Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 novembre 2017, n. 5451

Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 novembre 2017, n. 5451

MASSIMA
Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 novembre 2017, n. 5451
In difetto delle operazioni di bonifica previste dall’art. 97 dPR 10 settembre 1990, n. 285, successive ad un provvedimento di soppressione di cimitero e pur essendo trascorso un ampio lasso di tempo dall’ultima inumazione, il vincolo cimiteriale non è mai venuto meno.

NORME CORRELATE

Art. 338 RD 27 luglio 1934, n. 1265

Art.. 97 dPR 10 settembre 1990, n. 285

 

SENTENZA

Pubblicato il 23/11/2017
N. 05451/2017REG.PROV.COLL.
N. 05161/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5161 del 2006, proposto dal Comune di Firenze, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Athena Lorizio, Francesca De Santis, Annalisa Minucci, con domicilio eletto presso il primo difensore in Roma, via Dora, 1;
contro
Roberto F., rappresentato e difeso dall’avvocato Calogero Narese, con domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Toscana, sezione I, 15 febbraio 2006, n. 417.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 novembre 2017 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Uditi per le parti gli avvocati Lorizio e Piero Narese su delega dell’avvocato Calogero Narese;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Nel 1984 la Polizia municipale di Firenze ha accertato che il signor Roberto F. aveva eseguito in un’area di sua proprietà in località San Quirichino, senza concessione edilizia, due manufatti in muratura e uno sbancamento di terreno per la realizzazione della piazzola d’appoggio dei manufatti.
2. Con successive ordinanze sindacali il Comune ha disposto prima la sospensione dei lavori, poi la demolizione delle opere abusive e le remissione in pristino dell’area.
3. Con istanza presentata in data 25 gennaio 1986, il signor F. ha chiesto il rilascio della concessione in sanatoria per le opere realizzate senza titolo ai sensi dell’art. 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
4. Con provvedimento in data 3 luglio 1991 dell’Assessore all’urbanistica, il Comune – rilevato che l’area di sedime delle opere edilizie era soggetta non solo alla tutela paesaggistica e ambientale ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, ma anche al vincolo di rispetto cimiteriale secondo l’art. 338 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (testo unico delle leggi sanitarie) – ha ritenuto le opere non sanabili ai sensi degli artt. 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per la prossimità al locale cimitero di San Quirico a Marignolle, rigettato la domanda di concessione in sanatoria e ordinato all’istante di procedere alla demolizione delle opere.
4. Il signor F. ha impugnato il provvedimento comunale (con ricorso n.r.g 1081/1991) e ne ha anche chiesto la sospensione dell’efficacia esecutiva, formulando una domanda cautelare che il T.A.R. per la Toscana ha accolto limitatamente all’ordine di demolizione.
5. Il 20 novembre 1991 il ricorrente ha presentato al Comune un’istanza con cui ha chiesto la riduzione da 200 a 100 metri della fascia di rispetto cimiteriale.
6. In seguito il ricorrente ha ultimato, sempre senza titolo, il rialzamento di una porzione dell’edificio preesistente per la realizzazione di una mansarda abitabile.
7. Per tale ulteriore opera, in data 15 maggio 1995, ha presentato istanza di concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
8. Con decreto dirigenziale del 20 settembre 2004 il Comune ha respinto anche la nuova istanza sul rilievo che le opere abusivamente eseguite ricadrebbero in area di rispetto cimiteriale, come confermato dalla delibera del Consiglio comunale n. 223/75 del 29 marzo 1999, recante attuazione del piano di settore cimiteriale già approvato con precedente delibera consiliare n. 1759/260 del 1° dicembre 1998.
9. Il signor F. ha impugnato il nuovo diniego con separato ricorso (n.r.g. 2460/2004).
10. Con sentenza 15 febbraio 2006, n. 417, il T.A.R. per la Toscana, sez. I, riuniti i ricorsi, li ha accolti annullando i provvedimenti impugnati e compensando le spese di giudizio.
