Cremazione di infetti in Emilia Romagna

Quest’articolo verte sul confronto tra le procedure dettate dal DPR 10 sette4mbre 1990 n. 285 e la Legge Regionale emiliano romagnola 29 luglio 2004 n. 19 su confezionamento e destinazione di feretri per infetti da avviare ad incinerazione.

Qual è, allora, l’iter per la cremazione di cadaveri portatori di malattia infettivo-diffusiva in Emilia Romagna?Bisogna, preliminarmente, enucleare alcune questioni normative, così da schematizzarne almeno i principali passaggi logici.

In Emilia Romagna il regime autorizzatorio della cremazione è disciplinato dal comma 1 dell’Art. 11 della legge n. 19/2004; siccome detta disciplina sull’incinerazione dei cadaveri umani afferisce, in via esclusiva, alla potestà legislativa statale, la stessa regione Emilia Romagna, con delibera n. 10 del 10 gennaio 2005, così come novellata dalla D.G.R. n. 1622 del 13 ottobre 2008, ha stabilito che per la cremazione e relative autorizzazioni ci si debba necessariamente attenere alle norme enunciate dall’Art. 79 DPR 285/90, in attesa di una disciplina nazionale in piena attuazione della legge 130/2001 in forza della quale tali compiti dovrebbero esser trasferiti all’Ufficiale di Stato Civile.

Lo stesso Art. 79 DPR 285/90, contempla già una procedura aggravata, in merito a manifestazioni di volontà del de cuius a favore della cremazione, oppure all’esclusione di morte violenta dovuta a reato prima di bruciare un cadavere umano, siccome l’incinerazione è un atto irreversibile. In caso di infetti l’unica differenza consiste nelle cautele da adottare per confezionamento del feretro e seguente trasporto, non dobbiamo, infatti, dimenticare come nell’ordinamento italiano viga il principio, implicito e quindi fondativo, secondo cui tutti i cadaveri sono sempre trasportabili, naturalmente nei modi e tempi stabiliti dalla legge e dall’autorità competente a vigilare sull’azione di polizia mortuaria (l’AUSL secondo il DPR 285/90 il comune, invece, nelle recenti riforme regionali di Emilia Romagna e Lombardia).

Nel DPR 285/90 le garanzie contro il rischio di contagio prevalevano sulle regole generali di confezionamento dei feretri, soprattutto per destinazioni a basso impatto ambientale si veda ad esempio il paragrafo 9.1 Circ.Min. n.24/1993, con cui si raccomanda l’uso di cofani leggeri per inumazioni e cremazioni. In effetti, il DPR 285/90 prevedeva per i morti di malattia infettivo-diffusiva, qualsiasi fosse la forma di destinazione prescelta per la loro spoglia mortale, l’uso obbligatorio di una cassa da tumulazione (cassa lignea, metallica) con tutti i requisiti tecnici ed i dispositivi di cui all’Art. 30, (valvola a depressione, materassino assorbente…) mentre il cadavere avrebbe dovuto esser avvolto in un lenzuolino intriso di sostanza disinfettante, senza la possibilità di eseguire una tolettatura mortuaria per restituire al de cuius un aspetto adeguato e consono alla solennità delle esequie. La circolare n. 24 del 24 giugno 1993 a questo proposito era molto chiara dettando precise regole: il paragrafo 7 così recita “E’ vietato svestire la salma degli indumenti che indossava all’atto del decesso, ma non è vietato rivestire la salma, e ciò sia quando essa sia nuda, sia quando essa sia vestita, purché in questo secondo caso i nuovi indumenti vengano posti sopra quelli che già indossa”.

Si rileva, però, una contraddizione, in quanto il paragrafo 9.1 della sullodata Circ.Min. n.24/1993 per gli infetti da avviare ad inumazione (e non a cremazione) parrebbe ammettere l’impiego di un cassone esterno facilmente estraibile ed riutilizzabile previa accurata disinfezione. Il primo problema da affrontare si risolveva in questa semplice considerazione operativa: “Per gli infetti occorre sempre la duplice cassa, lignea e metallica, ma molti impianti crematori non sono idonei all’ignizione dei metalli, perché non riescono a filtrare le polveri sottili e, di conseguenza, pretendono la rimozione della vasca metallica prima di introdurre la bara nel forno”.

