spese contrattuali”.
Entrambe, sia le entrate che le spese, nel momento in cui sono contabilizzate fra i servizi per conto terzi, non rilevano ai fini del conseguimento degli obiettivi finanziari posti dal patto di stabilità interno.
Circa la corretta contabilizzazione dei depositi cauzionali e del relativo impatto sul conseguimento degli obiettivi posti dal patto di stabilità interno, la Sezione si è espressa con la deliberazione n. 409/2012/PRSE. In quell’occasione è stato precisato che la natura di mero deposito cauzionale relativa ad una somma formalmente erogata in favore del Comune, rende corretto l’inserimento di tale posta nei servizi per conto terzi (titolo VI delle entrate e titolo IV delle uscite).
Al riguardo, la Sezione ha osservato che le entrate e le spese per conto di terzi rappresentano per l’ente un credito e, al tempo stesso, un debito e devono palesare immediatamente la loro natura della collocazione contabile (cfr. art. 168 TUEL). Il principio dell’equivalenza fra entrate e spese, sancito dal TUEL, valorizza il concetto che i movimenti finanziari generati dalle partite di giro abbiano un effetto neutrale e meramente figurativo nel bilancio dell’ente locale. Ed è per tale motivo che l’art. 164 comma 2 del medesimo TUEL specifica che gli stanziamenti ivi previsti non costituiscono limite agli impegni di spesa, palesando un’eccezione al carattere autorizzatorio del bilancio finanziario di competenza.
Analogamente, al fine di evitare pericolose commistioni, l’art. 175 comma 7 del TUEL vieta le variazioni di dotazione finanziaria fra questi capitoli di entrata e di spesa con altre sezioni del bilancio.
La necessità di riqualificare il versamento effettuato nelle casse dell’istituto tesoriere, in primo luogo in sede di regolarizzazione a mezzo dell’emissione dell’ordinativo di incasso (art. 180 comma 4 TUEL) e, in seguito, in sede di successiva redazione del rendiconto (e relativa redazione del prospetto dimostrante il rispetto del patto di stabilità) emerge altresì dai principi contabili formulati dall’Osservatorio per la contabilità e la finanza degli enti locali.
Il principio contabile inerente l’accertamento (al punto 16) prevede che un’entrata è accertabile nell’esercizio finanziario in cui è sorto il diritto di credito se quest’ultimo sia connotato dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità (un credito è certo in presenza di un idoneo titolo giuridico; è liquido se ne è determinato l’ammontare; è esigibile se maturato nell’esercizio). Ma, ai fini che qui interessano, rileva il punto 29 dei ridetti principi, in cui si legge che la fondatezza giuridica dell’accertamento deve essere costantemente verificata e formalizzata annualmente dai responsabili dei servizi competenti, prima della deliberazione del rendiconto, con individuazione dei singoli crediti accertati, dell’esercizio finanziario di provenienza, dei tempi e delle eventuali problematiche in ordine allo smaltimento dei residui attivi.
In sostanza, l’operazione di verifica degli accertamenti va effettuata, in primo luogo, relativamente a quelli emessi nel medesimo esercizio e, dopo, per quelli derivanti da esercizi precedenti (mantenuti quali residui attivi).
Nella versione aggiornata nel 2008, oltre a ribadire quanto esposto, il principio relativo agli accertamenti prevede (punto 44) che questi ultimi possono essere riportati nel conto del bilancio solo quando l’ente è effettivamente controparte di un rapporto contrattuale o detiene la titolarità ad incassare un’entrata. L’Ente, invece, cancella l’accertamento quando perde il controllo dei diritti contrattuali costitutivi del credito e/o la sua titolarità.
Nel caso specifico, alla luce del titolo alla base dell’accertamento, era necessario che il Comune, in aderenza alla reale ragione giuridica della riscossione effettuata, provvedesse alla contabilizzazione dell’accertamento alla stessa stregua d un deposito cauzionale (servizi conto terzi), operando nella medesima maniera per quanto riguarda la relativa restituzione (entrambe con effetti irrilevanti sul conseguimento degli obiettivi posti dal patto di stabilità interno).
Sempre i principi contabili redatti dall’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali disciplinano le c.d. “operazioni di parificazione”, che contraddistinguono la fase preliminare della rendicontazione finanziaria, e comprendono i riscontri, le verifiche e la corretta rilevazione nella contabilità finanziaria dell’ente del conto del tesoriere e dei conti degli altri agenti contabili. In questa sede l’ente emette gli ordinativi d’incasso ed i mandati di pagamento “a copertura”, regolarizzando le operazioni di cassa effettuate ad iniziativa del tesoriere. Il regolamento di contabilità dell’Ente può prevedere, a tal fine, tempi e modalità nonché l’obbligatorietà di verbali di chiusura. Tale fase preliminare di parificazione delle scritture culmina con la resa del conto da parte del tesoriere (come eventualmente degli altri agenti contabili) entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio finanziario (cfr. art. 233 TUEL e DPR n. 194 del 1996).