Il Tribunale regionale ha ritenuto che:
a) quanto al provvedimento del 1991, impugnato con il primo ricorso, di fronte a un’apparente pluralità di ragioni ostative (vincolo paesaggistico, destinazione agricola dell’area e vincolo cimiteriale), per espressa ammissione della difesa del Comune il vincolo cimiteriale avrebbe costituito l’unica ragione fondante del diniego;
b) tale vincolo sarebbe venuto meno dal momento che il cimitero di San Quirico a Marignolle sarebbe stato formalmente dismesso nel 1964 e di fatto caduto in disuso, salva un’unica tumulazione effettuata nel 1975 in un sepolcreto privato; al momento dell’adozione degli atti impugnati, sarebbe perciò caduta la ragione della salvaguardia di tipo igienico-sanitaria collegata alla fascia di rispetto e non potrebbe più considerarsi sussistente il divieto connesso al vincolo cimiteriale;
c) ferme le precedenti considerazioni, quanto al provvedimento del 2004, impugnato con il secondo ricorso, non condurrebbero a una diversa conclusione le deliberazioni di natura pianificatoria-urbanistica assunte in seguito dal Comune per il mantenimento, fra altri, del cimitero in questione; tali deliberazioni avrebbero inteso reintrodurre una fascia di rispetto collegata a un cimitero non più esistente e sarebbero dunque illegittime in parte qua.
11. Il Comune di Firenze ha interposto appello avverso la sentenza n. 417/2006 deducendone l’erroneità per:
a) violazione di legge in relazione all’art. 97 del decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1990, n. 285; difetto di motivazione e di istruttoria; travisamento dei fatti e contraddittorietà. Il primo giudice non avrebbe considerato che, secondo il regolamento di polizia mortuaria (art. 98 del d.P.R. n. 803/1975 e poi art. 97 del d.P.R. n. 285/1990), l’effettiva dismissione di un cimitero richiederebbe un duplice presupposto: il decorso di almeno quindici anni dall’ultima inumazione e il materiale dissodamento del terreno cimiteriale previa traslazione e deposito nell’ossario comunale delle ossa ivi rinvenute. Nella specie, la bonifica non sarebbe mai avvenuta, nel 1975 sarebbe stata inumata una salma e il cimitero sarebbe stato graficizzato nella variante urbanistica generale adottata dal Consiglio comunale con deliberazione n. 3146 del 1° luglio 1991 e poi confermato nel piano dei cimiteri, approvato con deliberazione consiliare n. 1759/260 del 1° dicembre 1998. Queste previsioni, lungi dal voler istituire di nuovo la zona di rispetto, avrebbero inteso confermare la vigenza di un vincolo mai venuto meno, solo riducendone il perimetro in accoglimento delle richieste di alcuni cittadini, fra cui l’originario ricorrente. Inoltre il T.A.R. avrebbe a torto reputato che la dismissione del cimitero comportasse anche il venir meno della relativa fascia di rispetto, laddove le esigenza di tutela igienico-sanitaria sottese alla normativa di vincolo sarebbero rimaste immutate per la perdurante conservazione delle sepolture esistenti e avrebbero dovuto essere salvaguardate, anche con prevalenza rispetto alla pretesa di condono edilizio;
b) violazione dell’art. 112 c.p.c. per ultrapetizione; ulteriori violazioni di legge; difetto di istruttoria, contraddittorietà e difetto di motivazione. La manchevolezza della sentenza impugnata risulterebbe anche dalla trattazione congiunta di due ricorsi proposti invece per motivi diversi, con riguardo ad abusi commessi in epoche successive e relativi a distinti provvedimenti comunali. Il primo ricorso non avrebbe fatto riferimento alla deliberazione consiliare di dismissione del cimitero (n. 60/31/C del 18 febbraio 1964) che, evocata tardivamente solo in una successiva memoria e dunque come censura nuova, non avrebbe potuto essere presa in considerazione e tanto meno posta a base della decisione del Tribunale regionale. Il secondo ricorso avrebbe ammesso che il vincolo di rispetto sarebbe venuto meno – al più tardi – nel 1990 (quindici anni dall’inumazione del 1975), la mansarda abusiva sarebbe stata completata in un momento antecedente (nel 1986) e il provvedimento di diniego impugnato sarebbe successivo all’approvazione del piano di settore cimiteriale (1998). Sarebbe incontestabile la sussistenza del vincolo sia all’epoca della realizzazione dell’abuso, sia al momento della doverosa determinazione di diniego anche perché, per costante giurisprudenza, occorrerebbe avere riguardo alla sussistenza del vincolo al momento della valutazione della domanda di condono.