Ricordiamo come per la legge italiana tutto il feretro e non solo il cadavere debba esser bruciato all’interno della cella crematoria (Art. 80 comma1 DPR 285/90). La contraddizione era evidente ed ingenerava un notevole impasse procedurale, anche per un’altra ragione meramente di profilassi: è assai pericoloso aprire l’involucro zincato che racchiude un cadavere infetto, perché i miasmi si diffonderebbero liberamente nell’ambiente circostante. Per fortuna, nel corso degli anni è intervenuto il Ministero della Salute, che, con provvedimenti specifici, in cui si legittima, ai sensi dell’articolo 31, del DPR 285/90, l’impiego di materiali alternativi alla lamiera per ottenere l’impermeabilità del feretro, anche se limitata nel tempo, consente, in caso di infetti da avviare a cremazione, il ricorso a dispositivi plastici con effetto barriera in sostituzione della bara di zinco.

L’uso di questi involucri flessibili ed ermetici incontra un unico limite, per gli infetti esso vale solo se il cadavere è destinato a cremazione (si vedano, a tale proposito, il Decreti Ministeriali, Ministero della Salute, del 7 febbriao 2007 e 28 giugno 2007); per inumazione e, ovviamente, per la tumulazione sono, invece, imposti vasca e coperchio zincati. Non dobbiamo, poi, dimenticare il D.M. 12 aprile 2007 (autorizzazione ex Artt 31 e 75 comma 3 DPR 285/1990) all’impiego di cofano in cellulosa in sostituzione della più tradizionale cassa di legno

 

Le recente Legge regionale n. 19 del 29 luglio 2004 approvata dall’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna ha, però, novellato l’intera procedura dettata dal DPR 285/90, con il combinanto disposto tra gli Artt. 18 e 25. Secondo i suoi disposti è, ora, il medico necroscopo, che, nell’eventualità di infetti, deve esser obbligatoriamente, ed in tempi brevissimi, attivato dagli uffici comunali (Art. 1 comma 2 DPR 285/90, senza dimenticare l’istituto della notifica ex Art. e D.M. 15 dicembre 1990), ad adottare, di volta in volta, tutte le misure cautelative per trasporto e destinazione di salme o cadaveri portatori di malattia infettivo diffusiva.

 

Compete, quindi, al medico necroscopo decidere quale cassa mortuaria impiegare, in rapporto alla forma di sepoltura richiesta dai famigliari del de cuius e, soprattutto alle imprescindibili ragioni di igiene pubblica che egli deve tutelare. Ci sono pareri discordi, in quanto, le autorizzazioni di cui ai Decreti Ministeriali di cui sopra hanno portata nazionale poichè adottati ai sensi dell’Art. 115 comma 1 lettera b del Decreto Legislativo n.112/1998 come ricordato anche dalla Circolare del Ministero della Salute del 21.05.2002 n. 400.VIII/9L/1924

Il necroscopo, ad esempio, può disporre il trasferimento della salma, a cassa aperta, se il luogo di decesso non è idoneo a fungere quale deposito d’osservazione, o, al contrario, proibire il trasporto “a cassa aperta” di un infetto, anche ai sensi dell’Art. 25 DPR 285/90. La nuova legge quindi, gli conferisce un notevole potere discrezionale, preferendo mantenere una certa elasticità procedurale allo spirito in qualche modo “dirigista” e rigido del DPR 285/90.

Le istituzioni, però, affiancano sempre i medici attivi sul territorio, dunque il medico intervenuto in occasione del decesso può eventualmente rivolgersi anche telefonicamente, per chiarire eventuali dubbi o per avere ulteriori informazioni circa gli adempimenti conseguenti al decesso che gli competono, al Servizio di Medicina legale della Azienda sanitaria, al quale sono attribuite per effetto dell’art. 8 della L.R. 19/04 le funzioni di coordinamento, consulenza e supervisione delle attività di medicina necroscopica.

L’autorità sanitaria può anche, in frangenti estremi, determinare la destinazione del cadavere, vietandone, ad esempio, l’inumazione, se c’è il pericolo che i liquami cadaverici infetti possano ammorbare le falde acquifere. La cremazione si configura, invece, come la pratica funeraria più igienica, soprattutto dinnanzi ad una reale possibilità di contagio dovuto a morbo infettivo-diffusivo.

Non sussistono, pertanto, motivazioni tecnico-scientifiche ostative. Per infetti da condurre ad incinerazione si possono usare, durante il trasferimento verso l’impianto di cremazione, dispositivi barriera in sostituzione della cassa di zinco, oppure particolari cofani esterni a quello di legno di materiali impermeabili e con adeguata resistenza meccanica a chiusura stagna eventualmente riutilizzabili previa disinfezione, purché in possesso dell’autorizzazione di cui all’art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990. Tale sistema, anche secondo la Circolare Ministero della Sanità n. 24 del 24 giugno 1993 sarebbe preferibile nel caso di trasporti di cadaveri di persone morte di malattie infettive-diffusive destinati alla inumazione.