In tale prospettiva, con le operazioni di chiusura della contabilità, che ogni Ente effettua nei primi giorni dell’esercizio successivo, il versamento effettuato dalla società Tecno’ 80 srl nelle casse del tesoriere avrebbe dovuto essere contabilizzato alla luce della natura ad esso attribuita dal bando di concessione, come del resto confermato dal comportamento amministrativo tenuto nell’immediato dal medesimo Comune (che, evidenziata l’assenza di titolo e la parallela istanza di restituzione da parte del richiedente, ha in breve termine provveduto). A ciò non ha fatto invece riscontro un conforme e corretto comportamento contabile (che, in aderenza alle decisioni di tipo amministrativo, avrebbe dovuto contabilizzare le relative entrate e uscite in occasione delle sopra esposte operazioni di chiusura dell’esercizio).
In conclusione, alla luce di quanto finora esposto, in fatto e diritto, la Sezione regionale di controllo ritiene che il Comune di Assago non abbia raggiunto nel 2011 gli obiettivi posti dal patto di stabilità interno, avendo contabilizzato in maniera non conforme alla legge ed ai discendenti principi contabili l’entrata derivante dal versamento, da parte della società Tecno’ 80 srl, del contributo di concessione per l’attribuzione di cappelle cimiteriali.
Anche a voler ritenere corretta la predetta contabilizzazione, inoltre, il complessivo esame della fattispecie, quale sopra esposta, evidenzia il comportamento elusivo tenuto dai competenti uffici del Comune di Assago al fine del conseguimento degli obiettivi posti dal patto di stabilità interno.
A tal fine rileva non solo quanto esposto in relazione al procedimento di assegnazione delle cappelle gentilizie, ma, altresì, quanto evidenziato nel primo paragrafo della presente deliberazione in ordine alla cospicua mole di accertamenti a titolo di recupero evasione tributaria non riscossi nell’esercizio 2011 (e solo in parte minore in quelli successivi).
L’art. 31, comma 31, della legge di stabilità n. 183/2011, ha, infatti, come già esposto, collegato la fattispecie elusiva del patto di stabilità all’artificioso conseguimento mediante una “non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio” o
ad “altre forme” atipiche, purché ottenenti il medesimo risultato.
A titolo di esempio, una comune modalità di elusione riportata dalla sopracitata Circolare MEF-RGS n. 5/2013 è rappresentata dall’imputazione di poste in sezioni di bilancio non rilevanti ai fini del patto che, al contrario, avrebbero dovuto essere allocate altrove (come sopra accertato per il caso, sottoposto all’odierno esame, del Comune di Assago).
Un ulteriore esempio presente nella Circolare ministeriale attiene poi alle ipotesi, anch’esse rilevate dall’esame del rendiconto consuntivo 2011 del comune di Assago e della conseguente attività istruttoria, di sovrastima delle entrate correnti (nel caso di specie derivanti dal recupero dell’evasione tributaria) o di accertamenti effettuati in assenza dei presupposti indicati dall’articolo 179 del TUEL (presupposto alla base di accertamenti sovrastimati).
L’applicazione delle sanzioni
In punto di competenza all’accertamento, anche al fine dell’applicazione delle relative sanzioni nell’esercizio successivo, va ricordato che la competenza della Sezione giurisdizionale all’applicazione delle sanzioni conseguenti alle condotte elusive (art. 31, comma 31, legge di stabilità n. 183/2011), non preclude alla Sezione regionale di controllo di verificare l’effettivo rispetto degli obiettivi del Patto in sede di analisi sui rendiconti degli enti locali, in funzione in primo luogo di garantire la sana gestione finanziaria (cfr. Lombardia, deliberazione 601/2011/PAR).
Le sanzioni o “limitazioni amministrative” a carico degli enti che non hanno rispettato il Patto di stabilità interno trovano fondamento e giustificazione nella circostanza che la mancata osservanza dei vincoli costituisce grave irregolarità nella gestione finanziaria ed amministrativa degli enti interessati, alla quale è necessario porre rimedio adottando le necessarie misure correttive (in questo senso si è espressa la Corte dei conti in sede di nomofilachia, con la deliberazione SSRR 11 marzo 2011 n. 16; in senso conforme la Sezione, deliberazioni n. 25/2008 n. 813/2009, e n. 288/2010/PAR).
In altri termini, il legislatore introducendo “sanzioni” o “limitazioni amministrative” ha inteso delineare alcuni meccanismi omogenei ed applicabili in modo indifferenziato a tutti gli enti che sono incorsi nella grave irregolarità finanziaria del mancato rispetto del Patto di stabilità interno. Dette “sanzioni” o “limitazioni amministrative” non sono graduate in relazione alla gravità o alla causa della violazione della disciplina del Patto, ma operano sull’ordinaria attività amministrativa, limitando la potestà degli organi di governo e direzione dell’ente inibendo lo svolgimento di specifiche attività (ad es. divieto di indebitamento e divieto di assunzione di personale) o riducendo il margine di discrezionalità (ad es., come nel caso di specie, limitazione della spesa corrente entro specifici parametri, cfr. sul punto specifico le già richiamate delibere n. 813/2009 e n. 288/2010).