12. Il signor F. si è costituito in giudizio per resistere all’appello con atto di stile.
13. Entrambe le parti hanno depositato copia della deliberazione del Consiglio comunale di Firenze n. 45 del 19 maggio 2008, concernente la dismissione del cimitero di San Quirico a Marignolle, la destinazione dell’area a “Giardino della rimembranza”, l’affidamento della gestione del luogo all’Istituto per il sostentamento del clero della Diocesi di Firenze, in quanto proprietario dell’area cimiteriale, con obbligo di provvedere alla riesumazione dei resti con collocazione nell’ossario comune o cremazione, risistemazione dell’area, realizzazione di piccoli loculi per la conservazione delle urne cinerarie.
14. Il signor F. ha depositato documentazione ulteriore.
15. Con memoria depositata il 3 ottobre 2017 il Comune ha richiamato a sostegno delle proprie tesi la sentenza della Sezione 11 settembre 2017, n. 4272, ha rilevato che solo con la ricordata delibera n. 45/2008 l’Amministrazione comunale avrebbe definitivamente disposto in ordine alla destinazione dell’area cimiteriale, ha ribadito la permanenza del vincolo all’epoca dell’adozione dei provvedimenti impugnati, ha riportato successive decisioni del T.A.R. per la Toscana di segno consapevolmente contrario a quella qui impugnata nonché, nella stessa direzione, la decisione della Sezione 1° settembre 2015, n. 4079.
16. La parte privata ha svolto le proprie difese con memoria depositata il successivo 5 ottobre. Con questa, ha sostenuto la parziale inammissibilità dell’appello, in relazione alla decisione sul ricorso n.r.g. 1081/91, per mancata impugnazione del capo che lo avrebbe accolto per ragioni diverse da quella della sussistenza del vincolo cimiteriale, e comunque l’infondatezza nel merito, quale emergerebbe dagli stessi documenti provenienti dall’Amministrazione. Ha inoltre riproposto espressamente i motivi di ricorso non esaminati dal T.A.R., pur insistendo – quanto al ricorso n.r.g. 1081/91 – sull’avvenuto integrale accoglimento del gravame, sicché la riproposizione sarebbe determinata da mera cautela.
17. Con altra memoria del 16 ottobre il signor F. ha sostenuto il carattere non pertinente dei precedenti di giurisprudenza riportati dal Comune appellante e ha ribadito le proprie argomentazioni.
18. Il Comune ha replicato con memoria depositata il successivo 19 ottobre.
19. All’udienza pubblica del 9 novembre 2017, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
20. In via preliminare, il Collegio osserva che la ricostruzione in fatto, sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite ed è comunque acclarata dalla documentazione versata in atti. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono darsi per assodati i fatti oggetto di giudizio.
21. Ancora in via preliminare, il Collegio ritiene infondata l’eccezione di inammissibilità mossa dalla parte privata avverso l’appello nella parte in cui investe il capo della sentenza di primo grado che ha accolto il ricorso n.r.g. 1081/1991.
21.1. Vero è che, dopo avere accolto il primo motivo del ricorso (eccesso di potere per erroneità e travisamento dei presupposti, essendo concretamente insussistente un vincolo cimiteriale), la sentenza aggiunge che <<condivisibili sono le doglianze rivolte nei confronti delle altre ragioni addotte a sostegno del diniego atteso che, come specificamente ammesso dal patrocinio del Comune con memoria difensiva del 2 luglio 1993, “non si è provveduto ad attendere i pareri previsti per la tutela degli altri vincoli”>>.