La soluzione della cassa a tenuta stagna esterna al cofano ligneo, tuttavia, non è per nulla pratica ed, anzi, comporta diverse criticità, tra cui la possibile percolazione di liquami cadaverici ad alto potere infettivo dalla bara lignea, quando quest’ultima viene sollevata dal cassone rigido di lamiera o altro materiale impermeabile. In Emilia Romagna, in forza dell’Art 10 comma 10 Leggere Regionale n.19/2004 non si applicano più gli articoli 25 e 32 del DPR 285/90 che, attraverso il loro combinato disposto, imponevano la siringazione cavitaria con 500 cc di formalina anche per gli infetti, nei mesi più caldi, oppure per trasporti particolarmente lunghi o protratti nel tempo (48 ore dopo il decesso) Solo il necroscopo con parere motivato, almeno in teoria, potrebbe derogare a questa disposizione. L’Emilia Romagna, infatti, non abroga espressamente l’Art. 32 DPR 295!990, ne limita semplicemente l’obbligatorietà dell’osservanza.

Se, poi, il feretro da cremare proviene da una prima sepoltura (tumulazione, inumazione) può esser esumato o estumulato, ai sensi dell’Art. 12 comma 1 Legge 19/2004, in qualsiasi periodo dell’anno e senza la presenza obbligatoria dell’autorità sanitaria, fatte salve le situazioni peculiari in cui i necrofori-affossatori in servizio presso il cimitero ravvisino la stringente necessità di un parere igienico sanitario da richiedere all’AUSL competente per territorio. Anche in Emilia-Romagna per traslare un feretro dalla prima sepoltura alla cremazione, soprattutto se il crematorio non insiste nello stesso perimetro cimiteriale, vige semprel’Art. 88 DPR 285/1990, ossia la cassa deve esser sistemata così da garantire lungo tutto il trasporto e la sosta nel crematorio la perfetta tenuta stagna ai miasmi cadaverici.

Qualora il feretro presenti qualche problema di tenuta, in particolare a carico della controcassa zincata è possibile, in camera mortuaria provvedere all’eliminazione del vecchio zinco interno, da sostituire con cassone di metallo esterno, sempre che la cassa di legno sia integra.

In realtà, quasi mai succede così, quindi non si rimuove l’originaria vasca di lamiera, ma si mette semplicemente lo zinco al di fuori del feretro, se, in quest’ultimo si verificano perdite di liquidi, quindi si hanno 2 casse di zinco: una dentro a diretto contatto con il cadavere ed una esterna, ed è essa a dover garantire la perfetta ermeticità.

A questo punto diventa rilevante individuare un crematorio che accetti il feretro:

-se è stato preliminarmente tolto l’involucro metallico interno, procedendo al rifascio giunti all’impianto di cremazione, si taglia la cassa di zinco esterna, sino ad estrarre la bara lignea da introdurre nel forno,

– se, invece, il feretro continua ad esser confezionanto con la doppia cassa ex Art. 30 DPR 285/1990 occorre trasferire il defunto da cremare presso un crematorio che ammetta anche l’abbrucianmento della lamiera.

Da un’indagine svolta circa un anno e mezzo fa risulto che ad accogliere i feretri con lo zinco erano solo gli impianti di: Aosta, Verbania (solo per i residenti), Trieste, Spinea (Ve), Ferrara, Siena, Roma, Viterbo, Montecorvino, Pugliano, Palermo.

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Carlo Ballotta

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2 thoughts on “Cremazione di infetti in Emilia Romagna

  1. penso che noi mortali come tutte le cose create da dio siamo soggetti passando a miglior vita ad un naturale disfacimento che comporta biologicamente delle spiacevoli mutazioni,percio in caso di cremazione o circostanze dove il feretro debba sostare per essere cremato penso sia opportuno prendere tutte le precauzioni possibili ,a far si che gli operatori non debbano entrare in contatto con perdite del feretro,anche ponendo in essere accorgimenti,non contemplati dal reg di pol mort ,parlo cosi avendo io avuto esperienze molto negative riguardo a traslazioni anche all interno dello stesso cimitero,al tempo che esercitavo con il mio defunto padre l attivita di pompe funebri

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