Nel caso di elusione, a differenza della violazione, si applicheranno, oltre alle limitazioni amministrative conseguenti al mancato rispetto degli obiettivi del Patto, anche le sanzioni personali (il cui accertamento è in capo alla competente Sezione giurisdizionale).
L’art. 31, comma 28, della legge di stabilità n. 183/2011 dispone che agli enti locali per i quali la violazione del patto di stabilità interno sia accertata successivamente all’anno seguente a quello cui la violazione si riferisce (come avviene, in virtù della presente deliberazione per il comune di Assago in relazione al patto per il 2011), le sanzioni (elencate al comma 26) si applicano nell’anno successivo a quello in cui è stato accertato il mancato rispetto.
La sola rideterminazione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza (di cui al comma 2, lettera e), dell’articolo 7 del d.lgs n. 149/2011), è applicata ai soggetti di cui all’articolo 82 TUEL (sindaco, altri amministratori e consiglieri), in carica nell’esercizio in cui è avvenuta la violazione del patto.
Ai sensi del successivo comma 29, i predetti enti locali sono tenuti a comunicare l’inadempienza, entro trenta giorni dall’accertamento, al MEF-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (anche ai fini della concreta applicazione della sanzione prevista dall’art. 31, comma 26, lett. a della medesima legge di stabilità per il 2012).
Accertata l’avvenuta violazione del patto di stabilità interno per l’anno 2011, il Comune deve pertanto rettificare il prospetto di cui al decreto MEF 9 marzo 2012, quantificando l’importo definitivo dello scostamento. Inoltre, il Comune deve – trasmettere una nuova certificazione al Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, di rettifica della precedente, avente ad oggetto l’esatta quantificazione dello scostamento all’esito del prefato accertamento da parte di questa Corte;
– auto-applicare nell’esercizio 2014 le sanzioni/limitazioni amministrative derivanti dalla violazione del patto di stabilità interno, in forza del citato art. 31, commi 26 e 28, della legge n. 183/2011.
Restano salve le verifiche che questa Corte effettuerà sui bilanci di previsione e rendiconti successivi, ai sensi dell’art. 148 bis del TUEL e dell’art. 1 comma 166 della l. n. 266/2005, all’esito della compilazione, da parte dell’organo di revisione, dell’apposito questionario.
P.Q.M.
La Corte dei conti Sezione regionale di controllo per la Lombardia accerta sulla base dell’esame del questionario compilato dall’Organo di revisione in riferimento al bilancio consuntivo 2011 e della successiva attività istruttoria:
1) la presenza nel conto consuntivo 2011 di un’elevata percentuale di accertamenti non riscossi relativamente alle entrate derivanti da recupero evasione tributaria;
2) il mancato rispetto del patto di stabilità interno per l’esercizio 2011 (a differenza di quanto attestato dall’Ente al Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, mediante l’apposito prospetto), derivante dalla violazione di norme contabili e da atti e comportamenti elusivi del precetto normativo dispone che, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 148-bis d.lgs. n. 267/2000,
1) l’amministrazione comunale di Assago, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito della presente pronuncia di accertamento, adotti i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità accertate in ordine al conseguimento dell’obiettivo del patto di stabilità interno per l’anno 2011, trasmettendo alla scrivente Sezione, nonché al Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, l’apposito modello dimostrativo adeguatamente modificato;
2) il responsabile dei servizi finanziari e l’organo di revisione, ciascuno per la propria competenza e con piena autonomia di giudizio, anche alla luce dell’articolo 147-quinquies del d.lgs. n. 267/2000, valutino le conseguenze delle violazioni, accertate con la presente pronuncia, sugli equilibri di bilancio degli esercizi finanziari successivi, con relazione da trasmettere a questa Sezione;
3) che la presente pronuncia sia trasmessa al Sindaco, anche al fine di darne comunicazione al Consiglio comunale, notiziando la Sezione dell’avvenuto adempimento del predetto adempimento;
4) la trasmissione, a mezzo sistema S.I.Qu.E.L., della presente pronuncia al revisore dei conti del comune di Assago ai sensi dell’art. 239, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 267/2000;
5) la trasmissione della presente pronuncia al Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, ed al Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, per gli adempimenti di competenza.
Ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 33/2013, la presente pronuncia di accertamento deve essere altresì pubblicata sul sito internet dell’Amministrazione comunale nelle modalità di legge, dando riscontro a questa Sezione dell’avvenuta pubblicazione.
Il relatore dr. Donato Centrone – Il Presidente dr. Nicola Mastropasqua
Depositata in Segreteria
il 17 dicembre 2013

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