21.2. Tuttavia, in quanto la stessa sentenza ha ritenuto <<decisiva ai fini della verifica della legittimità del provvedimento impugnato l’indagine in ordine alla esistenza, portata e limiti del vincolo cimiteriale dedotto dall’Amministrazione come esclusiva ragione della non sanabilità delle opere edilizie realizzate dal F.>>, la struttura della decisione va ricostruita in termini ben diversi da quelli che l’appellato sostiene. A fronte di un’apparente pluralità di ragioni poste a base del diniego, il T.A.R., sulla scorta delle difese del Comune, ha ritenuto che l’unica effettiva fosse quella concernente il vincolo cimiteriale, e l’ha giudicata infondata, come pure ha reputato infondate – ma solo ad abundantiam – le altre possibili ragioni (vincolo paesaggistico e destinazione agricola). Sarebbe dunque una forzatura concludere che, con quel periodo, il primo giudice abbia inteso accogliere tutti gli altri motivi del ricorso, laddove appare evidente che abbia reputato pregiudiziale ed esaustiva la pronunzia sul primo motivo (inesistenza del vincolo cimiteriale) senza dover scendere nel vaglio delle censure ulteriori.
22. Nel merito, il primo motivo dell’appello, articolato sulla sussistenza del vincolo cimiteriale come fatto impeditivo del rilascio del condono richiesto, è fondato.
22.1. Il Collegio non vede ragione per discostarsi da una recente decisione della Sezione, richiamata dal Comune, concernente una controversia del tutto analoga a quella presente, in cui il T.A.R. aveva ritenuto che il vincolo cimiteriale dovesse considerarsi venuto meno, essendo cessate le ragioni che ne giustificavano la sussistenza (n. 4079/2015). A tale decisione si rinvia anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, co. 2, lett. d), c.p.a.
22.2. A questo proposito, va ribadito che l’argomento per cui, deliberata la soppressione del cimitero e decorso il periodo di 15 anni dall’ultima inumazione, cesserebbe di avere efficacia il vincolo di rispetto posto dall’art. 338 del r.d. 1275/1934 non è conforme alla disciplina vigente e si pone in contrasto con l’espressa volontà legislativa.
22.3. L’art. 97 del d.P.R. n. 285/1990 (regolamento di polizia mortuaria) dispone:
“1. Il terreno di cimitero di cui sia stata deliberata la soppressione non può essere destinato ad altro uso se non siano trascorsi almeno 15 anni dall’ultima inumazione. Per la durata di tale periodo esso rimane sotto la vigilanza dell’autorità comunale e deve essere tenuto in stato di decorosa manutenzione.
2. Trascorso detto periodo di tempo, prima di essere destinato ad altro uso, il terreno del cimitero soppresso deve essere diligentemente dissodato per la profondità di metri due e le ossa che si rinvengono debbono essere depositate nell’ossario comune del nuovo cimitero”.
22.4. Da una semplice lettura delle disposizioni discende che, prima del concreto avvio dell’attività di trasformazione del terreno già cimiteriale (che presuppone, tra l’altro, l’intervenuto trasferimento presso altro cimitero delle spoglie mortali inumate nel cimitero soppresso e il compimento delle operazioni previste dal comma 2), non possono perciò dirsi venuti meno i molteplici interessi pubblici che il vincolo di rispetto cimiteriale intende tutelare quali – per consolidata tradizione interpretativa – le esigenze di natura igienico-sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2016, n. 949; sez. IV, 6 ottobre 2017, n. 4656).
22.5. Nel caso di specie, è fuori discussione ed è anzi confermato dalla documentazione più recente, prodotta da ambo le parti, che, pur essendo trascorso un ampio lasso di tempo dall’ultima inumazione (si voglia o no considerare l’inumazione “privata” del 1975), il cimitero di San Quirico a Marignolle non è mai stato sottoposto alla bonifica prescritta dalle norme cosicché il vincolo cimiteriale, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte resistente in adesione al T.A.R., non è mai venuto meno.
22.6. Né, tantomeno, è possibile seguire il Tribunale territoriale là dove introduce una scissione tra utilizzo del terreno cimiteriale e sussistenza del vincolo di rispetto, dal momento che la disciplina di settore presuppone la permanenza di un particolare interesse pubblico (o di una pluralità di interessi) alla tutela dell’area, che deve rimanere sotto la vigilanza dell’autorità comunale e deve essere tenuta in stato di decorosa manutenzione. Pertanto, fino al completamento delle procedure indicate nella norma, non vengono meno le esigenze sottese alla apposizione del vincolo cimiteriale, come sopra ricordate.
22.7. A queste considerazioni non vale opporre, come fa la parte resistente: i successivi sviluppi delle procedure amministrative nel senso della definitiva dismissione del cimitero; le considerazioni di fatto sul supposto venir meno delle ragioni di tutela igienico-sanitaria (per l’avvenuta mineralizzazione delle salme); il parere espresso da un soggetto pubblico non qualificato giuridicamente (l’Azienda sanitaria di Firenze) e piuttosto orientato a rispondere al quesito circa la necessità di mantenere una fascia di rispetto per l’allocazione delle urne cinerarie ospitate dal “Giardino della rimembranza”; lo stato di degrado attuale dell’area, sia perché l’inerzia della P.A. non fa venir meno gli interessi pubblici che alla sua cura sono affidati, sia in quanto la situazione va apprezzata non al momento attuale, ma al tempo in cui le domande di concessione in sanatoria sono state presentate e rigettate.
22.8. Da quanto detto segue – come anticipato – l’accoglimento del primo motivo dell’appello, con assorbimento del secondo motivo, tenuto conto dei principi elaborati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza 27 aprile 2015, n. 5.
23. Con la memoria depositata il 5 ottobre scorso, il signor F. ha espressamente riproposto i motivi dei ricorsi di primo grado non esaminati dal T.A.R., pur ritenendo l’iniziativa una semplice cautela rispetto al capo di sentenza che ha deciso sul ricorso n.r.g. 1081/91, rispetto al quale l’appello sarebbe inammissibile.
23.1. Come sopra osservato, tale eccezione di inammissibilità è infondata e va respinta.
23.2. L’appellante ritiene tale riproposizione tempestiva per trattarsi di appello introdotto prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo. Pur senza richiamarlo, si riferisce implicitamente all’art. 2 dell’allegato 3 al c.p.a., secondo il quale “la disposizione di cui all’art. 101, comma 2, del codice non si applica agli appelli depositati prima dell’entrata in vigore del codice medesimo”.
23.3. Il Comune appellante ritiene tale riproposizione tardiva, e la tesi è fondata, anche se non per il rilievo esposto dall’ente (mancato rispetto del termine dei sessanta giorni dalla notificazione dell’atto di appello), che varrebbe semmai per la diversa fattispecie dell’appello incidentale ex art. 96 c.p.a.
23.4. Piuttosto, il Collegio ritiene di aderire alla più recente – e meditata – giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, alla stregua della quale, nel caso di appello depositato in data antecedente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, i motivi del ricorso di primo grado, dichiarati assorbiti o non esaminati in quella sede, avrebbero dovuto essere riproposti, se non con appello incidentale, comunque con memoria depositata nel termine di trenta giorni successivi a quello assegnato per il deposito del ricorso, così come previsto, a pena di decadenza, dall’art. 37 del regio decreto 7 luglio 1924, n. 1054 (cfr. sez. VI, 30 settembre 2008 n. 4699; sez. IV, 10 agosto 2011, n. 4766; sez. IV, 28 febbraio 2012, n. 1120; sez. IV, 19 novembre 2012, n. 5830; sez. IV, 8 gennaio 2013, n. 40; sez. IV, 28 novembre 2013, n. 5700; sez. V, 20 novembre 2015, n. 5294; sez. IV, 9 febbraio 2016, n. 513; sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 845; sez. IV, 2 novembre 2016, n. 4578; sez. IV, 21 novembre 2016, n. 4833).
23.5. Il Collegio è consapevole dell’esistenza di un indirizzo giurisprudenziale portatore di una opzione interpretativa di segno contrario, secondo la quale la riproposizione dei motivi assorbiti non sarebbe soggetta non solo alle forme, ma neppure ai termini dell’appello incidentale (per il punto della questione, si veda Cons. Stato, sez. IV, n. 4766 del 2011, citata sopra).
23.6. E’ però dell’avviso di dover aderire alla tesi prima ricordata, che non solo è ormai predominante, ma comunque appare più coerente con una equilibrata ricostruzione del sistema e maggiormente aderente al principio della “parità delle armi” nel processo.
23.7. Infatti, da un lato, “l’unica norma espressamente prevista, per il caso in esame, nel processo amministrativo era l’art. 37 r.d. n. 1054/1924, e tale articolo (applicabile al giudizio di appello ex art. 29 della legge n. 1034/1971) espressamente prevede lo strumento del ricorso incidentale (non già la riproposizione dei motivi assorbiti o non esaminati mediante memoria), il termine per la sua notifica e quello per il suo deposito: è solo in applicazione estensiva dell’art. 346 c.p.c. che, nel processo amministrativo, si afferma il principio della riproponibilità dei motivi assorbiti o non esaminati mediante memoria, così semplificando gli oneri dell’appellante incidentale (proprio), esentandolo dalla necessità di notificazione dell’atto; … l’introduzione di tale opportunità, tuttavia, non poteva comportare anche l’abbandono del termine (perentorio) previsto, in tal modo disapplicando una precisa norma di legge prescrittiva di un termine decadenziale, senza che vi sia una norma che consenta tale interpretazione, ovvero sostituisca un termine all’altro” (Cons. Stato, sez. IV, n. 4578/2016, cit.).
23.8. Dall’altro lato, se il thema decidendum del giudizio amministrativo di appello si forma con riferimento ai motivi di impugnazione proposti con il ricorso principale e ai motivi proposti con l’eventuale appello incidentale, esso deve inevitabilmente essere precisato entro una data certa sia per consentire la cognizione del giudice, sia – prima ancora – per instaurare il contraddittorio e permettere l’esercizio del diritto di difesa all’appellante principale. Se così non fosse, si verificherebbe una non consentita compressione del diritto di difesa di quest’ultimo, per il quale, invece, opera il rigido termine di decadenza previsto per le impugnazioni.
23.9. Nel caso di specie, palesemente questo termine non è stato rispettato: l’appello è stato introdotto nel 2006 e i motivi assorbiti o non esaminati sono stati riproposti solo con memoria depositata il 5 ottobre 2017. Pertanto, essi sono inammissibili.
23.10. Per pura completezza, si può osservare che tali motivi sarebbero comunque:
a) infondati (terzo motivo del ricorso n.r.g. n. 2460/2004 e secondo motivo del ricorso n.r.g. 1081/91: eccesso di potere per disparità di trattamento), perché “l’esistenza di altri manufatti, in violazione della disciplina della zona e quindi illegittimi, non può essere certamente strumento di validazione di ulteriori provvedimenti abilitativi parimenti illegittimi” (Cons. Stato, sez. IV, n. 4079/2015, cit.);
b) inammissibili (terzo, quarto, quinto e sesto motivo del ricorso n.r.g. 1081/91), perché attengono a ragioni diverse dalla sola (il vincolo cimiteriale) che – secondo la ricostruzione fatta dalla pronuncia impugnata con capo non gravato e quindi passato in giudicato – il Comune avrebbe posto a giustificazione del diniego di condono.
24. Dalle considerazioni che precedono discende che – come anticipato – l’appello è fondato e va pertanto accolto, con riforma della sentenza impugnata e reiezione dei ricorsi introduttivi dei giudizi di primo grado.
25. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza, secondo la legge, e sono liquidate nell’importo indicato in dispositivo conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida nell’importo di euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00) oltre agli accessori di legge (15% a titolo di rimborso delle spese generali, I.V.A. e C.P.A.).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere
L’ESTENSORE (Giuseppe Castiglia)
IL PRESIDENTE (Filippo Patroni Griffi)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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